Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 23 settembre 2024

Padre Pio spiega la Santa Messa

Santo del giorno : Padre Pio, il primo sacerdote stigmatizzato. Il 23/09/1968 muore padre Pio da Pietrelcina. «Ricordati... quando verranno quei tempi: i Comandamenti di Dio, preghiere del mattino e della sera, Santo Rosario, Sacramenti, catechismo, i santi e fate tutto nella fede dei nostri padri, nella fede dei nostri padri!... nella fede dei nostri padri!!... e non ascoltate più nessuno».
Padre Pio spiega la Santa Messa

La Messa è la ri-attualizzazione incruenta del Sacrificio di Cristo sul Calvario (Video)
«Il mondo potrebbe reggersi senza il sole, ma non senza la Messa»
«Se la gente sapesse cosa accade sull'altare durante la Messa, dovrebbero mettere i carabinieri dinanzi alle chiese per contenere le folle» Queste due citazioni sono di Padre Pio da Pietrelcina, il Santo del confessionale, del Rosario e della Messa. Una vera e propria icona di risposta alla crisi del sacerdozio del XX secolo.
Chi abbia assistito alla Messa celebrata da san Pio (Messa, che arrivava a durare perfino due ore) riusciva facilmente a penetrare nel Mistero dell'azione liturgica, a capire cioè che la Messa, ogni Messa, è la ri-attualizzazione incruenta del Sacrificio di Cristo sul Calvario. San Pio riusciva facilmente e chiaramente, insomma, ad esprimerne l'aspetto sacrificale.
Dal libro L'ultima Messa di Padre Pio di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, leggiamo come il Santo del Gargano considerasse la Messa un «completamento sacro con la passione di Gesù», in cui poter leggere «tutto il Calvario»; ma anche come egli stesso soffrisse, celebrandola, «tutto quello che ha sofferto Gesù nella Sua passione, inadeguatamente» per quanto «a umana creatura» sia possibile, «contro ogni mio demerito e per sola Sua bontà», pronunziando un solo fiat, quello «di soffrire e sempre soffrire per i fratelli di esilio e per il suo Divin regno».

L'unico sacerdote stigmatizzato
Prima di tutto va tenuto presente come san Pio da Pietrelcina sia attualmente l'unico sacerdote stigmatizzato. Chi volesse a riguardo obiettare che anche san Francesco d'Assisi ricevette le stigmate, dovrebbe sapere che il Santo di Assisi non fu mai ordinato sacerdote, fermandosi al diaconato. Ma non solo. Mentre il Patrono d'Italia ricevette le stigmate come «ultimo sigillo» (Divina Commedia, Paradiso, XI, Dante Alighieri) cioè al termine della sua vita, padre Pio le ricevette a 31 anni e le portò per ben cinquant'anni, dal 20 settembre del 1918 fino alla morte, avvenuta il 23 settembre del 1968. Cinquant'anni precisi, poiché le stigmate iniziarono a rimarginarsi - senza la cicatrizzazione - pochissimo tempo prima della sua morte: fu proprio per questo che il Santo sacerdote cappuccino capì ch'era ormai arrivata la chiamata al Cielo.
Il sacerdote è un alter Christus sempre; lo è ontologicamente, ma soprattutto nella celebrazione della Messa, laddove in maniera evidente si esprime questa dimensione. Durante la consacrazione eucaristica, misticamente, le mani del celebrante diventano realmente le mani di Cristo, così come il calice utilizzato diventa misticamente il calice, che Gesù stesso utilizzò nell'Ultima Cena al momento dell'istituzione del Sacramento dell'Eucaristia.
Padre Pio con le stigmate, con mani e piedi traforati, con la ferita al costato (piaghe, queste, che diventavano più dolorose e sanguinanti al momento della celebrazione eucaristica) ha rappresentato visivamente cosa sia davvero la Messa, in un tempo in cui questa dimensione sacrificale pare quasi totalmente sparita, soprattutto nella consapevolezza dei fedeli.

