Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

mercoledì 6 settembre 2023

Una replica alle critiche di Don Morselli ai supposti errori dottrinali di mons. Lefebvre.

Precedenti sul pro multis quiqui - qui. Di seguito il nostro lettore Teofilo ripareggia la verità in ordine alle critiche di don Morselli [qui]  a mons. Lefebvre sulla solita Bussola. L'importanza del testo che segue consiste nel fatto che l'accento — più che sulla traduzione erronea sottolineata dagli articoli citati nei link e le conseguenti critiche di carattere filologico, esegetico, liturgico in senso stretto — viene posto sulla deviazione dottrinale riguardante il nesso della formula con la validità della Consacrazione scaturente dell'affermazione della Lettera della Congregazione per il Culto divino [qui] n, 2) : Non vi è alcun dubbio sulla validità delle messe celebrate con l'uso di una formula debitamente approvata contenente una formula equivalente a "per tutti", come già ha dichiarato la Congregazione per la Dottrina della Fede, da mettere in relazione con la deviazione analoga conseguente allo spostamento del mysterium fidei dalla stessa formula di Consacrazione [vedi]. Trattazione che svilupperemo ulteriormente.

Una replica alle critiche di Don Morselli 
ai supposti errori dottrinali di mons. Lefebvre.

L'articolo di Don Morselli vuol dimostrare che le differenze dottrinali tra la FSSPX e la Chiesa attuale sono il frutto di errori teologici di mons. Lefebvre. Anzi, di un errore fondamentale: l'aver formalmente rescisso il giorno dopo l'accordo appena sottoscritto con il card. Ratzinger. Don Morselli riproduce in sintesi il testo di quell'accordo. A mio modesto avviso, mons. Lefebvre fece bene a ritirare la firma, dopo aver in pratica passato la notte in preghiera, da solo, nella cappella del priorato della Fraternità ad Albano. Si sarebbe legato le mani, sulla Messa e sul Concilio, come poi è successo alle varie FSSP, etc. Hanno ottimi sacerdoti ma sugli abusi del NO e sulle deviazioni dottrinali dall'alto e dal Concilio non possono dir nulla.

Ma prima di esaminare questo punto, vorrei far vedere come sia ingiustificata l'accusa di incoerenza a mons. Lefebvre, per essersi radicalmente opposto ad una Messa, la cui consacrazione non poteva in coscienza dichiarare invalida, nonostante gli evidenti mutamenti intervenuti. Non la dichiarava invalida (diceva: "non possiamo dire che sia invalida", non diceva che fosse valida). La dichiarava però ambigua, di un'ambiguità tale da poter far perdere la fede. Il che, a ben vedere, è successo a praticamente tutta la Gerarchia : sono quasi 60 anni che celebrano il NO e in che condizioni è la loro fede? Meglio stendere un velo pietoso su molti e troppi di loro.

Ora, l'ambiguità risulta in primo luogo dall'introduzione surrettizia del "per voi e per tutti" al posto del millenario "per voi e per molti"(1). Il bello è che l'Institutio del NO, cioè il testo ufficiale in latino, ha mantenuto il "per molti". Però in quasi tutti i volgari lo si è tradotto con "per tutti", violando la lettera del testo. Ho qui un Messalino festivo, testo ufficiale in ital. della CEI, Coletti, Roma, 1983, p. 338 : "..questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati..". Bisogna sapere che da questa formula è anche stato tolto il "mistero di fede", spostato subito dopo e unito ad un'invocazione di attesa della Venuta del Signore, dotato quindi di un significato escatologico assente dall'Ordo Vetus (vedi).
Ma perché questo "per tutti" sarebbe ambiguo e intorbiderebbe il vero significato della Messa, cosa che non si può ovviamente tollerare, capace di produrre le peggiori conseguenze, come è in effetti successo? Per cogliere appieno quest'ambiguità bisogna andarsi a rileggere come il Catechismo Tridentino spiegasse il significato del "per molti" al posto di "per tutti".

Vediamo dunque il testo del Catechismo Tridentino.
Innanzitutto la formula dellOrdo Vetus : "Poiché questo è il calice del Sangue mio, della nuova ed eterna alleanza - mistero di fede - il quale sarà sparso per voi e per molti in remissione dei peccati".

"Le parole 'per voi e per molti' prese separatamente da Matteo, 26,28 e da Luca 22,20, sono riunite dalla santa Chiesa, inspirata da Dio, per esprimere il frutto e l'utilità della passione. Infatti se consideriamo l'efficace virtù della passione, dobbiamo ammettere che il sangue del Signore è stato sparso per la salute di tutti; ma se esaminiamo il frutto che gli uomini ne hanno ritratto, ammetteremo facilmente che ai vantaggi della passione partecipano non tutti, ma soltanto molti. Perciò dicendo: "per voi", ha voluto significare i presenti, con cui parlava, eccetto Giuda, oppure gli eletti del popolo Ebreo, quali erano i discepoli. Ed aggiungendo "per molti" ha voluto intendere gli altri eletti, Ebrei e i Gentili. Con ragione dunque non è stato detto: "per tutti", trattandosi qui soltanto dei frutti della passione, la quale apporta salute soltanto agli eletti. In questo senso bisogna intendere anche le parole dell'Apostolo: Gesù Cristo fu offerto una sola volta per togliere i peccati di molti (Ebr. 9, 28); e quelle del Signore: "Prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che mi hai dati, perché sono tuoi" (Giov 17, 9). Catechismo Tridentino, tr. it. a cura del P. Tito S. Centi OP, Cantagalli, Siena, 1981, p. 261.
Già da questa spiegazione si capisce perché il famigerato "per tutti" è ambiguo: sembra legittimare una concezione sbagliata come quella che implica la salvezza per tutti, comunque garantita: col per tutti, celebrato sempre da GP II, si apre la porta all'eresia, quella della Salvezza già garantita dal Cristo c.d. "cosmico", quello teilhardiano e blondeliano che, nella Gaudium et spes, art. 22 [vedi], viene detto, "si è con l'Incarnazione in certo modo unito ad ogni uomo" - errore gravissimo, già confutato, se non erro, dal Damasceno e dall'Aquinate.
L'ambiguità, dunque, già nel fatto che l'Institutio dice una cosa e la prassi ne fa un'altra, per di più in odor di eresia, bisogna pur dirlo, se si ricerca il vero (Caesar aut Pontifex non est supra gramaticos).
Benedetto XVI ha giustamente ricordato che bisogna dire "per molti" ma senza imporlo ai vescovi. Allora la Consacrazione nel NO è sempre valida, sia che si dica per tutti, sia che si dica per molti?

Partiamo da quest'ultimo punto. Benedetto XVI doveva limitarsi ad esortare i vescovi a spiegare la necessità di tornare al "per molti" [qui]. Egli comunque fece revisionare tutte le traduzioni in volgare e provvedette ad inserire il "per molti", tra le polemiche, se non mi ricordo male.
Ma il punto essenziale qui è un altro: il nesso della formula con la validità della Consacrazione.
Nella Lettera della Congregazione per il Culto Divino del 17 ott 2006, a firma del Prefetto card. Arinze, si ricordava al punto n. 1 che la formula "per molti" (Pro multis) era in vigore sin dai primi secoli ma negli "ultimi 30 anni alcuni testi approvati in lingua moderna hanno riportato la traduzione interpretativa "for all", "per tutti", o equivalente". Il punto 2 ribadiva che "non vi è alcun dubbio sulla validità delle messe celebrate con l'uso di una formula debitamente approvata, contenente una formula equivalente a "per tutti", come già dichiarato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede [...]
Effettivamente, la formula "per tutti" corrisponderebbe indubbiamente a un'interpretazione corretta dell'intenzione del Signore espressa nel testo. È un dogma di fede che Cristo è morto sulla Croce per tutti gli uomini e le donne". La validità della Messa non sarebbe in questione: allora perché questa precisazione? Il "per tutti" non interpreta forse il senso profondo del "per molti"? O si tratta di una questione di semplice rispetto e sensibilità nei confronti della Tradizione liturgica della Chiesa?

