Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 24 febbraio 2014

Riprende il Rito Domenicano a Roma

Conoscevo già questa stupenda notizia, per averla appresa direttamente dal Priore, Padre John Cunningham; ma prima ancora di condividerla con voi, sono stata preceduta dagli amici statunitensi di New Liturgical Movement.

Ho saputo e ho il piacere di annunciarvi che, a partire da sabato 8 marzo, sarà celebrata pubblicamente la Messa bassa in Rito Domenicano nel priorato di San Clemente al Laterano affidato alla cura dei frati della Provincia Irlandese.

ogni Sabato alle ore 9:30 a.m.
 Priorato di San Clemente,
Via di San Giovanni in Laterano, Roma.

Si tratta davvero di una bella notizia,  ed effettivamente, se non sbaglio, questa è la prima Messa settimanale nel nostro Rito regolarmente inserita nelle celebrazioni al di fuori della Provincia Domenicana ed Occidentale. Mi aspetto che ce ne saranno presto altre.

15 commenti:

Anonimo ha detto...

quali sono, in sintesi, le differenze del rito antico domenicano con quello romano?

grazie,
basemarom

mic ha detto...

Mi informerò e le dirò, se qualche volenreroso lettore che le conosce non mi precede.
Nel Frattempo ricorfo che è il rito celebrato da Grgorio Magno, S. Tommaso d'Aquino, non modificato dal Messale di San Pio V perché tra quelli di consolidata tradizione.

mic ha detto...

"Infine il sacro Concilio, obbedendo fedelmente alla tradizione, dichiara che la santa madre Chiesa considera come uguali in diritto e in dignità tutti i riti legittimamente riconosciuti; vuole che in avvenire essi siano conservati e in ogni modo incrementati; desidera infine che, ove sia necessario, siano riveduti integralmente con prudenza nello spirito della sana tradizione e venga loro dato nuovo vigore, come richiedono le circostanze e le necessità del nostro tempo.". (SC, 4)

Intanto parla di "conservazione", ma già contiene in nuce i germi dell'innovazione (che si è rivelata riforma) "riveduti integralmente con prudenza", quando le circostanze... (fessure che hanno aperto voragini ad opera degli applicatori)

Lo spirito del concilio in effetti ha spinto i domenicani ad abbandonare il proprio Rito per il NO per "ragioni pastorali" (ovvie rimarchevoli differenze).

Ora in molti ritornato soprattutto in area statunitense.

Anonimo ha detto...

abbandonare il proprio Rito per il NO per "ragioni pastorali"
....
ovvio: hanno fatto tutto in funzione dell'uomo
INVECE, in questa omelia sotto linklata,
DON RETO NAY spiega:

che significa "rinnegare se stessi", rinnegare l'intelletto umano per pensare secondo Dio

Smettere di costruire una Chiesa per l'uomo, ma fare tutto per Dio, secondo la misura di Dio.....

se rinneghiamo noi stessi, Dio prenderà possesso di noi, del nostro pensare e del nostro volere

http://it.gloria.tv/?media=563745

Stefano78 ha detto...

Lo spirito del concilio in effetti ha spinto i domenicani ad abbandonare il proprio Rito per il NO per "ragioni pastorali" (ovvie rimarchevoli differenze).


Infatti siamo andati ben oltre le richieste conciliari, le quali parlano di revisione, sebbene integrale, dello stesso rito, nello spirito della SANA TRADIZIONE, e non di ABOLIZIONE del rito (sebbene di fatto e non di diritto). Men che meno di creazione ex-novo di un altro rito.

Anonimo ha detto...