Il contrasto con gli abusi liturgici
Certo, fa impressione pensare alla Messa di san Pio da Pietrelcina e vedere certi abusi liturgici al «limite del sopportabile» - come ebbe a definirli papa Benedetto XVI nella lettera di accompagnamento al motu proprio Summorum Pontificum -. Sacerdoti che ballano o fanno ballare durante le celebrazioni, altari contornati da palloncini e bolle di sapone, presbiteri con clown e majorettes. Fa impressione vedere la differenza: da una parte il Calvario dall'altra la pantomima, da una parte il Mistero dall'altra la tristezza nell'apparente allegria beota della banalizzazione. Ad una domanda il Santo del Gargano rispose che «solo in Paradiso» potremo vedere gli innumerevoli benefici ricevuti dai fedeli durante la Santa Messa, che è il legame evidente del naturale con il soprannaturale e del soprannaturale con il naturale.
La Provvidenza anche per questo ha donato l'esempio di san Pio da Pietrelcina, per farci capire cosa sia davvero la Messa, per farci capire il suo ineffabile mistero, la sua grandezza. E questo dono è arrivato al momento giusto, proprio allorquando tutti corriamo il rischio di capire, sì, le parole della celebrazione liturgica, ma di non sapere più cosa essa davvero sia.
Corrado Gnerre
Fonte: I Tre Sentieri, 26 Agosto 2019   

14 commenti:

Anonimo ha detto...

San Pio da Pietrelcina
23 settembre
Liturgia del giorno:
Prv 3, 27-35; Sal 14; Lc 8, 16-18.

Attorno all’itinerario umano e spirituale di Padre Pio da Pietrelcina si è realizzata una delle più popolari e sconvolgenti esperienze di devozione popolare: per un cinquantennio, dal 1918 al 1968, senza mai spostarsi dal convento di Santa Maria delle Grazie a San Giovanni Rotondo, in provincia di Foggia, questo frate stigmatizzato ha attratto generazioni di italiani e di stranieri soprattutto attorno al suo confessionale, dove il dono che più colpiva era quello dell’introspezione, cioè della capacità di leggere nelle coscienze e di rivelarne anche gli aspetti più segreti. Nato il 25 maggio 1887 a Pietrelcina (Benevento) in una famiglia di contadini, nel 1906 entrò fra i Cappuccini e venne ordinato sacerdote nel 1910. Il 20 settembre 1918 gli comparvero le stimmate (cinque ferite, alle mani, ai piedi e al costato) che avrebbero procurato al religioso fama, seguito, dolore e polemiche. Un giudizio critico su di esse (senza averle viste) di padre Agostino Gemelli, e le accuse false di alcuni detrattori guidati dall’arcivescovo di Manfredonia, Gagliardi, spinsero il Sant’Uffizio ad imporre al frate una serie di misure restrittive: dovette cambiare direttore spirituale, gli fu impedito di scrivere lettere e di mostrare le stimmate o di parlarne e gli imposto di celebrare messa da solo. Lui accettò sempre in piena obbedienza tutte le misure, mentre cresceva la fama della sua santità, supportata da episodi miracolosi come previsioni del futuro, guarigioni improvvise e inspiegabili, clamorose bilocazioni. Ritenendo sua missione condividere la sofferenza del Crocifisso e alleviare il dolore della gente riavvicinandola a Dio, padre Pio realizzò a San Giovanni Rotondo un ospedale di eccellenza (la Casa Sollievo della Sofferenza), mentre in tutti i continenti sorsero gruppi di preghiera ispirati da lui. Quando morì, il 23 settembre 1968, le stimmate erano scomparse, lasciando le parti interessate completamente sane. Giovanni Paolo II lo ha canonizzato il 16 giugno 2002.

Anonimo ha detto...

Dunque, l'anima destinata a regnare con Gesù Cristo nella gloria eterna deve essere ripulita a colpi di martello e di scalpello, di cui l'Artista divino si serve per preparare le pietre, cioè le anime elette. Ma quali sono questi colpi di martello e di scalpello? Sorella mia, sono le ombre, i timori, le tentazioni, le afflizioni di spirito e i tremori spirituali con qualche aroma di desolazione e anche il malessere fisico.

