Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 5 giugno 2023

I seminari della «terza via»: fallimento riconosciuto e fallimento annunciato

Grazie a Res Novae, torniamo a parlare del problema dei seminari. Precedenti qui - qui.
I seminari della «terza via»:
fallimento riconosciuto e fallimento annunciato


In uno studio condotto sui sacerdoti della generazione Giovanni Paolo II, la ricercatrice Céline Béraud rileva il paradosso di questi preti, che, allo stesso tempo, evidenziano un’ambizione estremamente moderna di trovare la propria realizzazione nell’esercizio del sacerdozio e quella invece di ripristinare l’ideale sacerdotale tridentino[1].

La pubblicazione di questo studio risale al 2006 ed è il frutto di un’indagine condotta dall’autrice tra i preti delle diocesi di Parigi e di Valenza, ordinati da meno di dieci anni e di età «non superiore ai 40». Anche se il sacerdozio è stato particolarmente attaccato negli ultimi anni, soprattutto a seguito degli scandali per abusi sessuali ed a seguito del Rapporto della Commissione Sauvé, ci si può scommettere che la realtà non è stata profondamente modificata, salvo il fatto di doverla rafforzare ulteriormente sul fronte «neo-tridentino» dei preti detti, loro, della «generazione Benedetto XVI».

Se Céline Béraud compie un’osservazione interessante e pone in luce aspetti «tipici» dei sacerdoti degli Anni 2000, affronta poco invece la questione relativa alla loro formazione ed, in particolare, relativa agli ambienti di istruzione sacerdotale, come se appartenessero ad una sorta di generazione spontanea, nata unicamente dall’ammirazione verso Giovanni Paolo II e dal carisma personale che il papa polacco ha esercitato nel corso del suo lungo pontificato.

Tuttavia, alcuni seminari hanno cercato di incarnare questa sorta di «terza via», consistita nel voler coniugare una certa modernità con l’ideale sacerdotale evidenziato dal concilio di Trento e dai grandi apostoli della Controriforma. Senza pretendere di proporre uno studio esaustivo, vorremmo provare qui a fornire qualche esempio di questi seminari della «terza via».

Precisiamo subito che con «terza via», termine poco soddisfacente ma se non altro utile, intendiamo definire questo tentativo generale, incarnato da Giovanni Paolo II e dai vescovi da lui nominati (in Francia, in primo luogo, dal cardinale Jean-Marie Lustiger, arcivescovo di Parigi) di trovare una via media, adagiata su di un’interpretazione del Vaticano II nella linea del «né, né»: né rifiuto del Concilio, né passi in avanti troppo spinti.

A questo proposito, non citeremo qui Ecône e gli altri seminari della Fraternità San Pio X, né quelli delle comunità Ecclesia Dei, né inoltre la formazione sacerdotale ricevuta dai sacerdoti delle comunità religiose, essendo tutto ciò in qualche modo fuori tema, pur avendo un peso importante nello stimolare l’istituzione dei centri di formazione della «terza via».

I seminari della «terza via» riposti nel cammino comune
Paray-le-Monial – Fin dal 1969, una delle prime iniziative a veder la luce fu quella del superiore dei cappellani di Paray-le-Monial, nella diocesi di Autun, Padre Jean Ladame, specialista in apparizioni del Sacro Cuore. Quest’uomo, considerato a Roma come pio e fedele, all’epoca riunì alcuni ragazzi desiderosi di prepararsi al sacerdozio al di fuori delle strutture diocesane, colpite in pieno dal vento della rivoluzione conciliare. Non v’era in Padre Ladame il rifiuto del Concilio o della nuova messa, v’era invece la preoccupazione di evitare la rottura con tutto il passato della Chiesa. Propose un anno di spiritualità o di propedeutica in applicazione del decreto conciliare Optatam totius sulla formazione dei preti (n. 12).

