Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 1 settembre 2023

La nuova Messa è il Concilio vissuto

L'articolo che segue ci offre una nuova interpretazione della rivoluzione liturgica portata a termine Paolo VI, come prefabbricata e preordinata con lungimiranza e precisione proprio come tutte le rivoluzioni politiche, filosofiche, economiche, sociali e belliche.
La nuova Messa
è il Concilio vissuto

di Don Curzio Nitoglia

Introduzione
Il problema della Nuova Messa o rivoluzione liturgica di Paolo VI può essere studiato alla luce della “guerra occulta” – che ha portato la sovversione all’interno dell’ambiente ecclesiale – operata dalle due forze principali della rivoluzione: il Giudaismo talmudico e la Massoneria, che - tramite la sovversione della liturgia - hanno introdotto lo scompiglio all’interno dell’ambiente ecclesiale.
Il fatto più grave è che la rivoluzione con il Modernismo sia penetrata all’interno della Chiesa, ne abbia scalato il vertice e ne abbia sovvertito il dogma, la morale e la liturgia. La rivoluzione liturgica, che ha portato alla promulgazione della Nuova Messa di Paolo VI (3 aprile 1969), è stata prefabbricata e preordinata con lungimiranza e precisione proprio come tutte le rivoluzioni politiche, filosofiche, economiche, sociali e belliche.
Il Modernismo si era infiltrato nelle viscere della Chiesa già nei primi anni del Novecento, ma con il Concilio Vaticano II è arrivato a impadronirsi della sua élite per arrivare con la Nuova Messa alla sovversione praticata e fatta praticare ai preti e ai fedeli, che non avrebbero capito e subìto tutta l’enorme portata dottrinalmente sovversiva dei sedici Decreti del Concilio Vaticano II, se questi fossero restati a livello di speculazione teologica e non fossero stati calati nella pratica liturgica.
Non si può capire come si sia arrivati alla Nuova Messa di Paolo VI (‘69) se non si parte dalla Costituzione sulla Sacra Liturgia (‘63).

La Costituzione “Sacrosanctum Concilium” su “La Sacra Liturgia” (4 dicembre 1963)
Nell’articolo n. 50 della Costituzione conciliare sulla Liturgia Sacrosanctum Concilium si parlava già di “revisione del rito della Messa”. Tuttavia, la riforma (o stravolgimento) della Liturgia del 1969 non fu espressa chiaramente nella Costituzione conciliare del 1963, ma solo accennata en passant e quasi di nascosto per non suscitare eccessive reazioni sin dall’inizio.

Il Concilio è riuscito a far penetrare il Modernismo nel cuore dell’ambiente ecclesiale, tramite il trabocchetto di presentare la nuova dottrina come un “aggiornamento”, ma in piena conformità, continuità e compatibilità con la Tradizione della Chiesa e non in rottura con essa; il vecchio trucco dell’«ermeneutica della continuità e non della rottura», iniziato già con Roncalli e continuato sino a Ratzinger, che ne ha fatto il suo “cavallo di battaglia”. La maggioranza dei Vescovi era, all’inizio del Concilio, di tendenza tradizionalista, ma la minoranza renana, agguerrita e sostenuta da Giovanni XXIII e poi da Paolo VI, riuscì a cambiar le carte in tavola e a far buttare al macero i documenti della Commissione ante-preparatoria (1960/62), guidata dal cardinale Alfredo Ottaviani, per sostituire a essi dei documenti inficiati di Modernismo, anche se in maniera molto ambigua e nascosta.

I teologi renani solo dopo avrebbero tirato le conclusioni (apertamente moderniste) delle premesse, inizialmente solo moderatamente modernizzanti, contenute nei Decreti conciliari.

La cosiddetta “ermeneutica della continuità”, «tanto vantata e asserita ma mai provata» (com’era solito dire monsignor Brunero Gherardini) da Benedetto XVI, è servita sin dal 1962 a far ingoiare alla maggior parte dell’Episcopato ancora tradizionalmente cattolico le ambiguità e le novità non apertamente ereticali, ma che avrebbero funto da apripista alle eresie materiali che sono proferite apertamente da Papa Francesco.

Fu così anche per la Costituzione sulla Liturgia, che avrebbe partorito, sei anni dopo, un rito della Messa, promulgato da Paolo VI, di sapore apertamente calvinista.

Da una parte la Costituzione del 1963 ribadiva i princìpi cattolici, però, sùbito dopo, introducendo un “tuttavia” o un “ma”, li vanificava, li annacquava e li disarmava, rendendo possibile l’errore più esplicito, che all’inizio avrebbe suscitato disappunto e reazione.
Le caratteristiche della “Nuova Liturgia”, al pari della “Nuova Teologia”, sono antropocentriche e immanentistiche. Infatti, la Liturgia romana di Tradizione apostolica - codificata restaurata e resa obbligatoria nella Chiesa universale da san Pio V, dopo la barbarie liturgica del Luteranesimo - era innanzitutto uculto reso a Dio, solo poi e conseguentemente aveva un carattere pedagogico; ossia, cercava d’insegnare ai fedeli a mettere in pratica e a vivere lo spirito e la dottrina dell’adorazione dovuta dalla creatura al Creatore.

Con la Nuova Messa (figlia della Costituzione Sacrosanctum Concilium), invece, i rapporti sono rovesciati: l’uomo e l’antropocentrismo diventano «l’asso piglia tutto» (come diceva padre Cornelio Fabro). La pastorale, la pedagogia, l’omiletica e l’insegnamento diventano più importanti del culto, dell’adorazione dovuta a Dio; insomma non si crede più che “il Verbo s’è fatto carne”, ma che il “verbo s’è fatto carta …”.

Inoltre, la Nuova Messa è in evoluzione perpetua, avendo scardinato la perpetuità propria del rito romano di Tradizione apostolica e avendo calato in pratica “l’evoluzione costante ed eterogenea del Dogma”, condannata da san Pio X più volte. Perciò, non dobbiamo meravigliarci delle messe sul materassino al mare, esse sono la conclusione logica dello spirito della Nuova Messa.

