Altri elementi interessanti sul cambiamento epocale innestato dal nuovo presidente americano. Qui l'indice degli articoli sulla realtà distopica.
La post-democrazia occidentale
e la rivoluzione trumpiana
__________________________
[1] Noam Chomsky – Gli Stati Uniti non sono una democrazia, 8/11/2009.
[2] In altri sistemi politici il principio vale per la coalizione al governo.
[3] In questo caso soprattutto di prodotti mediatici.
[4] ilfoglio.it
[5] Le elezioni 2020 rappresentano un’anomalia nella storia americana, con circa 28 milioni di votanti in più tra i due partiti in lizza rispetto al 2016 (+22,8%), un dato che colpisce considerando le condizioni di un paese militarizzato (lockdown, censura sui media, strapotere della polizia federale, virtuale “commissariamento” del presidente). Risulta altresì incomprensibile come un ex vicepresidente anziano e incolore abbia potuto ottenere quasi 12 milioni di voti in più rispetto alla prima candidatura Obama e ben 15 relativamente alla Clinton. Biden supera Trump di 5 milioni di voti, nonostante l’exploit (anch’esso eccezionale: + 13 milioni) del presidente in carica, che era stato eletto con 3 milioni meno della Clinton. Passando al 2024, il calo dei votanti nella corsa al secondo mandato non è infrequente, e già nel caso Obama appare ascrivibile per lo più ai minori consensi al candidato in carica: quasi 3,5 milioni per Obama2, 6 per la Harris. Quest’ultima perderà con 2 milioni di distacco dal vincitore, 31/12/2024. Comunque siano andate le cose, l’evidenza statistica giustificherebbe un’indagine approfondita quanto imparziale.
[6] Potrebbe essere questo il motivo principale degli attentati subiti da Trump, che in determinati casi (ad es. la questione climatica e l’industria farmaceutica) ha ripetutamente sottolineato il carattere criminale delle politiche relative. Va anche sottolineato che a quanto risulta, uno di questi attentati, pur non avendo conseguito l’effetto atteso, sarebbe tecnicamente riuscito.
[7]Si v. il rapporto della sottocommissione parlamentare sulla pandemia di Coronavirus negli USA. Vi si spiega chiaramente perché Biden abbia ritenuto indispensabile mettere al sicuro il dott. Fauci con il perdono presidenziale e perché l’amministrazione Trump abbia deciso di abbandonare l’OMS. Non va poi trascurato il fatto che a un mese e mezzo dalla sua pubblicazione (avvenuta dopo le elezioni ma ancora sotto la presidenza Biden) questo rapporto sia ancora silenziato dal mondo dei media. Come in altre occasioni, per venirne a conoscenza bisogna rivolgersi alle fonti estere di nicchia, come la comunità nazionale italiana in Croazia (N. Bulva, “Virus fuggito dal laboratorio”, Panorama, LXXIII (2025), n1, pp. 46-47).
Sono passati molti anni da quando un “intellettuale scomodo” quale Noah Chomski[1], ha puntualizzato come nel mondo politico degli Stati Uniti viga la regola non scritta di tacere dei problemi reali e concentrare l’attenzione degli elettori su argomenti che li toccano solo marginalmente. Se questa affermazione è vera – come è facile dimostrare quotidianamente (e non solo negli USA) – viene allora alla luce il sottile gioco che le élite dominanti portano avanti ormai in tutti i Paesi.
Quando il dibattito verte principalmente sul tasso di democraticità degli avversari – con le opposte accuse di fascismo-comunismo, sionismo-antisionismo, nazionalismo-mondialismo, ecc. – questi argomenti finiscono per rivelare la loro natura di meri escamotage finalizzati a distogliere l’attenzione da un argomento concreto: i soldi. La cosa appare sconcertante, specie in un Paese dove il valore delle persone ruota sostanzialmente intorno alla loro ricchezza. A ben vedere, quivi le politiche economiche vengono portate avanti, un passo dopo l’altro, indipendentemente dal partito momentaneamente al governo[2]. Gli Stati Uniti sotto questo profilo non costituiscono però un’eccezione. La gente si accorge prima o poi di come stanno realmente le cose e un po’ dovunque reagisce disertando le urne. Questo comportamento, che non si spiega affatto con la facile accusa di “qualunquismo”, mette in difficoltà i gruppi dominanti, generando incertezza sugli esiti elettorali (cioè sulla spartizione del potere). Oltre ad un certo punto esso rappresenta poi una minaccia per la tenuta di un sistema che pretende di trarre la sua legittimazione dalla volontà popolare. Nel contempo, l’astensione dal voto peggiora la situazione dell’intera società, in quanto lascia i gruppi dominanti sempre più liberi di agire a loro piacimento.
