Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 24 giugno 2025

Latino e musica / San Giovanni e le note musicali

Latino e musica
San Giovanni e le note musicali

Oggi, 24 giugno, ricorre la festività di San Giovanni Battista, detto anche San Giovanni “della mietitura”, per la concomitanza con la stagione di quella importante pratica agricola.
Ma qui voglio ricordare San Giovanni in relazione a un antichissimo inno latino in suo onore, da cui deriva la denominazione, ancora oggi in uso, delle note musicali: Re, Mi. Fa... (ho omesso il Do, per un motivo che vedremo subito).
Ecco, in estrema sintesi, la storia. Le note per il canto gregoriano cominciarono a essere scritte - senza righi (notazione neumatica) - nel IX secolo, in alcuni monasteri europei, tra cui quello di San Gallo. La loro annotazione su quattro righi comparve nell’XI secolo ad opera del monaco Guido d’Arezzo. Ma lo stesso monaco ovviò anche a un altro notevole inconveniente: la difficoltà pratica di intendersi, comunicando oralmente, tra compositore ed esecutori (cantori). Infatti non era per nulla agevole indicare verbalmente le varie note senza poterle chiamare con i loro nomi: perché quei nomi non esistevano! Ed ecco allora il colpo di genio del monaco Guido: assegnare a ciascuna nota il proprio nome, facendole così uscire dall’anonimato e dall’incomunicabilità... E come fece? Semplice: prese una pergamena su cui era stato scritto (rigorosamente a mano!) un inno a San Giovanni Battista, che iniziava con “Ut queant laxis”, e scelse come nome di ciascuna nota le prime due lettere dei versetti - latini ovviamente - nell’ordine in cui si susseguivano in quell’inno. E così la prima nota si chiamò “Ut”, e tale rimase fino al XVII secolo, quando Giovanni Battista Doni la cambiò nella meglio pronunciabile “Do”: Do come “Dominus”! Ma c’è chi pensa che quel “Do” sia la “sigla” con cui Doni ha legato per sempre il suo nome alla prima nota musicale. Da osservare che in Francia e nei paesi francofoni la denominazione “Ut” è ancora in uso.
Guido d’Arezzo “battezzò” (proprio come il Battista!) le sei note allora esistenti. La settima fu introdotta da Bartolomeo Ramis de Pareja nel 1482, e prese nome dalle iniziali delle ultime due parole dell’inno di cui si era servito Guido d’Arezzo, “Sancte Ioannes”: dunque l’ultima delle sette sorelle fu chiamata “Si”.
Ecco una possibile traduzione dell’Inno:
Affinché i tuoi servi
possano cantare
a voce distesa
le tue meravigliose opere,
cancella il peccato
del loro labbro impuro,
o San Giovanni.
(Oreste Martinelli)

1 commento:

Laurentius ha detto...

Grazie di cuore per questo prezioso articolo.

S. Giovanni Battista, lucerna ardente e luminosa, prega per noi.