L’iniziativa di Padre Ladame venne più tollerata che incoraggiata. Nel 1974 è stata ripresa in mano da Padre Guy Bagnard, che ne promosse un primo ciclo, integrando, non senza difficoltà e critiche, il seminario di Paray-le-Monial nella vita della Chiesa di Francia. I seminaristi, che seguivano la prima parte dei loro studi a Paray-le-Monial, venivano poi inviati per il secondo ciclo nei seminari delle proprie diocesi, il più delle volte peraltro all’interno di seminari interdiocesani o presso il seminario francese di Roma. Avendo ricevuto una formazione classica, improntata per lo più alla Scuola francese di spiritualità, sensibile alla liturgia nuova celebrata con rispetto, i giovani seminaristi provenienti da Paray-le-Monial dovevano poi integrarsi o esser integrati obbligatoriamente ad una formazione legata alla «pastorale» della propria diocesi. Il risultato non è stato sempre convincente. Alcuni si sono ritirati presso comunità religiose, altri sono stati allontanati, anche dopo il diaconato, mentre altri ancora, molto semplicemente, hanno reso le armi e sono tornati alla vita laicale.

Parigi – A Parigi, nel 1984, il cardinal Lustiger, in carica dal 1981, ha ripreso in mano la formazione dei suoi seminaristi. Ha avviato una strategia di aggiramento della formazione impartita presso il seminario d’Issy-les-Moulineaux così come presso il seminario di Carmes (Istituto Cattolico di Parigi). Piuttosto d’opporsi frontalmente a queste istituzioni, egli ha ampliato l’offerta e privilegiato la nuova struttura, che stava realizzando.

Al tradizionale seminario unico, che riunisce i candidati al sacerdozio e l’équipe di professori fissi, egli ha preferito la creazione di piccole case. Ha istituito la Casa Sant’Agostino, nella quale ha proposto un anno di propedeutica, poi ha sviluppato altre sette case, raggruppanti ciascuna una decina di seminaristi, i quali si ritrovavano presso la Scuola cattedrale, oggi Collegio dei Bernardini (facoltà Notre-Dame), per seguirvi la propria formazione intellettuale.

La formula, nuova nel contesto dell’epoca ma ispirata al Medioevo, riscosse un certo successo. Rispondeva ad un’esigenza molto attuale di prossimità e d’esperienza di vita in un piccolo gruppo, offrendo allo stesso tempo una formazione considerata più «classica» di quella offerta a Issy-les-Moulineaux o a Carmes.

L’esperienza Lustiger è durata 24 anni (1981-2005), corrispondenti all’incirca al regno di Giovanni Paolo II. Essa si riassume in tre cifre: dalla cinquantina di seminaristi dell’epoca del cardinal Marty, si è saliti agli oltre cento seminaristi di fine Anni Ottanta, per ripiombare ad una cinquantina all’inizio degli Anni 2000.

Fréjus-Tolone – Più o meno nello stesso periodo, nel 1983, mons. Joseph Madec, appena insediato come vescovo di Fréjus-Tolone, decise la riapertura del seminario di La Castille, prima con un anno di propedeutica e successivamente con gli altri anni. Il suo successore dal 2000, mons. Dominique Rey, ha proseguito con tale slancio, avendo a cuore l’accoglienza dei candidati al sacerdozio delle differenti comunità religiose, unitesi alla diocesi. Aperto al mondo tradizionale, mons. Rey non ha esitato, in questi ultimi anni, a conferire la direzione degli studi all’abate Dubrule dei Missionari della Misericordia, comunità che celebra il rito antico. Se tale seminario diocesano ha potuto vantare nel 2022 una cinquantina di seminaristi e quasi una decina in propedeutica, Roma nondimeno ha proibito l’ordinazione di quattro preti e sei diaconi nel mese di giugno dello stesso anno. Tuttavia, non tutto è ancora perduto per il seminario di La Castille, dove i Missionari della Misericordia sono sempre presenti e dove sono ancora possibili diversi sviluppi.

