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giovedì 26 settembre 2024

Come cambia la teologia morale: il caso di Maurizio Chiodi

Riprendo dall'Osservatorio Card. Van Thuân un articolo sulle nuove tendenze della PAV per la presenza di membri come Chiodi, secondo il quale, tanto per fare un esempio, "occorre ripensare la considerazione etica sulle relazioni omosessuali superando gli assoluti morali (troppo "assoluti")": un vaso di Pandora che legittima tutto all'insegna del soggettivismo. qui. Precedenti sulla PAV a partire da qui.

Come cambia la teologia morale: il caso di Maurizio Chiodi

In un precedente articolo ho cercato di evidenziare le principali novità di impostazione della teologia morale cattolica. Aggiungo ora qualche osservazione sul teologo Maurizio Chiodi.

Un esempio di esposizione della struttura della nuova teologia morale è il manuale “Teologia morale fondamentale” (Queriniana 20203) di don Maurizio Chiodi, docente alla Facoltà teologica di Milano e al nuovo Istituto Giovanni Paolo II a Roma.

La nuova teologia morale, secondo Chiodi, deve attuare una “svolta verso il soggetto”. La conoscenza dei suoi fondamenti universali non è possibile senza il collegamento con quelli singolari: “il singolare è principio dell’universale“, non si accede all’essere “se non a procedere dall’ermeneutica dell’esperienza, così come questa si presenta alla coscienza personale”. Questo richiede di superare la visione realistica e oggettiva della persona e optare per la prospettiva “fenomenologico-ermeneutica” secondo la quale si dà una “imprescindibilità dell’esperienza nel discorso morale”. La morale quindi non si fonda più sull’essere ma sull’esperienza, concetto però, quest’ultimo, tra i più vaghi.

La norma morale non è più conoscibile nella sua formalità universale, ossia per quello che è indipendentemente dalle situazioni: “la riflessione teologico-morale … non può partire da una legge che sarebbe conosciuta dalla ragione … ma dal soggetto” ossia “dalla coscienza considerata come cifra della unicità singolare della persona”.

Ne consegue che anche l’idea di una legge morale naturale va cambiata. Essa va storicizzata: ”la normatività della natura è riconosciuta dalla ragione pratica in un continuo processo di scoprimento”. Possiamo dire che la legge naturale sia ora intesa come sedimentazione delle sue progressive interpretazioni, una interpretazione di interpretazioni, sempre aperta e inconclusa, sempre oggettiva e soggettiva insieme, sempre instabile.

La coscienza morale non è più considerata come un atto della ragione pratica e si nega la priorità dell’intelletto nella conoscenza delle norme morali; “Il profilo teologico della coscienza non può essere confinato in un approccio intellettualista che le sottragga la sua costitutiva qualità emotiva e antropologica”. La coscienza diventa quindi il “luogo ermeneutico della legge morale”, una mediazione continua tra soggettivo e oggettivo.

Anche la nozione di “peccato” viene rivista: “la materia [ciò che si fa] non può essere un criterio univoco, stabilito una volta per sempre, in modo astratto e ab-soluto dalle condizioni storiche e personali”. In questo modo viene meno la possibilità di indicare alcune azioni che non si devono mai fare (intrinsece mala), perché si cadrebbe nell’oggettivismo, mentre bisogna sempre tenere presente “il nesso tra oggettivo e soggettivo nella coscienza”. Si intendeva per virtù

Nella tradizione della teologia morale si intendeva per virtù si intendeva la qualità che rende buono l’uomo che la pratica. Su questa definizione era possibile fondare poi le virtù cardinali e quelle teologali. La virtù richiedeva un governo delle passioni e una loro sottomissione al bene indicato dalla ragione. Tra le virtù, la prudenza assume un posto particolare. Essa veniva intesa come la retta ragione delle azioni da compiere. Ora, nella nuova teologia morale, anche il discorso sulla virtù cambia. Essa è vista come una esperienza pratica nel senso che deve discernere tra le passioni che sono strutturalmente ambigue e quindi sarà solo nell’agire che si risolverà la loro ambiguità. La posizione precedente viene accusata di intellettualismo, sicché la virtù della prudenza non combatte più il vizio con la ragione ma con l’azione.(1) Però ci si chiede: la nuova azione da cosa sarà guidata se non può più esserlo dalla ragione? Come fa la prudenza ad essere una virtù morale senza essere prima una virtù intellettuale?

La nuova teologia morale cambia anche il rapporto tra i mezzi e i fini nell’azione morale e riconsidera il ruolo delle circostanze, da accidentali come erano viste in precedenza, a sostanziali come avviene ora.
Stefano Fontana, 20 settembre 2024
Direttore dell'Osservatorio Card. Van Thuận 
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Nota di Chiesa e post-concilio
1. Col Vaticano II è cambiato il cardine su cui si fonda la Fede, spostato dall'oggetto-Rivelazione al soggetto-Chiesa pellegrina nel tempo e trasferito attraverso la prassi – la famigerata pastorale – dall'ordine della conoscenza a quello dell'esperienza. È il frutto della dislocazione della divina Monotriade, come illustra 'sapientemente' Romano Amerio: « Alla base del presente smarrimento vi è un attacco alla potenza conoscitiva dell’uomo, e questo attacco rimanda ultimamente alla costituzione metafisica dell’ente e ultimissimamente alla costituzione metafisica dell’Ente primo, cioè alla divina Monotriade. [...] Come nella divina Monotriade l’amore procede dal Verbo, così nell’anima umana il vissuto dal pensato. Se si nega la precessione del pensato al vissuto, della verità alla volontà, si tenta una dislocazione della Monotriade ». Intuibile il sovvertimento della realtà che ne deriva e che è la cifra del nostro tempo. (Maria Guarini, La Chiesa e la sua continuità. Ermeneutica e istanza dogmatica dopo il Vaticano II, Ed. DEUI, Rieti, 2012, pag. 119).

