la notte di Halloween e la solennità dei Santi
Nel mondo contemporaneo, la diffusione di Halloween rappresenta molto più che un innocuo divertimento stagionale. Essa si presenta come una vera e propria espressione del mutamento simbolico e culturale che attraversa l’Occidente post-cristiano: la sostituzione della dimensione della luce con quella della maschera, della comunione con la trascendenza con la fascinazione del macabro.
Ciò che appare, a uno sguardo superficiale, come una festa della spensieratezza, dell’ironia o del folklore, nasconde in realtà un paradigma antropologico e metafisico profondamente diverso da quello che anima la solennità cristiana di Tutti i Santi.
Halloween, nella sua forma moderna, è il prodotto di un sincretismo culturale che ha perso ogni legame con le sue radici cristiane. La vigilia di Ognissanti, All Hallows’ Eve, era originariamente una notte di preparazione alla solennità della Chiesa trionfante, nella quale i fedeli ricordavano non la morte come potenza autonoma, ma la vittoria della grazia sui limiti della caducità umana.
La versione contemporanea, invece, laicizzata e mercificata, è l’esaltazione di una morte che si fa spettacolo, di un aldilà ridotto a gioco, di un’oscurità che diviene estetica e intrattenimento. È, in termini filosofici, la celebrazione della "nihilitas" mascherata da festa popolare.
Il pensiero moderno, scindendo l’immanente dal trascendente, ha preparato il terreno per tale trasformazione. Se il mondo non è più percepito come creazione, ma come pura materialità, la morte non è più un passaggio, bensì un enigma irriducibile da esorcizzare con la caricatura o l’ironia. Halloween diventa così un rito secolarizzato che tenta di neutralizzare il terrore della fine attraverso la sua parodia. Tuttavia, dietro la maschera, si cela una concezione antropologica disperata: quella di un uomo che, negando Dio, nega anche se stesso, perché smarrisce il senso ultimo della propria esistenza.
La solennità di Tutti i Santi (colore liturgico: bianco), al contrario, è l’affermazione luminosa di una verità ontologica e teologica: l’uomo è chiamato alla partecipazione della vita divina e il compimento della sua storia non è nella dissoluzione, bensì nella comunione dei santi, ossia nella vittoria della grazia sulla morte. Dove Halloween celebra la notte, Ognissanti celebra il giorno eterno; dove il primo nasconde il volto dietro una maschera, il secondo rivela i volti trasfigurati di coloro che hanno contemplato Dio.
È la differenza radicale tra una cultura della finzione e una cultura della verità, tra un’antropologia del nulla e una teologia della pienezza. Il culto dei santi non è semplice memoria di figure esemplari, quanto riconoscimento di una verità metafisica: il bene è reale e vince. In essi, l’essere umano si mostra nella sua più alta possibilità, come imago Dei pienamente realizzata.
La festa di Tutti i Santi è, quindi, una proclamazione dell’ordine del reale, della priorità dell’essere sul nulla, della grazia sulla caduta, della luce sulla tenebra. In questo senso, è la risposta cristiana al nichilismo che permea le rappresentazioni della morte in chiave estetica e ludica.
Il fascino di Halloween risiede proprio nella sua ambiguità: l’uomo post-moderno non sa più ridere della morte perché ne ha smarrito il senso e tenta di nascondere la paura dietro la spettacolarizzazione dell’orrido. Tuttavia, la paura, mascherata da ironia, resta il segno della perdita di una prospettiva escatologica. L’uomo contemporaneo non teme tanto la morte, quanto il fatto che essa possa essere davvero definitiva, perché ha rinunciato alla speranza teologale che ordina l’essere verso Dio. La riduzione del mistero a spettacolo è la confessione implicita di un mondo che ha smarrito il mistero stesso.