La Lettera richiama diversi argomenti a favore del ristabilimento del "per tutti". Si tratta in primo luogo di fedeltà ai Testi Sacri, che mostrano sempre il "per molti", al rito romano antico che mai ha detto "per tutti" in tanti secoli, alle anafore dei vari riti orientali, al fatto che il "per tutti" è una "spiegazione di tipo catechetico", al fatto che bisogna in generale esser il più fedeli possibile ai testi latini delle edizioni tipiche.
Questi argomenti sono tutti di carattere filologico, esegetico, liturgico in senso stretto. Ma ce n'è uno che riveste un profilo dottrinale, riguardante quindi il dogma della fede, sia pure espresso in modo minimalista. Eccolo: "L'espressione 'per molti', pur restando aperta all'inclusione di ogni persona umana, riflette inoltre il fatto che questa salvezza non è determinata in modo meccanico, senza la volontà o la partecipazione dell'uomo. Il credente, invece, è invitato ad accettare nella fede il dono che gli è offerto e a ricevere la vita soprannaturale data a coloro che partecipano a questo mistero, vivendolo nella propria vita modo da essere annoverato fra "i molti" cui il testo fa riferimento".
La prosa appare involuta, nello stile ecclesiastico odierno, ma il concetto sembra essere quello tradizionale: la salvezza non è data a tutti a prescindere, ma solo "ai molti" cioè a quelli che avranno "accettato nella fede dono che gli è offerto e a ricevere la vita soprannaturale data a coloro che partecipano a questo mistero, vivendolo nella propria vita modo da essere annoverato fra "i molti" cui il testo fa riferimento".
La prosa appare involuta, nello stile ecclesiastico odierno, ma il concetto sembra essere quello tradizionale: la salvezza non è data a tutti a prescindere, ma solo "ai molti" cioè a quelli che avranno "accettato nella fede il dono che viene loro offerto", vivendo cioè da autentici seguaci di Cristo.
Il "per tutti" va quindi rifiutato perché pericoloso per la fede, in quanto ambiguamente introduce l'idea che "la salvezza sia determinata in modo meccanico", cioè garantita a tutti senza partecipazione del libero arbitrio di ciascuno, il che è profondamente errato.

C'è dunque un risvolto dottrinale, dogmatico molto serio nell'uso del per tutti al posto del corretto per molti.
A questo punto sembra legittimo chiedersi: come è possibile tenere l'uso del "per tutti" separato dalla questione della validità della Messa NO, visto che esso introdurrebbe un concetto errato di salvezza, non cattolico?

A questo punto, torniamo al Catechismo Tridentino. Abbiamo visto che esso sottolinea come il "per molti" metta in rilievo "i frutti della Passione, la quale apporta salute soltanto agli eletti": questi frutti (la santificazione quotidiana, la salvezza dell'anima) vengon raccolti (solo) "dagli eletti", non da tutti gli uomini indistintamente cioè solo dai veri cristiani, tranne i casi di Battesimo di desiderio esplicito ed implicito. E quel Catechismo cita a sostegno il passo di Ebrei 9,28 (il Cristo fu offerto una sola volta per togliere i peccati di molti) e Giovanni 17,9, il testo della grande preghiera di Gesù al Padre, subito prima della Passione, nella quale consegna i suoi discepoli al Padre ("Padre, è giunta l'ora...). Egli afferma: "non prego per il mondo ma per quelli che mi hai dati, perché sono tuoi".
Implora il Padre di "custodirli nel nome tuo che mi hai dato, affinché siano una cosa sola come noi. Finché ero con essi, io li conservavo nel tuo nome, che tu m'hai dato, e li ho custoditi, e nessuno di loro è perito, eccetto il figlio della perdizione [Giuda Isc.], affinchè sia compiuta la Scrittura" (Gv 17, 9-12).--
Dunque, l'unità qui invocata da Gesù è quella dei cristiani tra di loro ma ovviamente dei cristiani fedeli al suo insegnamento e rimasti tali: non può comprendere gli eretici e scismatici né i membri di altre religioni. Tutti costoro sono nell'errore e costituiscono "il mondo", per il quale Gesù non prega, dovendo tale mondo esser ancora convertito. Non prega, nel senso che non può raccomandare costoro all'unità con il Padre come sta facendo con i suoi discepoli: devono prima convertirsi.
Il "per molti" della Consacrazione eucaristica esprimeva per l'appunto la verità di fede (dogma) testimoniata da Giov 9 cit.

Ma questa verità è stata stravolta dalla Chiesa del postconcilio. Se prendiamo l'Enciclica di GP II Ut unum sint sull'ecumenismo, del 1995, par. 7-11, vediamo che l'unità invocata dal Signore per i suoi discepoli diventa l'unità di tutti i cristiani, in quanto tali, mentre scompare completamente la contrapposizione nettissima tra i discepoli autentici di Gesù e il mondo, fondamentale nella preghiera di Gesù (vedi par. 9 dell'Enciclica). Scomparendo la contrapposizione, scompare anche l'esigenza di convertire il mondo affinché diventi UNO con il Padre e il Figlio. L'unità secondo GP II è quella senza conversione auspicata dal Concilio, decreto Unitatis redintegratio sull'Ecumenismo, che si tratta di applicare.
Si capisce allora perché quel papa insistesse sempre nel dire "per tutti", interpretando il "per molti" in senso contrario alla tradizione liturgica della Chiesa ma anche al modo dogmaticamente corretto di intendere il significato dell'Eucaristia.
E non aveva ragione mons. Lefebvre a dire che la Nuova Messa è ambigua, e che bisogna tenersene alla larga?
La falsa interpretazione woytiliana di Gv 9 cit., di origine conciliare, falsifica a sua volta il significato della Consacrazione Eucaristica, se fatta con il "per tutti" : si conferma il nesso tra lex orandi e lex credendi anche in senso invertito: ad una cattiva lex credendi conseguirà una cattiva lex orandi.
E se qualcuno dice: lasciando il "per molti" non contraddiciamo il dogma secondo il quale Dio vuole che tutti si salvino? No, perché questa volontà divina (volontà antecedente) è generale ma condizionata, vuole la salvezza di tutti se ciascuno vuole anch'esso la propria salvezza. La volontà divina "conseguente" si applica a coloro che, con la grazia, meritano la salvezza (Bartmann). Come diceva Sant'Agostino: "Deus non te deserit nisi deseratur" - Il Signore non ti abbandona se tu non l'abbandoni (Bartmann).
(Lettera del card. Arinze in Appendice a F. Agnoli - K. Gamber, La liturgia tradizionale, Fede & Cultura, 2007).  Teofilo

Postilla sulle critiche profetiche dei cardinali Bacci e Ottaviani, tra i migliori della Chiesa del tempo per dottrina e dirittura.

Da notare che essi criticavano [qui] le gravi deviazioni contenute nella Institutio del Messale Romano Novus Ordo, 1969, testo nel quale si ha ancora il "pro multis". Ottennero solo la modifica di qualche punto. Il nuovo impianto della Messa rimase inalterato.
Ora, essi insistettero anche sul fatto che nel Novus Ordo sembrava prevalere il modo narrativo nella Consacrazione, come se le formule consacratorie ora pronunciate costituissero appunto una narrazione storica e non fossero più enunciate come esprimenti un giudizio categorico e affermativo proferito da Colui nella cui persona il sacerdote agisce. In nota aggiungevano: "Le parole della Consacrazione, quali sono inserite nel contesto del Novus Ordo, possono essere valide in virtù dell'intenzione del ministro. Possono non esserlo perché non lo sono più ex vi verborum [per la forza intrinseca delle parole] o più precisamente in virtù del modus significandi che avevano finora nella Messa. I sacerdoti che, in un prossimo avvenire, non avranno ricevuto la formazione tradizionale e che si affideranno al Novus Ordo al fine di 'fare ciò che fa la Chiesa', consacreranno validamente? È lecito dubitarne".
MEDITATE SU QUESTE PAROLE, CRITICI DI MONS. LEFEBVRE!!

E dicevano questo i due cardinali prima che il "per molti" diventasse "per tutti", in particolare ad opera di GP II, con la sua errata interpretazione dell'invocazione all'unità dei credenti contenuta nella Preghiera di Gesù al Padre, invocazione che secondo quel papa doveva applicarsi a tutti i cristiani, senza bisogno di conversione per eretici e scismatici (Gv 17 cit.). Questa falsa nozione di unità si è estesa sino a ricomprendere tutta l'umanità, che dev'essere accettata nella Chiesa "così com'è" (papa Francesco), nessuno escluso, quindi senza convertirsi: il rovesciamento appunto della predicazione di Cristo, del senso stesso della Chiesa e dell'etica cristiana nel loro opposto, una visione nichilista figlia del Male Assoluto.
Teofilo ______________________ 1. Il “pro multis” richiama l’attenzione sull’erronea traduzione, in molte lingue volgari, del Messale NO con “per tutti”. È vero che il Signore è morto per tutti; ma la sua Grazia e la salvezza redentiva ha effetto su “coloro che Lo accolgono” (i molti altrimenti si sarebbe detto omnes) [cfr. testo greco πολλοι (polloi = i più) e non παντες (pantes = tutti)]. (Lo ribadisce la Lettera 17 ottobre 2006 della Congregazione per il Culto Divino ai Presidenti delle Conferenze Episcopali).

