Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 27 novembre 2011

Quando "La Bussola" quotidiana, invece di orientare, disorienta...

Leggo su La Bussola quotidiana di ieri un articolo a firma di don Enrico Finotti, riguardante "Le domande che non ci poniamo più sulla Liturgia".

Dopo aver riscontrato considerazioni sensate e attendibili, resto esterrefatta dall'ultimo interrogativo, che riporto e commento, perché si rivela una stroncatura superficiale, di fatto ignorante sia culturalmente che, soprattutto, spiritualmente del Rito Latino usus antiquior.
19. Coloro che assumono il rito nella forma straordinaria devono porsi dei precisi interrogativi: perché si compie questa scelta; quali i motivi; sono validi; c’è stato prima un sufficiente sforzo di capire e vivere il rito ordinario della Chiesa; cosa ci si attende da questa forma precedente; la si conosce in modo almeno minimale? Si deve inoltre considerare che per se stessa tale forma non può garantire l’assenza di possibili abusi. Il rito tridentino ha una impostazione giuridica ben definita e richiede la conoscenza di una gestualità complessa di non facile comprensione, che può essere talvolta di intralcio allo sviluppo di un autentico senso di pietà. L’interpretazione giuridica, se da un lato garantisce formalmente il corretto svolgimento della celebrazione, dall’altro può «uccidere lo spirito» fornendo la maschera per nascondere l’assenza di un vero spirito di adorazione. È forse per questo motivo che molti sacerdoti nel passaggio al rito del Vaticano II non hanno saputo celebrare con quell’atteggiamento di venerazione e rispetto che anche il rito rinnovato richiedeva? In tal caso non possiamo sospettare che il contesto di creatività liturgica che ha caratterizzato il postconcilio sia in qualche modo dipendente anche dall’interpretazione puramente formale della liturgia preconciliare e ne costituisca una sorta di reazione?
Ebbene, come si può parlare in maniera così sbrigativa e superficiale nonché preconcetta delle cause della creatività liturgica post conciliare, rivelatasi sterile e dissacratoria, individuandole nella "reazione" ad una presunta "interpretazione formale" del Rito nell'usus Antiquior, e riscontrando una interpretazione giuridica anche nella "richiesta" odierna di chi, oggi, lo richiede perché lo sceglie?

Non è neppure esatto affermare che per se stessa tale forma non può garantire l’assenza di possibili abusi. Infatti basta seguire col dovuto rispetto ed immedesimazione, di certo tutt'altro che formale, i suoi ritmi e i suoi momenti e non c'è spazio per la creatività e l'improvvisazione, che può andar bene in altri ambiti, ma non nel 'luogo' privilegiato dell'Azione Teandrica di Cristo Signore!

Perché il nostro don Finotti parla di "impostazione giuridica ben definita" e non coglie la "sostanza saporosa e solenne" della 'forma' oggi diventata inopinatamente extraordinaria che noi amiamo, che consideriamo autentico culto a Dio e nella quale, soprattutto, riconosciamo senza tagli e storpiature il Sacrificio del Golgota?

E non si domanda, don Finotti, se il fatto che essa richiede la conoscenza di una gestualità complessa di non facile comprensione, che può essere talvolta di intralcio allo sviluppo di un autentico senso di pietà non dipenda da deficit di formazione spirituale, abbinata a scarso impegno e totale incomprensione di qualcosa di grande, che merita un minimo di approfondimento e di capacità di apprendimento di significati talmente grandi e sublimi dei quali la banalizzazione imperante vede soltanto l'involucro esteriore e li fa apparire come fossero lontani anni luce, mancando anche, nella formazione dei sacerdoti, la relativa ecclesiologia che la riforma di Paolo VI ha completamente abbandonato?

Infatti non si tratta di una gestualità coreografica, ma di un insieme organico e ben compaginato di gesti parole e sentimenti cui corrispondono significati profondi e sublimi - certamente non criptici né solo formali per chi vi si accosta con un minimo di interesse e volontà di comprendere - e, soprattutto, si rivolge alle fonti giuste, smettendo di ascoltare i "cattivi maestri", che stanno rendendo la nostra Chiesa una landa desolata. Si tratta di gesti parole e sentimenti che hanno una loro precisa collocazione e significato e che, soprattutto, fanno immedesimare il Sacerdote, alter Christus, nella sua autentica identità!