Infine, la Nuova Messa è sovversiva, democratica ed “egualitaria”, livellando il Sacerdozio ministeriale con il laicato.

Il Novus Ordo Missae (liturgico), d’ora innanzi “NOM”, fa un tutt’uno con il “Nuovo Ordine Mondiale” (temporale), poiché gli ha spalancato le porte (come fecero i Troiani al cavallo d’Ulisse), in quanto il Novus Ordo Missae è la preparazione teologico/liturgica (1) del “NOM temporale” di Klaus Schwab o, se vogliamo, il “Precursore profetico” del “falso Messia militante”, che poi è l’Anticristo. 

Il carattere antropocentrico del NOM è assolutamente innegabile, basta assistere alla celebrazione di una Messa riformata e non può sfuggire alla costatazione di qualsiasi uomo (“sensu constat” direbbero Aristotele e san Tommaso), fornito di retta ragione, l’imposizione della mensa posta a mo’ di tavolo davanti ai fedeli che guardano in faccia il celebrante o presidente dell’assemblea, ossia il culto dell’uomo, che rimpiazza il culto di Dio; ora come dicevano gli scolastici “contra factum, non valet argumenum”; ossia, contro il fatto costatato ed evidente non c’è teoria, ermeneutica, spiegazione che tenga; non si può parlare di “continuità” là ove la “rottura” (anche dei timpani e non solo …) è costantemente sotto gli occhi del povero spettatore.

Con la Messa di Tradizione apostolica, fedeli e celebrante erano rivolti ad Dominum, per offrire a Dio il Sacrificio del Suo Figlio Unigenito morto cruentemente sul Golgota, ma rinnovato in modo incruento sull’altare. Ora, invece con il NOM, celebrante e fedeli, sono comodamente assisi uno davanti all’altro, con una mensa tra di loro, per commemorare l’Ultima Cena di Gesù.

È innegabile che con la Nuova Messa, l’uomo abbia preso il posto di Dio. È un fatto e “contro il fatto a nulla vale l’argomento” o la ripetizione ossessionante (senza uno straccio di prova) dell’ermeneutica della continuità (non della rottura) tra un rito e l’altro. Il cardinale Alfonso Stickler, uno dei massimi storici del Diritto canonico del secondo Novecento, scrisse: «Aspettiamo ancora una risposta e una confutazione del “Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae” (qui) e della “Lettera d’accompagnamento” di esso presentata dai cardinali Ottaviani e Bacci a Paolo VI» … ancora l’aspettiamo.

La tattica vincente della rivoluzione modernista non è la rottura aperta e chiara, ma quella nascosta e dissimulata sotto apparenza dell’«ermeneutica della continuità», vero cavallo di Troia per entrare nella Città di Dio ed è per questo, che Benedetto XVI è molto più pericoloso di Francesco.

Infatti, la tattica di Ratzinger è molto più insidiosa di quella di Bergoglio; proprio come, una serpe nascosta tra l’erba (“latet in herba anguis”) è molto più pericolosa di una vipera sdraiata al sole nel bel mezzo di una strada, la quale morde solo chi vuole essere morso avvicinandosi a essa, pur avendola scorta.

È per questo motivo che i tradizionalisti inizialmente non hanno reagito fortemente alla Costituzione su “La Sacra Liturgia” del 1963. Invece l’hanno poi fatto nel 1969 nei confronti del NOM, che aveva gettato la maschera della continuità per mostrare, anzi gridare col microfono e le chitarre, quella della rottura con il Rito di Tradizione apostolica (e con i timpani dei fedeli).    

Perciò, si può rispondere agli obiettanti sulla “ermeneutica della continuità”: «Se anche noi tacessimo, lo griderebbero le pietre» delle cattedrali, i microfoni, i timpani degli spettatori, dacché il NOM è uno show di sapore vagamente religioso più che un Sacrificio sacrale.   

Pian piano, con la promulgazione del NOM, iniziò una reazione esplicita e ben strutturata agli errori dei testi del Vaticano II, giustificandola sulla distinzione tra insegnamento dogmatico infallibilmente assistito, che definisce e obbliga a credere, e insegnamento puramente pastorale, che non definendo e non obbligando, non è infallibile (2) .

Essi citavano specialmente Paolo VI, che il 12 gennaio 1966, aveva dichiarato: «Dato il suo carattere pastorale, il Concilio ha evitato di pronunciare in modo straordinario dei dogmi dotati della nota d’infallibilità».

Perciò, se davanti alle novità (ben camuffate) della Costituzione Sacrosanctum Concilium, la reazione non fu immediata e chiara; invece, davanti alla Nuova Messa del 1969, la risposta fu di confutazione, immediatamente chiara e motivata teologicamente, il rifiuto fu netto e formale.

Inizialmente alcuni tradizionalisti (non tutti) cercarono di salvare la Costituzione conciliare, asserendo che la rivoluzione liturgica non era frutto della Costituzione del 1963 (“la lettera del Concilio”), ma della cattiva lettura o interpretazione (“lo spirito del Concilio”).

In parte avevano ragione, perché l’errore esplicito era ancora molto bene dissimulato, ma in parte avevano torto perché esso era contenuto potenzialmente nella Costituzione conciliare. Ora la potenza è una tendenza all’atto …

La “Nuova Messa” del 3 aprile 1969
Difronte all’evidenza che la “Nuova Messa Montiniana” esalta l’uomo e diminuisce Dio, la reazione fu radicale, chiara e forte.

Basti pensare alla lettera di accompagnamento del “Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae”, redatta dai cardinali Alfredo Ottaviani e Antonio Bacci; all’ottimo testo del “Breve Esame Critico” il 5 giugno del 1969 redatto da una squadra di teologi sotto la direzione del padre domenicano Michel Louis Guérard des Lauriers e di monsignor Ugo Maria Lattanzi; e infine al libro di Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira, La Nuova Messa di Paolo VI, cosa pensarne? (si può scaricare dal sito www.intermultiplicesunavox.it ), apparso in portoghese, poi in francese e anche in italiano.