47 commenti:

Gian ha detto...

Se ne potrà discutere fino alla fine dei tempi, ma sarà una perdita di tempo. Non c'era alcun bisogno di cambiare le parole e l'averlo fatto ha determinato proprio le conseguenze che oggi vediamo. Mons. Lefebvre ha ancora ragione perché quelle conseguenze non sono dovute a lui, ma a chi ha messo mano dove non avrebbe dovuto.

Anonimo ha detto...

Il fatto che eclatanti miracoli eucaristici abbiano continuato a verificarsi dopo l’introduzione del NO dimostra in modo inequivocabile che la Messa moderna postconciliare è assolutamente valida e la transustanziazione avviene. Poi si può discutere su tutto il resto.

Anonimo ha detto...


# Anonimo che cita gli "eclatanti miracoli eucaristici"

Intanto, che questi miracoli siano ufficialmente comprovati ed accettati. Questa è un'epoca nella quale siamo pieni di falsi profeti e false visioni, falsi miracoli (vedi Medjugorie).
Secondo: la consacrazione nella Messa NO potrà esser valida se appunto usa "per molti" e non il "per tutti", dato che solo il primo corrisponde alle intenzioni della Chiesa di sempre, nei secoli.
Inoltre, più che ai miracoli io guarderei alle condizioni nelle quali è ridotta la liturgia cattolica e la Chiesa visibile in generale. Sicuro che la Messa NO, con le sue gravi ambiguità, non vi contribuisca? Se ha svuotato le chiese invece di riempirle, un motivo ci dovrà pur essere

Il ripareggio sara' di Nostro Signore. ha detto...

Occorrerebbe un antiacido per contrastare l'acidità dello stomaco dando sollievo immediato al dolore, bruciore. Questa erosione continua e costante contribuisce a distruggere quel poco che e' rimasto.
Nella piramide ,quello che manca ed e'mancata e'la fede. Da qui la necessita' dell'evangelizzazione e che ognuno lo faccia stando al proprio posto ,lì dove la propria vocazione lo ha collocato.

Qualcuno vuol ripareggiare? ha detto...

“UN CUORE CHE BATTE” PROPOSTA DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE - Ora et Labora
https://www.youtube.com/watch?v=DaIiPxHrstE

Anonimo ha detto...

Occorre ben ricordare che i miracoli eucaristici non sono mai avvenuti e non avvengono per dare lustro alla situazione in cui si verificano, ma casomai per stigmatizzare la mancanza di fede che caratterizza quella determinata situazione.

Anonimo ha detto...

Vediamo se ho capito bene:
Per tutti è la teoria, per molti è la pratica, i fatti.

I miracoli eucaristici, bisognerebbe vedere in forza di cosa sono avvenuti. Forse tra i presenti vi era qualcuno di una Fede che sposta le montagne oppure uno ostinatissimo incredulo che aveva bisogno estremo di trovare la Fede. Non so, bisognerebbe approfondire. Comunque sa solo Dio perché, per chi, per come sono accaduti.

@#perl'Anonimo delle 07.11 (e per "molti", forse NON per TUTTI) ha detto...

VEDO TRASCURATO un po' da tutti un particolare fondamentale. IL NUOVO RITO DELLA MESSA è del 1969. Prima (1968, ma i riti vecchi per consacrare i vescovi sono stati usati saltuariamente fini al '72) e PIù del rito della Messa in se stesso ciò che è stato cambiato è stato il rito della Consacrazione dei vescovi. Quello dell'ordinazione dei preti, paradossalmente, è stato cambiato meno di quello dei vescovi.
E' il rito della consacrazione episcopale che da adito a forti dubbi. In pratica è una versione esteticamente più brutta del rito anglicano dichiarato invalido per difetto d'intenzione da Leone XIII.
Ciò che comporta?
Tante conseguenze che imgarbugliano ancora di più la matassa.
I "miracoli" di cui sopra, si sono verificati (ammesso e non concesso che siano veri, ma non è ora questo il punto) in Messe celebarate, anche con NOM. ma da preti ordinati prima della riforma?
O da preti ordinati anche dopo, ma che, a loro volta, hanno ricevuto il sacerdozio, anche con i riti nuovi, ma da vescovi consacrati prima?

Fael ha detto...

Mah! si continua a discutere sulla formula "per molti" "per tutti" però al mio paese, provincia di Milano la messa nei giorni feriali è stata sostituita dalla liturgia della parola, motivazione mancanza di preti, l' omelia è tenuta ancora da un consacrato, domani chissà da un laico dopodomani da una donna e poi magari da un imam perchè bisogna essere aperti alle sorprese dello Spirito Santo anche loro possono insegnarci qualcosa.
Ho convenuto che ha ragione la FSSPX, partecipare a tali messe che continuano a sminuire il Sacrificio di Nostro Signore vuol dire approvarle vuol dire che mi stanno bene non partecipo a tale scempio, penso che Nostro Signore voglia essere adorato nel modo più solenne possibile.

Mariano ha detto...

Perché non usare sempre la formula in latino, anche nelle messe in lingua corrente?

Gederson Falcometa ha detto...

Don Morselli:

"La prova di questo neo-protestantesimo è la frammentazione del mondo pseudo-tradizionalista, dove le varie componenti hanno le loro sacrosante ed evidenti ragioni: FSSPX, resistenti, Viganò, sedevacantisti (a loro volta divisi in vari gruppi), senza contare alcuni liberi battitori che potremmo definire folcloristici, se non ammaliassero migliaia di persone distogliendole dalla pratica sacramentale".

Ora, dove è l'unità della Chiesa Conciliare? Cammino neocatecumenale, Rinovazione Carismática, Opus Dei, Gesuiti, ecc riflettono quella frammentazione della quale ci parla il Vangelo:

"Percuoterò il pastore e si disperderanno le pecore del gregge". Mt 26, 31

Almeno nel mondo tradicionalista vediamo una certa e forte unità liturgia. Già nel caso del NOM questa unità non esiste più, perché ci sono delle versione del NOM per tutti i gusti.

Le porte degli inferi non hanno prevalso. Alcuni cattolici, come Don Morselli, interpretano la promessa di Nostro Signore, come se il mondo fosse eterno e non existisse la profezia di che un giorno aveva di venire la grande apostasia. Oggi che la maggiore parte della gerarchia se è diventata apóstata è un fatto. Allora, davanti alla apostasia acusare chi la denuncia e la combatte rivela più errori teologici dall'accusatore che dall'accusato...

Anonimo ha detto...

Cosa dice D. Morselli sul "Breve esame critico" dei Cardinali Bacci e Ottaviani?

Da ricordare la nota 15:

"Le parole della Consacrazione, quali sono inserite nel contesto del Novus Ordo, possono essere valide in virtú dell’intenzione del ministro. Possono non esserlo perché non lo sono piú ex vi verborum o piú precisamente in virtú del modus significandi che avevano finora nella Messa. I sacerdoti, che, in un prossimo avvenire, non avranno ricevuto la formazione tradizionale e che si affideranno al Novus Ordo al fine di «fare ciò che fa la Chiesa» consacreranno validamente? È lecito dubitarne".

Anonimo ha detto...

Non è questione di LINGUA, poiché in latino, come diceva don Clemente Bellucco, difensore del S. Sacrificio della Messa in Padova, si può anche bestemmiare. Chiunque, al tempo in cui la Messa di origine apostolica fu sostituita dalla messa moderna, era perfettamente in grado di comprendere l'enorme sostanziale differenza fra l'una e l'altra. Alcune modifiche - o meglio, distruzioni - nell'architettura delle chiese, quali la rimozione delle balaustre, le quali delimitavano lo spazio sacro riservato soltanto ai consacrati ed eccezionalmente ai chierichetti maschi, ma mai ai laici e alle donne, la demolizione degli altari maggiori (dove possibile; alcuni altari si sono salvati per intervento degli addetti ai beni culturali!) sostituiti da tavoli, esattamente come voleva Lutero, la comunione in piedi spesso distribuita da laici, e infiniti altri atti (rimozione di statue, quadri, etc...) resero immediatamente comprensibile ai buoni cattolici che con tutto il passato secolare liturgico della Chiesa Cattolica Apostolica Romana si era verificata una cesura. In quegli anni, moltissimi sacerdoti e religiosi gettarono l'abito alle ortiche. Sarebbe necessario soffermarsi ed approfondire questo tema dell'abbandono delle vocazioni nel postconcilio. È un aspetto interessantissimo. Purtroppo,. molti cattolici che magari hanno riscoperto la Liturgia cattolica da pochi anni, non comprendono pienamente i termini della questione. Quindi bisogna insistere e non avere paura di ripetere sempre le stesse cose. Non esistono del resto argomenti scoperti recentemente o frutto del caso. Esistono alcune verità, che bisogna ricordare. Il Vangelo, poi, è sempre lo stesso (almeno la Vulgata!).

