Nella nostra traduzione da Substack.com, l'"icona della Trinità" di Andrej Rublev è un punto di partenza ideale per contemplare ciò che deve sempre superare qualsiasi immagine o pensiero.
Iniziazione iconica al mistero della Santissima Trinità
Nell'avvicinarsi della grande festa della Santissima Trinità, che cade la domenica dopo la Pentecoste [in realtà ora l'abbiamo superata; ma il tema non perde la sua attualità -ndT], è opportuno meditare su questo mistero fondamentale della fede cristiana con l'ausilio della cosiddetta "icona della Trinità" dell'iconografo russo Andrej Rublev, completata tra il 1411 e il 1427, nello stesso periodo in cui Fra Angelico dipingeva i suoi primi capolavori nei pressi di Firenze.
Quest'immagine, come il mistero a cui allude, è inesauribile nella sua ricchezza: ogni dettaglio racchiude in sé un significato stratificato. In questo articolo seguirò, a tratti anche parola per parola, l'analisi di Pavel Evdokimov(1), così come le riflessioni di Padre Gabriel Bunge(2). Il mio scopo è quello di esaminare i tratti principali di questa icona affinché il suo messaggio possa diventare per noi un compagno nella nostra preghiera al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
Innanzitutto, cosa stiamo vedendo? È una raffigurazione della Trinità stessa? No. Il mistero della Divinità invisibile non può essere raffigurato dall'uomo; solo il Cristo incarnato può essere raffigurato così come apparve in carne, e lo Spirito può essere reso sotto forma di colomba e fiamme, ma il Padre non è mai stato mandato nel mondo in una missione visibile, e la Trinità in sé non può essere raffigurata se non in metafore che la alludono.
Ciò che vediamo, invece, è una somiglianza creata della Trinità, vale a dire la teofania narrata in Genesi 18, la cosiddetta “ospitalità di Abramo”.
Nel racconto biblico, tre misteriosi pellegrini visitano Abramo, il quale, presso la quercia di Mamre, li accoglie nella sua tenda, sacrifica un vitello per preparare loro un pasto e dispone il cibo davanti a loro su una tavola. Un testo liturgico orientale dice di questo racconto: "Beato Abramo, li hai visti e hai ricevuto la divinità, una e trina". Nella tradizione iconografica esistevano molte rappresentazioni precedenti di questa scena che attribuivano ad Abramo e Sara ruoli significativi, ma Rublev li omette completamente. La loro stessa assenza in questa rappresentazione ci invita a penetrare più a fondo nell'icona e a passare al secondo livello.
Ecco, tra l'altro, un esempio di una di quelle tipologie precedenti, da cui Rublev si stava consapevolmente allontanando:
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Ospitalità di Abramo, artista sconosciuto, ca. 1375-1400 |
Diamo un'occhiata più da vicino all'icona di Rublev:
L'“Eterno Consiglio dei Tre” ha davanti a sé l'economia della salvezza, il progetto di Dio dispiegato nella storia. Il paesaggio cambia significato:
- La tenda di Abramo diventa il tempio-palazzo;
- la quercia di Mamre diventa l'Albero della Vita;
- il cosmo è rappresentato da una coppa schematizzata posta su un altare;
- in questa coppa c'è la testa di un vitello offerta come cibo, il sacrificio eucaristico per la vita del mondo.
- Il fatto che l'altare e la coppa rappresentino il cosmo è sottolineato dai quattro angoli dell'altare e dal piccolo rettangolo posto su di esso, che richiamano i quattro punti cardinali.
Essendo trascendente e inaccessibile, la vita interiore di Dio come Trinità è solo accennata. Ciononostante, Rublev trova il modo di indicarla, seguendo la verità consolidata che l'economia della salvezza deriva e, in un certo senso, rispecchia le processioni delle Persone nella Divinità.
