Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

mercoledì 3 dicembre 2025

'In Illo Tempore': I Domenica di Avvento

Nella nostra traduzione da OnePeterFive la consueta meditazione settimanale di p. John Zuhlsdorf, sempre collegata alle vicende del presente. Essa, nell'ottava, ci aiuta ad approfondire i doni spirituali della Messa della Domenica precedente qui.

In Illo Tempore: I Domenica di Avvento

L’essenza di un luogo comune è la sua mancanza di originalità e la sua ripetizione continua; e tuttavia repetita iuvant, perché la ripetizione ci forma e ci riforma. La Santa Madre Chiesa, con sollecitudine materna, ci dona di nuovo la I Domenica di Avvento, e di nuovo diciamo che in questo giorno comincia un nuovo anno liturgico. Forse non è affatto un cliché, perché i fedeli hanno bisogno di ricordare che la Chiesa dispiega la storia della salvezza attraverso un ciclo che affonda nei secoli e nei millenni, presentando sempre di nuovo i misteri della vita del Salvatore. Repetitio est mater studiorum, dunque ci stringiamo attorno ai santi misteri e ricapitoliamo le verità che contengono. La liturgia è dottrina. Noi siamo i nostri riti. Per prendere in prestito un principio di san Tommaso d’Aquino: quidquid recipitur ad modum recipientis recipitur. La trasformazione che la grazia e la dottrina operano in noi dipende dalla nostra ricettività. I misteri non cambiano, siamo noi a cambiare. Il bicchiere di carta deve diventare più simile a una piscina, se vuole ricevere ciò che viene versato con generosità divina.

Così, sulla soglia di un nuovo anno liturgico, esaminiamo noi stessi. Siamo forse vasi più grandi di quanto non fossimo lo scorso Avvento? Le vittorie, le sofferenze, le tentazioni e le consolazioni hanno ampliato la capacità del cuore? L’Avvento ci pone questa domanda, perché è il tempo in cui la Chiesa orienta il nostro sguardo verso l’Adventus del Signore, la Parousía: sia nella gloria alla fine dei tempi, sia nei molti modi con cui Egli viene a noi oggi. Viene nell’Eucaristia quando il sacerdote pronuncia le parole stesse del Signore. Viene nella Sacra Scrittura, nella persona del sacerdote che è alter Christus, nelle grazie attuali, nelle opere di misericordia e nei poveri, dei quali ha detto: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40).

Poiché siamo plasmati dalle orazioni e dalle letture che la Chiesa ci offre, è saggio riceverle non come estranee ma come compagne. Bastano pochi minuti al giorno, a partire dal giovedì precedente la Messa domenicale, per disporre la mente a ricevere ciò che Dio desidera. Leggete le antifone, le orazioni, le letture. Lasciate che mettano radici. Rileggetele la domenica sera e nei giorni seguenti. Questa semplice abitudine rende l’anima più capace di ricevere la grazia. Poi, quando la domenica ritorna, ricominciate. Repetita iuvant.

L’Avvento ci invita a prepararci all’incontro con il Giusto Giudice e Re, sia alla fine dei tempi sia alla nostra morte. La liturgia grida con Isaia e Giovanni Battista: “Raddrizzate i sentieri”. Il latino adventus traduce il greco parousía. Nell’antichità romana un adventus, o una visitatio, era l’arrivo di un sovrano che veniva a ispezionare, giudicare e ricompensare. Chi era preparato se la cavava bene; chi non lo era tremava. Da qui l’antico significato di “visitare” nel senso di castigare. Per questo la Chiesa, come madre vigilante, esorta i suoi figli a non prendere alla leggera questo tempo. Li richiama alla confessione, alla vigilanza, alla prontezza per la Venuta del Signore.

La sua sapienza appare anche nella scelta dell’Epistola ai Romani, che ci ammonisce a “rivestire le armi della luce”. È la divisa quotidiana dei soldati della Chiesa Militante. Le preghiere latine del Rito Romano ci formano attraverso queste immagini militari. Si cambino le preghiere nel tempo, e anche il popolo cambierà. Abbiamo visto cosa accade quando queste preghiere vengono attenuate o trasformate. Quando le orazioni conservano la loro chiarezza, i fedeli ricordano chi sono. Iniziare l’Avvento, quindi, significa riprendere le armi della luce.