La Nuova Messa ha, oggettivamente, una caratteristica anticristica, poiché essa ha ribaltato i rapporti che la vera religione ha stabilito tra l’uomo e Dio. Infatti, religione viene dal verbo latino “religare”, ossia unire due elementi: l’uomo a Dio. Ora, con la Nuova Messa non c’è più un soggetto finito e creato (l’uomo) che adora ed un Soggetto infinito e increato (Dio) che viene adorato. La religione unisce e collega la terra a Cielo, stabilendo tra di loro un commercio: il Verbo che s’abbassa e s’incarna e l’uomo che è redento, venendo innalzato per dono gratuito di Dio. Tuttavia, se il soggetto e l’oggetto (l’uomo e Dio) sono confusi a tutto discapito di Dio non sussiste più una vera religione che riunisce l’immanente al trascendente. Insomma, la Nuova Messa è il trionfo dell’immanentismo, del panteismo e la negazione della trascendenza di Dio e della religione cristiana.

Quest’antropocentrismo era già stato teorizzato da Nietzsche, con la dottrina del Superuomo; oggi con Noah Harari si chiama “Trans/umanesimo”. Ora, il superuomo è l’Anticristo. Perciò, il NOM ha portato la Cristianità a disarmarsi davanti all’avanzata dell’Anticristo e oggi rende l’umanità, sotto il dominio del “Nuovo Ordine Mondiale temporale”, prona e pronta ad accettare il Trans/umanesimo. Ancora una volta non si può non vedere il nesso intimo che lega la Nuova Messa al Nuovo Ordine Mondiale anticristico.

Ora, con la “Nuova Messa Montiniana” si costata che le forze occulte e specialmente i servizi segreti (soprattutto statunitensi) hanno operato alacremente per rivoluzionare il rito di Tradizione apostolica e cambiare così la mentalità dei Cattolici romani, rendendoli aperti al Liberalismo americanista.    

Per ottenere questo cedimento arrendevole dei Cattolici alla Modernità idealistico/illuminista, le forze occulte che manovrano il mondo, si sono servite dell’aggiornamento dogmatico conciliare.

Questo, però, non avrebbe prodotto un radicale cambiamento di mentalità e di costumi, se non fosse stato calato in pratica con una riforma liturgica, che è il dogma pregato.

È stata questa a far praticare e vivere lo spirito dei Decreti conciliari, che altrimenti sarebbero restati appannaggio di una piccola élite d’intellettualoidi. Invece, con la Messa beat prima (1965/66) e la Messa Montiniana poi (1969) la rivoluzione dogmatica è penetrata anche nelle menti e nei cuori dei semplici fedeli Cattolici, i quali sono stati indotti a vivere lo “spirito” e la “lettera” del Concilio.

Insomma, la Nuova Messa è il Concilio vissuto e praticato da tutti.
__________________________
1 - La Liturgia è “la Fede pregata”, secondo l’adagio: “Lex orandi, lex credendi”; insomma, si prega come si crede; perciò, se io prego in maniera equivocamente luterana, significa che la mia “fede” è equivoca e filo/luterana.
2 - Cfr. BRUNERO GHERARDINI, Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2009; Tradidi quod et accepi. La Tradizione, vita e giovinezza della Chiesa, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2010; Concilio Vaticano II. Il discorso mancato, Torino, Lindau, 2011; Quaecumque dixero vobis. Parola di Dio e Tradizione a confronto con la storia e la teologia, Torino, Lindau, 2011; La Cattolica. Lineamenti d’ecclesiologia agostiniana, Torino, Lindau, 2011.

28 commenti:

Volto Santo di Gesù, guardaci con misericordia! ha detto...

Ringrazio di cuore don Curzio Nitoglia per questo suo pregevolissimo scritto, dove egli tocca parecchi punti importanti e dolenti, fra i quali:

... la tattica di Ratzinger è molto più insidiosa di quella di Bergoglio; proprio come una serpe nascosta tra l'erba (latet in herba anguis)...

Eppure lo ha detto ha detto...

Il 18 febbraio 2013 una settimana dopo il clamoroso atto di rinuncia dato da Benedetto XVI, l’agenzia di stampa Vatican Insider riportava un testo del giovane teologo Joseph Ratzinger, risalente al 1969 . Si trattava dell'ultima lezione di un ciclo di cinque trasmissioni radiofoniche. Letta oggi, dopo quasi 50 anni in essa si scopre una straordinaria profezia pronunciata da Ratzinger sul futuro degli uomini e della Chiesa.

«Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi.
Non sarà più in grado di abitare molti degli edifici che aveva costruito nella prosperità. Poiché il numero dei suoi fedeli diminuirà, perderà anche gran parte dei privilegi sociali […]
Ma nonostante tutti questi cambiamenti che si possono presumere, la Chiesa troverà di nuovo e con tutta l’energia ciò che le è essenziale, ciò che è sempre stato il suo centro: la fede nel Dio Uno e Trino, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo, nell’assistenza dello Spirito, che durerà fino alla fine.
Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede e la preghiera al centro dell’esperienza e sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica.
Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la sinistra e ora con la destra.
Essa farà questo con fatica. Il processo infatti della cristallizzazione e della chiarificazione la renderà povera, la farà diventare una Chiesa dei piccoli, il processo sarà lungo e faticoso. Ma dopo la prova di queste divisioni uscirà da una Chiesa interiorizzata e semplificata una grande forza.
Gli uomini che vivranno in un mondo totalmente programmato vivranno una solitudine indicibile.
Se avranno perduto completamente il senso di Dio, sentiranno tutto l’orrore della loro povertà. Ed essi scopriranno allora la piccola comunità dei credenti come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per se stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto […]
A me sembra certo che si stanno preparando per la Chiesa tempi molto difficili.
La sua vera crisi è appena incominciata.
Si deve fare i conti con grandi sommovimenti. Ma io sono anche certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la Chiesa del culto politico […] ma la Chiesa della fede.
Certo essa non sarà più la forza sociale dominante nella misura in cui lo era fino a poco tempo fa.
Ma la Chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà come la casa dell’uomo, dove trovare vita e speranza oltre la morte»

Anonimo ha detto...