Celebrare Tutti i Santi significa, dunque, rifiutare il paradigma della maschera e del nulla per affermare quello della verità e della vita. È la riaffermazione che il destino umano non è la dissoluzione nel buio, bensì la partecipazione alla luce increata. Dove Halloween gioca con le ombre, la Chiesa celebra la trasfigurazione della realtà intera in Cristo, nella quale anche la morte è assunta e vinta. In tal modo, la solennità dei Santi si fa atto di resistenza metafisica contro la cultura del vuoto e della paura, ricordando che il male non ha l’ultima parola, ma viene definitivamente sconfitto dalla santità, che è la forma più alta della libertà.
In questa prospettiva, la contrapposizione tra Halloween e Tutti i Santi non è solo etica o religiosa: è ontologica. Essa riguarda la concezione dell’essere stesso: se l’esistenza è mera apparenza destinata al nulla, allora il macabro può essere gioco; ma se l’essere è partecipazione a un ordine divino, allora la morte non è che il varco verso la vita. La notte di Halloween è la metafora del mondo post-cristiano che ha dimenticato la sua vocazione alla luce; la solennità di Tutti i Santi è la risposta di una Chiesa che, pur nel buio della storia, continua a proclamare che la luce vince le tenebre. Ecco perché i cristiani non "festeggiano Halloween": non per moralismo, ma per fedeltà alla verità dell’essere. Essi non celebrano la maschera della morte, ma il volto dei viventi in Dio. In un’epoca che scambia la dissoluzione per libertà e la finzione per identità, ricordare i santi significa riaffermare che la santità è la forma suprema della realtà e che l’uomo trova se stesso solo quando si apre alla luce che nessuna notte potrà mai spegnere.
Daniele Trabucco

10 commenti:
NAPOLI GIOVANI A MIGLIAIA IN PIAZZA ADESSO,
PER L'ADORAZIONE EUCARISTICA IN RIPARAZIONE ALL'OLTRAGGIO DI HALLOWEEN
Da mezzogiorno di domani, 1° novembre, inizia l’Ottavario dei Defunti. La Chiesa ci invita a vivere otto giorni di carità soprannaturale: un tempo di memoria, di fede e di speranza, nel quale il legame tra vivi e defunti si fa più reale e più tenero.
Nel mondo distratto di oggi, che rimuove la morte e rifiuta il mistero, parlare di Purgatorio può sembrare un’anticaglia o una minaccia. Eppure è un articolo di fede, proclamato solennemente dal Concilio di Firenze (1439) e confermato dal Concilio di Trento, che afferma: “Vi è un Purgatorio, e le anime che vi si trovano sono aiutate dai suffragi dei fedeli, e soprattutto dal sacrificio dell’altare” (DS 1820).
Non è dunque una pia leggenda o una devozione popolare, ma una verità insegnata dal Magistero, radicata nella Scrittura e nella Tradizione.
Già l’Antico Testamento accenna alla purificazione dopo la morte, quando Giuda Maccabeo “mandò a Gerusalemme duemila dramme d’argento per un sacrificio espiatorio in favore dei morti, perché fossero assolti dal peccato” (2 Mac 12,43-46). San Paolo, nella Prima Lettera ai Corinzi, descrive un fuoco che prova le opere di ciascuno, “e se l’opera sarà bruciata, egli ne avrà danno; tuttavia sarà salvo, ma come attraverso il fuoco” (1 Cor 3,15). La Tradizione dei Padri, da Origene a san Gregorio Magno, fino a san Tommaso d’Aquino, ha sempre letto questi testi come rivelazione di un processo di purificazione post mortem, ordinato alla visione beatifica.
Il Purgatorio, secondo la dottrina cattolica, non è una seconda possibilità per chi ha rifiutato Dio, ma il compimento della giustizia e della misericordia per chi muore in grazia di Dio, pur portando ancora in sé residui di egoismo, colpe veniali o debiti temporali. Dio, che è amore perfetto, non può accogliere nella sua luce un’anima ancora opaca. Perciò l’amore stesso diventa fuoco: un fuoco che non condanna ma purifica, che non distrugge ma consuma ciò che non è amore.