Ars – È un’altra la strategia perseguita da mons. Guy Bagnard, quando è stato nominato vescovo di Belley nel 1987 da papa Giovanni Paolo II. L’anno seguente ha istituito ad Ars il seminario internazionale san Giovanni Maria Vianney, così da offrire una formazione sacerdotale ai giovani di tutto il mondo, che desiderassero diventare sacerdoti. Il ciclo completo di formazione (dalla propedeutica alla teologia) vi viene proposto sotto l’egida della Società Jean-Marie Vianney, divenuta nel 2002 associazione sacerdotale pubblica di diritto pontificio. Essa ha come scopo quello di sostenere i preti diocesani nel loro ministero, permettendo loro di vivere un ideale sacerdotale comune, qualunque sia la loro destinazione. 25 anni dopo la sua fondazione, nel 2016, la Società Jean-Marie Vianney raggruppava 83 sacerdoti distribuiti in 32 diocesi, in Francia e all’estero.

Bloccati o rallentati da Roma (Fréjus-Tolone), messi in disparte per mancanza di sostegno episcopale dopo la partenza del vescovo fondatore (Bellay-Ars) o troppo legati al carisma del fondatore (Parigi), totalmente reintegrati all’interno dell’attuale sistema dei seminari francesi (Paray-le-Monial), la maggior parte dei seminari della «terza via» segnano il passo e sembrano avviluppati nelle contraddizioni proprie del «né, né». Si è qui lontani dai seminari della Riforma tridentina, che si basavano su di un’esigenza spirituale forte, comunitaria e personale, su di un insegnamento dottrinale esigente e su di un’identificazione alquanto sacralizzante con Cristo sacerdote. Tale via media è apparsa chiaramente per ciò che era: una via di mezzo, in tutti i sensi. E ci si ricorderà, a mo’ di paragone (e pur con i suoi limiti) che fu, in particolare, per aver constatato il fallimento della via media di Pusey e della sua corrente anglo-cattolica che il futuro cardinale Newman si ricongiunse con la Chiesa cattolica.

Un tentativo ancora attivo: il seminario della Comunità Saint-Martin
Gli esempi di Paray-Le-Monial, Parigi, Tolone e Ars s’iscrivono tutti, poco o tanto, in un contesto diocesano o interdiocesano, in ogni caso legato ad un vescovo. Il caso della Comunità Saint-Martin è diverso. Istituita nel 1976 dal sacerdote Jean-François Guérin, questa fondazione, divenuta da allora associazione sacerdotale pubblica di diritto pontificio, ha come scopo quello di formare dei preti e dei diaconi inviati in piccole comunità al servizio delle diocesi. È stata in principio accolta dal cardinal Siri, arcivescovo di Genova (Italia), prima di stabilire il suo primo apostolato in Francia presso la diocesi di Fréjus-Tolone nel 1984. La sua casa di formazione, inizialmente installata a Candé, nella diocesi di Tours, nel 1993, dal settembre 2014 si trova a Évron, nella diocesi di Laval.

Da notare che, secondo i loro documenti interni, «la Scuola superiore di filosofia e teologia» d’Évron, cioè il seminario, «è affiliata alla facoltà di teologia della Pontificia Università Lateranense» e che i suoi statuti prevedono ch’essa possa formare, oltre ai membri della Comunità, «tutti i candidati agli Ordini che i vescovi volessero affidare loro». Oltre all’esplicito riferimento a san Tommaso d’Aquino, il Vaticano II funge da bussola altrettanto esplicita per gli studi all’interno del seminario.
Nel 2021, secondo il quotidiano La Croix, 168 preti della Comunità Saint-Martin svolgevano il proprio ministero in trenta diocesi. Sempre secondo tale fonte, «la comunità potrebbe rappresentare tra il 20 ed il 40% del clero attivo nel giro di trent’anni, quando i sacerdoti nati negli Anni Cinquanta non ci saranno più»[2]. Una prospettiva rafforzata dal fatto che un centinaio di seminaristi si stanno preparando al sacerdozio proprio tra le mura del seminario d’Évron. Sta di fatto, come ha notato La Croix, che in Francia «gli ingressi in seminario si sono divisi per dieci nel giro di mezzo secolo (una realtà che Saint-Martin non cambia). La Comunità si contenta di attirare gran parte delle vocazioni rimaste, per la maggior parte provenienti da famiglie cattoliche classiche, ove la sacralità della messa e la figura del prete rimangono centrali. In questi ultimi anni, altri seminari hanno assunto questo ruolo come quello di Belley-Ars o di Tolone. Ormai, un quinto dei sacerdoti consacrati nel 2021 giunge da Saint-Martin».