Lo Spigolatore romano ha detto...

CANONE ROMANO, MYSTERIUM FIDEI, SACRA SCRITTURA--------"
E' singolare come i testi di tale racconto [quello dell'istituzione dell'Eucaristia presente nel Canone Romano, n.d.r.], tanto quelli tramandatici dalla tradizione, quanto quelli risultanti da uno studio comparativo, e con particolare evidenza quelli più antichi, NON RIPRODUCONO MAI UN SEMPLICE BRANO BIBLICO. Essi RISALGONO, infatti, AD UNA TRADIZIONE ANTERIORE AI LIBRI DEL NUOVO TESTAMENTO. Cosa che del resto è naturale in quanto l'Eucaristia veniva celebrata già molto tempo prima che gli Evangelisti e s. Paolo si fossero accinti a scrivere. Con ciò si spiega anche la rilevante diversità degli stessi testi biblici proprio su questo punto: evidentemente noi abbiamo in essi brani di vita liturgica della prima generazione" (Jungmann, Missarum Sollemnia, vol. II, pag. 151-152, ristampa anastatica Ed. Ancora 2004). Le lettere maiuscole sono nostre e sono utilizzate come sottolineatura-----------------------------
Dunque le parole consacratorie contenute nel Canone Romano sono anteriori agli stessi Evangeli e a tutto il Nuovo Testamento. Il Novus Ordo ha però tolto al Canone Romano le sue specificità anteriori al Nuovo Testamento per inserire un testo desunto proprio dal Nuovo Testamento ma che è più tardo rispetto al testo contenuto nel Canone presente nel messale di Pio V. Il testo attuale del canone romano (ci si riferisce sempre a quello contenuto nel messale detto di Pio V) risale al V secolo, ad eccezione di alcune locuzioni come ad esempio quelle menzionate nel post e che riguardano le parole consacratorie, ma non solo. (cfr. Op. cit. vol. II pag. 85). Come fosse prima de V secolo non lo sappiamo perché non abbiamo fonti liturgiche, e tutto ciè che quindi si può dire è ipotesi e congettura, senza basi dicumentali. Il testo tradizionale del Canone Romano, come sappiamo, presenta l'espressione "mysterium fidei" inserita tra le parole consacratorie del calice. Jungmann, oltre a definirle enigmatiche nota sia l'incertezza della loro origine, sia, dunque, la difficoltà interpretativa. Però egli ricorda che anche nelle Costituzioni Apostoliche (un testo del IV secolo) si ha il termine "mysterium" messo sulle labbra del Redentore nell'Ultima Cena. Ad ogni modo le parole "MYSTERIUM FIDEI" sono presenti in tutti i più antichi sacramentari, mancando solo in alcuni documenti più recenti. (cfr. op. cit. Vol. II, pag. 155). Si ha notizia di tale espressione pure in documenti del VII secolo, come la Expositio della messa gallicana. Lo Jungmann proprio a motivo di una così grande diffusione delle parole "mysterium fidei" inserite nel Canone riconosce che hanno origini esclusivamente romane, non sono cioè una interpolazione creata altrove. Lo Jungmann crede che si tratti di interpolazione ma riconosce che su questo punto non si ha nessuna certezza. Tali parole possono essere una interpolazione ma possono pure non esserlo e quindi risalire ad epoca antichissima, fino ad essere state, forse, pronunciate realmente da Gesù Cristo stesso. Non lo sappiamo. E proprio perché nulla sappiamo è scientificamente corretta solo una cosa: lasciarle dove sono. I modernisti invece, senza curarsi di metter le mani su un testo così antico e venerando qual'è il Canone Romano, che, come abbia sopra ricordato citando Jungmann, in alcuni punti è più antico degli stessi Vangeli, lo hanno profanato manipolandolo. Nessuna scienza si può basare sul nulla, men che meno quella liturgica. Ed invece l'estromissione dalle parole consacratorie dell'espressione "mysterium fidei" è basata proprio sul nulla perché nulla sappiamo sulla loro origine, mentre sappiamo solo che tali parole sono presenti fin dai più antichi documenti che possediamo. Fare riforme liturgiche basandole dunque solo sulle proprie idee e sulle proprie ideologie ed ipotesi non è fare scienza, ma fare macelleria. Macelleria liturgica. Donfi.

Anonimo ha detto...

Quando sono stato battezzato il sacerdote ha domandato al mio padrino e alla mia madrina: "cosa viene a fare questo piccolo fanciullo presso la Chiesa?"
Loro hanno risposto: "siamo venuti a domandare la fede."
E io ancora oggi domando la Fede alla Chiesa.
Domanderò la fede cattolica alla Chiesa fino alla mia morte.
"Perché domandate la fede?" chiese ancora il sacerdote.
"Per avere la vita eterna, perché la fede cattolica procura la vita eterna"
Allora se la fede cattolica procura la vita eterna, io voglio questa fede. Non voglio che cambino la mia fede! Mai!

(mons. Marcel Lefebvre. Venezia, 1980)

Anonimo ha detto...

La visita di Mons. Marcel Lefebvre a San Simon Piccolo! Che bel ricordo di quel giorno! Conservo gelosamente una fotografia, che mi regalò il signor Giuseppe Pagnossin, di Mons. Lefebvre e don Siro Cisilino, scattata nella sagrestia della chiesa.

Anonimo ha detto...

Su unavoce.ve.it, è riportato un articolo a firma di Fabrizio d'Andrea, de "Il Giornale", 8 aprile 1980

Lefebvre contesta "la Chiesa che cambia",

dove si narra pure del cappellano progressista del tempo, don Lionello, che, armato di spranga e circondato da nerboruti giovanotti, voleva impedire l'evento. Ho scoperto or ora l'articolo menzionato e vi consiglio di leggerlo, tanto per avere un'idea del clima di quei tempi.

Anonimo ha detto...


# Spigolatore romano a proposito di Jungmann - Critiche profetiche di Bacci e Ottaviani

Jungmann non è attendibile in diverse sue interpretazioni. Perché dice che l'espressione "mistero di fede" o "mistero della fede" è enigmatica?
Il senso del "mistero di fede" lo spiega il Catechismo Tridentino.
Si può rileggere alle pp. 258-261 dell'edizione Cantagalli, citata nell'articolo. Dal Catechismo risulta che le parole "eterna" di "eterna Alleanza" e "mistero di fede" sono le uniche che non provengono da fonti neotestamentarie (Luca 22, 20 - 1 Cor 11, 25 - Luca 22, 20 - Matt 26 , 28) ma sono attestate "dalla tradizione, interprete e custode della cattolica verità" (op. cit., p. 259).
Jungmann che conto fa della tradizione? E come fa a dire che non ci sono fonti neotestamentarie nella liturgia più antica? Ma Jungmann che date assegnava ai Vangeli?
In senso specifico, dice il Catechismo Trid., "qui diciamo mistero di fede in quanto vediamo solo cogli occhi della fede il sangue di Gesù Cristo, nascosto sotto le specie del vino [...] e chiamiamo il sangue del Signore "mistero di fede", anche perché la ragione umana trova molta difficoltà e grande fatica ad ammettere quel che le propone la fede: che cioè NSGC, vero figlio di Dio, vero Dio e vero uomo, abbia per noi sofferto la morte, la quale viene appunto significata dal sacramento del sangue..." (ivi, pp. 260-261).
Qui ci sono difficili verità di origine sovrannaturale ma non certo enigmi, quanto al loro significato.

