Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 10 settembre 2023

Dominica XV post Pentecosten (Inclina, Domine)

Dominica XV post Pentecosten
(Inclina, Domine)

Messa
La decimaquinta domenica dopo Pentecoste prende il nome dal commovente episodio della vedova di Naim. L'Introito ci suggerisce la forma delle preghiere che in tutti i nostri bisogni dobbiamo rivolgere al Signore.
L'Uomo-Dio promise domenica scorsa di provvedere sempre a tali bisogni, alla sola condizione di essere da noi servito con fedeltà nella ricerca del suo regno. Mostriamoci pieni di confidenza nella sua parola, come è doveroso esserlo quando eleviamo le nostre suppliche, e saremo esauditi.

Intróitus
Ps.85,1 et 2-3 - Inclína, Dómine, áurem tuam ad me, et exáudi me: salvum fac servum tuum, Deus meus, sperántem in te: miserére mihi, Dómine, quóniam ad te clamávi tota die.
Ps. 85, 4 - Lætífica ánimam servi tui: quia ad te, Dómine, ánimam meam levávi. Glória Patri…
- Inclína, Dómine, áurem tuam ad me,…

Oratio
Ecclésiam tuam, Dómine miserátio continuáta mundet et múniat: et quia sine te non potest salva consístere, tuo semper múnere gubernétur. Per Dóminum nostrum Iesum Christum, Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum
.
M. - Amen.
Introito
Sal. 85,1 e 2-3 - Volgi il tuo orecchio verso di me, o Signore, ed esaudiscimi: salva il tuo servo che spera in Te, o mio Dio; abbi pietà di me, o Signore, che tutto il giorno grido verso di Te.
Sal. 85, 4 - Allieta l’ànima del tuo servo: poiché a Te, o Signore, levo l’ànima mia. Gloria al Padre… - Volgi il tuo orecchio verso di me, o Signore,…

Orazione
O Signore, la tua continua misericordia purífichi e fortífichi la tua Chiesa: e poiché non può essere salva senza di Te, sia sempre governata dalla tua grazia. Per il nostro Signore Gesú Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con Te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i sécoli dei sécoli. M. - Amen.
EPISTOLA (Gal. 5, 25-26; 6, 1-10). - Fratelli: se viviamo di spirito, camminiamo secondo lo spirito, senza essere bramosi di vanagloria, senza provocarci o invidiarci a vicenda. Fratelli, se uno fosse caduto in qualche fallo, voi che siete spirituali istruitelo in spirito di dolcezza, e bada bene a te stesso, tu che pure non sei tentato. Portate gli uni i pesi degli altri e così adempirete la legge di Cristo. Se poi uno crede di essere qualche cosa, mentre non è nulla, questi illude se stesso. Ciascuno invece esamini le proprie opere ed avrà così da gloriarsi soltanto in se stesso e non in altri; perché ciascuno porterà il proprio peso. Chi poi è catechizzato nella parola faccia parte di tutti i beni a chi lo catechizza. Non vogliate ingannarvi: Dio non può essere schernito; quel che uno avrà seminato quello pure mieterà; quindi chi semina nella sua carne, mieterà dalla sua carne la corruzione; chi invece semina nello spirito, dallo spirito mieterà la vita eterna. E non ci stanchiamo nel fare il bene, perché, se non ci stanchiamo, mieteremo a suo tempo. Facciamo dunque del bene finché abbiamo tempo, a tutti, ma specialmente a quelli che per la fede sono della nostra famiglia.
Perseveranza nella lotta.
La santa Chiesa riprende la lettura di san Paolo al punto in cui l'interruppe otto giorni fa. Oggetto degli insegnamenti apostolici è ancora la vita spirituale, la vita prodotta nelle anime nostre dallo Spirito Santo, per sostituire la vita della carne. Domata la carne, non è compiuto l'edificio della nostra perfezione e anche dopo la vittoria la lotta deve continuare; se non vogliamo vederne compromessi i risultati, occorre vegliare perché l'una o l'altra delle tre concupiscenze, sfruttando il momento in cui l'anima è impegnata in altri sforzi, non si riprenda e infligga ferite tanto più dannose quanto meno temute. Bisogna soprattutto sorvegliare attentamente la vanagloria, sempre pronta ad inquinare del suo sottile veleno perfino le opere di umiltà e di penitenza.

Fuga della vanagloria.
Il condannato, che con la flagellazione si fosse sottratto alla meritata pena capitale, commetterebbe una grossa follia gloriandosi dei colpi di flagello segnati nella sua carne! Non commettiamo noi questa follia! Pare tuttavia che noi possiamo purtroppo commetterla, perché l'Apostolo ai consigli sulla mortificazione fa tosto seguire la raccomandazione di evitare la vanagloria. E infatti a questo riguardo saremo pienamente sicuri solo se l'umiliazione fisica inflitta al corpo trova la sua radice nell'umiliazione dell'anima convinta della sua miseria. Anche gli antichi filosofi avevano le loro massime sulla repressione dei sensi e con la pratica di tali massime il loro orgoglio si elevava fino al cielo. Essi erano in questo molto lontani dai sentimenti dei nostri padri nella fede, i quali indossando il cilicio e prostrati in terra (I Par. 21, 16), esclamavano nel segreto del cuore: Pietà di me, o Signore, secondo la tua grande misericordia, perché fui concepito nella iniquità e il mio peccato mi sta sempre innanzi (Salm. 50, 3, 5-7).