Nel contesto presente, la Comunità Saint-Martin sembra dunque fare eccezione, al punto da spingere lo stesso quotidiano La Croix a interrogarsi e da esser parsa a numerosi vescovi come un salvagente. Resta il fatto di come le stesse cause producano inevitabilmente i medesimi effetti, un’iniziativa conservatrice, per quanto particolarmente tipicizzata, non può che fallire nel produrre una controriforma. Le sue difficoltà giungono sicuramente dalla forma particolare che assume in essa l’incarnare la via media. Certo, latino, gregoriano e san Tommaso d’Aquino in seminario, ma celebrazioni conformi alla pastorale attuale delle diocesi nell’apostolato. Con un solo, netto rifiuto… quello di celebrare anche secondo la liturgia tradizionale. In una parola, una grande frattura permanente ed, alla fine, dolorosa.
Pierre Benoît
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[1] Céline Béraud, «Prêtres de la génération Jean-Paul II: recomposition de l’idéal sacerdotal et accomplissement de soi» [«Preti della generazione Giovanni Paolo II: ricomposizione dell’ideale sacerdotale e realizzazione di sé»], Archivi di scienze sociali delle religioni, 133 | gennaio – marzo, 2006 
[2] Mikael Corre, «Communauté Saint-Martin, l’avenir de l’Église de France?» [«Comunità Saint-Martin, avvenire della Chiesa di Francia?»], La Croix, 20/09/2021.

12 commenti:

Anonimo ha detto...

Quando, presumendo di affermare una “verità” che risiede solo nell’infondatezza più avvilente, qualcuno ci attacca violentemente, ci viene offerta la possibilità di affrontare un esame di vita eterna.
Se non rispondiamo con odio all’odio, con il male al male, con la calunnia alla calunnia, alla diffamazione con la diffamazione... possiamo affermare che le sante Messe a cui abbiamo partecipato e i santi rosari che abbiamo pregato non sono andati perduti.
Il male si combatte con le armi del bene, solo l’Amore sa come si sbaragliano gli eserciti di satana.
Buon Bene a tutti.
RB

Se la situazione è questa... ha detto...

“Effetto Perón”

In sostanza, il Motu Proprio aveva separato il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica dalla Cassazione vaticana, riservando al primo solo questioni di diritto canonico, e aveva stabilito che i quattro membri della Cassazione dovessero essere nominati direttamente dal Papa. In questo modo, il Papa ha sostanzialmente sotto controllo l’ultima Corte d’appello dello Stato Vaticano.

Ora sono stati resi noti i nominativi degli eletti: Presidente della Corte di Cassazione, il Cardinale Kevin Joseph Farrell, Prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, e Giudici della medesima Corte, i Cardinali Matteo Maria Zuppi, Augusto Paolo Lojudice, e Mauro Gambetti. Il primo, Vicario generale dell’allora card. McCarrik, non si era accorto di nulla di quanto l’Arcivescovo di Washington stava combinando: un’ottima qualità per il Presidente di una Corte d’Appello quella di “non accorgersi” di crimini che gli capitano sotto il naso.

