L’ordinamento giuridico, in quanto espressione della recta ratio, non può convertire la deviazione in norma, né sostituire alla verità ontologica la percezione psicologica. Il problema è proprio il disorientamento socio-antropologico che provoca l'allontanamento dell'ordinamento giuridico dalla recta ratio. Qui l'indice degli articoli sulla realtà distopica.
Oltre l'identità: La disforia di genere
come frattura metafisica dell'ordine dell'essere
Nell’orizzonte della modernità tardo-soggettivistica, nella quale l’essere è stato sostituito dall’apparire e il vero dal vissuto, la disforia di genere si configura come un sintomo radicale della crisi ontologica dell’uomo. Essa non consiste primariamente in una perturbazione psicologica o in una disarmonia biologica, bensì in una scissione metafisica: il disallineamento dell’esistenza rispetto alla propria essenza, l’incrinatura dell’identità sostanziale tra forma e materia, tra principio intelligibile e determinazione corporea.
L’uomo, divenuto "artifex sui", pretende di generare la propria forma come se la causa formale potesse essere sostituita dalla volontà e la causa finale dissolta nella potenza dell’autodeterminazione. In tale inversione dell’ordine ontologico, il corpo diventa semplice strumento del desiderio e la natura cessa di essere misura per divenire materiale manipolabile. L’antropologia classica, fondata sul realismo metafisico, comprende la persona umana come un’unità sostanziale di anima e corpo, di materia e forma. La forma, principio attivo e atto primo, conferisce all’essere umano la propria intelligibilità e la propria direzione teleologica. La natura non è una costrizione, bensì l’ordine immanente del tendere verso la perfezione; essa è "ratio seminis", cioè principio interno di sviluppo orientato alla realizzazione della forma.
La differenza sessuale, in questo quadro, non è accidente empirico, bensì modalità formale della persona, segno ontologico della distinzione e della complementarità inscritta nell’essere stesso dell’uomo e della donna. All’interno di questa struttura si pone, come interrogativo immanente, la prima questione: se una persona si percepisce diversa da ciò che è, non si potrebbe forse dire che essa, seguendo la propria percezione, realizza un "telos" più autentico del proprio essere? La risposta, letta alla luce della metafisica dell’atto e della potenza, mostra che ciò non è possibile, poiché l’autenticità non consiste nella corrispondenza al sentire, ma nella conformità all’essenza. L’atto non è mai puro movimento della coscienza, bensì compimento della potenza secondo la forma che la determina.
Quando la percezione interiore si sostituisce alla forma, l’essere si aliena: la potenza si separa dall’atto e la libertà si converte in indeterminazione. L’uomo che pretende di costruirsi come altro da sé non realizza il proprio fine, ma dissolve il nesso tra il proprio principio e la propria attualità. La verità, che è adeguazione dell’intelletto all’essere, viene ridotta a coincidenza dell’essere con il desiderio, e la libertà, privata della misura della verità, si autodistrugge. In questa prospettiva, la disforia di genere manifesta la crisi della forma sostanziale nella coscienza contemporanea: l’essere non è più riconosciuto come principio oggettivo, ma come proiezione della soggettività. L’io diventa l’unico fondamento del reale, e la differenza ontologica tra esse e percipi si annulla. L’identità, sradicata dall’essere, si riduce a pura intenzionalità. L’uomo non è più l’unità ordinata di anima e corpo, ma un soggetto psicologico che si autointerpreta all’infinito.
A questo punto si impone una seconda questione, più ardua e più profonda: se la disforia di genere trova talora radici in condizioni biologiche o ormonali, che alterano la percezione della propria identità sessuata, e se la cura non riesce a ristabilire l’armonia originaria tra la forma e la coscienza, quale significato conserva l’ordine naturale?