Don Curzio Nitoglia ha scritto tutto correttamente. Grazie.

Anonimo ha detto...

Concordo con l’articolo nel sottolineare la centralità del culto per l’espressione e la conservazione della Fede, ma non concordo con il presentare di portata dottrinalmente sovversiva i sedici Decreti del Concilio Vaticano II. Più corretto, infatti, sarebbe circoscrivere la portata sovversiva solo ad alcuni passaggi. In fondo parliamo di un legittimo Concilio Ecumenico della Chiesa Cattolica e non della riunione di una qualche loggia. Per quanto riguarda la continuità della Messa N.O., questa la troviamo nella validità del sacrificio. Una celebrazione “depauperata” certo, ma che continua ad essere realmente una Messa. Parlare poi di “tattica di Ratzinger” è un giudizio eufemisticamente “ingeneroso”. Per il resto, d’accordo sostanzialmente con don Curzio nel ritenere la Messa V.O. non negoziabile.

Murmex ha detto...

Sembra quasi un lavato auspicio da parte di Ratzinger. Eppure questo concetto della Chiesa spirituale, esigua, povera, non in grado di incidere sulla vita politica e sociale, è stato rigettato da pronunciamenti papali. Si dirà " ma lui prende atto della situazione, fa una previsione non un auspicio". Peccato che la situazione abbia contribuito lui a crearla.

Anonimo ha detto...

Credo che ognuno nella propria vita abbia il Papa a cui sia legato. Essendo nata dopo il CVII ho vissuto dentro il caos della Chiesa e per anni in una realtà di buio profondo dentro di Essa.
Sconvolta di quanto vivevo e vedevo ho avuto la forza di prenderne distanza e mi sono detta 'mi metto nelle mani direttamente del Santo Padre". In quel momento saliva al soglio Benedetto XVI, mi ha guidata con le sue catechesi, e ne sono uscita. Con il Summorum Pontificum mi ha spalancato le porte e fatto luce alla mia vita e capire tante cose che non conoscevo. Perciò, sentire che è stato un serpente... ha ferito la mia sensibilità. Posso capire che avrebbe potuto fare di più, ma lui forse un po privo di carattere, non imponeva, voleva educare, correggere con l'esempio. Certo che mi chiedo allora perché non ha mai cellebrato il VO! Non trovo risposta! Così come con l'Ermeneutica della continuità... Ma qualcosa ha fatto per risanare questa Chiesa, non sono d'accordo assolutamente che sia stato peggio di papa Francesco, questo non solo non si può ascoltare, ma la Chiesa cattolica la sta demolendo!

MENGONI (IN CHIESA) ha detto...

Il giorno di Ferragosto, ho festeggiato Maria Assunta nella chiesa di Castione della Presolana, dove mi trovavo in vacanza.
Ovviamente la Messa era novus ordo, non essendoci in quella zona il rito antico.
Alla fine della funzione, il sacerdote celebrante, don Chino Pezzoli, noto capo di una comunità di recupero, afferma che i giovani del suo coro ci tengono molto a cantare un'ultima canzone.
Si tratta, ed è assurdo, di "Credo negli esseri umani", di Marco Mengoni.
Non riconosco subito l'autore (seguo poco le canzonette), ma capisco immediatamente che con la Messa cattolica questa banale, melensa filastrocca c'entra come i cavoli a merenda.
Appena il coro finisce la sua stucchevole canzonetta, arriva immediatamete l'applauso crosciante della plebe pseudocattolica presente in chiesa. Mi si gela il sangue nelle vene.
A quel punto riprènde la parola don Chino Pezzoli, contento come una pasqua, affermando tutto orgoglioso che anche il "papa"(Bergoglio) l'ha cantata alla GMG.
Cosa di cui, ovviamente, non mi stupisco affatto.

Che dire? La Chiesa conciliare ha iniziato a perdersi per seguire gli intellettuali.
Ora finisce la sua autodemolizione col seguire i canzonettari.
Prima la tragedia, infine la farsa.
Martino Mora

Murmex ha detto...

Concordo in tutto con don Curzio, tranne che in una cosa. Se non sbaglio ,mi pare che Montini abbia definito il Vat. II non " pastorale" ma " prevalentemente pastorale" . La cosa cambia. Ecco il solito gioco del modernista, che gioca sull'ambiguita: a seconda della convenienza , si potrà definire qualcosa o pastorale o dottrinale, tanto non c'è chiarezza. Di questo gioco fa parte Ratzinger, è evidente per chi ha qualche contezza delle vicende conciliari e della tattica modernista così ben esplicitata dal santo Pontefice Pio X : acceleratore e freno , se occorre. Ora siamo nella fase accelerata, dopo lunga preparazione( come dice don Curzio). Non si può escludere che, se occorrese, ci sarebbe una qualche frenata, da parte di un successore. Ma non credo, tutto è
an dato molto avanti , il popolo è pronto. Quanto alla serpe: certo, l'abbiamo detto in tanti, Bergoglio è meno pericoloso perché gioca a carte scoperte ,qualcuno che si sveglia c'è. Da Ratzinger ci siamo fatti un po' ipnotizzare, io per prima. È stato sottile nel farci accettare implicitamente , anche a coloro che avevano capito, la riforma . Aggiungo solo questo per anonimo 14,42. No, non c'è continuità. Come evidenzia don Curzio , i presupposti dei due riti, quello vero e quello spurio , sono agli antipodi. Se anche quello spurio fosse valido, cosa che non credo, sarebbe comunque sacrilego e peccaminoso. Del resto lo dice lei che il V O non è negoziabile. E perché non dovrebbe esserlo ,se fosse il NOM buono e santo?

