Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 26 febbraio 2024

Vexilla Regis / Per l'Esaltazione della Santa Croce, e per tutta la Quaresima

Vexilla Regis è stato inserito tra diversi altri Preghiere, Inni e Litanie – tesori della nostra Fede da custodire – di cui trovate l'indice nella colonna di destra del blog (nella visualizzazione web).

Vexilla Regis / Per l'Esaltazione della Santa Croce, e per tutta la Quaresima.
(A I Vesperis Dominicae in Palmis in Passione Domini usque ad nonam feriae V Hebdomadae Sanctae inclusive)

Il Vexilla Regis è un inno (Carm. II, 6), le cui parole sono tratte dal poemetto in dimetri giambici composto da Venanzio Fortunato in occasione dell'arrivo della reliquia della Vera Croce a Poitiers (nel 568). Per ascoltarlo qui.
Esso prende titolo dalle parole iniziali della prima stanza. Viene principalmente cantato il Venerdì santo in onore della Santa Croce, nella ricorrenza della festa, ormai soppressa, della Invenzione della Croce (3 maggio), e nella celebrazione della Esaltazione della Santa Croce (14 settembre).

Testo originale (antico)
Vexilla regis prodeunt,
fulget crucis mysterium,
quo carne carnis conditor
suspensus est patibulo.

Confixa clavis viscera
tendens manus, vestigia
redemptionis gratia
hic inmolata est hostia.

Quo vulneratus insuper
mucrone diro lanceae,
ut nos lavaret crimine,
manavit unda et sanguine.

Inpleta sunt quae concinit
David fideli carmine,
dicendo nationibus:
regnavit a ligno deus.

Arbor decora et fulgida,
ornata regis purpura,
electa, digno stipite
tam sancta membra tangere!

Beata cuius brachiis
pretium pependit sæculi!
statera facta est corporis
praedam tulitque Tartari.

Fundis aroma cortice,
vincis sapore nectare,
iucunda fructu fertili
plaudis triumpho nobili.

Salve ara, salve victima
de passionis gloria,
qua vita mortem pertulit
et morte vitam reddidit.
Traduzione italiana
I vessilli del Re avanzano;
risplende il mistero della Croce,
al cui patibolo il creatore della carne
con la propria carne fu appeso.
Confitti con i chiodi le membra,
tendendo le mani, e i piedi,
per la [nostra] redenzione
qui è stata immolata la vittima.
Oltre a ciò, trafitto
da crudele punta di lancia,
per lavarci dalla colpa,
effuse acqua e sangue.
Si compì quel che cantò
Davide con veridica profezia,
quando disse ai popoli:
"Dio regnò dal legno".
Albero appropriato e splendente,
ornato di porpora regale,
scelto a toccare con il degno tronco
così sante membra!
[Albero] beato, ai cui bracci
fu appeso il prezzo del riscatto del mondo:
sei divenuto stadèra del corpo
e strappò via la preda dell'inferno.
Effondi un aroma dalla corteccia,
superi per profumo il nettare,
lieta per il ricco frutto,
lodi l'illustre trionfo.
Salute a te, o altare! Salute a te, o vittima,
a seguito della gloria della Passione,
per la quale la Vita sopportò la morte
e attraverso la morte restituì la vita.
Salve, o Croce, unica speranza!
In questo tempo di Passione
ai fedeli accresci la grazia
e ai peccatori cancella le colpe.
Te, Trinità, fonte di salvezza,
esalti ogni essere vivente:
coloro che salvi attraverso il mistero della croce,
proteggi per l'eternità.