La metafisica dell’essere consente di comprendere che la deviazione non è nuova norma, poiché la natura, anche quando ferita, conserva la sua intelligibilità come partecipazione dell’essere al bene. L’anomalia, in quanto "privatio ordinis", non possiede consistenza propria: essa esiste solo in riferimento a una perfezione mancata. La malattia non annulla la natura, ma la presuppone, come la tenebra non è una sostanza autonoma, bensì assenza di luce. La cura, in questa luce, non è semplice intervento tecnico, ma atto di partecipazione alla "lex naturalis", tensione razionale verso la restaurazione dell’ordine ferito. Essa è ricerca di reintegrazione della potenza nella sua forma, di restituzione dell’atto alla sua misura originaria.
Quando, tuttavia, la cura fallisce e la scissione tra corpo e coscienza permane, il compito della ragione non si esaurisce: l’insuccesso terapeutico non equivale alla dissoluzione dell’essere, poiché la forma permane anche laddove la sua attuazione è impedita. La natura non si annulla nel difetto della sua espressione fenomenica, perché l’essere, in quanto atto, non dipende dalla pienezza empirica della sua manifestazione. La ferita diviene, allora, luogo teoretico di rivelazione: essa mostra la finitudine della creatura e la permanenza dell’ordine ontologico al di là dell’efficienza empirica. Quando la cura non riesce, ciò che resta da fare non è la negazione della natura, ma la custodia dell’essere nella sua verità. Il fallimento del rimedio non autorizza l’istituzionalizzazione del disordine, poiché l’imperfezione non si trasforma in fondamento. La ragione, davanti all’infrangibile limite della natura, riconosce la trascendenza dell’ordine sul divenire: la natura ferita continua a essere orientata al bene, e la persona, pur nella disarmonia, rimane "ens ad finem".
L’uomo non può negare la propria forma senza negare il proprio essere, poiché la forma è principio di identità e di intelligibilità. L’impossibilità della guarigione diventa così testimonianza della permanenza dell’ordine nel disordine, e la sofferenza si fa segno di un ordine che trascende l’efficienza della materia. La contemplazione metafisica di questa condizione mostra che l’essere dell’uomo non si riduce all’equilibrio psicofisico, poiché la sua essenza partecipa di una dimensione superiore: l’uomo è ens ad Deum ordinatum, e la sua perfezione ultima consiste nell’adesione della volontà alla verità del proprio principio, non nella conformità fenomenica al desiderio. Quando la cura non riesce, resta dunque l’atto più alto della ragione: riconoscere l’essere come bene anche nel limite, e la fragilità come partecipazione all’ordine. La ferita dell’uomo non è il suo annullamento, ma il luogo della sua domanda di senso. Da questa consapevolezza scaturisce infine la terza questione, inerente alla sfera della lex humana: quale atteggiamento deve assumere una legge conforme al diritto naturale dinanzi a tale condizione?
Poiché ogni legge umana, per essere tale, deve partecipare della lex aeterna, essa non può fondarsi sulla pura volontà né sulla soggettività del sentimento, ma deve rispecchiare la misura dell’essere. L’ordinamento giuridico, in quanto espressione della recta ratio, non può convertire la deviazione in norma, né sostituire alla verità ontologica la percezione psicologica. La legge giusta non elimina la fragilità, la accompagna nella verità; non ratifica il disordine, ma lo riconduce, per quanto possibile, al suo principio. In questa prospettiva, la disforia di genere diventa lo specchio della condizione dell’uomo moderno: un essere che soffre il proprio corpo perché ha dimenticato la forma che lo ordina, che cerca libertà nell’autonegazione e trova solo l’indeterminazione del nulla.
L’unica via di salvezza rimane la riscoperta dell’ordine metafisico dell’essere, nel quale la libertà non è opposizione alla natura, ma la sua pienezza; e la verità non è invenzione, ma partecipazione all’Essere stesso. In tale fedeltà alla forma ricevuta, l’uomo ritrova la pace del proprio principio e la legge, tornando a essere ratio ordinata ad bonum, diviene custodia dell’essere ferito e riflesso del suo fondamento eterno.