Anonimo ha detto...

Leggendo certi commenti, constato con estrema tristezza come con superficialità si voglia in un qualche modo salvare l'insalvabile e cioè la messa moderna e quindi la chiesa conciliare.
Mi auguro dunque che presto compaia, su questo blog, il nuovo articolo, in due parti, sempre di don Curzio Nitoglia intitolato

Obiezioni alla Nuova Messa, accessibili a tutti.

Anonimo ha detto...

Io avrei due domande non retoriche da porre sul contenuto dell'articolo:
1 Cosa c'è di calvinista nel Novus Ordo?
2 L'autore cita padre Fabro e Mons. Gherardini a sostegno della tesi dell'antropocentrismo della Messa nuova. Come mai mai l'hanno celebrata entrambi per decenni?
In particolare padre Fabro mi pare sia molto letto e apprezzato dai tradizionalisti, ma più lo leggo e più approfondisco la sua figura più mi pare ovvia la sua vicinanza ai conservatori e la sua piena accettazione del Concilio e del Novus Ordo. Naturalmente essendo morto nel 1995 non sappiamo cosa direbbe oggi, quello che sinceramente non capisco è il motivo della sua accettazione della catastrofica rivoluzione liturgica.

Anonimo ha detto...

Concordo pienamente. Ringrazio lo Spirito Santo che bene ispirò i miei genitori - soprattutto la mia adorata madre - fin dai tempi della riforma, nel guidarmi sulla buona strada, quella del rifiuto della messa moderna e delle nuove dottrine delle quali essa è l'espressione da tutti facilmente (più o meno e magari non da subito per tutti) riconoscibile. Di conseguenza, non mi sono lasciato ipnotizzare da Ratzinger! Invochiamo la Spirto Santo affinché per, intercessione del Santo Nome di Maria (12 settembre), tutti i cristiani ricevano Lume e Fortezza in abbondanza per innamorarsi del S. Sacrificio della Messa e della Dottrina Cattolica. Tutto il resto verrà di conseguenza. Anche gli scritti quassù pubblicati sono un prezioso aiuto per chiunque voglia veramente amare e servire Gesù e Maria.

Fael ha detto...

Sul primo punto le consiglio di leggere il libro "La riforma Anglicana" di Michael Davis dove spiega non solo la teologia di Calvino e tutti i protestanti che hanno cambiato le parole della consacrazione a secondo delle loro idee.
Sul secondo punto sono io che le chiedo come mai anche oggi 02/09/2023 sulla Bussola quotidiana un altro articolo che attacca la FSSPX rea tra le altre cose di non aver accettato la nuova messa bollata come scismatica eretica e tanto altro?
Il titolo dell' articolo paventa che l' inferno ha vinto se ha ragione la FSSPX, buttiamo la croce su Mons. Gherardini e Fabro perché hanno evitato tutto questo?

Anonimo ha detto...



Nell'articolo di Don Nitoglia stride la sua fissazione di spiegare la decadenza della Chiesa in chiave sempre "complottistica", come se la supposta infiltrazione di "forze occulte" nella gerarchia della Chiesa fosse una causa quando invece caso mai sarebbe un effetto di cause ben più profonde, intrinseche alla Chiesa, alla sua visione complessiva.

Il modernismo si spande nella Chiesa di fine Ottocento, dopo il liberalismo, perché teologi e intellettuali cattolici non sanno resistere alla fascinazione provocata dal pensiero moderno, scientifico e filosofico. In questo, l'azione di "forze occulte" non c'entra.
Nei difensori della tradizione, teologica e speculativa, del cattolicesimo è mancata forse un'adeguata critica a questo pensiero? Dall'epoca delle scoperte astronommiche e geografiche, che tolgono autorità alla Bibbia presso molti, il cattolicesimo si trova in difficoltà sul piano culturale di fronte alla cultura moderna.
Ha saputo replicare in modo adeguato sul piano culturale?
Non sono mancati grandi autori cattolici, p.e. nella filosofia della politica. Ma,
ancor oggi, fra i tradizionalisti, ci sono quelli che attaccano Galileo calunniandolo sul piano personale e oltre non vanno.

Un fattore che ha contribuito in lungo periodo alla crisi della fede è costituito dalla perdita progressiva di prestigio del Papato come istituzione, anche se intervallata da riprese: la perdita è cominciata soprattutto con la Cattività AVignonese (il Papa ridotto di fatto a cappellano del Re di Francia) e il Grande Scisma sopravvenuto non molto tempo dopo. Vi contribuì anche l'assurdo attaccamento all'estensione del potere temporale che non si riusciva più a governare in modo degno, considerata tuttavia immutabile ed eterna alla stregua di un dogma di fede.
Bisognerebbe forse uscire da certi schemi triti e ritriti nell'analizzare la presente crisi.
Nella Messa NO più che di antropocentrismo si dovrebbe forse parlare di assemblearismo, data la sostanziale equiparazione (ora proclamata dal card. Roche) tra sacerdozio dei fedeli e dell'officiante e l'elevazione della Sinassi Eucaristica a protagonista. L'assemblearismo cela una visione antropocentrica ma c'è una sfumatura.

Murmex ha detto...

L'assemblearismo sicuramente c'e , modestamente mi pare che l'antropocentrismo non sia celato come una sfumatura, me sia potentemente in primo piano. Almeno, io lo percepivo cosi5 da ragazzina,pur non avendo gli strumenti per elaborare una sensazione

Anonimo ha detto...

Rispondo a Fael
La ringrazio del consiglio.
Ho letto l’articolo di Don Morselli che mi ha lasciato non poco perplesso. Tuttavia la sua domanda andrebbe fatta alla redazione della NB non a me.
Non ho sinceramente capito il senso della sua terza domanda.
Io ho semplicemente chiesto questo:
Come mai Don Nitoglia sostiene le sue tesi appoggiandosi a grandissimo filosofo, padre Fabro, che ha sempre celebrato il Novus Ordo e non mi pare abbia mai criticato il Concilio? Su questo però potrei sbagliarmi. Sarei felice se qualcuno rispondesse alla domanda che ho fatto.
Mario

Murmex ha detto...