Si potrebbe pensare che si sia voluto richiamare ad una maggiore consapevolezza partendo da interrogativi che richiamano aspetti negativi. Ma, in sostanza, sono soltanto questi che emergono con tanto di responsabilità finale.

Purtroppo, fin quando La Bussola quotidiana o altre fonti di informazione che si dicono cattoliche, che hanno spazio solo per l'orientamento egemone di segno non solo opposto ma addirittura avverso, guarderanno con sospetto la Tradizione evolutiva perenne mentre assentiranno solo a quella conciliare, le nostre saranno "voci che gridano nel deserto", perché a farsi sentire e a dettar legge sono solo le grancasse moderniste e movimentiste accompagnate da mezzi e potere, che continuano a deturpare il volto del Corpo Mistico di Cristo in quanto di sacro e solenne Lui in persona, in una drammatica e rivoluzionaria Ultima Cena, ci ha consegnato e comandato di celebrare fino alla fine dei tempi e che ci è stato trasmesso, impreziosito e mirabilmente custodito da generazioni di credenti e di Santi.

13 commenti:

by Tripudio ha detto...

Guarda caso, questo succede proprio nei giorni in cui la Bussola chiede contributi di "cento euro" ai propri lettori e benefattori...

Luisa ha detto...

Quella domanda 19 (vi ricorda qualcosa il n°19?) conclude l`articolo e arriva come i cavoli a merenda, che bisogno c`era di quella domanda ma, sopratutto, perchè darle quel contenuto che non sta nè in cielo nè in terra?
Insomma, siccome nomino le derive moderniste, e non vorrei che mi si prendesse per un tradizionalista, trovo modo di criticare chi sceglie la forma detta straordinaria, già domando se non sono dei pigroni e anche ignoranti che non hanno fatto lo sforzo(!) per capire lo splendore del rito ordinario, sono doppiamente ignoranti perchè il latino non lo sanno e poi bisogna avere una certa cultura per capire (e ridai) quella gestualità così complessa fatta solo per gente colta e intelligente, per gli ignoranti quella gestualità preclude la nascita e lo sviluppo di un autentico senso di pietà!!!
E qui mi fermo, mi dico che don Finotti sta andando fuori strada, potrebbe spiegarmi il buon don Finotti, come hanno fatto tutte le generazioni passate che, poverine, hanno vissuto la loro Fede con quel Rito così complesso e incomprensibile?
Come hanno fatto i nostri Santi, i Papi, i nostri genitori,i nostri nonni,tutti coloro che ci hanno preceduto, come fanno coloro che ancora oggi pregano il Signore, Lo ricevono, Lo incontrano, con la Santa Messa Gregoriana?
Tutti degli handicappati che in realtà in più di non aver avuto,e di non avere, un autentico senso di pietà non avrebbero avuto,e non avrebbero, un "vero spirito di adorazione"?
Ma sta scherzando don Finotti? Non crede di aver esagerato? Chi ha voluto accontentare scrivendo quelle parole?

Luisa ha detto...

La conclusione dell`articolo di don Finotti è semplicemente allucinante, o forse solo costernante (non so se si dice in italiano), ma è la conseguenza logica di ciò che precede.
Che cosa non si è capaci di inventare per tentare di spiegare, se non giustificare o scusare, gli abusi, le derive, gli sperimenti liturgici che sono partiti SUBITO dopo il Vaticano II ad opera di chi aveva studiato e approvato un documento,la Sacrosanctum Concilium, che NON prevedeva di certo ciò che poi è stato fatto.
Quelle persone sapevano quel che stavano facendo, il TRADIMENTO della Sacrosanctum Concilium è già cominciato durante il Consilium, di bugniniana memoria, e si è poi dichiarato in tutta la sua gravità negli abusi, nelle creazioni personali ad uso e consumo di comunità nuove, nelle soppressioni, nelle distruzioni, tradimento legittimato, tollerato, e anche incoraggiato, dalla gerarchia della Chiesa.
A niente è servita la Redemptionis Sacramentum del 2004, il male era fatto, ne subiamo oggi le conseguenze.
Per favore, che don Finotti abbia almeno la correttezza di non inventare teorie assurde per giustificare l`ingiustificabile e per spostare le responsabilità dello scempio liturgico che affligge la Chiesa.