Le opere della carne.
Infliggere sofferenza ai corpi per trarne vanità non è forse, come dice san Paolo oggi, seminare nella carne, per raccogliere a suo tempo, cioè nel giorno in cui saranno manifestati i pensieri dei cuori (I Cor 4, 5), non la vita e la gloria, ma confusione e vergogna eterna? Fra le opere della carne elencate nell'Epistola precedente non sono infatti soltanto atti impuri, ma anche contese, dissensi, gelosie (Gal. 5, 19, 21), che sorgono troppo spesso dalla vanagloria sulla quale l'Apostolo richiama adesso la nostra attenzione.
Il prodursi di questi frutti detestabili è segno certissimo che la linfa della grazia ha fatto posto alla fermentazione del peccato nelle nostre anime e che, ritornati schiavi, dobbiamo di nuovo contare sulla legge e sulle sue terribili sanzioni. Non ci si burla di Dio e la confidenza, che giustamente dona a chi vive dello Spirito la sovrabbondante fedeltà dell'amore, in queste condizioni si riduce ad una ipocrita falsificazione della santa libertà dei figli dell'Altissimo. Figli infatti sono soltanto coloro che lo Spirito Santo conduce (Rom. 8, 14) nella carità (Gal. 4, 13): gli altri restano nella carne e non possono piacere a Dio (Rom. 8, 8).

La carità fraterna.
Se invece vogliamo un segno certo che l'unione divina ci appartiene, non prendiamo occasione di insuperbirci vanamente per i difetti e gli errori dei nostri fratelli, ma siamo indulgenti verso di essi, tenendo presente la nostra miseria; e quando cadono porgiamo loro una mano soccorrevole e discreta. Portiamo, aiutandoci vicendevolmente, i nostri pesi nel cammino della vita e allora, avendo adempita la legge del Cristo, sapremo (I Gv. 6, 13) che noi siamo in Lui ed Egli è in noi.
San Giovanni, che ha riferito queste parole ineffabili, usate da Gesù per caratterizzare la sua intimità futura con chi mangia la carne del Figlio dell'uomo e ne beve il sangue al divino banchetto (Gv 6,57), le riprende una per una nelle sue Epistole, per applicarle a colui che nello Spirito Santo osserva il comandamento dell'amore verso i fratelli (I Gv. 3, 23-24; 4, 12-13).
Risuoni continuamente al nostro orecchio questa parola dell'Apostolo: Finché abbiamo tempo facciamo del bene a tutti! Verrà infatti il giorno e ormai non è lontano in cui l'angelo dalla livrea misteriosa farà echeggiare la sua voce nello spazio e, levata al cielo la mano, giurerà per Colui che vive in eterno che il tempo è finito (Apoc. 10, 1-6). L'uomo raccoglierà allora nella gioia quello che ha seminato nel pianto (Salm. 125, 5), raccoglierà nella luce sfolgorante del giorno eterno il bene compiuto nelle tenebre dell'esilio.
VANGELO (Lc. 7, 11-16). - In quel tempo: Gesù andava ad una città chiamata Naim: e i suoi discepoli e una gran folla andavano con Lui. E quando fu vicino alla porta della città, ecco era al portato al sepolcro uno che era figlio unico di sua madre, e questa era vedova; e con lei v'era molto popolo della città. E il Signore, vedutala, ne ebbe compassione e le disse: Non piangere! E accostatosi toccò la bara (i portatori si fermarono). Ed egli disse: Giovanetto, te lo dico io, levati! E il morto si alzò a sedere e cominciò a parlare. E lo rese alla madre. Allora tutti furono invasi da sbigottimento, e glorificarono Dio esclamando: Un grande Profeta è sorto in mezzo a noi, e Dio ha visitato il suo popolo.
La morte spirituale.
Nell'Omelia letta oggi a Mattutino, sant'Agostino commenta questo Vangelo e ci dice: "Se la risurrezione del giovane riempie di gioia la vedova sua madre la Chiesa nostra madre gode ogni giorno vedendo risorgere spiritualmente gli uomini. Il figlio della vedova era morto della morte del corpo e gli uomini erano morti della morte dell'anima. Si piangeva visibilmente per la morte del primo e non si notava affatto la morte invisibile di questi.
Nostro Signore Gesù Cristo voleva che fossero intesi in senso spirituale i miracoli da Lui operati nel corpo. Egli non faceva il miracolo per il miracolo, ma voleva che, suscitata l'ammirazione degli astanti, il miracolo fosse pieno di verità anche per coloro che ne comprendevano il significato... I testimoni oculari dei prodigi del Cristo, che non hanno compreso ciò che i prodigi significavano per le anime illuminate, hanno ammirato il fatto materiale del miracolo, altri però ne hanno ammirato il fatto e ne hanno compreso il significato e a questi, alla scuola di Cristo, noi dobbiamo assomigliarci...
Ascoltiamo dunque Cristo e sia frutto, per quelli che sono vivi, il conservare piena la loro vita e, per quelli che sono morti, ricuperarla al più presto (sant'Agostino, Disc. xcviii).