Bisognerebbe approfondire studiare l,'opera e la vita del filosofo, francamente mi pare un compito troppo pesante. E sentire anche don Curzio. Così, a lume di naso, direi che si può condividere qualche parte del pensiero di qualcuno senza condividerlo in toto, o qualche premessa senza condividere necessariamente le conclusioni, data la complessità della situazione

Anonimo ha detto...

Non è una fissazione. Chi ha chiesto e ottenuto il cambiamento per ben due volte della nota preghiera liturgica del Venerdì Santo? Monaldo Leopardi? Gioacchino Volpe?

Murmex ha detto...

L 'infiltrazione di forze occulte è ormai acclamata storicamente.

Fael ha detto...

Ho citato l' articolo della Bussola per spiegare che a distanza di anni chi non accettava il Concilio viene ancora etichettato come eretico scimatico ... Forse padre Fabro per obbedienza celebrava il Novus Ordo ma la deriva conciliare l' ha denunciata.
https://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2014/06/cornelio-fabro-lavventura-della.html?m=1

Anonimo ha detto...

Dopo aver letto i commenti, alcuni dei quali arrivano addirittura a fraintendere il rapporto tra scienza e religione, e addirittura a mettere in discussione la cospirazione delle forze occulte da cui i Papi tanto hanno messo in guardia, voglio ringraziare ancora una volta Don Curzio Nitoglia.

Anonimo ha detto...


"Non è una fissazione.."

Ma perché chi chiedeva il cambiamento, riusciva ad ottenerlo, invece di esser invitato a lasciar perdere e a convertirsi alla vera fede?
Forse perché il clero era tutto composto di "infiltrati" giudeo-massoni?
No, evidentemente. Lo otteneva, il cambiamento, perché da tempo nella Gerarchia non c'era più la vera fede, per una serie di cause interne che andrebbero studiate e approfondite, invece di trastullarsi con la teoria del complotto, che non spiega niente.

Anonimo ha detto...

Il NOM -Novus Ordo Missae- è chiaramente un atto rivoluzionario, di rottura totale con la Tradizione.
Non sono un esperto in materia, ma mi son dovuto sorbire il NOM per almeno cinque decenni e posso dire che la scoperta del Vetus Ordo è stata come il trovare un'oasi in un deserto. E credo che, non per caso, ci troviamo in un deserto spirituale, da cui si può uscire proprio partendo dal ripristino del Vetus Ordo, se possibile anche anteriore a quello del Messale del 1962.
Del resto, la prova provata che di rivoluzione si trattò è lo sconvolgimento del linguaggio, con l'abbandono traumatico della lingua latina che sta alla religione cattolica come il figlio alla madre. Modificando il linguaggio si altera tutto il contenuto della Messa.
Ogni rivoluzione agisce sul linguaggio. Trovo strano che non molti all'epoca colsero l'importanza dello stravolgimento della lingua alla base della S.Messa (si pensò di rendere più agevole la fruizione del rito, ma questo fu solo apparenza per indorare efficacemente la pillola; in realtà, togliendo di mezzo il latino si smantellava l'architrave su cui poggiava la bimillenaria Chiesa Cattolica, dando il via alla babele più assoluta di cui oggi facciamo prova).

Gz

Anonimo ha detto...


Una replica alle critiche di Don Morselli ai supposti errori dottrinali di mons. Lefebvre. -- 1

L'articolo di Don Morselli vuol dimostrare che le differenze dottrinali tra la FSSPX e la Chiesa attuale sono il frutto di errori teologici di mons. Lefebvre. Anzi, di un errore fondamentale: l'aver formalmente rescisso il giorno dopo l'accordo appena sottoscritto con il card. Ratzinger. Don Morselli riproduce in sintesi il testo di quell'accordo. A mio modesto avviso, mons. Lefebvre fece bene a ritirare la firma, dopo aver in pratica passato la notte in preghiera, da solo, nella cappella del priorato della Fr. ad Albano. Si sarebbe legato le mani, sulla Messa e sul Concilio, come poi è successo alle varie FSSP, etc. Hanno ottimi sacerdoti ma sugli abusi del NO e sulle deviazioni dottrinali dall'alto e dal Concilio non possono dir nulla.

Ma prima di esaminare questo punto, vorrei far vedere come sia ingiustificata l'accusa di incoerenza a mons. Lefebvre, per essersi radicalmente opposto ad una Messa, la cui consacrazione non poteva in coscienza dichiarare invalida, nonostante gli evidenti mutamenti intervenuti.
Non la dichiarava invalida (diceva: "non possiamo dire che sia invalida", non diceva che fosse valida). La dichiarava però ambigua, di un'ambiguità tale da poter far perdere la fede. Il che, a ben vedere, è successo a praticamente tutta la Gerarchia : sono quasi 60 anni che celebrano il NO e in che condizioni è la loro fede? Meglio stendere un velo pietoso su molti e troppi di loro.

Ora, l'ambiguità risulta in primo luogo dall'introduzine surrettizia del "per voi e per tutti" al posto del millenario "per voi e per molti". Il bello è che l'Institutio del NO, cioè il testo ufficiale in latino, ha mantenuto il "per molti". Però in quasi tutti i volgari lo si è tradotto con "per tutti", violando la lettera del testo. Ho qui un Messalino festivo, testo ufficiale in ital. della CEI, Coletti, Roma, 1983, p. 338 : "..questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati..".
Bisogna sapere che da questa formula è anche stato tolto il "mistero di fede", spostato subito dopo e unito ad un'invocazione di attesa della Venuta del Signore, dotato quindi di un significato escatologico assente dall'Ordo Vetus.
Ma perché questo "per tutti" sarebbe ambiguo e intorbiderebbe il vero significato della Messa, cosa che non si può ovviamente tollerare, capace di produrre le peggiori conseguenze, come è in effetti successo?
Per cogliere appieno quest'ambiguità bisogna andarsi a rileggere come il Cateschismo Tridentino spiegasse il significato del "per molti" al posto di "per tutti". [segue]
Teofilo

Anonimo ha detto...