1/3
Di peculiare nel rito domenicano c’era, ad esempio, questo: che la preparazione del calice si faceva all’inizio della Messa, appena il sacerdote arrivava all’altare.
Le preghiere d’introduzione omettevano del tutto il salmo 42 (Introibo ad altare Dei) e il confiteor era molto breve, più o meno come quello attuale del rito romano.
Sorvolando sulle altre differenze, mi limito a riportarvi che cosa si legge sulla genesi nel Messale domenicano, edizione italiana del 1959; comunque il fedele che assiste per la prima volta ad una funzione domenicana si rende immediatamente conto di alcune divergenze dal rito romano. L’impressione riportata dal santo Sacrificio - in particolare - è di una sostanziale identità nel nucleo centrale, e di un considerevole sveltimento nelle parti che precedono il «prefazio» e seguono il Pater.
Questa impressione risponde al vero, perché tutto il canon actionis in cui si compie veramente l’azione liturgico si ritrova identico nel rito domenicano; le divergenze, invece, ricordano la genesi della liturgia domenicana rappresentando uno stadio di evoluzione di quella romana.
Ecco il testo:
"Le origini storiche della liturgia domenicana sono avvolte da incertezze ed è impossibile individuarne con precisione le componenti.
Disseminati dal Fondatore nel mondo (1217), i Frati Predicatori adottarono in un primo tempo le liturgie locali. Furono le assise generaliche, adunando ogni anno i rappresentanti di tutte le province, imposero l’urgente problema di unificazione liturgica: la preghiera comune, a motivo dei diversi usi, diveniva in quella circostanza quasi impossibile.
Dopo un inutile tentativo (tra il 1228 e il 1235) l’ardua impresa fu condotta a termine da Umberto di Romans, quinto Maestro Generale, tra il 1251 e il 1256. In questo medesimo anno ottenne l’approvazione dell’Ordine e il 7 luglio 1267quella del sommo pontefice Clemente IV (l’archivio della curia domenicana conserva un esemplare della prima redazione e nel British Museum esiste la copia personale del Maestro dell’Ordine). Immediatamente si moltiplicarono e diffusero copie (a Salamanca rimane quella destinata alla Provincia di Spagna) e si raggiunse la sospirata uniformità. Doveva trattarsi di un lavoro eccellente se altre famiglie religiose e persino alcune diocesi l’adottarono come liturgia ufficiale.
Risparmiata dalla riforma del 1570 di san Pio V, la liturgia domenicana rimase pressoché intatta fino ad oggi, pur essendosi arricchita di feste del ciclo santorale. La maggior innovazione - per ciò che riguarda la messa - avvenne nel 1600 quando epistole e vangeli domenicali furono resi identici a quelli del rito romano e si rifuse l’ordo missae.
Appunto per le circostanze ambientali in cui nacque, la liturgia domenicana subì l’influsso di quella francese e, più propriamente, di quella in uso a Citeaux. Ancor oggi non è difficile incontrare pericopi, melodie, anche feste, ignorate dal rito romano e di origine evidentemente gallicana. Enrico di Herfort, un domenicano del secolo XIV, dice infatti che Umberto di Romans seguì la falsariga della liturgia gallicana. Questa espressione non va,tuttavia,

Anonimo ha detto...

2/3
fraintesa perché l’intervento di papa Paolo I (verso il 760) e di Adriano I (verso il 788) aveva segnato la fine dell’antica liturgia gallicana con una celebre riforma che sin dal secolo IX aveva imposto il rito romano a tutto l’impero carolingio.
La base su cui crebbe la liturgia domenicana era perciò essenzialmente romana, anche se colorita da elementi residui, conservati dalla tradizione popolare e dalla resistenza di alcuni vescovi e abati alla radicale trasformazione carolingia.
* * *
Quale importanza rivesta per il Frate Predicatore la preghiera liturgica e quali risonanze abbia sulla sua vita spirituale, risulta chiaro dalla natura canonico-apostolica dell’Ordine.
Il contemplata, nel pensiero di san Domenico e nella sua opera, si realizza anzitutto nel servizio (ciò significa, appunto, liturgia) divino, praticato in forma solenne e ufficiale. Da questa atmosfera ecclesiale si origina il secondo elemento architettonico della vita domenicana, il tradere, inteso come annuncio evangelico, manifestazione apostolica e arricchimento personale.
E proprio all’integrazione della vita canonicale con quella missionaria - punto nevralgico della spiritualità domenicana - il Frate Predicatore è sapientemente iniziato dal ciclo liturgico; in esso egli rivive con cuore di teologo i grandi misteri della fede (Incarnazione e Trinità), per sperimentarne poi l’irresistibile impulso missionario nei periodi delle «manifestazioni» (tempo dopo l’Epifania e tempo dopo la Pentecoste). L’austera disciplina monastica che ebbe tanto posto nella legislazione dell’ordine, riceve a sua volta un’inquadratura liturgica e una dimensione «cattolica» nel vibrante richiamo penitenziale che contraddistingue i due rispettivi cicli preparatori: Avvento e Quaresima.
Le Costituzioni Domenicane hanno cercato di imprimere a tutta l’ufficiatura (di cui la messa è espressione suprema) questo ritmo apostolico, di sintonizzarla alla vocazione di soldati leggeri della Chiesa: breviter et succincte - esse dicono - con brevità e snellezza. Ridondanze, sviluppi decorativi, ampollosità, vengono metodicamente ridotti o scartati a tutto vantaggio di una maestosa e lineare semplicità contemplativa; la stessa preghiera corale è contraddistinta da sobrietà e concisione, in perfetta armonia con la natura teologica della pietà domenicana.
Brevità - del resto - solo apparente; ogni parola di salvezza che esce dalle labbra del Predicatore non può conoscere soluzione di continuità da quella scandita all’altare e in coro: ne è anzi il compimento, l’eco più immediata e fedele.
La preghiera liturgica in questa sua specifica forma solenne, non è quindi elemento sussidiario, accorgimento tecnico suscettibile di riduzioni o abolizione. Essa è la scaturigine stessa della vita domenicana, l’ordito da cui emana e si articola, l’atmosfera in cui nasce, si sviluppa e fruttifica; in una parola: la sua giustificazione.
* * *