Domenico ha detto...

E' SCORRETTO ESTRAPOLARE DAL CONTESTO UNA PAGINA O DUE DAL TESTO DI DON FINOTTI E POI PRETENDERE DI DARE UN GIUDIZIO DEFINITIVO!!!
ECCO COSA SCRIVE L’AUTORE A PROPOSITO DEL VETUS ORDO NELL’INTRODUZIONE (Pagg. 11-12)
In questa prospettiva possiamo ora comprendere pienamente l’intervento del Papa e il suo pressante invito a tornare alle fonti, ossia a quella forma della liturgia di sempre (1962) che precedette la forma scaturita in modo organico e del tutto legittima dai decreti del Concilio Vaticano II (1970). In tal modo il Sommo Pontefice intende equilibrare lo sforzo: non solo sguardo creativo, che può esporsi a percorsi senza regole, ma anche previo e costante sguardo al passato, per fondare il futuro in Cristo con la forza dello Spirito. Tutti coloro che sono guidati da buon senso e razionalità teologica dovrebbero concordare sul fatto che la precedente forma liturgica deve essere rispettata e costituisce un costante punto di riferimento non solo per approfondite considerazioni di carattere storico ma anche come termine di confronto per possibili apporti migliorativi al nuovo rito. Questa ricerca deve essere incoraggiata soprattutto nelle nuove generazioni le quali non serbano alcun ricordo della forma precedente e non possono quindi dedurre alcunché di vivo e sperimentato. Sarebbe, quindi, veramente patologico per un liturgista e teologo voler rapportarsi al rito precedente con sufficienza e ironia. Ciò non sarebbe indice di fede e pietà autentica e ancor meno di considerazione per il popolo dei fedeli. Le cose di Dio devono sempre essere trattate con circospezione, rispetto e venerazione.
Il Papa sa bene che il giudizio su una forma liturgica non può essere ricavato compiutamente dalla semplice lettura di un documento di archivio, così come una composizione musicale non può essere realmente apprezzata e valorizzata dalla semplice lettura dello spartito. Solo quando la liturgia è messa in atto, essa esibisce la sua efficacia ed espressività. Finché rimane a livello teorico e progettuale, le sue molteplici potenzialità rimangono implicite ed ermetiche. Ecco allora chiarirsi il significato della scelta del Pontefice consentendo a tutta la Chiesa la celebrazione, in modo straordinario, della liturgia preconciliare. Il suo ripristino permette l’introduzione di un intelligente punto di osservazione per il nuovo rito in ordine al suo vero progresso e in vista anche del recupero di elementi troppo in fretta abbandonati ma che potrebbero essere fonte di ulteriore ricchezza spirituale. Tale operazione permetterebbe inoltre una maggior cognizione di causa circa l’abbandono di certe forme rituali teologicamente superate e quindi inopportune. Con tale scelta il Papa ci vuole far comprendere come la liturgia nella sua identità profonda non è solo primariamente fatto giuridico, documento scritto o dottrina, ma evento, azione sacra che coinvolge la realtà viva della Chiesa. La liturgia è nell’ordine dei fatti e delle azioni, e si incontra in un evento dispiegato e celebrato. Come la musica che deve essere udita e non letta o l’opera d’arte che deve essere contemplata e non solo descritta. In tal senso il Papa ha colto in profondità la natura della liturgia e l’ha liberata dalle ristrettezze del carattere giuridico, contenutistico e archivistico.
(continua)

Domenico ha detto...

