Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 2 agosto 2019

NATALIA SANMARTÍN: “LA MESSA TRADIZIONALE È IL CULTO PIÙ UTILE E LA FORMA DI ADORAZIONE PIÙ PROFONDA CHE SI POSSA OFFRIRE A DIO”

Nella nostra traduzione da Beglicatho una bella testimonianza di una giovane scrittrice galiziana.

NATALIA SANMARTÍN: “LA MESSA TRADIZIONALE È IL CULTO PIÙ UTILE E LA FORMA DI ADORAZIONE PIÙ PROFONDA CHE SI POSSA OFFRIRE A DIO”

Natalia Sanmartín Fenollera, nata in Galizia nel 1970, giornalista del prestigioso giornale economico spagnolo Cinco Días, è diventata una rivelazione letteraria internazionale grazie al suo romanzo pubblicato nel 2013, El despertar de la señorita Prim [edito in Italia da Mondadori col titolo Il risveglio della signorina Prim, N.d.T.]. Il romanzo ha avuto un successo così grande che la casa editrice spagnola Editorial Planeta ne ha venduto i diritti a settanta paesi e ci si aspetta presto altre opere da parte della scrittrice.

Il risveglio della signorina Prim è un romanzo deliziosamente sorprendente. La protagonista, Prudence Prime, arriva in una piccola cittadina del centro della Francia, Sant-Irénée d’Artois, che si trova vicino a un’abbazia benedettina in cui si celebra la liturgia in latino (ciò fa pensare a un’abbazia in riva alla Creus...), per lavorare come bibliotecaria per un tanto colto quanto originale celibe.

Nel villaggio, volontariamente isolato dal tempo presente, i bambini – alcuni dei quali vanno alla messa tradizionale ogni mattina – ricevono un’educazione di alta qualità umanistica, non a scuola ma in casa. In questo peculiare borgo non si parla né di televisione né di cellulari, bensì si vive di arte, di lettura, di musica, dei piaceri della conversazione. Le donne si considerano “femministe” nel senso autentico della parola, ossia sono sommamente femminili. E il tempo scorre al rallentatore, al margine della modernità.

Senza essere ermeticamente separati dai circuiti economici odierni, commercianti, artigiani e proprietari di Saint-Irénée vivono in una sorta di sistema “distribuzionista”, fermamente anti-liberista, ispirato a Chesterton (e alla dottrina sociale della Chiesa). Pur essendo dolce ed educata, la loro contestazione del “sistema” è decisamente radicale, ed è inoltre una contestazione cattolica, specialmente dal punto di vista dell’educazione, nella quale la messa tradizionale svolge un ruolo cardinale.

Abbiamo chiesto a Natalia Sanmartín di spiegarci il suo romanzo e di darci alcuni lumi sul suo percorso personale.

Paix liturgique – Saint-Irénée si ispira a una cittadina realmente esistente nel centro della Francia? Sembra che nel Suo romanzo Lei renda omaggio alla sensibilità cattolica di Chesterton, interprete misconosciuto di quella che viene definita “dottrina sociale” della Chiesa.

Natalia Sanmartín – Sant-Irénée non si ispira a nessun paese particolare, bensì a tutti quelli che sono sorti intorno ai monasteri e che, per così dire, hanno tessuto l’Europa. In un certo senso rappresenta la quintessenza dell’antico ordine medievale. Una piccola cittadina è sorta intorno a un cuore spirituale – un monastero benedettino che conserva la liturgia tradizionale – e in essa si coltivano le buone relazioni tra i vicini, l’economia familiare, le antiche tradizioni e un rapporto equilibrato tra la vita e il lavoro. Sì, Chesterton ha una presenza significativa all’interno del libro. So che è attualmente un autore molto popolare, in particolare in ambito cattolico. Il suo pensiero sull’insegnamento sociale cattolico, le sue arringhe in favore del “distributivismo”, la sua critica feroce del liberismo e la sua visione del modo in cui quest’ultimo ha distrutto la famiglia sono estremamente lucide, quasi profetiche, ma questa parte del suo pensiero è scomoda per certi settori, e persino per i cattolici. In generale, non nutriamo dubbi troppo grandi sull’incompatibilità tra il comunismo e il vangelo, per esempio, ma quando si tratta dell’incompatibilità col liberismo – col ruolo attuale della donna nella società, tema vincolato all’accettazione dell’ordine della famiglia e delle relazioni tra uomini e donne così come li vede San Paolo – le cose non sono più altrettanto facili da digerire.

Paix liturgique – Il personaggio principale del Suo romanzo è la signorina Prim, una giovane donna molto indipendente, colta, che ha frequentato l’università, sicura di sé ma molto onesta. La signorina Prim passa attraverso una sorta di conversione, influenzata da un legame sentimentale. Pur difendendo ardentemente il pensiero dominante della nostra società, prova una singolare attrazione per la vita degli abitanti di Saint-Irénée. La signorina Prim può essere considerata la metafora della possibilità della conversione di persone moderne di buona volontà?