Ringraziate, quindi, l'infinita pietà dell'eterno Padre che tratta così la vostra anima perché destinata alla salvezza. Perché non gloriarsi di questo trattamento amoroso del più buono di tutti i padri? Aprite il cuore a questo celeste medico delle anime e abbandonatevi con piena fiducia tra le sue santissime braccia. Egli vi tratta come gli eletti, affinché seguiate Gesù da vicino sull'erta del Calvario. Io vedo con gioia e con vivissima commozione dell'animo come la grazia ha operato in voi.

Siate certi che tutto quello che ha sperimentato la vostra anima è stato disposto dal Signore. Non abbiate perciò timore di incorrere nel male e nell'offesa di Dio. Vi basti sapere che in tutto questo mai avete offeso il Signore, anzi che lui ne è rimasto ancor più glorificato.

Se questo tenerissimo Sposo si nasconde alla vostra anima non è perché, come pensate, voglia vendicarsi della vostra infedeltà, ma perché mette sempre più alla prova la vostra fedeltà e costanza e inoltre vi purifica da alcuni difetti, che non appaiono tali agli occhi carnali, cioè quei difetti e quelle colpe, dai quali neppure il giusto è esente. Nelle sacre pagine è infatti scritto: «Il giusto cade sette volte» (Pr 24, 16).

E credetemi che se non vi sapessi così afflitta, sarei meno contento, perché vedrei che il Signore vi dona meno gemme preziose... Scacciate come tentazioni i dubbi contrari... Scacciate anche i dubbi che riguardano il modo di essere della vostra vita, cioè che non ascoltate le ispirazioni divine e che resistete ai dolci inviti dello Sposo. Tutto questo non proviene da spirito buono, ma da spirito cattivo. Si tratta di arti diaboliche, che cercano di allontanarvi dalla perfezione o almeno di ritardare il vostro cammino verso di essa. Non vi perdete di coraggio!

Se Gesù si manifesta, ringraziatelo; se si nasconde, ringraziatelo ancora: sono scherzi di amore. Mi auguro che arriviate a spirare con Gesù sulla croce ed esclamare con Gesù: «Consummatum est» (Gv 19, 30).

(San Pio da Pietrelcina, dalle lettere)

Anonimo ha detto...

Qualcuno ha storie interessanti da raccontare su Padre Pio?

Matteo ha detto...

Il catechismo della Chiesa Cattolica non nega quanto sostenuto da San Pio da Pietralcina. Semplicemente con lo stile postconciliare dice che è questo, ma anche Comunione, Cena, Rendimento di grazie, Comunione e un'altra decina di termini. E il CCC non pone una priorità fra questi. Ecco che quindi in questo tutto, non appare quasi più nulla. E allora troviamo il fai da te. Ci sono quelli che mettono al centro il Sacrificio, altri la Cena, altri il Convivio, altri il Ringraziamento, altri esaltano al Liturgia della Parola e addirittura l'omelia come fosse il centro di tutto .
È chiaro che quindi si assiste al marasma.
Prima o poi arriverà un Papa che dirà: ok, nell' aiutarvi a capire che la Santa Messa è anche tutte queste cose, avete perso l' aspetto più importante.
Finirà il "ma anche" verranno spazzate via le tante eccezioni cone le preghiere eucaristiche che sono lo specchio del marasma.
Ci sarà un Papa che dirà: dai, per 5 anni solo Canone Romano.

Ok, posso sperarlo oppure devo svegliarmi dal sogno?

Anonimo ha detto...