Ma c’è un altro grosso problema: il Presidente della Corte non ha alcuna qualifica nel campo del Diritto Canonico né di quello civile. E non l’hanno nemmeno gli altri tre giudici nominati dal Papa: Lojudice, nonostante il cognome, ha semplicemente conseguito la licenza in Teologia alla Gregoriana (Teologia fondamentale), Gambetti la medesima alla Facoltà Teologica dell’Italia Centrale (Antropologia Teologica) e Zuppi nemmeno quella.

Il Papa conferma così la sua totale avversione (o indifferenza) nei confronti del diritto, che in effetti risulta un po’ ingombrante per chi ritiene di dover esercitare l’autorità in modo assolutistico (l’état, c’est moi!). Ed anche la sua volontà di avere nei posti giusti (ormai quasi tutti) persone che dimostrino più fedeltà al capo che competenza. Sarà, come scriveva Hanna Arendt, che «i regimi totalitari sostituiscono invariabilmente le persone di talento […] con eccentrici e imbecilli, la cui mancanza d’intelligenza e di creatività offre dopotutto la migliore garanzia di sicurezza»?

Quante sfumature di cattolico esistono? ha detto...

n un’intervista rilasciata di recente a Kath.ch, Frau Curau-Aepli se la prende con la Chiesa cattolica: “Adorando solo Cristo, la Chiesa ha dimenticato di adorare la nostra Madre Terra”. Secondo lei, la Terra va proprio “adorata”, all’interno di una visione “integrale” della creazione: “Molti vedono la creazione come il processo di creazione narrato miticamente durante l’emergere del mondo. Noi, invece, intendiamo per creazione tutto ciò che è stato creato e viene creato ancora e ancora: la natura, l’ambiente…”.

L’attuale crisi climatica, continua la Presidente, è dovuta a una mancanza di fede: “Uno dei motivi per cui il nostro mondo e il nostro clima si trovano in questo stato problematico è che adoriamo solo il divino celestiale: Gesù che si è fatto uomo, lo Spirito Santo che non è localizzabile, e via dicendo. Mentre abbiamo dimenticato la Madre Terra. Non abbiamo, ad esempio, nessuna liturgia o preghiera che lodi la Madre Terra”.
E via di questo passo...
https://www.stilumcuriae.com/cattopazzia-in-svizzera

La domanda sorge spontanea : "Esiste il cattòlico tipo" oppure esistono " Tanti tipi di cattolici"?

Anonimo ha detto...

Card. Burke: prefazione al "Breve esame critico del Novus Ordo Missae" di Ottaviani e Bacci

Roma, Lunedì di Pasqua 2023
A vent'anni dall'ultima edizione da voi pubblicata, avete voluto sottopormi il vostro progetto di ripubblicare il Breve esame critico del Nuovo Ordo Missae pubblicato nel 1969 dai cardinali Alfredo Ottaviani e Antonio Bacci, e ve ne ringrazio.
Nella sua lettera di incoraggiamento del 27 novembre 2004, il cardinale Alfonso Maria Stickler scriveva che "l'analisi di questi due cardinali non ha perso nulla del suo valore e, purtroppo, della sua attualità". A distanza di due decenni, questa osservazione rimane vera. Ad esempio, le recenti dichiarazioni pubbliche del Prefetto del Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti confermano la persistenza di un'ideologia che, attraverso la riforma della Sacra Liturgia dopo il Concilio Vaticano II, ha cercato di manipolare e tradire l'insegnamento costante e irriformabile della Chiesa sui sacramenti dell'Eucaristia e dell'Ordine Sacro.
https://blog.messainlatino.it/2023/06/card-burke-prefazione-al-breve-esame.html#more

Anonimo ha detto...