Natalia Sanmartín – Sì, la si può considerare in questo modo. Direi che la signorina Prim è una prigioniera e un prodotto tipico del suo tempo. Non è atea e non è nemmeno scettica, perché non si può essere scettici al riguardo di quanto si ignora, il che è la grande tragedia di questo secolo per il cristianesimo. L’idea del libro è nata da una frase del Cardinal Newman che esprime molto bene il dolore per il paradiso perduto che è inscritto nei nostri cuori. La signorina Prim, come molte altre persone moderne non evangelizzate o mal evangelizzate (il che è a mio avviso ancora peggio) ha perso il suo cammino di ritorno in se stessa, ma ritiene che esistano un focolare a cui tornare e un mezzo per farlo. Come molte persone di oggi, cerca di soffocare questo sentimento di nostalgia e di perdita, ma non lo comprende molto bene. Non sa come identificare ciò che succede, ma percepisce che c’è qualcosa che non va; prova un’ansia che non si calma. E non si calma perché solo Dio può calmarla.

Paix liturgique – Il nome “Prudence” che Lei ha dato al Suo personaggio ha un significato aristotelico? Rappresenta per caso la vita virtuosa come terreno favorevole alla grazia?

Natalia Sanmartín – Sì, può darsi, anche se devo dire che Prudence Prime è una protagonista assai imprudente, soprattutto all’inizio del libro. Ma ho voluto anche scegliere un nome che potesse funzionare in varie lingue. Non sapevo che il libro sarebbe stato tradotto in tante lingue, ma non ne avevo escluso la possibilità.

Paix liturgique – Uno dei punti più importanti del Suo libro sembra il riservare uno sguardo critico all’insegnamento odierno. Insegnare a Saint-Irénée sembra implicare il dare la priorità allo studio della letteratura classica e all’insegnamento delle cose che le generazioni precedenti hanno appreso e che si sono dimenticate. Si tratta di un incoraggiamento discreto alla scolarizzazione domestica, o almeno alla scuola familiare e cattolica?

Natalia Sanmartín – Sono convinta del fatto che l’epopea e la poesia abbiano un dono particolare per trasmettere la fede, soprattutto ai più giovani, L’epopea classica, le saghe nordiche, i romanzi e le leggende medievali, ma anche la letteratura contemporanea che attinge a quelle fonti e ne riprende l’essenza – penso in particolare a Tolkien – hanno questo potere. Il bene, il bello e il vero, la figura dell’eroe e del sacrificio, le fatiche e le prove da superare per arrivare all’obiettivo, la fedeltà al re di cui si attende il ritorno, la lotta contro il male, le tentazioni che costellano il cammino, agiscono come echi dell’unica vera epopea che risuona ancor oggi nei nostri cuori. È un linguaggio straordinario che dev’essere appreso più a casa che a scuola. In questo senso, la scuola in casa, l’homeschooling [vedi - qui - qui, nel blog], mi sembra qualcosa di prezioso e quasi eroico. Ammiro profondamente quanti compiono questo passo.

Paix liturgique – La vita a Saint-Irénée corrisponde in qualche modo a quella della Sua infanzia e della Sua adolescenza, all’educazione che ha ricevuto dalla Sua famiglia?

Natalia Sanmartín – In un certo senso sì, ma solo come fonte d’ispirazione. Sono cresciuta in una casa la cui biblioteca era accessibile ai bambini, in un mondo in cui i libri non sono catalogati per fasce d’età – e anche qualora lo fossero stati non vi si sarebbe prestata troppa attenzione. Non ricordo di essere stata mai guidata alla lettura in modo specifico, salvo in certi casi di libri che per tradizione familiare passavano da una persona all’altra. Ma in generale io e i miei sei fratelli abbiamo letto tutto quel che ci siamo trovati tra le mani, tutto ciò che ci interessava, e abbiamo assimilato tutto quel che potevamo. Erano buoni libri, poesie, libri d’avventura, favole, una gran quantità di classici. Non ricordo nemmeno che nessuno mi abbia mai detto: “Lascia perdere quel libro, è troppo difficile”. Il massimo che poteva succedere è che mi annoiassi e smettessi di leggerlo. Mi sembra che oggi esista una certa tendenza a considerare i bambini persone di poco conto che devono leggere solo cose volgari. Ma i bambini non sono persone prive di importanza, i bambini sono bambini, il che è differente.

Paix liturgique – Possiamo chiederLe se la scoperta della messa “in latino” da parte della protagonista è autobiografica?

Natalia Sanmartín – Non nel modo in cui è descritta nel romanzo, ma sì, la messa tradizionale è un elemento tradizionale della mia fede, del mio pieno ritorno ad essa. Come molte altre persone, purtroppo a una certa età ho preso le distanze dalla pratica religiosa e quando sono tornata alla fede, quando ho letto i Vangeli per la prima volta, quando ho letto testi dei Padri della Chiesa e ho scoperto la bellezza dei Salmi, mi sono resa conto del fatto che la grandezza e la radicalità di quel che avevo “scoperto” non aveva nulla a che fare col culto a cui ero tornata. Non capivo perché, ma c’era sempre qualcosa che non tornava. Finché ho scoperto, quasi per caso, la messa tradizionale: in quel momento tutti i tasselli del mosaico si sono messi in ordine. Ricordo di essermi inginocchiata in silenzio, durante la mia prima messa, e di aver pensato: ecco qual è il punto centrale, è il sacrificio della messa, è il cielo sulla terra, come dicono gli orientali. La fede cristiana non è una fede banale, e pertanto non si può esprimere attraverso un culto banale. Si tratta del mistero, del sangue e del sacrificio; è qualcosa di sacro, di velato, di stupefacente.