Per rispondere a questo problema si cerca di reagire proponendo alla platea di potenziali elettori sempre nuove tematiche, atte a provocare una divisione netta nel corpo sociale, nell’intento di indurre la gente a schierarsi a sostegno di una delle due parti in lizza. Si tratta in sostanza di sollevare sempre nuovi motivi di conflittualità sociale, imperniati su questioni specifiche che diano l’impressione di lottare per interessi concreti e non già per cause storicamente collegate a istanze ideologiche. Come è facile comprendere si tratta di un vero e proprio inganno, tanto più in quanto le questioni sollevate vengono scelte accuratamente in modo da legittimare un amplissimo margine di azione ai governanti, che se ne servono per intervenire in ogni ambito della società.
Certe tematiche ambientali (l’esaurimento delle risorse, il cosiddetto “riscaldamento ambientale antropogenico”), la minaccia delle pandemie (vere o supposte tali), la posizione rispetto alla vita (aborto ed eutanasia), la tutela e la valorizzazione di qualsiasi minoranza (vera o inventata), la questione Lgbtq, il linguaggio “politicamente corretto”, ecc., si fondano indubbiamente su aspetti concreti della vita. Tuttavia, le modalità con le quali vengono portate avanti a livello politico le trasformano in quadri problematici che propongono modifiche radicali all’intero complesso culturale, e ciò sull’intero orbe terraqueo. In sostanza, si tratta di veri e propri moduli interpretativi della realtà – sia fisica che intellettuale – il che rivela la loro intrinseca natura di costruzioni ideologiche. Non dissimili dalle vecchie ideologie sulle quali si sono modellati i partiti politici che hanno dominato negli ultimi due secoli.
La convinzione generale è che queste istanze emergano alla superficie in modo spontaneo, ed avendo radici nella realtà, abbiano dignità e diritto di affermazione. Se si pone adeguata attenzione, è tuttavia facile accorgersi che molte delle pur legittime preoccupazioni per l’ambiente, per come vengono declinate e rivolte alle finalità pratiche, costituiscono nient’altro se non una perversione della scienza. La quale viene prostituita agli interessi di un’élite economica che di tutto si preoccupa meno che del bene dell’umanità. Ove la riflessione venga condotta liberando la mente dai messaggi, anche subliminali, dai quali veniamo bombardati continuamente, ci si rende conto altresì che la spontaneità delle istanze in oggetto costituisce una foglia di fico a copertura di strategie, sia aziendali che finanziarie, raffinate e complesse, che sorpassano abbondantemente la capacità di immaginazione dell’uomo della strada. Il quale dimostra invero da parte sua scarsa volontà di dedicare tempo ed energie al fine di ampliare le proprie capacità di comprensione.
Paradossalmente, a velare la nostra visione concorre una scolarità di massa che si suppone stia migliorando il livello culturale del pianeta e quindi lo spirito critico delle popolazioni. Si tratta anche qui di un’illusione, che bene conoscono quanti hanno esperienza del degrado progressivo ed irrefrenabile dei sistemi educativi in tutti i Paesi dell’Occidente. Una tragedia in atto, troppo ampia per non essere il frutto di un disegno occulto, di cui non si parla né sui media né sulla letteratura accademica. Piaccia o meno, dobbiamo accettare la realtà di un mondo malamente acculturato, il quale produce, a livelli industriali, una nuova categoria sociale: la “plebe intellettuale”. Un vero e proprio “blocco sociale” composto da “consumatori evoluti”[3], la cui principale abilità sta nell’afferrare i messaggi subliminali diffusi dalle sirene del potere e farli propri.
Lo stesso discorso si applica alle nuove “questioni sociali” che hanno occupato la scena nell’ultimo decennio. È interessante rilevare come il movimento woke, sorto nella comunità afroamericana negli anni ’60,sia diventato uno slogan politico diffuso su larga scala soltanto quando il gruppo Black Lives Matter lo rivendica, nel 2013 e nel 2014. La sua popolarità dilaga nel quadro della battaglia contro le candidature presidenziali di Donald Trump. Una correlazione temporale che fa pensare e spiega le ragioni che hanno spinto il neopresidente a cancellare appena rientrato in carica le basi della legislazione woke emanate dall’amministrazione Biden & Harris.