Lo zelo buono.
Cristiani, preservati dalla caduta per la misericordia del Signore, dobbiamo prendere parte alle angosce della Chiesa e aiutarla in tutte le attività che lo zelo suo svolge per salvare i nostri fratelli. Non basta non essere i figli insensati che addolorano la madre (Prov. 17, 25) e disprezzano il seno che li ha portati (ibid. 30, 17). Se anche non sapessimo dallo Spirito Santo stesso che onorare la madre è assicurarsi un tesoro (Eccli. 3, 5) il ricordo di quanto le costò la nostra nascita (Tob. 4, 4) deve bastare ad indurci ad approfittare di tutte le occasioni per asciugare il suo pianto. Essa è la Sposa del Verbo alle nozze del quale anelano anche le anime nostre e, se è vero che noi siamo uniti al Verbo, come essa lo è, dimostriamolo manifestando nelle nostre opere il pensiero e l'amore che lo Sposo comunica nelle sue intimità, cioè il pensiero della gloria del Padre, che deve essere rinnovata nel mondo e l'amore per i peccatori, che devono essere salvati.

Preghiamo
La tua misericordia, o Signore, purifichi e fortifichi continuamente la tua Chiesa; e giacché non può sussistere senza di te, sia sempre governata dalla tua grazia.
(da: P. GUÉRANGER, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. ROBERTI, P. GRAZIANI e P. SUFFIA, Alba, Edizioni Paoline, 1959, pp. 489-492.)

4 commenti:

Anonimo ha detto...


Si noterà che nell'Introito della Messe Ordo Vetus si usano testi dei Salmi nei quali si invoca la misericordia di Dio, la sua protezione contro i nemici; nei quali ci si prosterna umilmente di fronte a Lui, celebrandone la gloria infinita e nei quali si chiede fervidamente il suo aiuto...
Cosa dice L'Antifona d'ingresso del Novus Ordo in questa Quindicesima Domenica dopo la Pentecoste? Questo dice:
"Nella giustizia contemplerò il tuo volto, al mio risveglio mi sazierò della tua presenza " (Salmo 16,15).
Tutto qui. C'è qui forse un atteggiamento umile e penitente, come deve essere quello del credente che si sta accostando alla Somma Maestà del Signore assiso alla Destra del Padre e che tra poco sarà compleetamente presente nel miracolo della Transustanziazione?
E come potrebbe esserci tutto ciò se non c'è più il radunarsi di fronte allo "altare di Dio", dal momento che l'altare è stato fisicamente abolito e sostituito con la tavola verso il popolo della Cena dei protestanti ed eretici?
Dopo l'altare, sono scomparsi anche i banchi dei fedeli. Adesso ci sono le sedie, come se fossimo al cinema...

Agli ingenui ha detto...

Si ricomincia con Covid, mascherine e vaccini. I mondialisti stanno giusto allestendo gli scenarii. La farsa sanitaria continua. Ancora una volta, coloro che hanno "per padre il diavolo" confermano uno dei loro tratti caratteriali più importanti: la tenacia. La quale li ha resi padroni del mondo. Buona domenica e buona festa di San Nicola da Tolentino!

Anonimo ha detto...

Di questo risorgere spiritualmente non si sente più parlare, non se ne parla mai. Si fanno piani e contro piani di ogni tipo, ma del risorgere spiritualmente si tace, anzi si è cancellato. Nei fatti è solo questo risorgere spirituale che permetterebbe di cancellare tutti i piani culturali, politici, sociali, economici, di cancellare tutte le leggi, i regolamenti, i diritti per scoprire la vera libertà, il vero amore. Infatti questo risorgere spirituale consentirebbe di amare Dio ed il prossimo ed agire in piena libertà per la nostra santificazione e per quella del nostro prossimo.

Anonimo ha detto...

Non facciamo l' errore di considerarli i padroni del mondo0. Se lo fossero, come insegna San Paolo, il loro potere gli verrebbe da Dio. Per essere tale, e portare legittimamente la spada (esercitare la coercizione), dovrebbero governare per contrastare il disordine che il peccato porta nella società e difendere i più deboli. Evidentemente così non è, anzi ! Sono gli usurpatori del mondo, per cui il loro potere è illegittimo, pervertito e pervertente. È una forma di potere contraria al Signore che ci insegna che suoi amici sono coloro che cercano di praticare la virtù della costanza e del discernimento, per fare la Sua Volontà. Come San Pietro davanti al Sinedrio dobbiamo, fermamente affermare che noi siamo i veri amici di Dio, al quale chiediamo la grazia di fare la Sua Volontà.
Valeria Fusetti