Una replica all'articolo di Don Morselli sui supposti errori dottrinali di mons. Lefebvre (2)

Vediamo dunque il testo del Catechismo Tridentino. Innanzitutto la formula dell'Ordo Vetus : "Poiché questo è il calice del Sangue mio, della nuova ed eterna alleanza - mistero di fede - il quale sarà sparso per voi e per molti in remissione dei peccati".

"Le parole 'per voi e per molti' prese separatamente da Matteo, 26,28 e da Luca 22,20, sono riunite dalla santa Chiesa, inspirata da Dio, per esprimere il frutto e l'utilità della passione. Infatti se consideriamo l'efficace virtù della passione, dobbiamo ammettere che il sangue del Signore è stato sparso per la salute di tutti; ma se esaminiamo il frutto che gli uomini ne hanno ritratto, ammetteremo facilmente che ai vantaggi della passione partecipano non tutti, ma soltanto molti. Perciò dicendo: "per voi", ha voluto significare i presenti, con cui parlava, eccetto Giuda, oppure gli eletti del popolo Ebreo, quali erano i discepoli. Ed aggiungendo "per molti" ha voluto intendere gli altri eletti, Ebrei e i Gentili. Con ragione dunque non è stato detto: "per tutti", trattandosi qui soltanto dei frutti della passione, la quale apporta salute soltanto agli eletti. In questo senso bisogna intendere anche le parole dell'Apostolo: Gesù Cristo fu offerto una sola volta per togliere i peccati di molti (Ebr. 9, 28); e quelle del Signore: "Prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che mi hai dati, perché sono tuoi" (Giov 17, 9).
Catechismo Tridentino, tr. it. a cura del P. Tito S. Centi OP, Cantagalli, Siena, 1981, p. 261.
Già da questa spiegazione si capisce perché il famigerato "per tutti" è ambiguo: sembra legittimare una concezione sbagliata come quella che implica la salvezza per tutti, comunque garantita: col per tutti, celebrato sempre da GP II, si apre la porta all'eresia, quella della Salvezza già garantita dal Cristo c.d. "cosmico", quello teilhardiano e blondeliano che, nella Gaudium et spes, art. 22, viene detto, "si è con l'Incarnazione in certo modo unito ad ogni uomo" - errore gravissimo, già confutato, se non erro, dal Damasceno e dall'Aquinate.
L'ambiguità, dunque, già nel fatto che l'Institutio dice una cosa e la prassi ne fa un'altra, per di più in odor di eresia, bisogna pur dirlo, se si ricerca il vero (Caesar aut Pontifex non est supra gramaticos).
Benedetto XVI ha giustamente ricordato che bisogna dire "per molti" ma senza imporlo ai vescovi. Allora la Consacrazione nel NO è sempre valida, sia che si dica per tutti, sia che si dica per molti?
(segue)
Teofilo

Anonimo ha detto...

Una replica alle critiche di Don Morselli a mons. Lefebvre (3)

Partiamo da quest'ultimo punto. Benedetto XVI doveva limitarsi ad esortare i vescovi a spiegare la necessità di tornare al "per molti". Egli comunque fece revisionare tutte le trauduzioni in volgare e provvedette ad inserire il "per molti", tra le polemiche, se non mi ricordo male.
Ma il punto essenziale qui è un altro: il nesso della formula con la validità della Consacrazione.
Nella Lettera della Congr. per il Culto Divino del 17 ott 2006, a firma del Prefetto card. Arinze, si ricordava al punto n. 1 che la formula "per tutti" (Pro multis) era in vigore sin dai primi secoli ma negli "ultimi 30 anni alcuni testi approvati in lingua moderna hanno riportato la traduzione interpretativa "for all", "per tutti", o equivalente". Il punto 2 ribadiva che "non vi è alcun dubbio sulla validità delle messe celebrate con l'uso di una formula debitamente approvata, contenente una formula equivalente a "per tutti", come già dichiarato dalla Congr. per la Dottr. della Fede [...] Effettivamente, la formula "per tutti" corrisponderebbe indubbiamente a un'interpretazione corretta dell'intenzione del Signore espressa nel testo. È un dogma di fede che Cristo è morto sulla Croce per tutti gli uomini e le donne".
La validità della Messa non sarebbe in questione: allora perché questa precisazione? Il "per tutti" non interpreta forse il senso profondo del "per molti"? O si tratta di una questione di semplice rispetto e sensibilità nei confronti della Tradizione liturgica della Chiesa?

La Lettera richiama diversi argomenti a favore del ristabilimento del "per tutti". Si tratta in primo luogo di fedeltà ai Testi Sacri, che mostrano sempre il "per molti", al rito romano antico che mai ha detto "per tutti" in tanti secoli, alle anafore dei vari riti orientali, al fatto che il "per tutti" è una "spiegazione di tipo catechetico", al fatto che bisogna in generale esser il più fedeli possibile ai testi latini delle edizioni tipiche.
Questi argomenti sono tutti di carattere filologico, esegetico, liturgico in senso stretto. Ma ce n'è uno che riveste un profilo dottrinale, riguardante quindi il dogma della fede, sia pure espresso in modo minimalista. Eccolo: "L'espressione 'per molti', pur restando aperta all'inclusione di ogni persona umana, riflette inoltre il fatto che questa salvezza non è determinata in modo meccanico, senza la volontà o la partecipazione dell'uomo. Il credente, invece, è invitato ad accettare nella fede il dono che gli è offerto e a ricevere la vita soprannaturale data a coloro che partecipano a questo mistero, vivendolo nella propria vita modo da essere annoverato fra "i molti" cui il testo fa riferimento".
La prosa appare involuta, nello stile ecclesiastico odierno, ma il concetto sembra essere quello tradizionale: la salvezza non è data a tutti a prescindere, ma solo "ai molti" cioè a quelli che avranno "accettato nella fede il dono che viene loro offerto", vivendo cioè da autentici seguaci di Cristo.
Il "per tutti" va quindi rifiutato perché pericoloso per la fede, in quanto ambiguamente introduce l'idea che "la salvezza sia determinata in modo meccanico", cioè garantita a tutti senza partecipazione del libero arbitrio di ciascuno, il che è profondamente errato.