L’ostilità verso questa subcultura, nelle sue declinazioni sessuali e culturali, è diventata parte della “leggenda nera” costruita intorno a Trump dai media e travasata nelle piazze. Biden e la Harris hanno cavalcato questa tendenza, che è peraltro stata sempre minoritaria nella società americana. Difatti, come annota Pierre Valentin (2021), “non esiste un proletariato woke”. La correlazione tra redditi alti dei genitori e comportamenti woke dei figli salta agli occhi”[4]. I disordini nelle università più prestigiose (leggi: costose) ne sono la prova più evidente. Ciò fa comprendere come il wokismo sia nient’altro se non la versione aggiornata del ’68. Un movimento parimenti gestito dall’alto ed esportato in tutto il mondo, per finalità in buona parte tenute nascoste. Stando così le cose, accusare Trump di “populismo” per aver dato una risposta ad istanze provenienti dalla maggioranza degli elettori, sembra confermare la vocazione autoritaria dei cosiddetti liberal.
Questa realtà induce a riflettere sulla democraticità del “sistema” americano, ed anche sulla pretesa di Trump che le elezioni del 2020 siano state truccate. A quanto sembra, nell’occasione il responso delle urne avrebbe attribuito al partito democratico quasi 13 milioni di voti in più rispetto a qualsiasi precedente elezione presidenziale. Un surplus di voti espressi in una situazione di generale violazione dei diritti civili a motivo dell’emergenza Covid e che si è più che dimezzato nel 2024, una volta ripristinata la normalità[5]. Ciò è avvenuto nonostante l’indubbia forza elettorale dell’apparato presidenziale e l’elevatissima affluenza ai seggi. Un ulteriore elemento di perplessità giunge dal nuovo precedente stabilito da Biden, il quale ha esteso il tradizionale “perdono presidenziale” di fine mandato a tutti i membri della sua famiglia oltre ad un gruppo selezionato di collaboratori. Legati, questi ultimi, vuoi all’operazione Covid, vuoi alla gestione dei disordini di Washington successivi alla pubblicazione dei risultati elettorali.
Per finire, il discorso di Chomski, che risale al 2009 (subito dopo l’elezione di Obama), concorre a gettare ulteriore luce sulla “rivoluzione trumpiana”. Difatti l’altra “colpa” (generalmente oscurata dai media) della quale il presidente rieletto si è fatto carico è proprio l’aver riportato al centro del dibattito politico i problemi reali. Vale a dire la tragica situazione nella quale versa l’economia americana e l’abitudine ormai invalsa di cercare una soluzione – temporanea – alle casse vuote attraverso la guerra. Questa circostanza viene a modificare profondamente il quadro nel quale viene gestito il processo elettorale, che dalla contrapposizione ideologica si sposta sulla questione sociale, vale a dire lo scontro di interessi tra i ricchi ed i poveri[6]. Riconoscendo in sostanza che gli effetti delle politiche economiche proposte dai plutocrati risultano a volte dannose per la maggioranza della popolazione. Come si vede platealmente nel caso della transizione energetica e dei programmi vaccinali[7].
È certamente paradossale che sia un personaggio quale Trump, pienamente inserito nel club dei miliardari (in dollari) ed alquanto disinvolto nell’accrescere la propria ricchezza, a realizzare questa vera e propria rivoluzione, e tanto più considerando i suoi programmi di riduzione del carico fiscale per i ceti più abbienti. Ma questo sembra un mantra ormai acquisito alla politica americana, a partire da Reagan e dalla sua pretesa (ed infausta) “rivoluzione”. Un omaggio ai potenti senza il quale non è immaginabile alcuna carriera politica, quanto meno di alto livello. Il futuro ci dirà se questo ritorno ai fondamentali resterà un elemento isolato nella politica di un presidente americano ovvero un nuovo inizio per la nazione che si appresta a governare.
Gianfranco Battisti - Fonte La convinzione generale è che queste istanze emergano alla superficie in modo spontaneo, ed avendo radici nella realtà, abbiano dignità e diritto di affermazione. Se si pone adeguata attenzione, è tuttavia facile accorgersi che molte delle pur legittime preoccupazioni per l’ambiente, per come vengono declinate e rivolte alle finalità pratiche, costituiscono nient’altro se non una perversione della scienza. La quale viene prostituita agli interessi di un’élite economica che di tutto si preoccupa meno che del bene dell’umanità. Ove la riflessione venga condotta liberando la mente dai messaggi, anche subliminali, dai quali veniamo bombardati continuamente, ci si rende conto altresì che la spontaneità delle istanze in oggetto costituisce una foglia di fico a copertura di strategie, sia aziendali che finanziarie, raffinate e complesse, che sorpassano abbondantemente la capacità di immaginazione dell’uomo della strada. Il quale dimostra invero da parte sua scarsa volontà di dedicare tempo ed energie al fine di ampliare le proprie capacità di comprensione.