Daniele Trabucco

18 commenti:
Aldo Maria Valli 2 ore fa
È arrivato il momento di contrastare con fermezza questa chiesa traditrice
La disforia di genere, che non esisteva fino a poco tempo fa, è un fenomeno in larga parte suscitato ad arte. Tutti o quasi gli adolescenti manifestano un disagio con il proprio corpo che cambia, tanto più in un mondo come il nostro dove la perfezione è imposta e l'imperfezione (spesso confusa con il non essere alla moda) diventa uno stigma. Se questi adolescenti in crisi vengono inviati dagli psicologi della scuola, questi spesso li introducono ai bloccanti della pubertà, e comunque instillano nella loro giovane mente impressionabile la conclusione che non sono a proprio agio col loro sesso (pardon, "genere") e che il loro vero io risiede nel sesso opposto a quello biologico... Onde, la necessità di una "riassegnazione di genere".
Adesso che l'adolescenza è prolungata nel tempo, fino ai 20, 30, 40 o 50 anni, la disforia di genere contagia tutto, non solo i ragazzini, anche se costoro rimangono i più vulnerabili.
Fatte le dovute eccezioni, tutto ciò è riscontrabile nella realtà, non solo delle metropoli ma anche delle città e dei paesi di provincia.
https://www.aldomariavalli.it/2025/11/14/e-arrivato-il-momento-di-contrastare-con-fermezza-questa-chiesa-traditrice/amp/ : verrebbe da dire " un dolore senza fine", ma sarebbero parole sprecate, in realtà è qualcosa di deprecabile e innaturale per un vero cattolico, non per questo clero falsamente cattolico e questi fedeli (fedeli a chi? a cosa?) che fanno tanta pietà, più che altro. No, decisamente ci si sente estranei a questo mondo qui, totalmente estranei. Capisco quelli che dicono " "sono contento di essere anziano, molto anziano, così non dovrò sopportare per molti anni questo mondo alla rivescia, " chiesa" falsa e bugiarda in primis". LJC Catholicus
Mi sembra che sia un fenomeno riconducibile allo smisurato orgoglio umano, che vuole plasmare tutto, anche il suo essere in natura, scambiando il desiderio per diritto.
Non la seguo quando scrive che la disforia di genere contagia tutto.
Mi sembra che insieme alla fede si sia persa anche la ragione.
Vedo nell'articolo un mucchio di belle parole, ma nessuna proposta concreta.
La disforia sarebbe una malattia? Come si pensa di curarla, allora?
Come si faceva una volta con l'omosessualità (in Italia e in Francia fu sempre considerata solo una malattia: era p. es. in Germania o in UK ad essere considerata un reato)? L'unico metodo che veniva reputato efficace, per curare l'omosessualità, non che efficace fosse realmente, era il c.d. "metodo di annichilimento", una serie di elettroshock praticati circa ogni paio d'ore per diversi giorni, anche un centinaio e più, quindi, a pazienti sempre sedati fino a cancellazione totale della memoria, che poi veniva ricostruita senza elementi perturbanti dai medici stessi. Trattamento ben poco etico oggi.
No, nessun esame terzo, la cosiddetta "verifica in doppio cieco", ha mai dimostrato efficacia nelle terapie riparative (le quali però in Italia sono legali, anche se chi le pratica rischia la radiazione), c'è solo la parola dei loro promotori.
Commento adesso perchè mi sono messo in contatto telefonico col mio ex medico di base, che è anche specializzato in neurologia, anche se ormai è fuori per raggiunti limiti di età (come medico privato è ancora nell'albo, però non credo curi più nessuno), ma qualcosa anche di psichiatria sa.
Nemmeno io, come l'amico di ieri alle 20:58, capisco cosa significhe che la disforia di genere contagia tutto. Qualche pischiatra d'altri tempi riteneva che le malattie mentali fossero contagiose anche dopo la morte di chi ne era affetto, ma se non era rimasto cristallizzato nelle leggi, questo concetto è venuto meno nel secondo dopoguerra.