Paix liturgique – L’influsso della messa tradizionale nella vita di Saint-Irénée, perlomeno nell’educazione dei bambini, è importante. Pensa che questo modo di celebrare – e di credere – possa aiutare la nostra società a recuperare la sua cultura?

Natalia Sanmartín – Non sono troppo ottimista per quanto riguarda il recupero o il ritorno di un alto livello di cultura in Occidente, perlomeno se ci riferiamo alla maggioranza e alle masse. Sì, è vero che la liturgia tradizionale attira molte persone che non conoscono la fede cristiana o ne sono lontane. E non sembra certo una contraddizione il fatto che l’epoca in cui esistono tanti conflitti sociali, tanta delinquenza, tanta divisione familiare, tanta violenza di ogni tipo e un’indifferenza sempre maggiore nei confronti della fede sia anche quella che ha sfregiato brutalmente la bellezza. Da questo punto di vista, la profondità e la ricchezza della messa tradizionale possono aiutare a stabilire legami con una cultura che ha sempre cercato di riflettere la bellezza in quanto attributo divino. Ma alla fine ciò non è la cosa più importante, poiché la messa non concerne tanto noi, quanto Dio. La messa tradizionale è il culto più utile e la forma di adorazione più profonda che si possa offrire a Dio. Ciò è obiettivo, è essenziale e ci incita a batterci per ottenerlo. E in questa lotta il problema non è una questione di numeri, di forza o di influenza. Sappiamo bene quel che Dio può realizzare attraverso la debolezza.

Paix liturgique – Ad ottobre Lei sarà a Roma per intervenire in occasione del 5º Incontro Summorum Pontificum.

Natalia Sanmartín – Sì, vi sarò presente e sarò molto felice di parteciparvi. Ho recentemente confermato la mia partecipazione e non vedo l’ora di incontrarvi lì.
[Traduzione di Antonio Marcantonio per Chiesa e post-concilio]

17 commenti:

Anonimo ha detto...

https://voxnews.info/2019/08/01/prete-a-bergoglio-islamici-ci-sgozzano-e-tu-li-inviti-in-chiesa-video/

Anonimo ha detto...

Continua indisturbata e indescrivibile e irraccontata la strage di cristiani. Un sacerdote cattolico, il parroco Paul Offu, è stato ucciso nella diocesi di Enugu, in Nigeria, dagli islamisti Fulani. È finito nel retro di una jeep. Ci sono più martiri cristiani oggi che ai tempi di Diocleziano. Ma nessuno ne parla.

Japhet ha detto...

"i sacerdoti non allineati vengono trasferiti o puniti. C’è una dittatura impietosa"
don Alfredo Morselli

Grandissimo Don Alfredo Morselli, Sacerdote di Bologna che seguo da tempo su Facebook, che con la sua parresia ha il coraggio di dire la verità senza paura sulla chiesa di oggi.

(Riassunto dall'intervista sul giornale la Verità)

Don Alfredo ci dica, i sacerdoti e i fedeli cattolici che giudizio danno di questo papato?

"I fedeli sono preoccupati dall'eccessiva attenzione che il Papa riserva ai migranti"

E i sacerdoti che dicono?

"I miei confratelli hanno perplessità dogmatiche e morali, la mancanza di una risposta ai dubia su Amoris leatitia, il problema dell'inter-comunione con i protestanti, la dichiarazione di Abu Dhabi in cui si afferma che tutte le religioni sono volute da Dio e il prossimo sinodo sull'Amazzonia, a volte il Papa sembra legittimare delle terribili eresie!"

C'è secondo lei un velato appoggio ecclesiastico al PD?

"Si la Chiesa di oggi chiede di votare un partito che chiede più Europa, che sia favorevole all'accoglienza, ma il PD persegue l'esatto contrario dei valori cristiani e la gente non lo capisce questo appoggio e in conseguenza c'è un distacco dei fedeli dalla gerarchia dei sacerdoti, questo perché un sacerdote che predica solo l'accoglienza e si dimentica dei principi non negoziabili non è più credibile"

Lei che è cosi coraggioso, ci spieghi. Se c'è tanto disagio nella Chiesa, perché si sentono poche voci di dissenso, c'e troppa paura?

"Perché i sacerdoti non allineati vengono trasferiti o puniti. C'è una dittatura impietosa, una specie di regime cinese, ci sono altri che non sono teologicamente preparati per contrastare la corazza mediatica della Chiesa progressista e allora soffrono in silenzio. E man mano che vanno in pensione, i vescovi vengono sostituiti da altri perfettamente allineati."

Catholicus ha detto...

"Ci sono più martiri cristiani oggi che ai tempi di Diocleziano. Ma nessuno ne parla." : e chi ne dovrebbe parlare, se tutti i media mainstream, laici e falsi cattolici sono in mano ai poteri forti (massonici o altro) nemici di Cristo e della Chiesa, miranti solo a distruggere il papato, la Chiesa Cattolica, la fede cattolica sull'intero pianeta ? Bergoglio è il loro referente-esecutore ecclesiastico, è stato messo lì per questo, e deve far presto (per questo non hanno voluto attendere che Ratzinger togliesse il disturbo per cause naturali, imponendogli di farsi da parte); evidentemente il capo supremo della congiura (Lucifero) sa che i tempi per lui stringono, che gli resta veramente poco per dannare le anime, e così lancia all'impazzata il suo esercito delle tenebre a conquistare l'intero pianeta, a formare un cesaropapismo di origine e ispirazione satanica. Ma non riuscirà nel suo intento, almeno non completamente, perché "il Signore aveva altri progetti...", ci ha rassicurati la beata Katharina Emmerick due secoli or sono; inoltre la stessa Madre di NSGC (e, per grazia Sua, anche Madre nostra) ci conferma che "quando tutto sembrerà perduto, allora Io sarò con voi ... alla fine il Mio Cuore Immacolato trionferà".