I venti del cambiamento soffiano da tempo nella Chiesa e nel mondo, e non sembrano affievolirsi. Vivere a Roma per anni mi ha insegnato che, quando si apre una porta o una finestra, la corrente d’aria nella casa cambia e un’altra porta o finestra sbatte violentemente. La stessa cosa succede nell’ordine spirituale.

La Santa Chiesa apre deliberatamente l’anno liturgico con il discorso escatologico di Luca 21. È come se la Madre chiamasse i suoi figli alla realtà, distogliendoli dalle distrazioni del mondo. Risveglia – come ha scritto il commentatore tedesco Joseph Zöllner – l’Ernst (serietà), la Wachsamkeit (vigilanza) e la Bußgesinnung (spirito penitenziale). Questa è la disposizione interiore propria dell’Avvento.

Il Signore ha parlato della distruzione del Tempio e ha profetizzato segni in grado di far venir meno il cuore degli uomini. Il Tempio, decorato con costellazioni e con un grande bacino di bronzo chiamato “Oceano”, era considerato un microcosmo dell’universo. Quando i Romani lo rasero al suolo nel 70 d.C., devastarono il cosmo giudaico. Giuseppe Flavio scrive che cinquecento ebrei venivano crocifissi ogni giorno e che una cometa a forma di spada stazionava sopra la città. Il Signore non parlava in iperboli riguardo alla distruzione di Gerusalemme, benché intrecciasse in quella profezia parole che rimandano anche alla Venuta finale del Figlio dell’Uomo.

Annunziando segni nel sole, nella luna e nelle stelle, il Vangelo di Luca ammonisce i credenti: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (Lc 21,28). Gli uomini si abbassano istintivamente quando qualcosa crolla, ma Cristo comanda di sollevare il capo. La Chiesa, come il suo Signore, deve attraversare la sua Passione: il discepolo non è da più del Maestro. Quando dunque i venti scuotono la casa di Dio e – BAM – le porte sbattono all’improvviso… si ricordi anche il proverbio italiano: “Chiusa una porta, si apre un portone”.

Noi non ci rannicchiamo. Il cielo e la terra passeranno, ma le parole di Cristo non passeranno.

Dom Prosper Guéranger ha definito l’inizio dell’Avvento il grido della Chiesa: “Vieni!”. In The Liturgical Year scrive: “Il mondo intero è in attesa del suo Redentore; vieni, caro Gesù, mostrati ad esso concedendogli la salvezza”. Egli pone sulle labbra della Chiesa la supplica solenne di una madre ansiosa per i suoi figli. La venuta di Cristo, insegna Guéranger, è il Sole divino che sorge su un mondo oscurato. La sua citazione del Salmo 84 e il ritmo dell’anno liturgico ci ricordano che la Chiesa guarda indietro a Betlemme e, allo stesso tempo, avanti al Giorno del Signore, che san Paolo chiama epiphaneia della gloria di Cristo.

Gli antichi sacramentari iniziavano l’anno liturgico con il Natale. Solo più tardi, dopo che le controversie cristologiche chiarirono il mistero delle due nature di Cristo a Efeso (431) e Calcedonia (451), la Chiesa ha strutturato l’Avvento come tempo di preparazione. La lex orandi ha seguito la lex credendi. Con il consolidarsi della dottrina, la liturgia è giunta ad includere domeniche di attesa. La Vergine Maria, proclamata Theotokos – Madre di Dio – dal Concilio di Efeso, sta all’inizio dell’Avvento come il compimento ultimo di ciò che l’Arca dell’Alleanza poteva solo prefigurare: in lei il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi. I fedeli, che hanno desiderato la Prima Venuta, desiderano anche il Suo ritorno e ogni modo con cui Egli giunge all’anima.