Una cosa strana che mi ricordo dal corso di Diritto Canonico (grazie prof. Giacomazzo!) è che fino al vecchio codice del 1917 compreso la Chiesa non escludeva dai sacramenti chi fosse affetto da malattie mentali, ma al contrario ammettesse momenti di lucidità anche nei casi peggiori, solo dal 1983 si è cominciato a tagliar fuori, prima dall'Ordine* e adesso è invalso anche per gli altri, chi abbia disturbi psichici, anche lievi (mi basta il caso del mio amico meccanico, anche se lì ci fu l'abuso di un parroco: la Curia Arcivescovile sistemò poi tutto, non si può escludere uno perchè capisce meglio i motori delle persone). Basti vedere che per avere le esequie ad un suicida i parenti si facevano spesso rilasciare una "perizia di favore" (era chiamata proprio così) che dimostrasse la pazzia. Oggi non so come sia trattata la cosa, sembra oggi viga una versione del don't ask, don't tell (non chiederlo, non dirlo).
*il codice attuale parla di "irregolarità per pazzia", inderogabile perfino dal Papa, e la CEI ha dettagliato in una serie di patologie, mentre il vecchio codice parlava solo di "posseduti dal demonio" e non nominava mai la malattia mentale in nessun caso.
Sappiamo che tutta la creazione deve essere ricapitolata in Cristo (Ef).
La creazione intera geme per le doglie del parto. La creazione attende impaziente la manifestazione dei figli di Dio (Rm).
La nostra epoca è un tempo accelerato, in cui le distanze si abbreviano e le attese si comprimono.
Lo scontro tra la buona fede e la bestemmia assume risvolti preternaturali, in cui i posseduti da satana agiscono dissimulando le intenzioni e truccando le percezioni.
La santa Chiesa non è immune dall’assalto e veniamo da anni di falso profeta assiso nel luogo teoricamente più santo.
Il Papa oggi ha la possibilità di raggiungere gli estremi confini della terra aggiungendo un impercettibile clic di polpastrello ai suoi messaggi che gli suggerisce la grazia di stato.
Così ha modo di fronteggiare il potere di chi detiene il monopolio delle armi di distruzione e di distrazione di massa.
Lo scontro è preternaturale, contro le potenze dell’aria prima che contro creature di carne.
Ma soprannaturalmente le redini le tiene saldamente in pugno Dio. Nella natura decaduta ci sono molti cocchieri illusi di far correre a frustate le loro quadriglie. Come i re dell’Apocalisse, al servizio della bestia.
Babilonia cadrà.
La Gerusalemme celeste darà cieli nuovi e terra nuova. Non per tutti.
La Chiesa ha un messaggio da dare, di Verità. Un invito a nozze.
Non entreranno tutti e bisogna avere il coraggio di avvertire del perché in modo che ognuno di prepari come di conviene. Non è un problema se non viene compreso il dovere missionario, anche perché le modalità dell’agire di Dio sanno sorprendere le meschine programmazioni degli uomini.
OT ma è il mainstream !
In uno dei mitici sketch di Antonio Albanese, quando interpreta Cetto La Qualunque, arriva il solito elettore disperato che chiede un favore: “Onorevole, ho un problema… mio figlio è scemo”.
E Cetto, che nella sua infinita munnizza clientelare ha già sistemato figli, nipoti e cognati di mezzo paese, si concentra, fuma quasi dal cervello, poi l’illuminazione:
“Un figlio scemo? Giornalista! Farà il giornalista!”
Credevo fosse satira.
Poi ho letto della vicenda Corriere–Lavrov.
E ho capito che era un tutorial.
Funziona così: il Corriere della Sera chiede un’intervista a Lavrov. Non il contrario, eh: sono loro a cercarlo. Gli mandano le domande scritte. E lui, incredibile ma vero, risponde. Per iscritto. A tutte.
Apriti cielo.
Il Corriere scopre che Lavrov… pensa come Lavrov. Un colpo di scena che nessuno poteva prevedere, tipo scoprire che l’acqua bagna.
Le sue risposte, spiegano, “contengono troppe affermazioni discutibili”.
Ah, certo: intervistare Lavrov e lamentarsi che fa propaganda russa è come intervistare uno chef e scandalizzarsi perché parla bene della sua cucina.
Il giornale allora comunica che non può pubblicare perché mancano il contraddittorio, la contestazione, il fact checking.
Cioè: domande scritte → risposte scritte → “eh no, così non vale, dovevamo correggerti i compiti”.
Lavrov propone: “Fate la versione breve sul cartaceo e la lunga online”.