Anonimo ha detto...

Oggi Bruder Jakob... ha picchiato più duro del solito... Oltre all'OMELIA, vi sottopongo il confronto fra le tre versioni romano-franca, romano antica e ambrosiana dell'antifona di Comunione Panem de caelo.

190804 Domenica XVIII (4 agosto 2019)

Panem de cælo

Siamo posti di fronte a un problema cruciale. Conviene affrontarlo da lontano con un apologo che illustra il lavoro di un contabile. Ciascuno potrà poi riprendere l’apologo e confrontarlo con l’odierna situazione ecclesiale.

La funzione di un contabile consiste nel registrare con cura le entrate e le uscite, proporre con prudenza i preventivi, fare i consuntivi esatti, assumere le proprie responsabilità professionali nell’interesse della proprietà e di quanti si avvalgono dei servizi, talora assai differenziati, resi ai propri clienti presenti e futuri. Il contabile in ogni operazione rispetta le norme senza arrogarsi decisioni che spettano ad altri, senza manipolare in modo scorretto e disonesto i dati a vantaggio proprio o altrui.

La vita del contabile non è facile. Le colonne interminabili di numeri rischiano di annebbiare la vista e di generare confusione. Mentre riporta le somme in uscita per i salari dei dipendenti, il Maligno gli instilla gocce corrosive di un’invidia amara e tossica. L’Angelo di D-i-o riesce a penetrare con la luce fino al cuore, e il contabile può respirare nel condividere la gioia di chi riceve di più e vive sereno e contento. Così passano mesi e anni con squarci di gioia e coni d’ombra di malesseri spirituali. Le ore immobili alla scrivania rischiano di irrigidirlo mentalmente. Il lavoro, apparentemente ordinato, si sfilaccia e si contorce avvinghiando tutte le facoltà in un logorio soffocante. I numeri non suscitano neppure più invidia, tanto meno solidarietà. Si accumulano in banchi irrespirabili di nebbie opache. Il nostro eroe si ritrova desolato e mummificato. Procede come un automa che si muove meccanicamente e in modo anonimo. Ormai è soltanto un numero che affonda tra i registri amministrativi.

È una situazione tragica che si moltiplica ancor più tragicamente in tante condizioni di vita. Con tutte le eccezioni del caso. Basta ricordare il contabile Itzhak Stern della Schindler’s List, un testimone prezioso che con la sua iniziativa riscatta e nobilita l’uomo in bilico tra il Bene e il Male.

Cambiamo scenario e ritorniamo a noi, poveri sbandati nella dispersione del peccato. Forse non ci rendiamo sempre conto di essere chiamati alla vita nuova in Cristo Gesù, salvatore morto per noi nel sacrificio della croce. E ospite, fuori da ogni schema, che ci chiama a partecipare al banchetto della Parola e del suo Corpo e Sangue. Ci avviciniamo così alla realtà della Messa, “vita e culmine dell’esistenza”, il culmine dell’iniziazione sacramentale e centro del nostro essere cristiani.

Sì, un evento straordinario è la Messa; ma come è vissuto? Come è proposto da preti e vescovi all’altare? Come fa il popolo di D-i-o a partecipare a celebrazioni sciatte se non orribili, gestite malamente da persone che si comportano come contabili distratti? Ringrazio il Padre dei cieli che il nostro cappellano ultra nonagenario è un ‘giovane’ che vive di fede ed è in grado di coinvolgerci in un arduo e salutare itinerario spirituale. Ma basta uscire un poco in paesi e metropoli di ogni latitudine – penso a tanti casi conosciuti in Europa e in Asia – per essere costretti, spesso, a fare un atto di fede e non scappare dalla chiesa.

Troppi preti si considerano i padroni della situazione e impongono spettacoli desolanti alle assemblee disorientate. Il frastuono caotico sospinge i fedeli a ritrarsi in se stessi oppure a lasciarsi trascinare in un vortice di banalità che si espande senza argini soprattutto nella predicazione. Ciò che lascia ammutoliti è la mancanza di umanità. Più di un ministro all’altare non è più una persona vivente, ma un apparecchio meccanico caricato a molla, arruginito.

Anonimo ha detto...

....segue
Nonostante il gridare, molti sono muti. Nonostante si muovano freneticamente, in realtà sono immobili. Il loro gesticolare non è segno di vitalità, ma rivela piuttosto gli spasmi convulsi di chi sta per annegare. Tutto ciò lo si vede. E lo si sente, in particolare, dal timbro della voce, non importa se forte o debole. È semplicemente un suono non-umano. Si “salvano” apparentemente le sole parole della consacrazione, pronunciate quasi fossero formule magiche. Il resto della preghiera eucaristica, le orazioni presidenziali, le apologie prima della comunione: è tutto uno sbrodolamento di vocaboli detti in fretta, senza comprensione ed emozione.

