Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

mercoledì 2 ottobre 2024

Le introduzioni delle epistole

Nella nostra traduzione da New Liturgical Movement alcune notazioni sull'uso delle introduzioni alle letture in ambito Liturgico. Pillole tratte dalle locuzioni latine dai nostri amici anglofoni.
Le introduzioni delle epistole

Una caratteristica tipica di tutte le liturgie apostoliche è l’uso di letture tratte dalla Scrittura al fine di illuminare il momento liturgico più che per approfondire l’alfabetizzazione biblica in sé. Le letture dell’Antico e del Nuovo Testamento venivano scelte generalmente in base alla loro pertinenza tematica alla stagione o al giorno. Occasionalmente, le letture erano composte da versetti specifici selezionati da un brano biblico per l’appropriatezza al giorno liturgico, con altri versetti meno appropriati omessi, al fine di affinare ulteriormente il messaggio. Esistono anche letture di un tipo chiamato “cento” — da una parola latina che significa “pezzi cuciti insieme” —, che sono assemblate da versetti di diversi libri della Bibbia. (Sono estremamente rare nei riti romano e ambrosiano, ma comuni in quello bizantino.) Per parafrasare padre Joseph Jungmann, la Chiesa non ha esitato a spezzare il pane della parola di Dio per preparare i fedeli a un modo particolare di spezzare il pane eucaristico. [1]

Una componente curiosa di questa spezzatura verbale del pane è l’aggiunta di contestualizzazioni ai testi sacri. Prima di leggere un brano della Bibbia, chi legge (un lettore, un suddiacono o un sacerdote) annuncia il nome del libro da cui è tratto e poi aggiunge una parola di introduzione o di spiegazione. Di solito, le frasi introduttive accompagnano le letture del Nuovo Testamento, mentre le parole di spiegazione accompagnano le letture dell’Antico Testamento. Quando si utilizza una lettura dell’Antico Testamento, ad esempio, è comune vederla preceduta da “In diebus illis — In quei giorni”, o “Haec dicit Dominus — Così dice il Signore”. Entrambe le introduzioni sono progettate per aumentare l’attenzione del pubblico.

Lo stesso vale per le parole di indirizzo che precedono una lettura del Nuovo Testamento. La maggior parte delle letture degli Atti degli Apostoli iniziano con In diebus illis, e lo stesso vale per l’Apocalisse, perché anche se gran parte di essa è una visione del futuro, le rivelazioni sono state date a San Giovanni “in quei giorni”. Parleremo di più di In diebus illis nel prossimo saggio, quando tratteremo dell’ambientazione del Vangelo In illo tempore. Per quanto riguarda le Epistole: “Fratres — Fratelli” inizia le letture tratte dalle epistole di San Paolo indirizzate alle comunità, [2] “Carissime — Carissimo” (singolare) inizia quelle tratte dalle sue lettere pastorali, [3] e “Carissimi — Carissimi” (plurale) inizia le cosiddette Epistole cattoliche. [4] E poiché il Messale Romano attribuisce l’Epistola agli Ebrei a San Paolo e la tratta come una lettera indirizzata alla comunità, anche i passi degli Ebrei iniziano con Fratres.

San Paolo non inizia le sue epistole con questi saluti, anche se a un certo punto, nella maggior parte delle sue lettere comunitarie, si rivolge alle chiese con Fratres. Nelle sue epistole pastorali, Paolo si riferisce a Timoteo e a Tito come “al suo diletto figlio” (“dilectus filius”), e una volta si riferisce a Timoteo come “al suo amato figlio” (“carissimus filius”, Tito 1, 2). Per quanto riguarda le epistole cattoliche, i santi Pietro, Giovanni e Giuda si rivolgono tutti al loro pubblico con Carissimi (1 Pietro 2, 11; 1 Giovanni 2, 7; Giuda 3), mentre San Giacomo non lo fa. I saluti servono quindi come indicatori approssimativi ma affidabili, che ricordano all’ascoltatore il contesto letterario o ecclesiastico del brano. E grazie al loro ordinamento nel Messale, formano gruppi illuminanti sul calendario.

Fratres, usato per le epistole comunitarie di Paolo, è l’indirizzo più comune e può essere trovato durante tutto l’anno sia nel Ciclo Temporale che in quello Santorale.

Il Carissime (singolare), usato per le epistole di Paolo a Timoteo e Tito, appare nel Ciclo Temporale solo durante il periodo natalizio: nella Messa di Mezzanotte, nella Messa dell’Alba di Natale, nei giorni dell’Ottava della Natività, nell’Ottava di Natale e nella Messa del sabato per la Beata Vergine Maria da Natale alla Candelora. È più comune nel Ciclo Santorale, dove è usato in una varietà di feste dei Santi. L’uso di Carissime durante il periodo natalizio è appropriato, un caldo promemoria di come Dio abbia tanto amato il mondo da donarci il Suo unico Figlio.

Il plurale Carissimi, usato per le epistole cattoliche, appare nel Ciclo temporale solo durante il periodo pasquale e le prime domeniche dopo la Pentecoste: Venerdì Santo, Sabato Santo, tutte le domeniche dopo Pasqua, i Giorni delle Rogazioni Minori, la domenica dopo l’Ascensione, dalla prima alla terza domenica dopo la Pentecoste e la quinta domenica dopo la Pentecoste. Appare meno spesso nel Ciclo santorale. L’uso di Carissimi durante il periodo pasquale è appropriato, un caldo promemoria di come Dio abbia esaltato il Suo Figlio che è stato obbediente fino alla morte in croce e ci ha resi eredi della Sua grazia. E nella misura in cui ci si rivolge a più persone, è appropriato che il plurale Carissimi venga usato per la stagione più importante dell’anno liturgico.

Le introduzioni liturgiche appaiono nel Messale Romano del 1970 e sono fedelmente riprodotte nei lezionari di diverse lingue moderne. Per ragioni a me sconosciute, tuttavia, non compaiono in nessuna delle traduzioni ufficiali in inglese. Questa omissione, a mio parere, è particolarmente deplorevole per quanto riguarda le contestualizzazioni che si riferiscono al Vangelo, alle quali ci soffermeremo nel prossimo saggio.
Michael P. Foley, 27 settembre 2024
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[1] Joseph A. Jungmann, The Mass of the Roman Rite (Christian Classics, 1974), 265.
[2] Romani, 1 Corinzi, 2 Corinzi, Galati, Efesini, Filippesi, Colossesi, 1 Tessalonicesi e 2 Tessalonicesi.
[3] 1 Timoteo, 2 Timoteo, Tito.
[4] Giacomo, 1 Pietro, 2 Pietro, 1 Giovanni, 2 Giovanni, 3 Giovanni e Giuda.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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