SEcondo la millenaria tradizione liturgica quindi il mistero di fede è nella sua essenza connesso alla Croce, al Sacrificio di NSGC per ottenerci il perdono per i nostri peccati confessati e per espiare l'ira divina nei confronti del mondo, sempre prono alla ribellione e al peccato. Secondariamente, è connesso all'esaltazione della Gloria di Dio (banchetto di lode). E ancor più secondariamente a celebrare l'unità dei credenti in Cristo (quando alla Messa VO faccio la comunione mi sento sopraffatto da questo grande ed inaudito mistero salvifico del Signore dentro di me e nella mia mente e l'esser io nella comunità dei fedeli scompare del tutto - questo è un elemento artificiosamente gonfiato appunto dalle riforme conciliari e dal NO).

Inoltre, come notavano i cardd. Bacci e Ottaviani nel lor famoso saggio demolitore del NO, il "mistero della fede" spostato come acclamazione del popolo "subito dopo la Consacrazione ("Mortem tuam annuntiamus, Domine, etc. donec venias) introduce, travestita di escatologismo, l'ennesima ambiguità sulla Presenza Reale. Si proclama, senza soluzione di continuità, l'attesa della venuta seconda del Cristo alla fine dei tempi proprio nel momento in cui egli è sostanzialmente presente sull'altare: quasi che quella, e non questa, fosse la vera venuta" (Breve esame critico etc, fine parte IV, opusc. a cura di sìsìnono, p. 24).
E difatti gradualmente la Messa è diventata sempre più la celebrazione collettiva (interconessionale, ecumenica ed ora persino "inclusiva") della Resurrezione del Signore. Lo scandalo non fa che aumentare...
Teofilo -

Anonimo ha detto...

Questo improvviso attacco a mons. Lefebvre sembra ben orchestrato e organizzato, ora ci mancava solo don Morselli che vuole piange per la fsspx. La verità è che mons. Lefebvre non li fa dormire la notte, perché è stato ciò che loro non sono: un pastore coraggioso, forte, virile, vero. Un uomo che, a differenza di loro, non ebbe paura del lupo e non fuggì.

Anonimo ha detto...


Postilla sulle critiche profetiche dei cardinali Bacci e Ottaviani, tra i migliori della Chiesa del tempo per dottrina e dirittura.

Da notare che essi criticavano le gravi deviazioni contenute nella Institutio del Messale Romano Novus Ordo, 1969, testo nel quale si ha ancora il "pro multis". Ottennero solo la modifica di qualche punto. Il nuovo impianto della Messa rimase inalterato.
Ora, essi insistettero anche sul fatto che nel Novus Ordo sembrava prevalere il modo narrativo nella Consacrazione, come se le formule consacratorie ora pronunciate costituissero appunto una narrazione storica e non fossero più enunciate come esprimenti un giudizio categorico e affermativo proferito da Colui nella cui persona il sacerdote agisce.
In nota aggiungevano: "Le parole della Consacrazione, quali sono inserite nel contesto del Novus Ordo, possono essere valide in virtù dell'intenzione del ministro. Possono non esserlo perché non lo sono più ex vi verborum [per la forza intrinseca delle parole] o più precisamente in virtù del modus significandi che avevano finora nella Messa. I sacerdoti che, in un prossimo avvenire, non avranno ricevuto la formazione tradizionale e che si affideranno al Novus Ordo al fine di 'fare ciò che fa la Chiesa', consacreranno validamente? È lecito dubitarne".
MEDITATE SU QUESTE PAROLE, CRITICI DI MONS. LEFEBVRE!!

E dicevano questo i due cardinali prima che il "per molti" diventasse "per tutti", in particolare ad opera di GP II, con la sua errata interpretazione dell'invocazione all'unità dei credenti contenuta nella Preghiera di Gesù al Padre, invocazione che secondo quel papa doveva applicarsi a tutti i cristiani, senza bisogno di conversione per eretici e scismatici (Gv 17 cit.).
Questa falsa nozione di unità si è estesa sino a ricomprendere tutta l'umanità, che dev'essere accettata nella Chiesa "così com'è" (papa Francesco), nessuno escluso, quindi senza convertirsi: il rovesciamento appunto della predicazione di Cristo, del senso stesso della Chiesa e dell'etica cristiana nel loro opposto, una visione nichilista figlia del Male Assoluto.

Teofilo

Gederson Falcometa ha detto...

Qualcuno sa dove se può trovare nell'internet la Conferenza di Mons. Lefebvre la Messa di Lutero? Forse, Teófilo, poteva fare un commento alla conferenza...

Anonimo ha detto...

La conferenza e l'omilia pronunciate a Firenze sono state stampate dalle Edizioni Piane, in un libretto intitolato "La Messa di Lutero", pagg. 23, euro 5.

Orsola Nemi ha detto...

Su Centro Studi Federici:

Orsola Nemi e l'amore per la Messa Romana;

un interessante articolo della scrittrice e traduttrice Orsola Nemi comparso su "Il Borghese", per la rubrica da lei curata "Taccuino di una donna timida", il 2 novembre 1969.

Fael ha detto...

Prova a vedere a questo link se è quello che cerchi?
http://www.unavox.it/Documenti/Doc0969_Conferenza_Lefebvre_15.02.1975.html

Catholicus ha detto...

A proposito dei ripetuti attacchi de La Nuova Bussola Quotidiana a Mons. Lévèbvre ed alla FSSPX, segnalo un edificante editoriale del portale cattolico Corsia dei Servi :
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV5272_Corsia_dei_servi_Attacco_alla_Tradizione.html
…quando si dice falsi siti tradizionalisti, quinte colonne che portano acqua al mulino dei globalisti, mondialisti e satanisti del NWO : mica cercano di “vedere il filo conduttore dello smantellamento dell’insegnamento cattolico che unisce tutti i papi conciliari”, come giustamente recita l’editoriale in parola, no, si accaniscono e si intestardiscono a vedere la pagliuzza nell’occhio dei levebriani, negando tacitamente di vedere la trave nell’occhio dei bergogliani e dei loro predecessori, fino a Roncalli (preferisco risalire al “papa buono”, anziché fermarmi a “Paolo il mesto”, tanto per usare degli epiteti coniati a suo tempo con riferimento ai papi concicliari)

Anonimo ha detto...

INFALLIBILITA' DEL PAPA: VEDIAMO DI CHIARIRCI
Mi rendo conto che molti parlano dell'infallibilità papale senza sapere esattamente di cosa si tratta.
Come prima cosa, bisogna chiarire che quello dell'infallibilità papale è un principio relativamente recente, istituito nel 1870 dalla cosiddetta costituzione dogmatica Pastor Aeternus, rifacendosi ad alcuni passi del Vangelo. Tale infallibilità non è estesa ad ogni dichiarazione del Papa ma è rivolta, soltanto ed esclusivamente, quando parla ex cathedra, ossia quando, in una particolare forma e solennità, si esprime in merito alla dottrina e dunque ai dogmi fondanti della Chiesa.
Per tutto il resto, un Papa può dire cose discutibili che sono contestabilissime. Le dichiarazioni rilasciate in interviste più o meno improvvisate o in qualche omelia, non rientrano nell'infallibilità.
Si tenga, inoltre, presente che il concetto di "infallibilità papale" non è stato contestato soltanto (ovviamente) dalle altre confessioni di derivazione cristiana, come moltissimi sostengono, ma è stato messo in discussione persino da teologi di chiara fede cattolica, nonché da figure eminenti del clero. E non mi riferisco certo soltanto a Lefebvre che, come è noto, entrò in ruvida e decisa polemica con Giovanni Paolo II fino ad essere, da questi, scomunicato.
C'è poi un altro punto: un fedele non smette di essere una persona senziente e ragionante solo perché fedele. Se si ha la sensazione che Papa Francesco, col suo agire, allontani i fedeli che rispettano la dottrina (e che ormai non si riconoscono più in lui) per acquisire nuovi fedeli attratti da una visione liberale della fede (che peraltro Papa Francesco, ex cathedra, non ha mai avallato) è inevitabile che questo produca delle reazioni.
Inoltre, anche le affermazioni ex cathedra, per poter rientrare nel dogma dell'infallibilità, devono possedere questi requisiti: conformità all'insegnamento biblico, essere sostenute da una lunga tradizione, essere ritenute vere da gran parte dei credenti (sensum fidei), ed essere discusse e confermate dal sinodo dei vescovi.
Il Papa, per fare una metafora calcistica che disturberà qualcuno, non è che un centravanti che raccoglie gli assist di una squadra e fa gol. Non è il potere assoluto che molti sostengono ed anzi, persino il Vaticano, unico caso di monarchia assoluta ma elettiva del mondo, ha i suoi pesi e contrappesi. Anche in termini di dottrina.

Anonimo ha detto...