Nessuno oserebbe rivolgersi a un’altra persona con il tono anonimo di voce con cui, invece, si osa parlare a D-i-o. Non è il balbettio dei mistici, ma semplicemente l’irriverenza massima di chi non ha fede o l’ha persa oppure la sta perdendo. Solo D-i-o giudica; è vero. Chi appare ai nostri occhi come il più grande disgraziato può vivere un momento di crisi, può sperimentare le tenebre dello spirito e vivere con fatica la fede. Nonostante tutte le apparenze, quindi, crede. Ma c’è un limite della decenza che ormai troppo spesso è superato. E in parte non per colpa di tanti preti arraffoni e disorientati anche loro, ma per colpa di quanti hanno abdicato alla missione di guide. Tanti preti non hanno imparato a celebrare la Messa perché al tempo della formazione sono stati abbandonati a se stessi. E qui penso al domenicano p. Colosio, inascoltato e anche irriso, che mezzo secolo fa aveva proposto di affiancare nei seminari al padre spirituale un ‘padre intellettuale’…

Qualcuno forse non approva che io abbia paragonato un sacerdote a un contabile. Penso, a questo proposito, di essere in buona compagnia. Non ha forse parlato Gesù dell’amministratore saggio e prudente che sa estrarre dal suo deposito nova et vetera? Quanti preti vivono con serenità la loro missione condividendo, in primo luogo, la gioia del Signore, al quale sta a cuore il bene del gregge, la prosperità della vite e delle messi, la salvezza di quanti si sono messi a seguirlo sostenuti dallo Spirito santo? La gioia di Gesù è il recupero totale della pecorella smarrita, è il ritrovare la moneta perduta, è il riconoscere nel peccatore pentito un fratello. Sono tutti aspetti di un unico processo di conversione purificazione santificazione, grazie al quale non solo ci chiamiamo, ma siamo realmente figli di D-i-o. È questa la Buona Novella che ridesta i cuori e ravviva la speranza. E questa Buona Novella forma il nucleo centrale del messaggio pastorale, della liberazione operata dal Buon Pastore e annunciata da preti e consacrati nell’impegno missionario. Un messaggio cantato nelle suppliche e nelle lodi a D-i-o, in una vita presbiterale e religiosa che si fa preghiera e perenne rendimento di grazie, Eucaristia vissuta ogni giorno nel timore e tremore. Come farebbe ogni contabile coscienzioso nel suo lavoro amministrativo.

Anonimo ha detto...

...Segue/2

Siamo chiamati a cantare l’epopea gloriosa del pane eucaristico, il Corpo di Cristo. Il che presuppone di vivere in Cristo il mistero della nostra esistenza umana. Deturpati dal peccato e abbrutiti dalle cicatrici dello spirito e del cuore, siamo stati avvicinati e soccorsi dal Medico celeste. Egli ci ha presi in cura con il balsamo della Parola e l’olio dei sacramenti. Sta a noi lasciarci risanare da Lui e dai suoi assistenti che ci sostengono nella via del ritorno alla casa del Padre. E almeno ogni domenica ci offrono in totale gratuità il Pane di vita.
Bruder Jakob

Tre recensioni melodiche:
romana(Vat. lat. 5319, 125r, ed. LANDWEHR-MELNICKI 461)
milanese/ambrosiana(Muggiasca B, 74)
romano-franca/gregoriana (Graduale Romanum 1908 e ristampe successive)

Si osservino, oltre alle peculiarità stilistiche:
i pes/podatus (ah e cd) all’inizio dell’antifona romana: probabile reliquia di una corda di recita arcaica che si è mantenuta soprattutto nella tradizione beneventana;
la tristropha romano-franca (omne: c c c come al solito!) non ha riscontro nei repertori paralleli. Il canto romano ha il climacuscha, il milanese il pes hc.
l’apice melodico frequente in V modo, l’e acuto, è presente con la consueta formula ced nel romano-franco su Domine. La nota acuta è raggiunta anche in ROM e in MED, ma ha diverse collocazioni: saporem e primo alleluia conclusivo.

Nel solo canto milanese si trova una conclusione alleluiatica.

Anonimo ha detto...

https://asociacionliturgicamagnificat.blogspot.com/2018/04/liturgia-e-individualismo.html

Anonimo ha detto...