Paradossalmente, a velare la nostra visione concorre una scolarità di massa che si suppone stia migliorando il livello culturale del pianeta e quindi lo spirito critico delle popolazioni. Si tratta anche qui di un’illusione, che bene conoscono quanti hanno esperienza del degrado progressivo ed irrefrenabile dei sistemi educativi in tutti i Paesi dell’Occidente. Una tragedia in atto, troppo ampia per non essere il frutto di un disegno occulto, di cui non si parla né sui media né sulla letteratura accademica. Piaccia o meno, dobbiamo accettare la realtà di un mondo malamente acculturato, il quale produce, a livelli industriali, una nuova categoria sociale: la “plebe intellettuale”. Un vero e proprio “blocco sociale” composto da “consumatori evoluti”[3], la cui principale abilità sta nell’afferrare i messaggi subliminali diffusi dalle sirene del potere e farli propri.
Lo stesso discorso si applica alle nuove “questioni sociali” che hanno occupato la scena nell’ultimo decennio. È interessante rilevare come il movimento woke, sorto nella comunità afroamericana negli anni ’60,sia diventato uno slogan politico diffuso su larga scala soltanto quando il gruppo Black Lives Matter lo rivendica, nel 2013 e nel 2014. La sua popolarità dilaga nel quadro della battaglia contro le candidature presidenziali di Donald Trump. Una correlazione temporale che fa pensare e spiega le ragioni che hanno spinto il neopresidente a cancellare appena rientrato in carica le basi della legislazione woke emanate dall’amministrazione Biden & Harris.
L’ostilità verso questa subcultura, nelle sue declinazioni sessuali e culturali, è diventata parte della “leggenda nera” costruita intorno a Trump dai media e travasata nelle piazze. Biden e la Harris hanno cavalcato questa tendenza, che è peraltro stata sempre minoritaria nella società americana. Difatti, come annota Pierre Valentin (2021), “non esiste un proletariato woke”. La correlazione tra redditi alti dei genitori e comportamenti woke dei figli salta agli occhi”[4]. I disordini nelle università più prestigiose (leggi: costose) ne sono la prova più evidente. Ciò fa comprendere come il wokismo sia nient’altro se non la versione aggiornata del ’68. Un movimento parimenti gestito dall’alto ed esportato in tutto il mondo, per finalità in buona parte tenute nascoste. Stando così le cose, accusare Trump di “populismo” per aver dato una risposta ad istanze provenienti dalla maggioranza degli elettori, sembra confermare la vocazione autoritaria dei cosiddetti liberal.
Questa realtà induce a riflettere sulla democraticità del “sistema” americano, ed anche sulla pretesa di Trump che le elezioni del 2020 siano state truccate. A quanto sembra, nell’occasione il responso delle urne avrebbe attribuito al partito democratico quasi 13 milioni di voti in più rispetto a qualsiasi precedente elezione presidenziale. Un surplus di voti espressi in una situazione di generale violazione dei diritti civili a motivo dell’emergenza Covid e che si è più che dimezzato nel 2024, una volta ripristinata la normalità[5]. Ciò è avvenuto nonostante l’indubbia forza elettorale dell’apparato presidenziale e l’elevatissima affluenza ai seggi. Un ulteriore elemento di perplessità giunge dal nuovo precedente stabilito da Biden, il quale ha esteso il tradizionale “perdono presidenziale” di fine mandato a tutti i membri della sua famiglia oltre ad un gruppo selezionato di collaboratori. Legati, questi ultimi, vuoi all’operazione Covid, vuoi alla gestione dei disordini di Washington successivi alla pubblicazione dei risultati elettorali.
Per finire, il discorso di Chomski, che risale al 2009 (subito dopo l’elezione di Obama), concorre a gettare ulteriore luce sulla “rivoluzione trumpiana”. Difatti l’altra “colpa” (generalmente oscurata dai media) della quale il presidente rieletto si è fatto carico è proprio l’aver riportato al centro del dibattito politico i problemi reali. Vale a dire la tragica situazione nella quale versa l’economia americana e l’abitudine ormai invalsa di cercare una soluzione – temporanea – alle casse vuote attraverso la guerra. Questa circostanza viene a modificare profondamente il quadro nel quale viene gestito il processo elettorale, che dalla contrapposizione ideologica si sposta sulla questione sociale, vale a dire lo scontro di interessi tra i ricchi ed i poveri[6]. Riconoscendo in sostanza che gli effetti delle politiche economiche proposte dai plutocrati risultano a volte dannose per la maggioranza della popolazione. Come si vede platealmente nel caso della transizione energetica e dei programmi vaccinali[7].