Prima di spirare sulla croce Gesù ha detto: "Tutto è compiuto" (Gv). Ma il Vangelo di Marco, che raccoglie i ricordi di san Pietro, testimonia che ha anche gridato: " Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?" e poco dopo spirò emettendo un alto grido (Mc 15, 33 ss. + Mt 27, 45 ss).
Da un lato quindi l'accettazione della sua terribile morte dall'altro la ribellione nei confronti della stessa?
La contraddizione è solo apparente: Gesù, che moriva come uomo, può aver avuto un momento di disperazione come nell'Orto del Getsemani, all'inizio della Passione. Momento però rientrato e in modo consapevole.
Da notare: mentre Matteo e Marco ricordano il grido, susseguente o quasi all'esclamazione di disperazione, Luca precisa: "Gridando a gran voce disse - Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio! E detto questo spirò" (Lc 23 44 ss).
San Giovanni specifica ulteriormente, ma non menziona il grido finale (19, 30). Testimonia che disse (o gridò), tra altre cose, subito prima di morire: "Consummatum est!".
Contraddizioni dunque? Non direi. Piuttosto integrazioni successive dei quattro Vangeli. L'ultimo, quello di Giovanni, presuppone chiaramente gli altri. Il perdono accordato al Buon Ladrone in croce lo menziona ad esempio solo Luca. Il grido verso il Padre che lo ha abbandonato, solo Matteo e Marco. Ma anche Luca dice che morì gridando a gran voce, però rimettendosi al Padre, cui raccomandava il suo spirito.
Ecco, spero di poter morire anch'io rimettendo il mio spirito nelle mani del Padre, come ha fatto Gesù.

Anonimo ha detto...

"Ricordati...quando verranno quei tempi etc...". Su "quei tempi", Padre Pio ha forse ulteriormente elaborato? Si capisce cosa intendeva dire, ma si vorrebbe sapere se ha anche detto qualcosa di più preciso.

mic ha detto...

È quello che spero anch'io!
Mi piace ricordare che il Signore, nell'abbandono, cita l'inizio del Salmo 21. Ma di certo ne conosceva anche, tra gli ultimi versi, quelli che, tradotti letteralmente dall'ebraico, recitano: "innalzerò il calice delle salvezze e proclamerò il Nome del Signore"
Il calice delle salvezze è quello che innalzavano nel Tempio tutti coloro che vi celebravano il sacrificio Todà (di ringraziamento) per essere scampati da un pericolo di morte. Salvezze (shawuot), al plurale, perché il calice era lo stesso ma i salvati erano molti.
E sostanzialmente Gesù, sia pur nel supremo indicibile dolore, prefigura la Risurrezione!

mic ha detto...

Sono le raccomandazioni ai cattolici in tempi di apostasia

https://www.settimanaleppio.it/dinamico.asp?idsez=2&id=2571

Rafminimi ha detto...

Padre Pio, Lampada d'Amore Vivente, mandata ad illuminare questi tempi bui, per intercessione dell'Immacolata Concezione, ottieni per noi dal Paradiso le Grazie del Signore e liberaci dalle insiede del demonio .
Pater;
3 Ave
Gloria .

Anonimo ha detto...

"Il più bel credo è quello che prorompe dal tuo labbro nel buio, nel sacrificio, nel dolore, nello sforzo supremo di una infallibile volontà di bene; è quello che, come una folgore, squarcia le tenebre dell'anima tua; è quello che, nel balenar della tempesta, ti innalza e ti conduce a Dio".
Padre Pio.

Anonimo ha detto...

Lo Spigolatore romano:
Le apologie non sono altro che preghiere composte in varie epoche come riempitivo di un momento di preghiera silenzioso (che resta comunque silenzioso, a meno che noi non lo rivoluzioniamo come nel caso delle preghiere ai piedi dell'altare che in molti casi certuni dicono appunto a voce alta). La liturgia dei Presantificati del venerdì Santo come inizia? Con un momento di preghiera silenziosa. In quella funzione non sono mai entrate preghiere fisse, ognuno prega come può. Così era ad ogni messa. Le apologie dunque sono tutte le preghiere ai piedi dell'altare, la preghiera che il sacerdote dice sottovoce prima del vangelo; le preghiere dell'offertorio (anche questo in antico era senza nessuna preghiera; tanta asciuttezza della liturgia romana non piacque in terra franca dove fiorirono tante preghiere tra le quali quelle che abbiamo tuttora); le preghiere dopo il Libera nos dopo il pater noster; il placeat tibi. Lo stesso prologo di san Giovanni oltre ad avere valore benedizionale è comunque da ritenersi apologia e per questo nella messa cantata è coperto da un canto e fino ad alcuni secoli fa si diceva in recessu, come il salmo 42 si diceva in accessu. In generale ogni preghiera sacerdotale detta al singolare è apologia, perché le preghiere ufficiali sono tutte e sempre al plurale (Gloria, colletta, secreta, prefazio, canone, postcommunio), proprio perché la liturgia è azione comunitaria. Pio XII in Mediator Dei dice che sacerdote e fedeli agiscono come un unico e compattissimo corpo. Il testo che si può consultare è il Missarum Sollemnia di Jungmann, e cercare nell'indice la parola "apologia".