(continua da sopra)
Il Summorum Pontificum, vuole essere un pressante invito a tutti, pastori e fedeli, per impegnarsi a fare un nuovo balzo in avanti nel solco tracciato dal Concilio Vaticano II. Del resto è a tutti noto che anche il Novus Ordo voluto dal Vaticano II non fu solo progettato ma venne anche sperimentato nei suoi vari aspetti per precisa disposizione del papa Paolo VI.
Molti ritengono che il recente Motu proprio sia una scelta inopportuna, peraltro temuta ed esclusa per decenni dalla medesima autorità della Chiesa e ritengono che la carità verso gli aderenti all’antico uso potesse già essere stata espressa dall’indulto del papa Giovanni Paolo II (Lettera Apostolica Ecclesia Dei - 2 luglio 1988), pur ammettendo la possibilità di ulteriori estensioni e facilitazioni. Altri non comprendono soprattutto come una tale libertà possa essere stata estesa a tutta la Chiesa in modo generalizzato, anche là dove non era sollevato alcun problema, né esposta alcuna richiesta. Si disse che una tale scelta poneva più problemi di quelli che si sarebbe inteso risolvere. Tuttavia, ora, la scelta del Sommo Pontefice non è più semplicemente un’opinione, ma diventa per tutta la Chiesa un atto del Magistero supremo: tra le tante ipotesi, il Papa, con la sua autorità, ha scelto e deciso: «Il Motu Proprio Summorum Pontificum costituisce una rilevante espressione del Magistero del Romano Pontefice e del munus a Lui proprio di regolare e ordinare la Sacra Liturgia della Chiesa e manifesta la Sua sollecitudine di Vicario di Cristo e Pastore della Chiesa Universale» (PONTIFICIA COMMISSIONE “ECCLESIA DEI”, Universae Ecclesiae, n. 8).
Questo fatto pone il Motu proprio nel cammino pastorale-liturgico di tutta la Chiesa e il senso della fede ci deve ispirare ad aderire con religioso ossequio a questa disposizione del Papa, certi che lo Spirito, su questa strada, ci condurrà verso un più alto e più maturo sviluppo della vita liturgica. Sembra oggi verificarsi una situazione analoga a quella dell’indizione del Concilio Vaticano II: molte e contrastanti erano le opinioni sulla opportunità di un Concilio Ecumenico, apprensione diffusa e incertezza di vedute davanti all’improvvisa decisione di Giovanni XXIII. Ma, indetto il Concilio, la Chiesa vi aderì, prima timidamente, poi con entusiasmo e fiducia nello Spirito Santo. Indubbiamente la materia e la disciplina del Motu proprio ha proporzioni diverse, tuttavia è la stessa logica che presiede, quella di camminare in docile obbedienza al Magistero.

Anonimo ha detto...

Per Domenico,

mi dice per cortesia dove La Bussola quotidiana avrebbe pubblicato il testo che lei ci sta citando?

Evidentemente lei si sta riferendo ad altre pagine del volume di Don Finotti, mentre io mi sono basata su quel che è stato pubblicato su La Bussola che conserva tutta la sua gravità, che il testo da lei riportato non smentisce.

Esso, infatti, contiene delle considerazioni assolutamente non nel solco della Tradizione, ma dettate da opportunistico "allineamento", evidente frutto dello "spirito del concilio"...

Basta questa frase: la precedente forma liturgica deve essere rispettata e costituisce un costante punto di riferimento non solo per approfondite considerazioni di carattere storico ma anche come termine di confronto per possibili apporti migliorativi al nuovo rito.

"considerazioni di carattere storico" da approfondire?????
Funzionale a "apporti migliorativi al nuovo rito"?????
Stiamo scherzando????
E invece no. Purtroppo stanno facendo sul serio: non è altro che la "Riforma della riforma" senza più maschere!!!!!

Perplesso ha detto...

Esatto mic, la tua riflessione più che pertinente è in merito all`articolo pubblicato dalla Bussola, non si capisce del resto come don Finotti possa porre quella domanda formulata in quei termini, sul VO, e poi scrivere quel che scive nell`introdutzione, anche se in realtà non sembra riconoscere anche in quel testo il senso intrinseco del Rito antico e sembra non coglierne il suo immenso valore spirituale.

cattolico ha detto...

"considerazioni di carattere storico" da approfondire?????
................

Comprendo l'indignazione di Mic: è una lettura culturale piuttosto che di fede...
E' ovvio che anche la Liturgia ha la sua evoluzione storica; ma purtroppo nel nostro caso c'è stata una evidente rottura ed oggi è difficile persino raccogliere i cocci.

Anonimo ha detto...

ma purtroppo nel nostro caso c'è stata una evidente rottura ed oggi è difficile persino raccogliere i cocci.