Benedetto XVI equiparava i due riti con il pretesto della continuità dottrinale anche dopo il Concilio V2. L'esperienza dà ragione a mons. Lefebvre. Il Novus ordo esprime una diversa teologia e proviene direttamente dal documento conciliare sulla liturgia promulgato nel 1963. La Chiesa (quella con la C maiuscola) metterà le cose a posto, quando Cristo vorrà.

Anonimo ha detto...

La questione infallibilità ad intervalli suona come questione di lana caprina, san Paolo non la pensava così, lettera Galati su chi è scomunicato- anatema , e poi suo rimprovero diretto all'interessato che subito è cambiato.

Anonimo ha detto...

Mons. Lefebvre non ha contestato il dogma dell'infallibilità in quanto tale, ma l'estensione di esso a tutto il magistero ordinario, cosa non contenuta nella formulazione dogmatica del Vaticano I, come può constatare chiunque.
Aveva totalmente ragione.
Del resto, se così non fosse, ci si troverebbe difronte al dilemma tra una sequela di Papi eretici o una sequela di antipapi (sedevacantismo).
Non se ne viene fuori nemmeno con la categoria del Papa cattivo, spesso utilizzata dal pur,per molti versi, apprezzabile don Curzio Nitoglia.
Antonio

Anonimo ha detto...

L 'intervento di anonimo delle 13: 35 non solo non fa chiarezza, ma intorbida le acque. Mi chiedo se sia cattolico o no. Dunque, vediamo. Punto uno: a che pro dire che fino alla sua definizione solenne l'infallibilità papale non era dogma? Una Verità è una verità, lo era prima e dopo; prima non essendo definita qualcuno poteva lecitamente dubitarne , ma era comunque una verita. Punto due: è vero che l'infaibilita non si estende a qualunque esternazione. Prima di tutto vediamo la materia: deve riguardare la fede e la morale. Poi, deve essere ex cattedrale, cioè deve risultare evidente che il Papa parla da Papa per insegnare una dottrina a tutto l'orbe cattolico , una dottrina a cui ogni cattolico deve obbligatoriamente aderire se vuol dirsi tale. .ma non è affatto vero che occorra una forma o solennità particolari, anche una enciclica può essere infallibile se ci sono i requisiti di cui sopra. Punto tre: l'anonimo dimentica l 'infallibilità del .agisteto ordinario, anch'essa dogma. Punto

Anonimo ha detto...

Non so perché la risposta ad anonimo 13:35 mi è partita prima che la finissi, ricomincio da capo sperando che non sia un doppione. Mi pare che invece di chiarire si intorbidino le acque . Vediamo. Punto uno: a che pro dire che fino alla sua definizione l'infallibilità papale non era dogma? È ovvio, come per gli altri dogmi, ciò non toglie che una verità è sempre tale, quindi l'infallibilità c'era già non essendo definita qualcuno poteva dubitarne. Ora no. Punto due; dimentica il requisito della materia, che deve riguardare la fede o la morte. Punto tre: non è vero che occorra una forma particolarmente solenne per il pronunciamento ex cathedra. Potrebbe valere anche una enciclica, basta che si desuma dal documento che il Papa parla da Papa, non da dottore privato, cioè esprima una verità di fede o di morale che deve essere creduta da tutti i cattolici del mondo, sotto pena di non essere più tali. Punto quattro: viene taciuta l'infaibilita del magistero ordinario,dogma. Punto cinque: non basta la " sensazione" che qualcosa non vada , e reagire, questo basarsi sulle sensazioni, i bisogni, il sentimento ecc è tipico della mentalità modernista. Occorre studio umile e serio. Punto sei: non si capisce, e l errore è comune, che secondo la dottrina cattolica il Papa e5 la Regola prossima della fede, quindi la Sacra Scrittura è lui che l'intrrpreta e la insegna,

Anonimo ha detto...

Il testo latino va letto tenendo presente il background semitico degli autori sacri, per cui il nostro "molti" significa l'apocalittica "moltitudine che nessuno può contare". Trattandosi poi di un'espressione attribuita a Gesù stesso, non può esservi dubbio che la salvezza ottenuta con la Croce è universale nell'intenzione. Va detto poi che le deviazioni teilhardiane e degli attuali epigoni certo non si appoggiano alla formula consacratoria sul vino, anche nella versione che ammette il tutti. Nel loro misticismo immanentistico ecosofico prescindono quasi totalmente dell'efficacia redentiva del sacrificio di Cristo. È un fatto evidentissimo di questo decennio: i dati teologicamente più eversivi non fanno riferimento (se non retorico) al dettato conciliare e alle riforme consecutive. Quanto allo spostamento del misterioso "mysterium fidei", è certo da lamentare e condannare, perché indice di scarso rispetto del testo ereditato da 1500 anni circa di tradizione. Ma non inficia certo l'efficacia ripresentativa (la validità) del rito.

Murmex ha detto...

Punto sette: affermazioni false, non so se definirle eresia ma direi di sì: che occorra il consenso dei fedeli( il sensus fidei non c'entra niente) ,e che occorra la ratifica di un sinodo dei vescovi... ma quando mai?!!! Infine: ci sono senz'altro in Vaticano pesi e contrappesi, ma non per quanto riguarda la dottrina, che è una e una sola, risale a Gesù Cristo, è eterna e non soggetta a giochini politici. Caro anonimo, posto che non sia un infiltrato, è un confusionario che non conosce le basi del Catechismo.

Murmex ha detto...

anonimo delle 20: 15, presumo che lei sia il confuso anonimo delle 13: 35, cui ho risposto sull'infallibilita' papale. Intanto: il "pro multis" non è espressione"attribuita" a Gesù Cristo, ma " DI" Gesù Cristo. E sarà, certamente, una moltitudine enorme, ma ciò non vuol dire "tutti" . Poi, lasciando da parte le derive teologiche odierne, ora si sta parlando di Liturgia, possiamo effettivamente chiederci se uno stravolgimento dottrinale, che nega la necessità della nostra adesione a Gesù Cristo per la nostra salvezza, non infici la validità del rito. Poi ci sono anche altri punti, considerati nel breve esame critico, e altri che gli ullustri redattori e presentatori ancora non potevano conoscere.

Anonimo ha detto...


Ancora sullo spostamento del Mysterium fidei nella Messa NO

Il carattere anomalo della cosa fu subito rilevato, come si è visto, dai cardinali Bacci e Ottaviani. Ma nell'ambito dei difensori della Tradizione della Chiesa, la cosa non passò inosservata, anche se il loro discorso non riusciva a raggiungere il grande pubblico.

"In realtà l'aggiunta di parole non essenziali per la transustanziazione - in particolare quel "Prendete e mangiatene tutti", che nel Messale tradizionale è chiaramente separato dalle parole della Consacrazione sia per il carattere diverso, sia per via del punto fermo che lo segue - accentua l'idea della Consacrazione come memoriale narrativo e non invece come un vero e proprio sacrificio.
Anche l'eliminazione delle parole Mysterium fidei è quantomeno singolare. S. Tommaso afferma che queste parole risalgono alla Tradizione apostolica [in nota: Summa Theologiae, III, q. LXXVIII, a. 3, ad 9]. La loro collocazione nella formula di Consacrazione è dunque quanto mai autorevole e pone un'enfasi mirabile sul valore salvifico immenso di ogni singola Messa; ciò dimostra come mai nessuno abbia mai avuto la fantasia di levarle a lì; nessuno ovviamente prima di Bugnini, il quale dà la seguente giustificazione dell'eliminazione di questa espressione: "Non è biblica; si trova solo nel canone romano; è d'origine e di significato incerti [...]; interrompe la frase e ne rende difficile il senso e la traduzione"!" [in nota: A. Bugnini, La riforma liturgica, passim].
Citazione dall'opera di LUISELLA SCROSATI, 'Conferenze sulla Santa Messa', Edizioni Ichthys, Albano, collana Contemplata aliis tradere,n. 11, 2007 p. 82. Volume di 102 pagine che raccoglie sei belle conferenze della dr.ssa SCrosati tenute nell'ambito delle attività culturali della FSSPX, alle quali era al tempo assidua.
Si noterà il carattere artificioso e falso delle argomentazioni di Bugnini contro il Mysterium fidei, con il suo jargon tipicamente modernista.
Nella Prefazione al volumetto, l'Autrice scriveva: "Le conferenze che seguono mostreranno che l'opera di "riforma" del Novus Ordo è ben distante dallo sviluppo liturgico dei secoli precedenti, che ha condotto al cosiddetto Messale Tridentino; anzi essa non trova precedenti se non nei movimenti ereticali. Forse i tempi non sono ancora maturi per ammettere che la riforma liturgica seguita al Concilio è stata un fallimento su tutta la linea; ma il tempo è galantuomo e non mancherà di far prevalere la verità" (op. cit., p. 4).
[a cura di Teofilo]

Anonimo ha detto...