In questo Ottavario ci lasceremo guidare da Santa Caterina da Genova, la “Dottoressa del Purgatorio”, che nel suo Trattato ne parla non come di un luogo di punizione, ma come di un processo mistico: l’anima, ferita dall’amore di Dio, brucia per Lui finché non sia trasparente alla sua luce. Per la Santa, il Purgatorio è il luogo della speranza perfetta: là l’amore non è ancora possesso, ma è già certezza. Non è la paura a muovere le anime, bensì il desiderio ardente di Dio. In questa prospettiva, il Purgatorio non ci allontana da Dio: ci mostra la sua bontà che non si arrende nemmeno davanti alla nostra lentezza nel convertirci.
La Chiesa, madre attenta, non lascia sole le anime che si purificano. Le accompagna con la preghiera, la Messa, le opere di carità e le indulgenze, che sono il segno concreto della comunione dei santi. Il Catechismo insegna: “L’indulgenza è la remissione davanti a Dio della pena temporale per i peccati già rimessi quanto alla colpa, che il fedele, debitamente disposto, ottiene a determinate condizioni” (CCC 1471).
Nell’Ottavario dei Defunti, la Chiesa concede la possibilità di ottenere ogni giorno un’indulgenza plenaria applicabile solo alle anime del Purgatorio, alle seguenti condizioni: Visita a un cimitero, pregando per i defunti (dal 1° al 8 novembre). Confessione sacramentale, Comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Papa. Disposizione interiore di distacco totale dal peccato, anche veniale. Inoltre, già dal mezzogiorno del 1° novembre fino al 2 novembre incluso, l’indulgenza plenaria si può ottenere anche visitando una chiesa o oratorio e recitando il Padre Nostro e il Credo.
Queste indulgenze non “scontano” un debito come una pena civile: sono atti di carità soprannaturale che uniscono la nostra offerta alla Croce di Cristo, in favore di coloro che non possono più meritare ma che ancora attendono la visione di Dio.
È un fatto che la cultura popolare angloamericana è stata quella che più ha preso il posto delle nostre culture regionali e di quella nostra nazionale. Non so se anche questo aspetto fu definito nei nostri trattati di pace come purgazione e cancellazione eterna del peccato di esistere così come eravamo, cioè cattolici retrogadi, non al passo dei tempi luminosi che ci attendevano nel tecno/avvenire pirata totalitario genocida.
"....Chi festeggia Halloween, pertanto, anche se non ha l’intenzione di aggregarsi alla stregoneria e non ha intenzione di celebrare il demonio, di fatto si mette in comunione con queste realtà tenebrose. Orientare mediante Halloween le nuove generazioni al brutto e all’oscuro, significa indicare loro una direzione opposta a ciò che è buono e vero, e quindi a Dio che è la fonte del vero, del buono e del bello..."
Padre Bamonte, esorcista
https://www.aieinternational.it/linganno-di-halloween-la-bellezza-di-ognissanti/
Ma figuriamoci se è necessario divulgare questo testo diciamo "filosofico" a un bambino di 2 anni o ai ragazzini in genere. Ma davvero pensate che chi si maschera andando in giro a chiedere una caramella ha in testa tutte quelle assurdità descritte? Ma per piacere lasciate vivere le persone come desiderano senza arrecar danni a nessuno.
L'articolo mostra la luna e lei vede solo l'unghia del dito...
Purtroppo, senza volere, si affida la vita dei figli alle mode. È successo anche a noi, senza capire. Poi i figli si istruiscono da soli dalle mode. Così si chiude la stalla quando i buoi son scappati. Consiglio di mettersi a pregare per i figli a manetta, recitando il mea culpa tre volte al giorno.
Noi festeggiamo i Santi. No hallowen, usate la testa e non la zucca. I sacrifici umani connessi nei secoli alle feste sataniche non li vogliamo ricordare con le mascherate.
https://www.ilcattolico.it/catechesi-e-formazione/formazione-e-catechesi-per-un-cattolico/halloween-una-festa-nata-cattolica-e-scippata-dalla-maldicenza-di-elisabetta-i-dinghilterra
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