Come è noto, San Bernardo di Chiaravalle ha predicato che Cristo viene in tre modi (Sermo 5 in Adventu Domini). La Prima Venuta è nella carne e nella debolezza. La Seconda è nella gloria e nella maestà. La Terza è nello spirito e nella potenza, quando Cristo visita l’anima. Citando Giovanni 14,23, Bernardo descrive la Trinità che stabilisce la sua dimora nel cuore del credente. Su questo fondamento si può meditare sui modi in cui Cristo viene in questa Venuta intermedia o spirituale. Viene attraverso la Sacra Scrittura, alla cui lettura devota la Chiesa concede indulgenze. Viene nei poveri e nei bisognosi. Viene nel sacerdote mediante l’ordinazione. Viene nell’Eucaristia, nella consacrazione e nella Comunione. Pio XI ha spiegato questo mistero sacerdotale in Ad Catholici sacerdotii, dicendo:
(12) … Così il sacerdote, come si dice con ragione, è davvero “un altro Cristo”; perché, in qualche modo, egli è la continuazione stessa di Cristo. “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”, è detto al sacerdote, e perciò il sacerdote, come Cristo, continua a dare “gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”.
Il venerabile Fulton Sheen insegnava, nella Vita di Cristo, che Gesù è l’unica persona nata con lo scopo di morire. La Croce gettava la sua ombra già sulla culla. La Prima Venuta abbracciava tutto l’arco del Mistero Pasquale e annunciava implicitamente la Seconda Venuta nella gloria. L’Avvento celebra dunque sia Betlemme sia il Giorno finale del Signore. La Chiesa, pregando il Vangelo di Luca sui segni nei cieli, si prepara alla gioia attraverso la penitenza.
I fedeli gioiosamente penitenti non si piegano impauriti. Sollevano il capo verso Colui che li solleva dal peccato.
L’Introito della I Domenica di Avvento, Ad te levavi dal Salmo 24/25, incarna questo movimento verso l’alto: “A te, Signore, innalzo l’anima mia”. Così cominciamo l’anno, nella primissima Messa. Il credente, consapevole che i nemici lo insidiano, affida il suo cammino al Signore. L’ammonimento di Cristo in Luca 21 intensifica il messaggio: quando arrivano i segni, alza la testa. Il grido dell’Introito e il comando di Cristo convergono. L’Avvento inizia con l’elevare non solo gli occhi, ma anche l’anima a Dio.

Non si può alzare il capo se l’anima è appesantita dal peccato. Perciò il richiamo alla confessione risuona in questi testi. Nel confessionale, benché fisicamente siamo noi che andiamo da Lui, si verifica un adventusparousiavisitatio: Cristo viene a noi nella persona del sacerdote, alter Christus. Cristo ci libera, lavando la nostra anima nel suo Sangue, il Sangue dell’Agnello, fino a farla diventare più bianca della neve. Questa è una delle Sue Venute intermedie. L’antica Colletta di questa domenica, dal Sacramentario Gregoriano, esprime questa supplica:
Excita, quaesumus, Domine, potentiam Tuam, et veni,
ut, ab imminentibus peccatorum nostrorum periculis,
Te mereamur protegente eripi,
Te liberante salvari.
Che gioiello.

Anzitutto, l’intensità della nostra supplica risuona nei due imperativi, excita (che si trova all’inizio della frase come in altre 12 Collette) e veni (ripetuto quasi in ogni pagina della liturgia della Messa e dell’Ufficio nelle settimane dell’attesa).

Immineo significa “minacciare” perché letteralmente è “sporgersi sopra… pendere su”. Si pensi alla “spada di Damocle”, sospesa su un capo mediante un solo crine. Che imminentibus e periculis siano insieme è evidente; la loro separazione nella frase (iperbato) conferisce loro maggiore forza. Poi appare un parallelismo nei finali corrispondenti (omoioleleuton):
Te (mereamur) protegente eripi
Te liberante salvari
La preghiera brilla grazie alle quattro grandi facce del gioiello: le prime e le ultime due parole del primo colon della protasi, excita potentiam tuam, e le parole enfatiche agli ultimi due versi o cola: eripi… salvari.