# Anonimo 20:15

Ciò che può inficiare la validità del rito non è lo spostamento del "mistero della fede" bensì l'uso del "per tutti", per le ragioni spiegate sopra. Tale uso, diceva la Lettera fatta mandare da Benedetto XVI ai vescovi al fine di tornare al per molti, induce a ritenere la salvezza in modo "meccanico", cioè senza il nostro contributo individuale, ossia a ritenerla già data a tutti: errore gravissimo, come se l'intenzione divina di salvare tutti significasse che tutti sono già salvi, il che non può essere; errore che distrugge in radice il cattolicesimo (aggiungiamo noi) e certamente non corrisponde alle intenzioni della Chiesa di sempre.

Tuttavia lo spostamento del mistero della fede non è indolore: introduce una forte connotazione escatologica, assente nella Tradizione della Messa latina, che contribuisce a mutare il significato della Messa, come notavano Bacci e Ottaviani: cosa di per sé molto grave. Non per nulla la Messa è oggi intesa da molti, ecclesiastici e laici, come un banchetto di gioia collettivo nel quale si fa memoria soprattutto della Resurrezione del Signore.
Una visione del tutto sconnessa ed anche illogica, a ben vedere.

Circa il supposto senso semitico del "per molti" che indicherebbe la moltitudine infinita dei tutti, ricordiamoci che quando Gesù ci ammonisce che la "via larga" è quella che porta alla dannazione, non dice forse che sono "molti" quelli che la percorrono? Ho citato a memoria, ma comunque, se "molti" si perderanno, è corretto l'uso del "per molti" da parte della Tradizione, che esclude il "per tutti".
Teofilo

Anonimo ha detto...


Ancora sullo spostamento del Mysterium fidei nella Messa NO

Il carattere anomalo della cosa fu subito rilevato, come si è visto, dai cardinali Bacci e Ottaviani. Ma nell'ambito dei difensori della Tradizione della Chiesa, la cosa non passò inosservata, anche se il loro discorso non riusciva a raggiungere il grande pubblico.

"In realtà l'aggiunta di parole non essenziali per la transustanziazione - in particolare quel "Prendete e mangiatene tutti", che nel Messale tradizionale è chiaramente separato dalle parole della Consacrazione sia per il carattere diverso, sia per via del punto fermo che lo segue - accentua l'idea della Consacrazione come memoriale narrativo e non invece come un vero e proprio sacrificio.
Anche l'eliminazione delle parole Mysterium fidei è quantomeno singolare. S. Tommaso afferma che queste parole risalgono alla Tradizione apostolica [in nota: Summa Theologiae, III, q. LXXVIII, a. 3, ad 9]. La loro collocazione nella formula di Consacrazione è dunque quanto mai autorevole e pone un'enfasi mirabile sul valore salvifico immenso di ogni singola Messa; ciò dimostra come mai nessuno abbia mai avuto la fantasia di levarle a lì; nessuno ovviamente prima di Bugnini, il quale dà la seguente giustificazione dell'eliminazione di questa espressione: "Non è biblica; si trova solo nel canone romano; è d'origine e di significato incerti [...]; interrompe la frase e ne rende difficile il senso e la traduzione"!" [in nota: A. Bugnini, La riforma liturgica, passim].
Citazione dall'opera di LUISELLA SCROSATI, 'Conferenze sulla Santa Messa', Edizioni Ichthys, Albano, collana Contemplata aliis tradere,n. 11, 2007 p. 82. Volume di 102 pagine che raccoglie sei belle conferenze della dr.ssa SCrosati tenute nell'ambito delle attività culturali della FSSPX, alle quali era al tempo assidua.
Si noterà il carattere artificioso e falso delle argomentazioni di Bugnini contro il Mysterium fidei, con il suo jargon tipicamente modernista.
Nella Prefazione al volumetto, l'Autrice scriveva: "Le conferenze che seguono mostreranno che l'opera di "riforma" del Novus Ordo è ben distante dallo sviluppo liturgico dei secoli precedenti, che ha condotto al cosiddetto Messale Tridentino; anzi essa non trova precedenti se non nei movimenti ereticali. Forse i tempi non sono ancora maturi per ammettere che la riforma liturgica seguita al Concilio è stata un fallimento su tutta la linea; ma il tempo è galantuomo e non mancherà di far prevalere la verità" (op. cit., p. 4).
[a cura di Teofilo]

Anonimo ha detto...

Posso chiedere a Teofilo e a chiunque voglia intervenire, perché la Fsspx non usa il Messale pre-Bugnini cioè quello di San Pio X del 1951? Preciso ulteriormente: perché non lo usa oggi non nella seconda metà degli anni '80. Una interessante discussione si trova nell'Appendice al vol. di Padre Cekada sulla Messa di Bugnini, intitolata "Quale Messale dovrebbe essere usato: quello del 1951, del 1958 o del 1962?"
Il libro è Frutto del lavoro dell'uomo, una critica alla messa di Paolo VI, centro librario Sodalitium 2019. L'Appendice citata comincia a pag. 383.

Gederson Falcometa ha detto...

Fael, grazie.

Anonimo ha detto...

Conosco il volume, è molto bello. È stato pubblicato pure in lingua francese per le Éditions Via Romana, col titolo La messe de Paul VI en question.

Anonimo ha detto...

Quale Messale?

Anche il Messale del 1962 è "pre-Bugnini". I cambiamenti apportativi da Giovanni XXIII furono minimi e ininfluenti.
Credo che il più grosso sia stato quello di introdurre il nome di S. Giuseppe nel Canone, cosa che destò forte emozione perché il Canone non veniva modificato dai tempi di S. Gregorio Magno, se non erro.

Anonimo ha detto...


Riflessioni sparse sul dogma dell'infallibilità, che resta sempre difficile interpretare bene.

Un effetto negativo non voluto certamente della sua proclamazione è consistito nel diffondersi dell'infallibilismo, cosiddetto, ossia dell'errore di ritenere il papa infallibile in tutto ciò che fa e che dice, senza distinguere la natura, la qualità intrinseca dei suoi atti.
Ma a parte questo.
Il papa è o no un sovrano assoluto? Lo è e tuttavia la sua infallibilità è limitata alle verità di fede. E diciamo subito che è sempre esistita, di fatto: è esistita dal momento in cui il successore di PIetro è sempre più apparso il vero difensore della fede. Non si dice da secoli: Roma locuta, causa finita?
Quando nel 451 si fece il Concilio di Calcedonia, che condannò tutte le eresie cristologiche circolanti, papa Leone Magno inviò al Concilio la sua famosa lettera sul modo corretto di intendere la cristologia (tomus Leonis): il suo scritto fu acclamato all'unanimità, tutti i vescovi - e mi sembra fossero in maggioranza orientali - gridarono : Questa è la voce di Pietro!
Il prestigio superiore del papa era di natura ed origine puramente religiose. DA quando Costantino imperatore aveva fondato Costantinopoli l'11 maggio 330, per motivi militari ed economici (l'Oriente era la parte più ricca dell'impero ed era attaccato non solo dai barbari sul fronte danubiano ma anche dai persiani in Anatolia e Medio Oriente), da allora divenne irreversibile la decadenza politico-militare di Roma e dell'Occidente. Nel 455 lo stesso san Leone si trovò di fronte i Vandali eretici che venivano a saccheggiare una Roma semideserta e disarmata: quel Papa riuscì comunque a salvare la città, limitando i danni.
Insomma, il prestigio di Pietro in tutto l'orbe cattolico non dipese dal fatto di trovarsi egli inizialmente nella capitale dell'impero e nemmeno di esser la sua sede quella di S. Pietro e Paolo. Dipese soprattutto dalla retta visione dottrinale, della quale il papa apparve l'autentico custode, evidentemente ispirato dallo Spirito Santo.
Assoluto il Papa come sovrano poiché esercita da solo i tre classici poteri (esecutivo, legislativo, giudiziario) senza che nessuna istanza superiore possa censurarne l'azione. Inoltre, potendo definire una verità di fede come dogma, possiamo dire che abbia un potere che sembra assoluto anche in campo religioso, anche se questo potere è intrinsecamente limitato dal Deposito della Fede, che il papa deve custodire e non può violare.
E qui torna in ballo la questione della giudicabilità del papa "si a fide devius", questione che non si riesce a risolvere per la paura (credo) di cadere nell'eresia conciliarista o semi-conciliarista o quant'altro.
E così si assiste passivamente, limitandosi a critiche che restano periferiche, all'azione perversa di papa Francesco, volta a demolire con feroce determinazione sia la dottrina che la morale cristiana.
Di fronte all'errore giudaizzante di Pietro, san Paolo non si limitò al mugugno, affrontò Pietro e glielo disse in faccia, che sbagliava.
Lasciando perdere la spinosa questione della giudicabilità formale del papa, i prelati di alto rango che cercano di difendere la Fede dovrebbero perlomeno agire come S. Paolo ad Antiochia.