Buongiorno! Quando vi capita, quindi non subito, vorrei chiedervi di pubblicare un articolo relativo ai voti monastici, su chi li viola volontariamente e pubblicamente e del rapporto che vi è riguardo queste cose e la schiera relativa a Bergoglio, da una parte, e la Tradizione ed il Magistero della Chiesa, dall'altra. Cosa dice il Diritto canonico in questi casi. Del rapporto che vi deve essere tra un' anima votata a Dio e come trattare questa vocazione, è cioè il suo pensare di essere suora o monaco, consacrata o consacrato, nel contesto dei rapporti con gli altri. Se possibile, facendo riferimento alle infiltrazioni sataniche all'interno dei contesti sacri. Soprattutto, facendo riferimento a quelle diverse schiere all'interno della Chiesa,come già menzionato prima.

Vi ringrazio in anticipo.
n. b. Non vi è bisogno di pubblicare questo scritto di richiesta.

Nessuno ha notizie ha detto...

di istituti stile "terza via" creati a Roma negli anni '80? Mi sembra che un seminario chiamato "Mater Ecclesiae" fu fondato con lo scopo specifico di "svuotare Econ". Addirittura in epoca pre-indulto 1984. Mi sembra che ci fu anche il suicidio di un seminarista.

Anonimo ha detto...

Il secondo lunedì di Pentecoste, al termine dell'Ottava, vede nei calendari orientali l'inizio del Digiuno degli Apostoli, una delle quattro Quaresime dell'anno, dedicato alla preparazione della festa dei Santi Pietro e Paolo; nonostante l'importanza di tale solennità e nonostante i Santi Pietro e Paolo siano i Patroni di Roma, tale digiuno è sconosciuto al mondo romano e latino, mentre è tenuto in grande considerazione in quelli orientali, sia uniti che divisi.
Visto che il Papa è successore di San Pietro ma, come insegnavano anche Paolo VI e Giovanni Paolo II, anche di San Paolo, è forse possibile e opportuno fare qui un discorso e una considerazione: buona parte della odierna crisi nella Chiesa, che ha decenni, se non secoli alle spalle, e non solo gli ultimi anni, è dovuta, tra le altre motivazioni, all'esaltazione eccessiva del ruolo del Papa, trasformato gradualmente da Patriarca e garante dell'unità e ultima istanza in un ruolo ipertrofico che non gli compete, nemmeno nella stessa tradizione; trasformando il cattolicesimo in religione del Papa, la teologia cattolica in teologia del Papa regnante, con quasi l'obbligo continuo di dover leggere, rincorrere, citare e criticare quanto dice e fa, e il Papato da ancillare a sostanziale, e da custode a fonte della tradizione, si devia dal ruolo evangelico e tradizionale del Papato stesso, trasformando il Papa in un superuomo (o in "un secondo Dio sulla terra", come si poteva leggere in un incredibile componimento del teologo rinascimentale Cristoforo Marcello dedicato a Giulio II, una totale bestemmia) e scambiando elementi tutto sommato recenti (come le encicliche, la cui prima risale al 1740, e la sovraesposizione mediatica del Papa, che risale a metà Ottocento almeno e che ebbe nel Novecento un elevato sviluppo) in elementi tradizionali tout court.
Così facendo, tra le altre cose, si rischia di esaltare acriticamente un Papa e denigrarne un altro, o viceversa, a seconda degli umori e delle idee, risultando ridicoli nell'uno e nell'altro senso, con la trasformazione dell'amore e deferenza in ampollosità ridicola aliena alla misura come, anche, della critica in odio e zelo amaro alieni alla carità.
Prima si ritorna alla tradizione vera (anche ascetica e spirituale, dato che si assiste pure al vergognoso spettacolo di molti tradizionalisti che sono alieni allo spirito e alla pratica del digiuno...), la quale non è solo Trento o il Vaticano I come non è solo il mondo latino, meglio sarà per tutti, anche per il Papa; con ciò, una cum e sub Petro, che parla per bocca di tutti i Vescovi di Roma, buon Digiuno degli Apostoli e buon Tempo di Pentecoste! La Chiesa e anche il Papato restano, i flabelli di struzzo e la sedia gestatoria, come sono arrivati, così possono andare via, come, anche, l'ultramontanismo è un fenomeno storico, e come tale può essere discusso e pure criticato ove serva...

