Disputationes Theologicae si inserisce nel dibattito recentemente riaccesosi sul problema della "Libertà di religione", divenuto nodo teologico per effetto della formulazione data dal n.2 della Dichiarazione conciliare Dignitatis Humanae.
Lo fa riconoscendo che "Finora i tentativi, benché di estrema erudizione teologica, si sono rivelati poco convincenti" e riproponendo un Studio del Vescovo della diocesi di Campos, Mons. De Castro Mayer, noto per aver partecipato, il 30 giugno 1988, alla consacrazione effettuata da monsignor Marcel Lefebvre, di quattro vescovi senza il mandato pontificio che tardava inopinatamente a venire. Riporto le parole di Disputationes Theologicae:
[De Castro Mayer] si rivolse rispettosamente al Papa Paolo VI, in qualità di membro della Chiesa docente; i Vescovi infatti, prima d’ammaestrare il proprio gregge, ricevono un insegnamento dal Sommo Pontefice ed è prassi che ad Esso facciano appello per sapere quale sia l’interpretazione autentica di un testo loro proposto. Nello studio e nella supplica del Vescovo brasiliano, la schiettezza teologica si unisce al filiale - ed altrettanto teologico - rispetto verso il Successore di Pietro. Da figlio devoto della Chiesa, ma senza nascondere la verità, il presule conduce uno studio teologico di una disarmante semplicità, ripercorrendo il pensiero costante della Chiesa; non riuscendo a trovare una soluzione alla questione e vedendo la pericolosità della situazione si rivolge a Chi da Cristo ha ricevuto le chiavi, perché - per parafrasare il padre greco Teodoro Studita - la Sua parola, il Suo “calamo divino”, i suoi scritti, hanno il potere di dissipare i branchi di lupi che infestano la casa di Dio: “Lupi graves irruerunt in aulam Domini (…) habes potestatem a Deo… Terreto, supplicamus, haereticas feras calamo divini verbi tui”.Il testo è del 1974, ma merita d’essere riproposto per le caratteristiche accennate e per la penna che lo scrisse, riflettendo apertamente all’esigenza di un’interpretazione autentica del testo controverso, senza escludere che il Sommo Pontefice possa procedere ad una revisione del testo, il quale non gode dell’infallibilità. S.C.
Lo studio e la supplica di Mons. De Castro Mayer, la cui veritativa chiarezza li rende non eludibili dal dibattito in corso, sono pubblicati qui.
6 commenti:
a giudicare da quel che vediamo forse i tempi per una pronuncia del Papa non sono maturi; ma il dibattito e la consapevolezza si allargano sempre di più nella Chiesa.
I frutti verranno, perché di certo la situazione attuale è di crisi, se continuano ad esserci studiosi come p. Cavalcoli ed altri che affermano l'infallibilità del concilio altrimenti che ne sarebbe della continuità proclamata dal Papa?
Se a gradi diversi del Magistero conciliare non si fanno corrispondere gradi diversi di assenso non solo del fedele ma della Chiesa tutta, riformulando dogmaticamente i testi ambigui o evidentemente incongrui, la situazione tenderà a peggiorare... il munus dogmatico della Chiesa, non più esercitato, continua a provocare l'offuscamento delle verità fondanti della nostra fede e a rendere sempre più grave lo iato generazionale creato dal post-concilio.
Il definitivo tramonto storico degli stati confessionali rende velleitario ipotizzare che lo Stato debba incoraggiare il cattolicesimo e limitare o al più tollerare l'esercizio pubblico di culti acattolici, è questione quanto mai discussa in relazione alle innovazioni contenute nei testi conciliari. Come sappiamo, non è l'unico punctum dolens del Concilio e personalmente riterrei più produttivo concentrarsi su passaggi di ben maggiore impatto nella vita della Chiesa, ad esempio l'ecumenismo e il rapporto con le religioni non cristiane. Ma è solo un mio punto di vista. Disputationes riporta un'analisi che il vescovo brasiliano de Castro Mayer aveva sottoposto a Paolo VI per averne lumi; ma fu un discorso mancato.
un discorso mancato, nel 1974, con Castro Mayer: un discorso mancato, oggi, con Gheradini.
Cos'è cambiato nella Chiesa?
a me pare che qualcosa sia cambiato, se non altro perché la consapevolezza e la competenza messe in campo, oggi si sono allargate a molti studiosi sia religiosi che laici (anni fa c'era la voce autorevole ma isolata -e silenziata- di Romano Amerio).
Inoltre le idee e le riflessioni sembrano espandersi -anche grazie alla Rete- suscitando interesse e sviluppando partecipazione alla base. Per lo meno tra le persone più attente e fedeli negli approfondimenti della fede.
Il resto non sarà opera nostra...
Era velleitaria anche l'evangelizzazione di un pugno di uomini che andavan incontro alla morte per predicar Cristo.
Una situazione storica avversa non rende affatto velleitario proclamar la regalità di Cristo, dinnanzi a cui ogni ginocchio si deve piegar in cielo e in terra.
Non è velleitario ribadir il principio che l'unica vera religione che le istituzioni devono sorregger e protegger è la religione cattolica, mentre per le altre vale il principio della tolleranza.
Se si toglie Cristo dalla vita sociale si cade nell'indifferentismo e ci si preclude la possibilità di cattolicamente legiferare.
Che poi si possa anche soccomber nella battaglia non ha importanza agli occhi di Dio e neppure della storia che saprà dire un giorno dov'era il bene e dove il male, dov'era il nostro impegno e dove il nostro erroneo barcamenarci, la nostra acquiescenza, o la nostra diserzione.
Non si devon ma chiuder le porte all'azione dello Spirito Santo col nostro adeguarci, anche animati da buone intenzioni, alla volontà devastatrice dei nemici.
Grazie caro Dante,
tempora bona veniant, Regnum Christi veniat!
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