Lo stesso Benedetto XVI ha riconosciuto, che si fece a pezzi l’edificio antico e se ne costruì un altro, sia pure con il materiale di cui era fatto l’edificio antico e utilizzando anche i progetti precedenti.
"LA MIA VITA - Ricordi (1927-1977)"

Inoltre egli ha scritto esplicitamente che l'Antico rito "non è mai stato abrogato"; il che dimostra una mens rispettosa e forse non solo utilitaristica nel senso ripreso da Finotti e che invece appare delinearsi con la Riforma della riforma di cui si torna a parlare e che, comunque, è pilotata dai 'novatori'!

Tra l'altro Finotti non prende in considerazione la "ratio" di Paolo VI che, attraverso la modifica del Rito, intendeva accorciare le distanze con il protestantesimo: tant'è che nella realizzazione concreta si è andati ben oltre le prescrizioni della Sacrosanctum concilium e persino la definizione dell'art.7 aveva totalmente estromesso il Sacrificio... rientrato per la finestra (solo in definizione perché il Messale è stato redatto nell'ottica della Cena), in seguito all'esame critico dei cardinali Ottaviani a Bacci.

E l'operazione pare perfettamente riuscita anche nei suoi frutti, se un sacerdote moderno come Don Finotti sembra aver rescisso ogni legame col passato e può parlare dell'Antico Rito misconoscendone il valore e il significato ed enfatizzando molti luogi comuni di cui si sono ampiamente serviti in questi anni i denigratori...

Luisa ha detto...

Leggo:

"Ecco allora chiarirsi il significato della scelta del Pontefice consentendo a tutta la Chiesa la celebrazione, in modo straordinario, della liturgia preconciliare"

!?!

Questo è stravolgere il senso della decisione del Papa.
La Santa Messa Antica non è celebrata in "modo straordinario" È la FORMA STRAORDINARIA dell`UNICO RITO ROMANO, È una delle due forme del Rito che hanno pari dignità.
Leggermente differente, no?

Luisa ha detto...

Credo di capire, riassumendo, che don Finotti accetta il SUMMORUM PONTIFICUM per obbedienza al Papa, "anche se molti ritengono che"..., "altri non comprendono che"...scelta inopportuna, da non generalizzare, fonte di problemi, ma il Papa ha deciso e il senso della fede ci deve ispirare un religioso ossequio.
Obbedienza dunque, ma non è difficile fra le righe leggere il pensiero e l`opinione di don Finotti, confermati dalla lettura del blog di P. Augé.

Difesa ad oltranza della riforma liturgica considerata un`"aurea miniera", paura che possa essere "abbandonata come una cava dismessa".
Mi chiedo, ma forse non dovrei, come don Finotti possa scrivere:

"ossia a quella forma della liturgia di sempre (1962) che precedette la forma scaturita in modo organico e del tutto legittima dai decreti del Concilio Vaticano II (1970)"

Come può passare sotto silenzio il tradimento della Costituzione conciliare ad opera dei novatores del Consilium sotto la guida di Bugnini?
Bugnini che aveva come obiettivo di togliere dalla sacra Liturgia ogni ostacolo che avrebbe potuto essere pietra d`inciampo alla riunione con i protestanti?
Potrebbe dirci don Finotti dove si trovano nella Sacrosanctum Concilium tutte le invenzioni postconciliari?
Ad esempio dove troviamo:

-la soppressione del latino, e del canto gregoriano,
- il ribaltamento dell`altare e
sostituzione con la mensa,
-la distruzione delle balaustre,
-la Comunione sulla mano,
-l`eliminazione e sostituzione dell`Offertorio con la beraka ebraica,
- i tagli selvaggi apportati al Canone,
-l`eliminazione di tutti i riferimenti alla comunione dei Santi?

Dove trova, don Finotti, questi elementi non secondari nella Sacrosanctum Concilium ?
E quindi, come puo affermare che scaturiscono legittimamente dalla Costituzione Conciliare?

Anonimo ha detto...

Catholica:

Mons Gherardini sulle due forme del rito latino


http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2011/10/catholica-mons-gherardini-sulle-due.html

Anonimo ha detto...

Ringrazio Catholica per il richiamo.
Quello era un articolo preliminare.
Qui potete invece accedere al testo integrale dell'intervista nell'originale italiano, per gentile concessione del prof. Dumont.