Risposta: “Rifiutato”.
Perché la libertà di stampa è sacra. Specie quando si censura.
Risultato?
L’intervista l’ha pubblicata Lavrov sul web.
Un assist trasformato in un gol a porta vuota, col portiere del Corriere che guarda il pallone e chiede il VAR per verificare se la realtà è ammessa o meno.
La Russia, è noto, non brilla per libertà d’informazione.
Ma anche qui, quando vogliamo, sappiamo farci riconoscere.
Basta un figlio scemo. E qualcuno che gli faccia fare il giornalista.
di Gabriele Mariani
Mi sa che di figli scemi e disforici le redazioni dell’italico mainstream pullulino come una stazione nell’ora di punta. Lavrov se ne faccia una ragione!
Domande :
Se non gli piace Lavrov perche' l'hanno intervistato?
A cosa volevano mirare?
Quanto sopra puo' dirsi paragonabile al comportamento di gugle nei confronti del blog
Messa in Latino?
https://blog.messainlatino.it/2025/11/lifesitenews-il-redattore-di-un-sito.html
Tornando ai "disforici". Lasciamo perdere la spiegazione metafisica, pur valida per molti aspetti - questi sono solo dei depravati che hanno trovato legislatori folli che li prendono sul serio o fingono di farlo per motivi inconfessabili (Mysterium iniquitatis).
https://blog.messainlatino.it/2025/11/messainlatino-ha-vinto-la-causa-contro.html
lun 1 giu 2020, 23:09
Anni fa, un caro amico mandò in un gruppo che gestiva il seguente testo. Ho provato a seguirne le indicazioni, non sempre riuscendoci, ma ci ho provato. lo sottopongo anche a voi. Spero che vi spinga a farvi qualche domanda.
Grazie.
Ecco il testo di cui vi dicevo :>"AMICI, ME LA FATE UNA PROMESSA?!? So già che al 99% sarà da marinaio, ma io ci spero ugualmente.
LO Promettete che i testi inviati nel gruppo, saranno letti CON ATTENZIONE? In particolare che, davanti ad ogni singola parola, (anzi, ad ogni singolo segno grafico) vi porrete le seguenti domande :1) sono certo di aver compreso esattamente cosa l'Autore intende dire?
2) sono disposto a dare per scontato che potrei anche aver frainteso?
3) sono disposto ad interpretare "PRO BONO" ciò che leggo?
4) do per scontata la buona fede dell'autore, fino a prova contraria?
5) do per scontato che anche l'ultimo dei tontoloni (e/o dei cattivoni) può dire/fare una singola cosa buona, cosa buona che farei bene a non disprezzare, e da cui potrei imparare qualche cosa, anche (anzi, soprattutto) quando la reputo un errore?
Facciamoci, io per primo, un bell'esame di coscienza al riguardo. Credo che non ce ne pentiremo. Mi farebbe piacere che rispondiate in tanti. Anche per dire, se del caso no. Non mi scandalizzo affatto".
Si sa più nulla di "Rocco" (nome di fantasia) ? Qualche anno fa, il signor "Rocco", nato "Maria" (nomi di fantasia entrambi), già diventato "maschio" all'anagrafe; già sottoposto all'amputazione dei seni (preceduta e seguita da altre diavolerie varie, tra cui somministrazioni di megadosi di ormoni maschili) etc ; mentre lo stavano sottoponendo agli ultimi interventi, hanno sospeso tutto. "Rocco" era come titolarono i giornali "INCINTO". Spiegazione: "Dicevo addio alla mia vagina, se permettete l'ho prima fatta divertire un po' " . Se ci teneva tanto, poteva tenersela! Cosa ne sarà stato? La 194 parla di donne. Pur con tutto il suo peso di cattiveria, risale ancora ad un'epoca in cui la gravidanza maschile era argomento di film . I maschi, in base alla lettera della legge 194, non hanno possibilità di accedere all'aborto .
Il termine disforia è un termine medico che poi viene specificato da un aggettivo o complemento di specificazione. Viene utilizzato in psichiatria per indicare un'alterazione dell'umore in senso depressivo, accompagnata da irritabilità e nervosismo.