 Protagonista dell’inno è la Croce, albero nobile e fulgido, e la celebrazione del suo Mistero. Tuttavia, esso riprende diversi contenuti già evidenziati da Venanzio in un altro celebre inno sacro, il Pange Lingua [qui testo in calce all'articolo]. Nella scena della Passione sono riproposti alcuni particolari presenti nel Pange lingua: i chiodi (v. 5) e la lancia (v. 10), nonché il sangue e l’acqua (v. 12). Diverse sono però le modalità con cui viene veicolato il contenuto: come evidenzia, infatti, Stefania Filosini “nel Pange lingua la serie asindetica di sostantivi fa leva sul potere evocativo della parola e i singoli termini sono funzionali a richiamare agli occhi del lettore una serie di episodi evangelici; nel Vexilla Regis Venanzio presenta in successione i momenti della crocifissione, zoomando su particolari rilevanti per le loro implicazioni teologiche”.
Nell'immagine a lato (da ingrandire) uno spartito musicale.

La fama dell’inno è testimoniata anche dal fatto che Dante Alighieri lo introdurrà nella Divina Commedia, in Inf. XXXIV [ «Vexilla regis prodeunt inferni / verso di noi; però dinanzi mira» / disse 'l maestro mio «se tu 'l discerni» (Inf. XXXIV, 1-3)], rovesciandone il senso, introducendo un significato parodico: se nell’inno latino i vexilla Regis indicano la Croce, qui rappresentano le sei ali di Lucifero (descritte successivamente ai vv. 46-52). Natalino Sapegno, invece, ci offre una chiave di lettura diversa: “il tono non ha nulla in sé, come si suol ripetere, di ironico o parodistico: la rappresentazione di Lucifero vuole essere paurosa, con quegli aspetti mostruosi e grotteschi che il poeta attinge alla leggenda popolare e alle invenzioni figurative dell’arte romanica e gotica […]; in essa si raccoglie il concetto e il simbolo di tutto il male del mondo.” 
L'inno è citato anche da James Joyce in A Portrait of the Artist as a Young Man, capitolo V, nell'omonima novella di Luigi Pirandello e da Reinhold Messner in Vite al Limite, la sua biografia. 
L'inno ha sempre avuto una grande importanza nella storia della musica. Veniva tradizionalmente cantato nelle processioni precedute dalla croce. Celebre l'esecuzione con coro a cappella, che accompagna la processione del Santo Legno e del Cristo Morto il venerdì santo a Mola di Bari, e del Cristo Morto e della Pietà a Molfetta, e a Barcellona Pozzo di Gotto (ME), dietro la processione delle "varette". 
Successivamente è stato musicato da Anton Bruckner. Anche Giacomo Puccini ha composto un suo adattamento per coro di voci maschili ed organo. "Vexilla Regis" è stato anche l'inno dell'Esercito Reale e Cattolico che nel 1793 combatté i rivoluzionari in Vandea. 
Come la grande maggioranza degli inni, anche Vexilla Regis non scampò alla riforma di Urbano VIII che volle raddrizzare le gambe a tutti i testi che a lui parevano non abbastanza "classici" o elevati. Il gusto seicentesco purista del Papa che si reputava un poeta latinista portò, effettivamente, a migliorie formali di certi inni, ma certo a scapito del contenuto teologico di scritti redatti spesso da grandi santi del passato. Per questo motivo il latino medievale degli inni venne sottoposto ad una profonda revisione, con massicci interventi testuali per rendere più scorrevole o solamente più aulico il testo degli inni. Comunque già dai tempi di Pio X la tendenza è di tornare alla versione "antiqua" degli inni (che spesso appaiono in appendice ad alcune edizioni del breviario).
Il "Liber Hymnarius" di Solesmes, frutto della riforma liturgica post-conciliare, riabilita tutti i testi in forma antica che erano stati cambiati nel Breviarium Romanum.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Una donna posseduta dal demonio seguiva gli Apostoli facendone l'elogio. Sembrava che parlasse da ispirata e che dovesse fare del bene con le sue esortazioni al popolo, eppure S. Paolo se ne addolorò e comandò allo spirito maligno di andare via. Le lodi umane non giovano all'efficacia dell'apostolato, e sono molte volte suggestioni di satana per distruggerlo con la vanagloria.

È sintomatico che S. Paolo non reagì alle persecuzioni lasciandosi piagare e mettere in prigione, e reagì invece energicamente ad una lode.

Sacerdote Dolindo Ruotolo