Evento in cui un bambino non nato sussulta alla presenza del Figlio di Dio, ancora nelle primissime fasi di formazione nel ventre materno.
Elisabetta sentì prima la voce, ma Giovanni sentì primo la grazia. Quella udì secondo l'ordine della natura, questi sussultò per ragione del mistero. Quella sentì l'arrivo di Maria, questi del Signore. Esse s'intrattengono sulla grazia, essi la producono dentro di loro, primo misterioso ufficio di pietà figliale che si annunzia nel bene procurato alle loro madri; e con doppio miracolo le madri profetizzano sotto l'ispirazione dei propri figli. Sussultò il bambino, fu ripiena la madre. La madre però non fu ripiena prima del figlio; ma il figlio essendo ripieno dello Spirito Santo, ne riempì anche la madre. (Omelia di sant'Ambrogio vescovo)
Introitus Salve, sancta Parens, eníxa puérpera Regem: qui cælum terrámque regit in sǽcula sæculórum. Ps XLIV: 2 Eructávit cor meum verbum bonum: dico ego ópera mea Regi. Graduale Benedícta et venerábilis es, Virgo María: quæ sine tactu pudóris invénta es Mater Salvatóris. V. Virgo, Dei Génetrix, quem totus non capit orbis, in tua se clausit víscera factus homo. Allelúja, allelúja. V. Felix es, sacra Virgo María, et omni laude digníssima: quia ex te ortus est sol justítiæ, Christus, Deus noster. Allelúja |
Introito Salve, o Madre santa, tu hai partorito il Re gloriosamente; egli governa il cielo e la terra per i secoli in eterno. Sl XLIV: 2 Vibra nel mio cuore un ispirato pensiero, mentre al Sovrano canto il mio poema Graduale Tu sei benedetta e venerabile, o Vergine Maria, che senza offesa del pudore sei diventata la Madre del Salvatore. V. O Vergine Madre di Dio, nel tuo seno, fattosi uomo, si rinchiuse Colui che l’universo non può contenere. Alleluia. alleluia. V. Te beata, o santa vergine Maria, e degnissima di ogni lode, perché da te nacque il sole di giustizia, il Cristo Dio nostro. |
Lectio
Cant II: 8-14
Ecce, iste venit sáliens in móntibus, transíliens colles; símilis est diléctus meus cápreæ hinnulóque cervórum. En, ipse stat post paríetem nostrum, respíciens per fenéstras, prospíciens per cancéllos. En, diléctus meus lóquitur mihi: Surge, própera, amíca mea, colúmba mea, formósa mea, et veni. Jam enim hiems tránsiit, imber ábiit et recéssit. Flores apparuérunt in terra nostra, tempus putatiónis advénit: vox túrturis audíta est in terra nostra: ficus prótulit grossos suos: víneæ floréntes dedérunt odórem suum. Surge, amíca mea, speciósa mea, et veni: colúmba mea in foramínibus petra, in cavérna macériæ, osténde mihi fáciem tuam, sonet vox tua in áuribus meis: vox enim tua dulcis et fácies tua decóra.
[Eccolo venire, saltellando pei monti, balzando pei colli, simile il mio diletto ad un capriolo, ad un cerbiatto. Eccolo, sta dietro alla nostra parete, fa capolino dalla finestra, adocchia dalle grate. Ecco il mio diletto mi parla: «Alzati, affrettati, diletta mia, colomba mia, bella mia, e vieni. Poiché, vedi, l’inverno è già passato, la pioggia è cessata, è andata; i fiori si mostrano per la campagna, il tempo della potatura è venuto; si ode per la nostra contrada il tubar della tortorella; il fico ha messo fuori i suoi frutti primaticci; le vigne in fiore mandano il loro profumo. Sorgi, diletta mia, bella mia, e vieni. Colomba mia, che stai nelle fessure delle rocce, nei nascondigli della balza, mostrami il tuo viso, fammi sentir la tua voce, poiché la tua voce è soave, il tuo viso è leggiadro!]
La visita del Diletto.