Anonimo ha detto...


Il commento qui sopra pubblicato sulla mancata celebrazione del digiuno per onorare S. Pietro e S. Paolo è in realtà un velenoso attacco al papato, sembra scritto da un greco-scismatico cioè da un eretico, forse uno dei cattolici che recentemente ha apostatato passando alla c.d.
Ortodossia.
Spiegateci, voi bizantini calunniatori della dottrina della Chiesa, che vi reputate fedelissimi a tutte le forme della Tradizione della Chiesa, in base a quale criterio praticate il divorzio, violando apertamente quello che ha detto Nostro Signore.
E che ne avete fatto del celibato ecclesiastico?
T.

Anonimo ha detto...

Che dire? L'abitudine di un devozionismo esagerato e svenevole verso il papa è nata nell'Ottocento ed è proseguita disgraziatamente nei secoli successivi. Fintanto che i papi fanno quello che ci piace, allora il devozionismo funziona, sia per i tradizionalisti che per i modernisti. Con tutti i papi manigoldi che ci siamo ritrovati lungo la secolare storia della Chiesa, é senz'altro il caso di moderare i nostri ardori. Per fortuna, un sano anticlericalismo mi ha da sempre reso immune da certi svenevoli devozionismi. I preti ne hanno combinate di tutti i colori; ho pure conosciuto un vescovo tradizionalista che ha piantato in asso tutti quanti e ha buttato episcopato, sacerdozio e talare alle ortiche, peraltro non del tutto per colpa sua.

AMICI, Non dimentichiamo che ha detto...

OGNI ECCESSO è DIFETTO .

Anonimo ha detto...


"Fintanto che i papi fanno quello che ci piace.."

Questa frase dimostra che lei è fuori strada. Siamo devoti ai papi non perché "fanno quello che ci piace" ma perché difendono la dottrina autentica della Chiesa, in primo luogo. E la governano.
Il "devozionismo" come lei lo chiama verso i Papi c'è sempre stato.
Quando il papa riprese finalmente possesso di Roma dopo la "cattività avignonese", e siamo nel basso Medioevo, per anni da tutta Italia i fedeli si recavano a Roma in folla a rendergli spontaneamente omaggio.
Certamente ci sono state delle esagerazioni in questa devozione e la tendenza a volte a "divinizzare" il papa, come figura. Ma questo non cambia la sostanza delle cose e il fatto che Cristo risorto ha consegnato la sua Chiesa a Pietro, come guida e capo, non al collegio degli Apostoli.
I papi "manigoldi" non sono poi stati molti nella storia della Chiesa.
Oggi più che "devozionismo" verso il papa io parlerei di atteggiamento conformista da parte della maggioranza del clero. Con l'alibi del rispetto per il papa assiste in silenzio allo sfacelo dottrinale in corso, non solo tollerato ma attuato dallo stesso Pontefice. O forse è solo paura. Ma alla base sembra esserci la perdita della fede, quella è la vera causa.

Anonimo ha detto...

Credo che Gesù Cristo non si sia fatto tante illusioni sopra gli apostoli da Lui stesso personalmente chiamati, Pietro compreso, Lui conosceva le contraddizioni, le debolezze umane, per questo ha mandato lo Spirito Santo affinché ci ricordasse nei secoli il Suo insegnamento, ci consigliasse, ci consolasse. Lui non ha fatto lo sdegnoso con l essere umano peccatore pur avendoci spronati a non venire a patti col male mediante il perentorio sì sì, no no. Visto che il Signore ha voluto che la gerarchia di tanto deragliasse e non sembra affatto capace di correggersi, sta ad ognuno di noi cercare di migliorarci e di aiutarci reciprocamente sulla strada del bene, dove l autentica libertà umana è soccorsa dalla Grazia divina.