"...nei manuali diagnostici della psichiatria la disforia continua a chiedere ancora ospitalità nei grandi disturbi psichiatrici. Siede a tavola con i disturbi bipolari e con il disturbo depressivo. È stata vista in fondo alla sala parlottare con il disturbo post traumatico da stress e con i disturbi dell’alimentazione. Ha uno spazio nei disturbi di genere. Per non parlare dei disturbi di personalità del cluster B, dove il disturbo borderline di personalità occupa sempre la poltrona principale." (www.neamente.com/disforia-lamica-sconosciuta/)
La "disforia di genere" è inclusa nella Quinta edizione del Manuale sui Disturbi Mentali (DSM-5) americano.
Chiarito questo, è scientificamente impossibile passare da un sesso all'altro, in quanto tutte le cellule del corpo umano portano un DNA che è oggettivamente e scientificamente o maschile o femminile. E anche in qualche rarissimo caso di ambiguità delle apparenze, grazie all'analisi del DNA, la moderna scienza riesce a chiarire da che parte la bilancia penda...
Inoltre, i neuroscienziati riferiscono che anche il cervello si organizza diversamente a livello di connessioni neuronali a seconda che si sia maschi o femmine.
Dunque, è possibile bloccare la pubertà, fare terapie ormonali, operarsi, vestirsi in modo corrispondente a quanto si desidera ma non si scappa veramente da come ci ha creati Dio. "Maschio e femmina li creò..."
Voler essere qualcosa di diverso da come ci ha creati il Creatore è un atto di ribellione e di prometeismo. Responsabili principali sono tutti coloro che incoraggiano, seducono con le loro teorie, propagandano e mettono in opera le cosiddette "riassegnazioni di genere", una pia finzione che tutti in questa società dittatoriale abbiamo il dovere di credere e sottoscrivere con entusiasmo. Ma i fortunati "beneficiari" della riassegnazione hanno vinto la lotteria o sono delle "vittime", più o meno consapevoli? E se si va a indagare lontano dai lustrini con cui li presentano i media, non si scoprono spesso le storie di persone pentite del cambio di sesso, persone che dopo qualche tempo si sottopongono a una nuova operazione per ritornare indietro, persone che si suicidano o quantomeno in preda alla depressione? Ma tutti costoro rientrano nelle statistiche ufficiali dell'ideologia gender? Oppure no?
Cosa fare di concreto contro la deriva della "disforia" si chiede un lettore?
Intervento del legislatore che per legge la proibisca, in quanto fenomeno artificioso, sostenuto da una pseudo-scienza animata da scopi di lucro evidenti, fonte di rovina spesso
perenne per le persone che si prestano ai cambiamenti e di corruzione morale (basta vedere la farsa sordida dei maschi furbacchioni che si dichiarano di sentirsi donne per entrare nelle carceri femminili [pregiudicati in questo caso] o negli spogliatoi delle atlete).
Applicazione della legge, cominciando da tutta la pletora di medici, sociologi, "sessuologi", etc. coinvolti.
Poi vediamo se il fenomeno non si sgonfia.
Quando le discussioni per riportare al bene diventano del tutto inutili, deve intervenire la Legge dello Stato, con tutta la sua autorità.
Quando esiste un vero Stato. Allo stadio, questa è utopia. Eppure non si vede altra soluzione.
Attivisti trans gender ceneranno con Leone XIV domani in occasione del giubileo dei poveri, leggo da Unavox.
Se li invitasse a cena per invitarli a convertirsi, pentirsi, cambiar vita nel nome di Cristo, la cosa ancdrebbe anche bene.
Le premesse sono invece nel senso di una continuazione del non-apostolato di Bergoglio, in
nome della sua fasulla idea di misericordia. Mai ha esortato uno di costoro a convertirsi.
Sono i 4 "poveri", le 4 cosiddette "povere" che già furono ospiti di Papa Francesco ed evidentemente hanno ottenuto un abbonamento alla mensa papale. Con queste trans anche in Vaticano ce n'è per tutti i gusti... Evviva.
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