La Chiesa ci introduce nelle profondità del mistero. La lettura che precede (Cant II: 8-14) non è altro se non la spiegazione di quelle parole di Elisabetta in cui si riassume tutta la festa: Al suono della tua voce, il bambino ha trasalito nel mio seno. Voce di Maria, voce della tortora che mette in fuga l’inverno e annuncia la primavera, i profumi e i fiori! A quel segnale così dolce, prigioniera nella notte del peccato, l’anima di Giovanni si è spogliata delle vesti dello schiavo e, sviluppando d’un tratto i germi delle più sublimi virtù, è apparsa bella come la sposa in tutto lo splendore del giorno delle nozze. Quale premura mostra Gesù verso quell’anima prediletta! Fra Giovanni e lo Sposo, quali ineffabili effusioni! Che sublime dialogo dal seno di Elisabetta a quello di Maria! O meravigliose madri, e più meravigliosi figli! Nel felice incontro, l’udito, gli occhi, la voce delle madri appartengono meno ad esse che ai benedetti frutti dei loro seni; e i loro sensi sono come le grate attraverso le quali lo Sposo e l’Amico dello Sposo si vedono, si comprendono e si parlano. Prevenuta dall’amico divino che l’ha cercata, l’anima di Giovanni si desta in piena estasi. Per Gesù, d’altra parte, è la prima conquista; è nei riguardi di Giovanni che, per la prima volta, dopo che per Maria, gli accenti del sacro epitalamio si formulavano nell’anima del Verbo fatto carne e fanno palpitare il suo cuore. Oggi – ed è l’insegnamento dell’Epistola – accanto al Magnificat si inaugura anche il divin cantico nella piena accezione che lo Spirito Santo volle dargli. I rapimenti dello Sposo non saranno mai più giustificati come in questo giorno benedetto né troveranno mai eco più fedele. Uniamo il nostro entusiasmo a quello dell’eterna Sapienza, di cui questo giorno segna il primo passo verso l’umanità intera.
[Dom P. Guéranger: L’Anno Liturgico; Ed. Paoline; Alba, 1956]
6 commenti:
«Sia benedetto, o Maria, quel pensiero devoto che aveste di visitare la vostra santa parente Elisabetta. Ave Maria.
Sia benedetto, o Maria, quel viaggio faticoso che intraprendeste verso la casa della vostra santa parente Elisabetta. Ave Maria.
Sia benedetto, o Maria, quell’ingresso felice che faceste nella casa della vostra santa parente Elisabetta. Ave Maria.
Sia benedetto, o Maria, quel saluto grazioso che faceste alla vostra santa parente Elisabetta. Ave Maria.
Sia benedetto, o Maria, quell’abbraccio cortese che deste alla vostra santa parente Elisabetta. Ave Maria.
Sia benedetto, o Maria, quel bacio sincero che imprimeste sul volto della vostra santa parente Elisabetta. Ave Maria.
Sia benedetta, o Maria, quella grazia copiosa che per voi fu comunicata all’anima della vostra santa parente Elisabetta. Ave Maria»
Chi prega riceve grandi doni dalla sua preghiera, prima ancora di ricevere quello che chiede. La preghiera calma i turbamenti dell'anima, assopisce la collera, scaccia la gelosia, spegne la cupidigia, diminuisce e inaridisce l'attaccamento ai beni di questa terra, procura allo spirito una pace profonda.
San Giovanni Crisostomo
CONOSCIAMO IL SANTO DEL GIORNO: VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA A S. ELISABETTA
Oggi 02 luglio 2022 si festeggia la Visitazione della beata Vergine Maria ad Elisabétta. La festa della Visitazione ha la sua giustificazione nel vangelo di Luca (1, 39-56), che ricorda la Vergine Madre “che porta in grembo il Figlio [di Dio], e che si reca da Elisabetta per porgerle l’aiuto della sua carità e proclamare la misericordia di Dio Salvatore” (MC 7).
Come per tante altre feste mariane, anche questa della Visitazione affonda le sue origini nell’oriente bizantino.
Per quanto riguarda la sua origine, sembra utile distinguere il concetto generale dall’attuale sistemazione. Originariamente, infatti, più che una festa con riferimento specifico al testo lucano, si trattava della memoria conosciuta con diversi nomi, tutti risalenti a una reliquia, il maphorion o omophorion (dal greco omos, spalla, e pherein, portare), ossia il “manto o velo o veste” della Vergine, usato per coprirsi il capo e le spalle, che i patrizi Galbios e Candidos portarono a Costantinopoli da Gerusalemme nel 472, e custodita nel santuario di Blacherne a Costantinopoli, dedicato alla Madonna. L’Imperatore Leone I e la regina Verina fecero costruire, accanto al santuario, una cappella a pianta centrale, chiamata la “Santa Soros”, per custodire la reliquia del maphorion, la cui dedicazione avvenne il 2 luglio 473. La festa, infatti, era nota anche con il nome di “Madre di Dio del segno”, o “Platitera”, “più ampia (del cielo)”, perché contiene Colui che i cieli non possono contenere. Iconograficamente, l’immagine riproduce un tema molto caro all’arte bizantina, ossia la rappresentazione della Madonna in posizione frontale, con le braccia sollevate in segno di preghiera e di accettazione, e con l’immagine del bambino Gesù in un tondo (clipeo) posto al centro del ventre.
