A sessant'anni dalla fine del Concilio Vaticano II. Precedente:
A sessant'anni dalla fine del Vaticano II -- I. Riflessioni sulla 'Gaudium et spes'.
qui.
Ed ora, una nozione di Chiesa di Cristo che possa esser rivendicata anche alle “confessioni” acattoliche (tutte settarie perché scismatiche ed eretiche) non può identificarsi con quella della Chiesa Cattolica autentica, che è la Romana, l’unica rimasta fedele nei secoli al Deposito della Fede.
Come richiesto dai lettori, Paolo Pasqualucci affronta, dalle radici, il tema – o meglio il problema – del famigerato subsistit in nella Dominus Jesus.
La trattazione offre il valore aggiunto del confronto con gli schemi preparatori rifiutati e sostituiti dalla fronda modernista, purtroppo poco noti e alcuni introvabili.
A sessant'anni dalla fine del Concilio - II : analisi di LG 8.II - Analisi critica di ‘Lumen Gentium” 8, articolo imputato di un inaccettabile concetto “allargato” della Chiesa di Cristo, e del decreto conciliare ‘Unitatis redintegratio” 3, che sanziona l’inclusione delle comunità acattoliche nella Chiesa di Cristo. Si aggiunge anche il “bilancio” del raffronto tra lo schema di costituzione della Chiesa rigettato (artt. 1-7 di Aeternus Unigeniti) e LG 1-8 -- di Paolo Pasqualucci.
Continuando nella pubblicazione di parti di questo mio libro Unam Sanctam. Studio sulle deviazioni dottrinali nella Chiesa Cattolica del XXI secolo, Solfanelli, 2013, mi addentro ora nell’indagine del problema rappresentato dal famoso “subsistit in”. Quest’indagine nel mio libro viene così sviluppata:
1. Esposizione del passo contenente il “subsistit in” della costituzione Lumen Gentium sulla Chiesa (= LG) 8.2 nella sua interezza, inquadrandolo nel complesso del capitolo I della LG;
2. Analisi del rapporto tra la dottrina esposta in LG 8 e quella del decreto Unitatis Redintegratio (=UR) 3, poiché quest’articolo del decreto sull’ecumenismo, per comune riconoscimento, costituisce in pratica l’autentica di LG 8.2;
3. Paragone del cap. I di LG con l’equivalente capitolo I dello schema originario “scartato” sulla Chiesa (Aeternus Unigeniti Pater = AeU). Fu “scartato” nella tumultuosa fase iniziale del Concilio, durante la quale i Novatori riuscirono (con la complicità del papa) a far rigettare tutti gli schemi preparati, per riscriverli con commissioni da loro controllate, indicate dalle Conferenze Episcopali. Lo schema respinto era stato elaborato sotto la guida del cardinale Alfredo Ottaviani (Prefetto del Sant’Uffizio) e di mons. Sebastiaan Tromp SI, olandese, custodi dell’ortodossia. Il cap. I di LG si serve del cap. I di questo schema rigettato, utilizzandone degli spezzoni. La comparazione tra i due testi si imponeva al fine di verificare l’esistenza o meno della continuità dottrinale affermata dai settatori del Concilio[1].
Un’analisi in parallelo di questi due testi, a quanto ne so, non è mai stata fatta. Quest’analisi con aggiunta la critica di mons. Gherardini a LG 8 e UR 3 e la mia critica dell’allora professore Karl J. cardinal Becker sostenitore della continuità tra lo schema scartato e l’ecclesiologia di LG, si estendono dal cap. I al cap. X del mio libro (pp. 37-154). Il cap. XI cambia argomento ed inizia la critica di Gaudium et spes 22.2 che si presenta addirittura con “una nuova dottrina dell’Incarnazione come unione di Cristo ad ogni uomo”. Il libro consta di venti capitoli.
Data la lunghezza delle analisi e la complessità del tema, mi limito a pubblicare qui t r e parti.