I tre personaggi sono raffigurati in una conversazione, probabilmente sul versetto del Vangelo di Giovanni: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito". Dio è amore in Sé stesso, nella Sua essenza trina, e il Suo amore per il mondo è il riflesso del Suo amore trinitario, la sua continuazione o estensione fino ai confini più remoti dell'essere. Il dono di Sé da parte di Dio non nasce né si traduce in una mancanza o una perdita; è piuttosto il traboccare della sovrabbondanza del Suo amore. Questo dono di Sé è rappresentato dalla coppa, che possiamo immaginare come un pozzo che non si prosciuga mai.
Gli angeli sono raggruppati attorno al cibo divino. Anche se questo cibo è una testa di vitello, in linea con il racconto della Genesi, ci viene subito in mente l'Agnello, di cui l'Apocalisse dice: l'Agnello è stato immolato fin dalla fondazione del mondo. L'amore, persino il sacrificio e l'immolazione che scaturiscono dall'amore, hanno preceduto la creazione del mondo e ne sono la fonte.
I tre angeli sono in pace: la pace suprema dell'essere in sé stessi pur essendo interamente per un altro o verso un altro. Osservate come l'immagine del Figlio (al centro) e l'immagine dello Spirito Santo (a destra) chinano dolcemente e graziosamente il capo verso la loro origine comune, il Padre (a sinistra), che, da parte sua, li guarda con sguardo fisso.
Eppure, questo riposo è anche movimento. Il movimento inizia con il piede teso dell'angelo a destra e prosegue attraverso la sua testa inclinata. Passa attraverso l'angelo centrale e trascina irresistibilmente con sé il cosmo: la roccia e l'albero. Il movimento termina nella posizione verticale dell'angelo a sinistra, dove entra in una posizione di riposo come in un contenitore.
Ciononostante, il movimento circolare continua con i piedi della figura a sinistra, che si protendono verso la figura a destra, completando così il cerchio e mostrando che questo movimento è continuo: nasce sempre di nuovo, e il cerchio non si interrompe.
Accanto a questo movimento circolare, il cui compimento ordina tutta l'opera, come l'eternità ordina il tempo, abbiamo il movimento verticale del tempio e degli scettri, che corrisponde alla verticalità dei troni:
Questi designano l'aspirazione del creato verso l'increato, del terreno verso il celeste, dove ogni movimento ascendente trova il suo compimento. Forse potremmo dire che in questi due movimenti vediamo agape, o amore che si dona, ed eros, o amore che anela, il primo che sgorga dall'abbondanza già posseduta, il secondo che nasce da un bisogno di essere colmato.
Il modo in cui Rublev dipinge gli angeli ci mostra la loro unità e uguaglianza: un angelo potrebbe essere sostituito da un altro. In questo modo, egli confessa la couguaglianza e l'identità essenziale delle Persone divine. La differenza tra loro deriva dall'atteggiamento personale di ciascuna verso le altre, eppure non vi è alcuna ripetizione o confusione. (L'oro splendente sulle icone designa la natura divina, la sua sovrabbondanza. Purtroppo, la doratura su questa icona del 1425 si è consumata, ma si può vedere, nelle aureole vuote, dove sarebbe apparsa.)
Le ali distese degli angeli avvolgono e ricoprono ogni cosa. Il contorno interno di tutte le ali, di un azzurro tenue, pone l'accento sull'unità e sul carattere celeste della natura divina. Un solo Dio e tre Persone perfettamente uguali: questo è ciò che esprimono gli scettri e i troni identici; sono segni dello stesso potere regale di cui ogni angelo è dotato. Sono anche rivestiti dello stesso tipo di vesti, ma queste vesti sono di colore diverso, per far risaltare la distinzione delle persone. L'unico colore che hanno in comune è, ancora una volta, un azzurro intenso.
L'azzurro del cielo (in cerchio) fa capolino attraverso le ali degli angeli; ogni angelo indossa una veste di un blu intenso (frecce)
L'angelo che rappresenta il PADRE, a sinistra, indossa una veste di un viola pallido che tende all'invisibilità; Egli è totalmente invisibile per noi, lo splendore della sua persona è quasi completamente velato (notate quanto sia nascosto il suo chitone blu). La casa che si erge immediatamente dietro di lui indica il Padre, perché "nella casa del Padre mio vi sono molte dimore" (Gv 14,2).