Anonimo ha detto...


Magistero straordinario ed ordinario: la medesima infallibilità?

Sì ma non per la forma. L'infallibilità del magistero straordinario è quella di una pronuncia dogmatica di un Concilio Ecumenico o (dopo il Vaticano I) del Papa uti singulus. Essa concerne la fede e i costumi (non la politica p.e., tant'è vero che Pio IX, nonostante fosse stato depredato di quasi tutto lo Stato, si rifiutò di far dichiarare dogma di fede l'esistenza del potere temporale, durante il Vaticano I).
L'infallibilità del magistero straordinario si attua quindi in un singolo atto determinato, che vale come sentenza assoluta e definitiva su una determinata questione, sentenza che tutti i credenti devono accettare, per la salvezza della loro anima. Una definizione dogmatica ufficiale, da farsi secondo una determinata terminologia che la renda esplicita ed evidente a tutti i fedeli, deve considerarsi irreformabile ex sese, come si espresse il Vaticano I, anche quando proviene dal papa uti singulus.
L'infallibilità del magistero ordinario risulta invece dalla consuetudine secolare di ritenere quali verità di fede e quindi immutabili determinate prassi o norme, da parte di tutti i vescovi sparsi sulla terra, sempre in unione spirituale con il papa, ovvio.
Così l'opinione, oggi ferocemente attaccata, secondo la quale le donne non possono esser elevate al sacerdozio: da esso le escluse il Signore in persona e la Chiesa lo ha sempre seguito in questa consuetudine. Tale esclusione, i cui motivi sembrano ovvi, deve pertanto ritenersi irreformabile, parte del dogma della fede, per cui il credente che la neghi cade in peccato mortale.
Quando GP II intervenne sulla questione ribadendo l'esclusione delle donne dal sacerdozio con terminologia da definizone dogmatica vera e propria, l'allora prefetto della Congr. per la Dottrina della Fede, il cardinale Ratzinger, si precipitò a dire che non c'era bisogno di definizione dogmatica (come sembrava, dal tono) perché tale esclusione già apparteneva da secoli all'infallibilità del magistero ordinario.
Fece bene o fece male l'allora Prefetto ad evitare una definizione dogmatica vera e propria? Ai posteri l'ardua sentenza...
Con la "consacrazione delle donne al diaconato" ventilata per il prossimo, torbido Sinodo dei Sinodi, si attenta dunque anche a questo dogma di fede, stabilito da sempre nel magistero ordinario.

Murmex ha detto...

Quanto all'episodio di Antiochia, è stato sviscerato più volte. Pietro non insegno 'errore dottrinale, come nessun altro successore. Sbaglio nella prassi, e Paolo lo rimproverò, perché questo avrebbe potuto far credere che egli aderisse all'errore dei giudaizzanti, che Pietro condannava.

Anonimo ha detto...


# Sull'errore di Pietro rimproverato ad Antiochia.

Il fingersi Giudeo con i Giudei, praticando con loro il loro formalismo rituale, non era un errore solo di "prassi".
Per gli ebrei il rito aveva profonde connessioni con il dogma.
In ogni caso, era una piccola imperfezione che sarebbe diventata una voragine, senza l'intervento risolutore di san Paolo.

Parlando dei "giudaizzanti" san Paolo non li chiama forse "falsi fratelli intrusi"?
Galati, 2: "E tuttavia Tito, che era con me, pur essendo greco non fu costretto a farsi circoncidere. Così si è agito per non darla vinta a quei falsi fratelli intrusi, che furtivamente si erano introdotti fra di noi per spiare la nostra libertà, che godiamo in G. Cristo, allo scopo di ridurci di nuovo in servitù. A costoro noi non cedemmo assentendo nemmeno per un istante, al fine di salvaguardare per voi tutta intiera la verità del Vangelo" (ivi, 3-5).
Le gravi implicazioni dottrinali dell'errore "pratico" di Pietro sono qui delineate chiaramente: continuando ad osservare i riti giudaici della purità legale si manteneva in valore il legalismo giudaico anche per il nascente cristianesimo, che ne sarebbe stato assorbito. Bisognava rompere radicalmente con la Sinagoga, lo richiedeva il dogma della fede.
A maggior ragione si dovrebbe affrontare a viso aperto papa Francesco, che oggi addirittura predica contro le verità dell'etica cristiana.

Anonimo ha detto...


# Nessun papa ha mai insegnato l'errore dottrinale

Affermazione incauta. Vedi la complicità di alcuni papi ai tempi dell'errore ariano e monotelita; il tentativo di Giovanni XXII di innovare in maniera eterodossa; tutti gli errori e ambiguità professati dai papi conciliari, a cominciare dall'ecumenismo, con il far credere pe.e. che l'Abramo dei musulmani sia lo stesso nel quale crediamo noi, sulla base della Bibbia.

Anonimo ha detto...


# E non solo l'errore circa l'identica fede in Abramo che accomunerebbe le tre grandi religioni monoteistiche...

Lo "spirito di Assisi", della giornata di preghiera interreligiosa di Assisi, dell'ott 1986, più volte ripetuta altrove, non è cattolico, viola il Primo Comandamento. Documentarsi, leggere le analisi dello scomparso teologo tedesco, prof. Doermann, che non era né "tradizionalista" né "lefebvriano". Esistono trauduzioni in francese ed italiano, fatte fare a suo tempo a cura della FSSPX, pochissimo diffuse.
"Le religioni oggi devono lavorare per l'unità della famiglia umana, a questo scopo fondamentale è la preghiera in comune, conservando ognuno la sua fede. Unità della famiglia umana per realizzare la pace nel mondo". Questo in sintesi il programma di GPII, continuato dai suoi successori e già presente nei predecessori.
La "preghiera autentica" conterrebbe, in ogni religione, il "germe dell'unità del genere umano" e quindi della "pace nel mondo". Commentava Doermann, nel mio riassunto : "La concezione espressa qui da GPII è stupefacente. Del tutto irreale,ignora la vera natura delle altre religioni. In breve: -ogni religione ha una sua visione differente del senso della preghiera; -inoltre,ha la sua visione particolare della fede; -la nozione di Dio è diversa nella varie religioni, molte non riconoscono un Dio personale come quello cristiano (p.e. il Buddismo, la cui via per la redenzione è in realtà una 'autoilluminazione' che conduce ad una sorta di 'annientamento' (jhaana o nirvana); -l'ideale dell'unità del genere umano è politico e di tipo massonico.
Per GPII lo Spirito Santo albergherebbe nel cuore di ogni uomo in quanto tale (ma questo è contro il Vangelo) e si rivelerebbe nella "preghiera autentica" rivolta all'unico Dio (che allora non è più da definirsi trinitario?).
Mi fermo qui. Le analisi di Doermann, che andrebbero ripubblicate da un editore di livello nazionale, dimostrano in modo inequivocabile i mostruosi errori nella fede di GPII, la sua teologia personalissima, veramente pessima, per questo aspetto. Ha difeso sì l'etica cristiana, comunque aggiornata al Concilio, ma per il resto? L'attuale sta demolendo anche l'etica cristiana e il sacerdozio, la Chiesa nella sua totalità. Ce ne stupiamo? Si doveva giungere al punto di non ritorno.

Adesso, quando i buoi sono scappati da tempo, giornali come la Bussola Q organizzano assieme ad altri un convegno contro l'incombente Sinodo dei Sinodi. Giusto, giustissimo. Ma continuano a chiamare GP II "SAnto", titolo improprio, come se fosse stato un vero difensore della fede, teologicamente illibato, a citarlo quale campione dell'ortodossia cattolica.
Vanno a cercare il bruscolino di un inesistente scisma nell'occhio della FSSPX e non vedono la trave nell'occhio di falsi santi come GP II che hanno potentemente contribuito, con i loro errori, ad affossare la Chiesa visibile.
Teofilo