Il soggetto richiama chiaramente il mistero dell’Incarnazione del Verbo e, quindi, l’evento dell’Annunciazione, con la sottesa mediazione della grazia, come si deduce dalla visita “in fretta” alla cugina Elisabetta. Durante l’incursione degli Avari (5 giugno 619), la preziosa reliquia venne nascosta e custodita in luogo sicuro; e il 2 luglio dello stesso anno venne restituita al santuario in forma solenne. Da qui, la tradizione della data 2 luglio come celebrazione della festa, che ne frattempo si era diffusa anche nell’Occidente intorno al XII secolo, con il titolo di “Madonna delle grazie”, e così entrò nell’ambito della ricerca teologica, divenendo oggetto anche di studio.
La diffusione della festa della Visitazione ebbe un grande incremento dal 1263 in poi, quando il Ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori, Bonaventura da Bagnoregio, nel Capitolo generale di Pisa (1263), la estese a tutti i conventi dell’Ordine francescano, insieme alla celebrazione dell’Immacolata Concezione. Nel 1389, Urbano VI fissò la data della festa al 2 luglio nel calendario liturgico. E nell’anno giubilare del 1390, Bonifacio IX, con la bolla Superni benignitas Conditoris, decretò la celebrazione a tutta la Chiesa occidentale. Estensione che divenne giuridicamente effettiva, solo dopo lo scisma d’occidente (1414), con la conferma da parte del Concilio di Basilea (1 luglio 1441).
Ave, Regina caelorum,
Ave, Domina Angelorum:
Salve, radix, salve, porta
Ex qua mundo lux est orta:
Gaude, Virgo gloriosa,
Super omnes speciosa,
Vale, o valde decora,
Et pro nobis Christum exora.
Ave, Regina dei cieli,
Ave, Signora degli Angeli;
porta e radice di salvezza,
rechi nel mondo la luce.
Gioisci, Vergine gloriosa,
bella fra tutte le donne;
salve, o tutta santa,
prega per noi Cristo Signore.
Magníficat ánima mea Dóminum.
Et exultávit spíritus meus: in Deo salutári meo.
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Quia respéxit humilitátem ancíllae suae:
Ecce enim ex hoc beátam me dicent omnes generatiónes.
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Quia fécit mihi mágna qui pótens est: et sánctum nómen eius.
Et misericórdia eius in progénies et progénies timéntibus eum.
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Fécit poténtiam in bráchio suo: dispérsit supérbos mente cordis sui.
Depósuit poténtes de sede: et exaltávit húmiles.
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Esuriéntes implévit bonis: et dívites dimísit inánes.
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Suscépit Ísrael púerum suum: recordátus misericórdiae suae.
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Sicut locútus est ad patres nostros: Ábraham, et sémini eius in saecula.
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Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto,
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Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, et in sæcula sæculórum. Amen.
"Ella ha detto a me ed ai miei cugini, che il Signore aveva deciso di dare al mondo gli ultimi due rimedi contro il male, che sono il Santo Rosario e la Devozione al Cuore Immacolato di Maria. Questi sono gli ultimi due rimedi possibili, il che significa che non ce ne saranno altri... Vede, Padre, la Santissima Vergine ha voluto dare, in questi ultimi tempi in cui viviamo, una nuova efficacia alla recita del Santo Rosario. Ella ha talmente rinforzato la sua efficacia, che non esiste problema, per quanto difficile, di natura materiale o specialmente spirituale, nella vita privata di ognuno di noi o in quella delle nostre famiglie, delle famiglie di tutto il mondo, delle comunità religiose o addirittura nella vita dei popoli e delle nazioni, che non possa essere risolto dalla preghiera del Santo Rosario. Non c’è problema, vi dico, per quanto difficile, che non possa essere risolto dalla recita del Santo Rosario. Con il Santo Rosario, ci salveremo, ci santificheremo, consoleremo Nostro Signore e otterremo la salvezza di molte anime... Infine, la devozione al Cuore Immacolato di Maria, Nostra Madre Santissima, consiste nel considerarLa quale sede della clemenza, della bontà e del perdono e come la via sicura attraverso la quale entreremo in Paradiso." (Suor Lucia)
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