PASTORI FULANI..NO ISLAMISTI !
Ancora morti nella chiesa cattolica nigeriana, ieri padre Paul Offu, parroco nigeriano della diocesi di Enugu, ci ha rimesso la vita per non piegarsi alla cieca violenza dei "pastori fulani". Purtroppo la morte violenta del parroco non è la prima né è casuale, segue un'ondata di crimini perpetrati da anni contro la popolazione cristiana motivata da interessi terrieri. I fulani sono musulmani, mentre gli agricoltori ammazzati sono in maggioranza cristiani, quindi com'è abitudine ragionare in quel paese si considerano i cristiani elementi di poco conto, al pari della feccia e oltretutto anche infedeli, pertanto si sentono autorizzati, dalle loro convinzioni religiose, ad agire senza scrupoli e pietà, infatti sono più di 200 gli agricoltori massacrati lo scorso 23 giugno in alcuni villaggi dello Stato centrale di Plateau, altri 15 uccisi il 23 aprile, compresi due sacerdoti, don Joseph Gor e don Felix Tyolaha, per cui, si assiste nel silenzio mediatico ad un conflitto nato inizialmente per ragioni economiche e climatiche e successivamente si è poi trasformato in un “eccidio di cristiani”, una vera e propria “piazza pulita”, a dimostrazione che è in atto un vero scontro religioso e tribale il cui epilogo sarà la strage continua di cristiani sino all’ultimo individuo. Oggi in Nigeria e nei paesi limitrofi essere cristiani rappresenta un rischio per la propria incolumità fisica e in tante occasioni si corre anche il rischio di venire ammazzati . Questa è la storia dei “nostri fratelli cristiani” che vengono trucidati in Nigeria perché devono far posto ai “..pastori musulmani fulani” e quando va peggio ci sono anche i miliziani musulmani di Boko Haram che finiscono il lavoro con altri gratuiti massacri di poveri cristiani. Questo è quello che accade in Nigeria tutti i santi giorni e cosa fa il mondo intero, l’Europa, i radical chic e buonisti e soprattutto la chiesa cattolica? Niente….niente di niente loro fanno solo le battaglie per i migranti musulmani nigeriani, fa ridere questa osservazione …lo so è un paradosso terrificante.. ma è così, si difendono a spada tratta i migranti musulmani che arrivano proprio dalla Nigeria e si lasciano morire centinaia e centinaia di esseri umani, di religione cristiana, nell’indifferenza totale per mano dei musulmani nigeriani….Già, evidentemente i cristiani morti in Nigeria non sono per le Tv argomenti interessanti come i migranti su un battello delle ONG fermo al limite delle acque territoriali italiane... no, assolutamente, l’informazione “farlocca dei beceri giornalisti” richiede ben altro che narrare le disgrazie di poveri contadini spazzati via dalla cieca furia dei pastori musulmani. Perché parlarne, è meglio essere buonisti in casa e strafottenti all’estero…però, mi raccomando, non fate confusione… perché i “pastori fulani” non sono “islamisti” ma solo…. ”musulmani”,… vero è che loro massacrano lo stesso i cristiani…uguale.. uguale agli islamisti però sono diversi, ricordiamolo questo…loro sono diversi. C’è da chiedersi chissà poi perché la chiamano religione di pace ed amore ? E per concludere, in ultimo abbiamo le notizie “sulle temperature mediatiche” dell’informazione italiana sul caso Nigeria : Manlio Minicucci minima 99 massima 100, Roma centro Rai, minima 0 massima *, Roma Santa Sede …non pervenuta. 03082019
…by…manliominicucci.myblog.it

Anonimo ha detto...

I moderni che non vivono in accordo con la propria coscienza, hanno bisogno d’una religione che abbia questi caratteri: una religione senza Croce, un Cristo senza Calvario, un regno senza Giustizia, una comunità con un “gentile ecclesiastico che non nomina mai l’inferno, per non urtare le orecchie delicate”.

Fulton J. Sheen, prossimo Beato.

Anonimo ha detto...

Quarantesimo anniversario della morte del Cardinale Ottaviani

“L’Ordo Missae lo possediamo da molti secoli, la Messa è il centro di tutto il culto liturgico; cosa santissima, bene conosciuta dai singoli fedeli, che ora, grazie al lavoro di pastorale liturgica ben conoscono le singole parti, e vi è pericolo che si crei stupore se non scandalo dalla eccessiva riforma. Si tratta di cosa santissima, che non si può mutare a piacimento di generazione in generazione: cosa santissima che deve essere trattata santamente e con venerazione. Mi vengono ora in mente le parole di Dio rivolte a Mosè che si avvicinava al roveto ardente: “Togliti i sandali, questo luogo in cui stai è infatti una terra santa”. Dunque siamo cauti nel proporre riforme della Messa”
Cardinale Alfredo Ottaviani

Anonimo ha detto...

Se avessimo fede, vedremmo Dio nascosto nel sacerdote come una luce dietro il vetro, come il vino mescolato all'acqua.
Quando il sacerdote è all'altare o sul pulpito, dobbiamo guardarlo come se fosse Dio stesso.
Quanto è grande il sacerdote! Se egli si comprendesse, morirebbe. .. Dio gli ubbidisce: dice due parole e Nostro Signore scende dal cielo.
Se non vi fosse il sacramento dell'Ordine non avremmo Nostro Signore. Chi è che lo ha messo la, nel tabernacolo? Il sacerdote. Chi ha accolto l'anima nostra al suo ingresso nella vita ? Il sacerdote. Chi la nutre per darle la forza di compiere il suo pellegrinaggio? Il sacerdote. Chi la preparerà a comparire innanzi a Dio, lavandola per l'ultima volta nel sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote, sempre il sacerdote. E se quest'anima viene a morire, chi la risusciterà, chi le renderà la calma e la pace? Ancora il sacerdote...Dopo Dio, il sacerdote è tutto!... Lui stesso non si capirà bene che in cielo".

"Se comprendessimo bene che cos’è un prete sulla terra, moriremmo: non di spavento, ma di amore... Senza il prete la morte e la passione di Nostro Signore non servirebbero a niente. È il prete che continua l’opera della Redenzione sulla terra... Che ci gioverebbe una casa piena d’oro se non ci fosse nessuno che ce ne apre la porta? Il prete possiede la chiave dei tesori celesti: è lui che apre la porta; egli è l’economo del buon Dio; l’amministratore dei suoi beni... Lasciate una parrocchia, per vent’anni, senza prete, vi si adoreranno le bestie... Il prete non è prete per sé, lo è per voi".