TRADUZIONE DECISAMENTE LETTERALE:
Ridesta la Tua potenza, Ti supplichiamo, o Signore, e vieni,
affinché possiamo meritare, mentre Tu ci proteggi, di essere strappati
ai pericoli minacciosi dei nostri peccati
e, mentre Tu ci liberi, di essere salvati.
Quando preghiamo questo testo per bocca del sacerdote all’altare, ci uniamo interiormente ai patriarchi e ai profeti, a tutto il popolo prima della nascita di Cristo, desideroso della venuta del Messia.
Excita! Veni! Eripe nos! Salva nos!” Con la Tua potenza, vieni e proteggici, strappaci ai pericoli del peccato che incombono su di noi e salvaci.
La Colletta diventa un modello per tutta la postura spirituale dell’Avvento. I fedeli chiedono al Signore di destare la sua potenza nei loro confronti. San Tommaso d’Aquino ricorda (Summa Theologiae I, q. 75, a. 5; anche I, q. 12, a. 4; III, q. 5, a. 1) che l’effetto si riceve secondo il modo del ricevente. Chiediamo di meritare (mereamur) di essere strappati ai pericoli e salvati, ma il merito si rafforza con la ricettività. La ricettività cresce attraverso la partecipazione piena, consapevole e attiva ai riti. La partecipazione non è principalmente un’attività esteriore, ma quella ricettività viva che i Padri del Vaticano II intesero quando parlarono di actuosa participatio. Noi siamo i nostri riti. Essere battezzati ed essere presenti ai santi misteri significa essere plasmati dalle parole e dai gesti che la Chiesa ha trasmesso con amore, pazienza, fedeltà e prudenza attraverso secoli tranquilli e secoli turbolenti, tempi sereni e tempi tempestosi.

Mentre i venti attuali scuotono la casa della Chiesa, i fedeli devono ricordare che i rovesci improvvisi non sono segni di abbandono totale. Sono richiami a sollevare il capo.

Lo sbattere di una porta in faccia può annunciare l’aprirsi altrove di una porta di grazia.

Le parole del Signore non passano. Colui che ha promesso di venire verrà. Il nostro grido “Vieni!” non è dunque la voce della disperazione, ma dell’attesa fiduciosa. Il Signore che è venuto nella debolezza verrà nella gloria. Lo stesso Cristo che visita l’anima nel sacerdote, nel sacramento e nella Scrittura la visiterà di nuovo alla fine. Perciò i fedeli cominciano l’anno con la preghiera del salmista di conoscere le vie del Signore e apprendere i Suoi sentieri.

L’Avvento raccoglie tutti questi temi in un’unità: vigilanza, desiderio, giudizio, misericordia, prontezza e gioia. La Chiesa Miliante lucida la sua armatura di luce. Prepara i suoi figli all’incontro con il Signore in ogni sua Venuta. Insegna loro a stare eretti quando compaiono i segni. Apre davanti a loro i misteri che si ripetono ogni anno e tuttavia rinnovano l’anima ogni volta.

In questa ripetizione troviamo il paradosso del culto cristiano. L’uniformità della liturgia, la sua continuità nel corso dei secoli, è lo strumento attraverso cui Dio ci cambia. Quidquid recipitur… Repetita iuvant. I riti rimangono saldi anno dopo anno, ma ogni anno siamo diversi. In essi cresciamo mentre il ciclo si ripete e la grazia si approfondisce.

Perciò, in questa I Domenica di Avvento, la Chiesa dice ai suoi figli ciò che Cristo ha detto ai Suoi discepoli: Alzate il capo. Innalzate l’anima. Innalzate il cuore. La redenzione è vicina. Il Signore che viene nell’umile Ostia verrà anche nella gloria. Il Signore che è venuto a Betlemme verrà con i Suoi angeli. Il Signore che viene nella Scrittura parla oggi come parlava allora. Il Signore che viene nella confessione assolve oggi come ha assolto il paralitico. Vegliate. Il Signore che viene nei poveri sta alla porta in cerca di carità. Il Signore che viene nel sacerdote alza la mano per benedire. Il Signore che viene nella grazia dilata il cuore perché Lo accolga. Tutte queste Venute confluiscono nell’Adventus di Cristo.

Preparate il vaso della vostra anima attraverso lo svuotamento di voi stessi nella confessione. Cominciate innalzando l’anima con le parole del salmista. Cominciate aprendo le Scritture. Cominciate disponendo il cuore alla Santa Comunione. Cominciate rivestendo l’armatura della luce. Le porte che sbattono nel mondo – anche quando a sbatterle sono i suoi stessi custodi – possono aprire opportunità inattese se l’anima è vigile e gli occhi non sono fissi sulla polvere. Alzate la testa.
P. John Zuhlsdorf – 30 novembre 2025

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