Anonimo ha detto...

3/3
Presentando alle anime domenicane d’Italia questa seconda edizione del Messale, non possiamo tralasciare di ricordare la devozione del santo Padre Domenico durante la celebrazione della messa, l’abbondanza di lacrime tra le quali fioriva il suo ardente colloquio con Gesù, le notti insonni ai piedi del tabernacolo, il consiglio tante volte ripetuto ai suoi figli: «Parlate con Dio!».
Alla luce di questi esempi la prima generazione domenicana intese la liturgia come servizio divino nella Chiesa, omaggio di lode - attraverso il Cristo - alla Trinità augusta, e sintetizzò perfettamente l’ideale del Fondatore in tre parole: LAUDARE - BENIDICERE – PRAEDICARE”.

AICI

Anonimo ha detto...

Si legga qui:
http://traditioliturgica.blogspot.it/2014/02/lascio-ai-lettori-giudicare.html
Grazie!

Anonimo ha detto...

A Rorate Caeli, l'editore ci chiama di andare a Santissima Trinità dei Pellegrini...

Vedo che il più che chiudono o ostacolano la Messa Tradizionale a Roma, il più che suono le voci in favore di unica chiesa per il rito...

è un tipo di campo di concentramento...

Romano

Anonimo ha detto...

OT
Vi segnalo un bell'articolo di Riccardo Cascioli riguardo alla discutibile relazione del card Kasper sui divorziati-risposati al recente Concistoro. Strano, quasi nessuno ha preso posizione al riguardo:

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-il-matrimoniola-seconda-chancee-la-misericordia-8524.htm

Marius

mic ha detto...

Grazie Marius. È ottimo.
Ne traggo spunto per un articolo che ci dia occasione di seguire e approfondire.

mic ha detto...

Caro Romano,
significa fare il gioco degli "epuratori".
È bene infatti far riferimento alla Trinità dei pellegrini, ma non esclusivo, sia perché Roma è vastissima e non si può pensare di coprire le esigenze di un aggregato urbano così ampio solo con una parrocchia personale.
Inoltre la FSSP, cui è affidata la parrocchia stessa, non brilla per iniziative formative e di vera e propria "pastorale", che implica ben altro oltre le celebrazioni.
Inoltre ancora non accettiamo di prestarci al gioco degli "epuratori" che è proprio quello di rinchiuderci in un ghetto e impedirci di diffondere e promuovere una pastorale tradizionale.

mic ha detto...

Ringeazio chi ha fornito le notizie sul Rito Domenicano.
Sono in attesa di ricevere approfondimenti, che sarò felice di conoscere e pubblicare, da parte di padre Nuara.

Anonimo ha detto...

Grazie per aver ben riferito l'ottima notizia! L.Moscardò