Solo in cielo si comprenderà la felicità di celebrare la messa.

Santo curato d'Ars.

Anonimo ha detto...

4 agosto, San Giovanni Maria Vianney, Curato d'Ars e Patrono dei Parroci

MEDITAZIONE PRIMA DELLA SANTA MESSA
DEL SANTO CURATO D'ARS

Cominciate a prepararvi alla S. Messa sin da quando vi svegliate, unendovi a tutte le Messe che si celebreranno in quel momento. Quando la campana suona per chiamarvi alla casa del Buon Dio, pensate che è Gesù Cristo stesso che vi chiama. Andate in chiesa con un po' di anticipo, al fine di avere qualche momento per meditare sulla grande azione alla quale state per assistere. Non dite, come certa gente senza fede, che voi non avete il tempo, ricordate ciò che disse il Santo Profeta: " Quale gioia quando mi dissero: andremo alla casa del Signore". Dal momento che uscirete da voi stessi, occupatevi di quello che andate a fare e di ciò che domanderete al Buon Dio.
Cominciate a lavare il vostro spirito dalle cose terrene, per non pensare che a Dio. Evitate ogni conversazione inutile, che non serve altro che a farvi mal ascoltare la S. Messa.
Entrando in chiesa, ricordatevi ciò che dice il Santo Patriarca Giacobbe: " E' veramente la casa di Dio e la porta del cielo". Quando siete al vostro posto, umiliatevi profondamente di fronte alla vostra indegnità ed alla grandezza del vostro Dio che vuole, malgrado i vostri peccati, ammettervi alla sua presenza. Fate un atto di Fede con tutto il vostro cuore. Domandate a Dio che vi faccia la grazia di non perdere nessuno dei favori che Egli accorda a coloro che vengono con le buone disposizioni.
Aprite il vostro cuore, affinché la Parola di Dio possa entrarvi, mettervi le radici e portarvi i frutti per la vita eterna.
Prima di uscire dalla chiesa, non mancate mai di ringraziare il Buon Dio delle grazie che vi ha concesso e andatevene in voi stessi, meditando su quello che avete visto e ascoltato.
Allora la casa del Buon Dio sarà veramente per noi la porta del cielo: è questo che io vi auguro.

Anonimo ha detto...

Catechesi sui sacramenti di padre Livio di radio Maria
"""""Hanno tolto la messa in latino perché dicevano che la gente non la capiva, ma vediamo oggi che lo stesso molte persone pur andando a messa non capiscono non crescono nella fede e di conseguenza abbandonano la messa domenicale ........."""""
Noi abbiamo il dovere a questo punto di pregare fortemente perché la Santa Messa torni nella forma straordinaria la santa Messa tridentina

Catholicus.2 ha detto...

DOMENICA VIII DOPO PENTECOSTE

PROPRIO DELLA S.MESSA

INTROITUS
Ps 47:10-11.- Suscépimus, Deus, misericórdiam tuam in médio templi tui: secúndum nomen tuum, Deus, ita et laus tua in fines terræ: iustítia plena est déxtera tua. ~~ Ps 47:2.- Magnus Dóminus, et laudábilis nimis: in civitate Dei nostri, in monte sancto eius. ~~ Glória ~~ Suscépimus, Deus, misericórdiam tuam in médio templi tui: secúndum nomen tuum, Deus, ita et laus tua in fines terræ: iustítia plena est déxtera tua.

Ps 47:10-11.- Abbiamo ricevuto, o Dio, la tua misericordia nel tuo tempio; la tua lode, come si conviene al tuo nome, si stende fino alle estremità della terra: la tua destra è piena di giustizia. ~~ Ps 47:2.- Grande è il Signore, e degnissimo di lode nella sua città e nel suo santo monte. ~~ Gloria ~~ Abbiamo ricevuto, o Dio, la tua misericordia nel tuo tempio; la tua lode, come si conviene al tuo nome, si stende fino alle estremità della terra: la tua destra è piena di giustizia.

Gloria

ORATIO

Orémus.

Largíre nobis, quaesumus, Dómine, semper spíritum cogitándi quæ recta sunt, propítius et agéndi: ut, qui sine te esse non póssumus, secúndum te vívere valeámus. Per Dominum nostrum Iesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.

Concedici propizio, Te ne preghiamo, o Signore, di pensare ed agire sempre rettamente; cosí che noi, che senza di Te non possiamo esistere, secondo Te possiamo vivere. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

LECTIO

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Romános.

Rom 8:12-17

Fratres: Debitóres sumus non carni, ut secúndum carnem vivámus. Si enim secúndum carnem vixéritis, moriémini: si autem spíritu facta carnis mortificavéritis, vivétis. Quicúmque enim spíritu Dei aguntur, ii sunt fílii Dei. Non enim accepístis spíritum servitútis íterum in timóre, sed accepístis spíritum adoptiónis filiórum, in quo clamámus: Abba - Pater. - Ipse enim Spíritus testimónium reddit spirítui nostro, quod sumus fílii Dei. Si autem fílii, et herédes: herédes quidem Dei, coherédes autem Christi.