C'è dunque un risvolto dottrinale, dogmatico molto serio nell'uso del per tutti al posto del corretto per molti.
A questo punto sembra legittimo chiedersi: come è possibile tenere l'uso del "per tutti" separato dalla questione della validità della Messa NO, visto che esso introdurrebbe un concetto errato di salvezza, non cattolico? (segue)
Teofilo

Anonimo ha detto...


ERRATA CORRIGE

Segnalo due sviste occorsemi nella redazione del testo quando erroneamente ho messo "per tutti" al posto di "per molti".

Alla riga n. 6 dall'alto: " la formula "per tutti" (Pro multis) era in vigore". Si intendeva ovviamente, "la formula "per molti" (Pro multis).
Alla riga n. 17, inizio del terzo capoverso: "La Lettera richiama diversi argomenti in favore del ristabilimento del "per tutti" etc. Si tratta, ovvio, del "ristabilimento del "per molti".
Grazie dell'attenzione.
Se possibile, sarebbe bene correggere i due errori di stampa.
Teofilo

Anonimo ha detto...

La messa del Concilio è il messale del 65. Quello del 69 fu in vergognoso colpo di mano
Federico Michielan

Anonimo ha detto...


Una Replica alle critiche di Don Morselli a mons. Lefebvre (4)

A questo punto, torniamo al Catechismo Tridentino. Abbiamo visto che esso sottolinea come il "per molti" metta in rilievo "i frutti della Passione, la quale apporta salute soltanto agli eletti": questi frutti (la santificazione quotidiana, la salvezza dell'anima) vengon raccolti (solo) "dagli eletti", non da tutti gli uomini indistintamente cioè solo dai veri cristiani, tranni i casi di Battesimo di desiderio esplicito ed implicito. E quel Catechismo cita a sostegno il passo di Ebrei 9,28 (il Cristo fu offerto una sola volta per togliere i peccati di molti) e Giovanni 17,9, il testo della grande preghiera di Gesù al Padre, subito prima della Passione, nella quale consegna i suoi discepoli al Padre ("Padre, è giunta l'ora...). Egli afferma: "non prego per il mondo ma per quelli che mi hai dati, perché sono tuoi". Implora il Padre di "custodirli nel nome tuo che mi hai dato, affinché siano una cosa sola come noi. Finché ero con essi, io li conservavo nel tuo nome, che tu m'hai dato, e li ho custoditi, e nessuno di loro è perito, eccetto il figlio della perdizione [Giuda Isc.], affinchè sia compiuta la Scrittura" (Gv 17, 9-12).
Dunque, l'unità qui invocata da Gesù è quella dei cristiani tra di loro ma ovviamente dei cristiani fedeli al suo insegnamento e rimasti tali: non può comprendere gli eretici e scismatici né i membri di altre religioni. Tutti costoro sono nell'errore e costituiscono "il mondo", per il quale Gesù non prega, dovendo tale mondo esser ancora convertito. Non prega, nel senso che non può raccomandare costoro all'unità con il Padre come sta facendo con i suoi discepoli: devono prima convertirsi.
Il "per molti" della Consacrazione euc. esprimeva per l'appunto la verità di fede (dogma) testimoniata da Giov 9 cit.

Ma questa verità è stata stravolta dalla Chiesa del postconcilio. Se prendiamo l'Enciclica di GP II Ut unum sint sull'ecumenismo, del 1995, par. 7-11, vediamo che l'unità invocata dal Signore per i suoi discepoli diventa l'unità di tutti i cristiani, in quanto tali, mentre scompare completamente la contrapposizione nettissima tra i discepoli autentici di Gesù e il mondo, fondamentale nella preghiera di Gesù (vedi par. 9 dell'Encl). Scomparendo la contrapposizione, scompare anche l'esigenza di convertire il mondo affinché diventi UNO con il Padre e il Figlio. L'unità secondo GP II è quella senza conversione auspicata dal Concilio, decr. Unitatis redintegratio sull'Ecumenismo, che si tratta di applicare.
Si capisce allora perché quel papa insistesse sempre nel dire "per tutti", interpretando il "per molti" in senso contrario alla tradizione liturgica della Chiesa ma anche al modo dogmaticamente corretto di intendere il significato dell'Eucaristia.
E non aveva ragione mons. Lefebvre a dire che la Nuova Messa è ambigua, e che bisogna tenersene alla larga?
La falsa interpretazione woytiliana di Gv 9 cit., di origine conciliare, falsifica a sua volta il significato della Consacrazione Euc., se fatta con il "per tutti" : si conferma il nesso tra lex orandi e lex credenti anche in senso invertito: ad una cattiva lex credendi conseguirà una cattiva lex orandi.
E se qualcuno dice: lasciando il "per molti" non contraddiciamo il dogma secondo il quale Dio vuole che tutti si salvino? No, perché questa volontà divina (volontà antecedente) è generale ma condizionata, vuole la salvezza di tutti se ciascuno vuole anch'esso la propria salvezza. La volontà divina "conseguente" si applica a coloro che, con la grazia, meritano la salvezza (Bartmann). Come diceva Sant'Agostino: "Deus non te deserit nisi deseratur" - Il Signore non ti abbandona se tu non l'abbandoni (Bartmann).
(Lettera del card. Arinze in Appendice a F. Agnoli - K. Gamber, La liturgia tradizionale, Fede & Cultura,2007). (fine)
Teofilo