È certamente paradossale che sia un personaggio quale Trump, pienamente inserito nel club dei miliardari (in dollari) ed alquanto disinvolto nell’accrescere la propria ricchezza, a realizzare questa vera e propria rivoluzione, e tanto più considerando i suoi programmi di riduzione del carico fiscale per i ceti più abbienti. Ma questo sembra un mantra ormai acquisito alla politica americana, a partire da Reagan e dalla sua pretesa (ed infausta) “rivoluzione”. Un omaggio ai potenti senza il quale non è immaginabile alcuna carriera politica, quanto meno di alto livello. Il futuro ci dirà se questo ritorno ai fondamentali resterà un elemento isolato nella politica di un presidente americano ovvero un nuovo inizio per la nazione che si appresta a governare.
__________________________
[1] Noam Chomsky – Gli Stati Uniti non sono una democrazia, 8/11/2009.
[2] In altri sistemi politici il principio vale per la coalizione al governo.
[3] In questo caso soprattutto di prodotti mediatici.
[4] ilfoglio.it
[5] Le elezioni 2020 rappresentano un’anomalia nella storia americana, con circa 28 milioni di votanti in più tra i due partiti in lizza rispetto al 2016 (+22,8%), un dato che colpisce considerando le condizioni di un paese militarizzato (lockdown, censura sui media, strapotere della polizia federale, virtuale “commissariamento” del presidente). Risulta altresì incomprensibile come un ex vicepresidente anziano e incolore abbia potuto ottenere quasi 12 milioni di voti in più rispetto alla prima candidatura Obama e ben 15 relativamente alla Clinton. Biden supera Trump di 5 milioni di voti, nonostante l’exploit (anch’esso eccezionale: + 13 milioni) del presidente in carica, che era stato eletto con 3 milioni meno della Clinton. Passando al 2024, il calo dei votanti nella corsa al secondo mandato non è infrequente, e già nel caso Obama appare ascrivibile per lo più ai minori consensi al candidato in carica: quasi 3,5 milioni per Obama2, 6 per la Harris. Quest’ultima perderà con 2 milioni di distacco dal vincitore, 31/12/2024. Comunque siano andate le cose, l’evidenza statistica giustificherebbe un’indagine approfondita quanto imparziale.
[6] Potrebbe essere questo il motivo principale degli attentati subiti da Trump, che in determinati casi (ad es. la questione climatica e l’industria farmaceutica) ha ripetutamente sottolineato il carattere criminale delle politiche relative. Va anche sottolineato che a quanto risulta, uno di questi attentati, pur non avendo conseguito l’effetto atteso, sarebbe tecnicamente riuscito.
[7]Si v. il rapporto della sottocommissione parlamentare sulla pandemia di Coronavirus negli USA. Vi si spiega chiaramente perché Biden abbia ritenuto indispensabile mettere al sicuro il dott. Fauci con il perdono presidenziale e perché l’amministrazione Trump abbia deciso di abbandonare l’OMS. Non va poi trascurato il fatto che a un mese e mezzo dalla sua pubblicazione (avvenuta dopo le elezioni ma ancora sotto la presidenza Biden) questo rapporto sia ancora silenziato dal mondo dei media. Come in altre occasioni, per venirne a conoscenza bisogna rivolgersi alle fonti estere di nicchia, come la comunità nazionale italiana in Croazia (N. Bulva, “Virus fuggito dal laboratorio”, Panorama, LXXIII (2025), n1, pp. 46-47).
2 commenti:
Una sola cosa temo in questa lotta per il 'buon senso' : ci troverà divisi come popolo, nelle nostre famiglie e in noi stessi. Molti, dopo decenni di ipocrito buonismo indotto, recitano senza neanche capire che stanno recitando. E difendono la loro ipocrisia con violenza. È questa violenza, cieca, che temo.
m.a.
In Europa, tutto continua come prima.
jeune-nation.com
Rivarol: Apres la tombe de Le Pen, c'est au tour de celle de Brasillach d'être profanée!
Rivarol n° 3648 du 12 02 2025
Posta un commento