Fratelli: Noi non siamo debitori alla carne per vivere secondo la carne. Se infatti vivrete secondo la carne, morrete; ma se mediante lo Spirito avrete ucciso le opere della carne, vivrete. Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, sono figli di Dio. Voi infatti non avete ricevuto lo spirito di servitú per ricadere nel timore, ma lo Spirito d’adozione a figli, per il quale gridiamo: Abba, Padre. E lo stesso Spirito rende testimonianza all’ànima nostra che siamo figli di Dio. Ma, se figli, siamo pure eredi: eredi perciò di Dio e coeredi di Cristo.

GRADUALE

Ps 30:3

Esto mihi in Deum protectórem, et in locum refúgii, ut salvum me fácias.

Ps 70:1

Deus, in te sperávi: Dómine, non confúndar in ætérnum.

Sii per me, o Dio, protezione e luogo di rifugio: affinché mi salvi.

V. O Dio, in Te ho sperato: ch’io non sia confuso in eterno, o Signore.

ALLELUIA

Allelúia, allelúia

Ps 47:2

Magnus Dóminus, et laudábilis valde, in civitáte Dei nostri, in monte sancto eius. Allelúia.

Allelúia, allelúia

Grande è il Signore, degnissimo di lode nella sua città e sul suo santo monte. Allelúia.

Catholicus.2 ha detto...

EVANGELIUM

Sequéntia ☩ sancti Evangélii secúndum Lucam.

Luc 16:1-9

In illo témpore: Dixit Iesus discípulis suis parábolam hanc: Homo quidam erat dives, qui habébat víllicum: et hic diffamátus est apud illum, quasi dissipásset bona ipsíus. Et vocávit illum et ait illi: Quid hoc audio de te? redde ratiónem villicatiónis tuæ: iam enim non póteris villicáre. Ait autem víllicus intra se: Quid fáciam, quia dóminus meus aufert a me villicatiónem? fódere non váleo, mendicáre erubésco. Scio, quid fáciam, ut, cum amótus fúero a villicatióne, recípiant me in domos suas. Convocátis itaque síngulis debitóribus dómini sui, dicébat primo: Quantum debes dómino meo? At ille dixit: Centum cados ólei. Dixítque illi: Accipe cautiónem tuam: et sede cito, scribe quinquagínta. Deínde álii dixit: Tu vero quantum debes? Qui ait: Centum coros trítici. Ait illi: Accipe lítteras tuas, et scribe octogínta. Et laudávit dóminus víllicum iniquitátis, quia prudénter fecísset: quia fílii huius saeculi prudentióres fíliis lucis in generatióne sua sunt. Et ego vobis dico: fácite vobis amicos de mammóna iniquitátis: ut, cum defecéritis, recípiant vos in ætérna tabernácula.

In quel tempo: Gesú disse ai suoi discepoli questa parabola: Vi era un uomo ricco che aveva un fattore, e questi fu accusato presso di lui di avergli dissipato i beni. Allora lo chiamò e gli disse: Che cosa sento dire di te? réndimi conto del tuo operato, perché ormai non potrai piú essere mio fattore. Questi disse fra sé: Cosa farò poiché il padrone mi toglie la fattoria? Non posso zappare, mi vergogno di chiedere l’elemosina. Ma so quello che farò, affinché quando sarò cacciato dalla fattoria, possa essere accolto in casa altrui. Adunati quindi tutti i debitori del suo padrone, diceva al primo: Quanto devi al mio padrone? E questi: Cento orci d’olio. E il fattore: Prendi la tua obbligazione, siediti e scrivi: cinquanta. Poi disse a un altro: E tu, quanto devi? Cento staia di grano. E il fattore: Prendi la tua lettera e segna: ottanta. E il padrone lodò il fattore disonesto che aveva agito con astuzia, poiché i figli del secolo sono piú accorti, fra loro, dei figli della luce. E io dico a voi: fatevi degli amici con le ricchezze dell’iniquità, affinché, quando morrete, gli amici vi accolgano nelle loro eterne dimore.

Credo

OFFERTORIUM

Ps 17:28; 17:32

Pópulum húmilem salvum fácies, Dómine, et óculos superbórum humiliábis: quóniam quis Deus præter te, Dómine?

Tu, o Signore, salverai l’umile popolo e umilierai gli occhi dei superbi, poiché chi è Dio all’infuori di Te, o Signore?

SECRETA

Súscipe, quaesumus, Dómine, múnera, quæ tibi de tua largitáte deférimus: ut hæc sacrosáncta mystéria, grátiæ tuæ operánte virtúte, et præséntis vitæ nos conversatióne sanctíficent, et ad gáudia sempitérna perdúcant. Per Dominum nostrum Iesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Gradisci, Te ne preghiamo, o Signore, i doni che noi, partecipi dell’abbondanza dei tuoi beni, Ti offriamo, affinché questi sacrosanti misteri, per opera della tua grazia, ci santífichino nella pratica della vita presente e ci conducano ai gaudii sempiterni. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Catholicus.2 ha detto...

COMMUNIO

Ps 33:9

Gustáte et vidéte, quóniam suávis est Dóminus: beátus vir, qui sperat in eo.

Gustate e vedete quanto soave è il Signore: beato l’uomo che spera in Lui.

POSTCOMMUNIO

Orémus.

Sit nobis, Dómine, reparátio mentis et córporis cæléste mystérium: ut, cuius exséquimur cultum, sentiámus efféctum. er Dominum nostrum Iesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.

O Signore, che questo celeste mistero giovi al rinnovamento dello spirito e del corpo, affinché di ciò che celebriamo sentiamo l’effetto. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.