9 commenti:

Diego B ha detto...

Io dovessi studiare con questo signore non capirei nulla. Ci vuole prima una conoscenza condolidata ottenuta tramite una formazione seria per frequentare un suo corso. Se mi fossi limitato a leggere solo le sue parole avrei detto "come fosse antani" per una degna conclusione.

Anonimo ha detto...

Antonio Margheriti:
PECCATO ORIGINALE

In Israele, ma anche nella ex Russia comunista, ma pure nella ex America puritana - e vogliamo parlare della Roma papale? - assistiamo in maniera sconvolgente all'atroce eppure mirabile, divino quasi vorremmo dire, fenomeno dell'eterogenesi dei fini che scompiglia tutti i piani umani, confonde i superbi e gli ingenui, rovescia tutto nel suo contrario e distrugge gli idoli con le loro stesse mani.

E allora dissi in illo tempore al professore e governatore dei cavalieri del Santo Sepolcro, Borromeo, che non senza una certa punta di sufficienza me lo domandava retoricamente: "Che cos'è infine, secondo lei, tutto questo?"

"Non so che cos'è, meccanicamente, so che ci dice a tutti che non ci sarà mai più permesso di restaurare il paradiso in terra: è, l'eterogenesi dei fini, quel fenomeno che ci ricorda che tutti siamo marchiati dal peccato originale, ogni cosa che creiamo ha in sé il germe della dissoluzione. Dio ha avocato a sé tutto quelle che è incorruttibile, perenne e santo".
Ogni cosa che pensiamo e creiamo nel giusto verso finirà stritolata annodandosi mentre si rigira a rovescio.

La vittima diventa carnefice superando il suo carnefice in efferatezza. Il carnefice diventa vittima superando le sue stesse vittime in sventura. La Chiesa di Pietro diventa la Chiesa di Giuda e la terra dell'ateismo si fa terra di pietà al punto che la terza Roma supplisce alla Prima che nega di conoscere il Cristo dinanzi al soldato dell'imperatore. Il regno della libertà diventa quello delle catene e quello delle catene delle libertà... Nulla è nuovo sotto il sole, tutto è stato visto almeno due volte sotto il sole, nel giusto verso e nel suo rovescio.

"E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»; e soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e veraci.
Ecco sono compiute!
Io sono l'Alfa e l'Omega,
il Principio e la Fine». (Apocalisse 21)

Anonimo ha detto...

Gentile sig. Diego, lei ha perfettamente ragione, senza un solida formazione è quasi impossibile confutare la nuova teologia morale. Infatti non si fa più dottrina nelle parrocchie, ma pastorale dove ogni azione e decisione è guidata dal "sentire" comune, che poi è il sentire di chi è più capace di dialettica espositiva.

Anonimo ha detto...

Questo teologo non fa altro che riproporre la c.d. "etica della situazione", già condannata mi pare da Pio XII. Questo imbastardimento della vera concezione etica fu professato soprattutto dall'esistenzialismo di Sartre e consoci. In sintesi: non esiste una norma morale trascendente (come legge di natura o verità rivelata) che l'individuo è in coscienza obbligato a rispettare, o per adempiere ad un dovere o per la salvezza della sua anima. Il comportamento da tenere, anche in campo morale, nasce di volta in volta dalla situazione del momento, dalla prassi - è la prassi che crrea la dottrina, che diventa così vaga e mutevole, secondo le necessità della prassi.
Con questa "filosofia", Sartre giustificava il modo di vivere moralmente libero ossia corrotto suo e della sua compagna, la femminista bisessuale Simone de Beauoir, colei che scrisse: Donne non si nasce, si diventa (antesignana degli attuali stravolgimenti transgender).
Niente di nuovo sotto il sole.
La "situazione" creata dalla prassi era poi sempre quella di fare il proprio comodo ovvero di abbandonarsi senza problemi ai peggiori istinti.

Anonimo ha detto...

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum.

La frase, in questione, che è da tempo entrata nel linguaggio comune, risalirebbe, sia pur diversa e incompleta, a fonti pre cristiane, ma quella qui enunciata "commettere errori è umano, ma perseverare (nell'errore) è diabolico", si può far risalire tranquillamente a San'Agostino.
Mi sentirei di elucubrare così: sbagliare è umano, ripetere l'errore è umano e ripeterlo ancora e altresì umano... infatti esiste il sacramento della Confessione, per le nostre debolezze. Ciò che è sicuramente "diabolico" - cioè proprio del demonio - è trasformare l'errore, il peccato, in una virtù. Ecco, questo è il capolavoro di satana, perché una volta completata la drammatica mutazione, da quell'errore non ci si vuole più emendare, e si giunge perfino a vantarsene.
RB

Anonimo ha detto...

Romano Amerio Dottore della Chiesa subito!

Anonimo ha detto...

Nella mia parrocchia nemmeno la pastorale fanno più!

Sereno Graffiante ha detto...

Il problema non è tanto quello di capirci qualcosa, ma che simile teologia abbia circolazione, che venga propinata ai poveri studenti che cresceranno come una pianta in un terreno inquinato.

Anonimo ha detto...

E cosi' viene sancita l'incomunicabilita' tra le persone con la conseguente dissoluzione della Chiesa, della famiglia e della societa'. E pensare che la parola piu' usata da questi 'intellettuali' e' 'relazione'. Un vero e proprio corto circuito logico