Anonimo ha detto...

La liturgia è azione comunitaria quando è comunitaria ossia culto pubblico collettivo. C'è anche il culto privato, ben delineato nella sua importanza da Pio XII nella Mediator Dei, svilito alquanto dal Concilio e quasi scomparso. Pio XII chiarì anche che tra sacerdote officiante e fedeli rimane sempre una differenza diciamo ontologica, visto che i fedeli possono partecipare alla Consacrazione solo "in voto", simbolicamente e spiritualmente. Non costituiscono pertanto un corpo "compattissimo" con l'Officiante.
Jungmann è stato notoriamente la fonte erudita per le riforme conciliari della liturgia.

Anonimo ha detto...

Persone che erano state vicine a Padre Pio, nel mondo della Tradizione sono tra le più convinte che la Messa riformata non piacesse a DIO. Basti citare due preti, figli spirituali di Padre Pio, che hanno fondate riviste che anora oggi sono in prima linea nella lotta. Mi riferisco a Don Francesco Putti, fondatore del quindicinale "Sì, sì, no, no" (Via Madonna degli Angeli 76 Velletri; sisinono@tiscali.it ) e Mons. Luigi Villa, fondatore di "Chiesa Viva" (Brescia) .

Anonimo ha detto...

INGINOCCHIARSI DURANTE LA MESSA
Un gesto da rivalutare in non poche celebrazioni liturgiche odierne è l’inginocchiarsi. L’adorazione inizia dal riconoscimento di Dio e della sua sacra presenza, che sollecita l’uomo ad una risposta di riverenza e devozione. Nell’ambito biblico, il gesto più caratteristico dell’adorazione è quello di prostrarsi o di mettersi in ginocchio davanti alla presenza di Dio (cf., ad esempio, 1Re 8,54-55; Lc 5,8; 8,41; 22,41; Gv 11,32; Atti 7,60; Ap 5,8 e 14; 19,4; 22,8). I primi cristiani hanno recepito questa prassi, come attestano Tertulliano e Origene nel terzo secolo.

La ben nota prescrizione del canone ventesimo del primo Concilio di Nicea (325), di stare in piedi per la preghiera liturgica, ad imitazione del Risorto, si riferisce specificamente alle domeniche e al tempo pasquale, mentre nei giorni di digiuno e nei giorni stazionali si pregava in ginocchio, così come attestato riguardo alla preghiera personale quotidiana. D’altronde, già in una lettera scritta nel 400, sant’Agostino dichiarava di non sapere se la prescrizione di Nicea fosse una consuetudine propria a tutta la Chiesa (cf. Ep. 55 ad Ianuarium, XVII, 32).

Durante i secoli, la Chiesa ha sempre ricercato espressioni rituali il più adeguate possibile, dando così una testimonianza visibile della sua fede e del suo amore verso il culto divino e in particolare l’Eucaristia. Così si è sviluppata in Occidente la consuetudine che i fedeli si inginocchino per il Canone della Messa, o almeno nelle sue parti centrali: la consacrazione. In tal modo, si è anche diffusa la prassi di ricevere la Sacra Comunione in ginocchio. Per fornire un esempio a tutta la Chiesa, il Santo Padre Benedetto XVI, a partire dalla solennità del Corpus Domini del 2008, ha cominciato a distribuire la Sacra Comunione direttamente sulla lingua ai fedeli che la ricevono inginocchiati.