Aggiornamento 23 ottobre: I sacerdoti liguri legati alla tradizione suggeriscono prudenza nel trattare della questione di Monsignor Oliveri. E do' loro voce pubblicando la comunicazione che segue:
La notizia dell'esautorazione è comparsa sul secolo XIX, testata giornalistica profondamente legata alla massoneria che porta avanti da anni una battaglia di diffamazione contro il Vescovo. Non potendo attaccare personalmente monsignor Oliveri, che oltre ad essere uomo di provata dottrina, è moralmente ineccepibile e vive una vita ritirata e sobria, attaccano le sue scelte liturgiche e il suo governo, soprattutto per quanto attiene le ordinazioni sacerdotali e l'accoglienza di seminaristi di fuori. Ammesso e non concesso che alcuni soggetti accolti da monsignor Oliveri possano aver dato adito ad alcune critiche, i veri problemi sorgono dal clero autoctono che nella quasi totalità (anche se in vero non conta più di un quarto del presbiterio) è postsessantottino arrabbiato e, per quanto concerne la morale, non sempre specchiato. Tra questi esiste una vera fronda che, appoggiandosi alla stampa laicista, porta avanti una critica radicale a Oliveri, nell'intento dichiarato di farlo dimettere.
Detto questo, circa la questione dell'esautorazione, Monsignor Oliveri confidenzialmente interpellato si dice sereno e ignaro di tale possibilità.
Il nostro sospetto, dunque, è che si tratti dell'ennesima fronda volta ad attirare l'attenzione romana sul caso Oliveri; in altre parole temiamo che la pubblicizzazione di questa notizia possa invogliare effettivamente Roma a muoversi in tal senso. Certamente Oliveri non è un vescovo allineato, secondo il nuovo corso; è quindi realmente vulnerabile.
Il nostro suggerimento è di non dare ascolto e seguito a tali indiscrezioni, a meno che non derivino da fonti privatissime della curia romana, cioè dei diretti interessati.
Dal canto mio aggiungo che Mons. Oliveri, che conosco per la sua sobria e prudente riservatezza, interpellato a controbattere le voci che purtroppo vengono fatte circolare anche al di fuori della diocesi, si affida e prosegue per la sua strada, fiducioso, senza voler alimentare lo scalpore. Che dire? Rispettiamo la sua scelta e attendiamo pregando. Credo sia bene tuttavia che si prenda atto dei sentimenti e dell'indignazione di molti fedeli di fronte a possibili strumentalizzazioni del caso.
Una lettrice ligure ha lanciato l'allarme e ci ha spinti alla ricerca. Effettivamente leggiamo su
Il Secolo XIX di oggi [
qui] che a giorni Mons. Mario Oliveri sarà affiancato da un vescovo ausiliario, che ufficialmente lo sosterrà ma di fatto ne prenderà il posto. Per farvi conoscere chi è Mons. Mario Oliveri Vescovo di Albenga-Imperia, vi invito a leggere gli stralci riportati di seguito alla scarna notizia di cui ho ripreso la prima parte dal quotidiano.
Appena possibile, metterò a disposizione altri suoi illuminanti scritti. Le analogie col caso Livieres di Ciudad del Este [
qui] sono evidenti. Credo che la Tradizione sia inesorabilmente messa all'angolo. E trovo allarmante che ciò stia accadendo anche nei confronti di altre sue voci autorevoli. Ad esempio il Card. Burke. Lo stesso card. Müller, peraltro più conservatore che tradizionalista, sta per subire la stessa sorte.
Savona - Un commissario per la diocesi più chiacchierata d’Italia [incredibile, per chi conosce la verità. È di sicuro questione di 'fronda' ostile, La personale integrità di Mons. Oliveri non potrà mai essere messa in discussione]. A giorni Mario Oliveri sarà affiancato da un vescovo ausiliario, che ufficialmente lo sosterrà ma di fatto ne prenderà il posto.
È stato il Papa a decidere: prima ha vagliato i dossier che gli sono stati inviati da fedeli e sacerdoti del ponente ligure, quindi ha inviato ad Albenga il nunzio apostolico Adriano Bernardini.
Tra Francesco e Bernardini non c’è particolare amicizia, mentre il nunzio è stato compagno di seminario di Oliveri: ma la sua relazione non è stata positiva.
Al vescovo (che potrebbe restare come emerito) si rimprovera un reclutamento del clero frettoloso, con un’eccessiva carità cristiana di fronte a seminaristi espulsi, personaggi bizzarri e lestofanti conclamati.
Così lo presento tra le "vigili sentinelle" nel mio testo La Chiesa e la sua continuità. Ermeneutica e istanza dogmatica dopo il Vaticano II, Editrice DEUI, Rieti 2012, pag. 2401.
Mons. Mario Oliveri Vescovo di Albenga-imperia, nella Prefazione al libro di Mons. Brunero Gherardini Il Concilio Vaticano II. Un discorso da fare, concludendo nell’unirsi alla supplica finale, scrive (i corsivi sono nel testo originale):
«Il filo conduttore di tutti i suoi scritti è sempre quello che mette in logico e - direi - ferreo collegamento verità rivelata e verità meditata dall’umano intelletto illuminato dalla fede sostenuto dalla teologia dei Padri della chiesa, sistematizzata dalla grande teologia scolastica, tramandatasi per secoli; sorretto dall’insegnamento del Magistero della chiesa, che mai può essere in contraddizione con se stesso, che solo può avere uno sviluppo così omogeneo da non dire mai nova, ma tutt’al più nove (secondo la terminologia del “Commonitorium” di san Vincenzo di Lerino).
Mi accorgo che con queste espressioni mi riferisco ad una concezione filosofica e quindi anche teologica (nella misura in cui si dà attenzione alla verità rivelata) che riconosce all’umano intelletto il suo vero valore e la sua vera natura, così da considerarlo capace di raggiungere e di aderire ad una verità che è immutabile, come immutabile è l’essere di tutte le cose, perché dall’essere Assoluto, da colui che è, trae per creazione la sua natura. Ma l’intelletto non crea la verità, poiché non crea l’essere: l’intelletto conosce la verità, quando conosce il ciò che è delle cose.
Al di fuori di una tale visione, al di fuori di una tale Filosofia, qualsiasi discorso sulla immutabilità della verità e sulla continuità di adesione dell’intelletto alla stessa identica verità non terrebbe più, non avrebbe più alcuna sostenibilità. non resterebbe che accettare una mutabilità continua di ciò che l’intelletto elabora, esprime e crea.
Anche un discorso sullo sviluppo omogeneo del dogma, o dell’insegnamento della chiesa attraverso i secoli, nel fluire del tempo e della storia, non potrebbe più farsi con la possibilità che sia compreso, proposto ed accolto. ci si dovrebbe arrendere ad un continuum fieri sul piano di una “verità” non più conosciuta e riconosciuta dall’intelletto, ma da questo elaborata in base a ciò che appare e non a ciò che è».