Sul corpo, l'angelo che rappresenta IL FIGLIO indossa un chitone viola scuro, decorato con due strisce dorate (solo una è visibile, a rappresentare le due nature, una visibile e l'altra invisibile), mentre come soprabito ha una clamide di un azzurro intenso. L'Incarnato è raffigurato come re e profeta: la regalità è simboleggiata dalla veste viola; la profezia, o rivelazione di Dio, dal manto azzurro, perché nel Figlio ci è stata rivelata la “gloria” di Dio, e i discepoli l'hanno “vista” e “ne danno testimonianza” (Gv 1,14; 1 Gv 1,2). L'albero che emerge alle spalle del Figlio simboleggia l'Albero della Vita, il Legno della Croce, poiché, come insegna San Giovanni, la Passione è l'“ora” in cui il Figlio manifesta la gloria di Dio.
L'angelo che rappresenta lo Spirito Santo indossa la clamide in modo da lasciare libero un braccio, il sinistro. Si noti che l'angelo che rappresenta il Figlio indossa la clamide in modo da lasciare libero il braccio destro. Questo è un riferimento all'insegnamento di Sant'Ireneo di Lione, il quale afferma che il Figlio e lo Spirito sono le "due mani" del Padre, attraverso le quali Egli opera ogni cosa.
La clamide dell'angelo dello Spirito è verde pallido, il colore liturgico usato nel periodo bizantino della Pentecoste e nel periodo post-Pentecoste della Chiesa occidentale, perché è il colore della vita nuova, della vita fresca nello Spirito, che è il "Signore e Datore di Vita". (Anche il terreno su cui si trovano tutte le figure è verde pallido). Dietro questo angelo si erge una roccia, simbolo della terra, il cui "volto è rinnovato" dallo Spirito (Sal 103:30). L'età dell'icona rende difficile distinguerla, ma ci sono prove che Rublev abbia dipinto la roccia come spaccata, un riferimento alla roccia spaccata dal bastone di Mosè, che fece sgorgare acqua viva per il popolo assetato (Es 17:6). Cristo interpretò i flussi di acqua viva come lo Spirito Santo (Gv 7:38).
L'albero della vita e la roccia spaccata
Tuttavia, poiché il Figlio e lo Spirito sono inseparabili, così i loro simboli sono reciproci: l'albero verde sopra il Figlio è anche segno della vita donata dallo Spirito, e la roccia sopra lo Spirito è anche segno di Cristo, la «roccia spirituale» (1 Cor 10,4).
Diversi altri dettagli di questo capolavoro sono degni di nota. I corpi degli angeli sono quattordici volte più grandi delle loro teste, rispetto alle sette volte normali degli esseri umani. Questa estensione accentua il loro carattere etereo e ultraterreno.
Le ali degli angeli e il modo schematico di trattare il paesaggio danno un'immediata impressione di immaterialità e leggerezza.
Non ci sono ombre. Nessun elemento riflette la luce naturale, ma ognuno emette una luce propria, una luce che sgorga da radici segrete. Stiamo scrutando qui, come attraverso uno specchio, la fonte stessa della luce, "presso la quale non c'è cambiamento né ombra di cambiamento" (Giacomo 1:17).
Come tutte le icone bizantine, anche questa impiega la prospettiva inversa – le cose più lontane sono più grandi o, almeno, non diminuiscono – per abolire la distanza e la profondità in cui tutto scompare all'orizzonte. Questo orizzonte iconico è caratterizzato dalla pienezza dell'essere, non dalla sua diminuzione, come appare a una prospettiva egocentrica (che si riflette nello stratagemma della "prospettiva a un punto" del Rinascimento occidentale). Le figure sono ravvicinate e quasi si sollevano dal pannello, a mostrare che Dio è qui e ovunque.
La prospettiva invita necessariamente anche l'osservatore, che è il "punto di fuga", a entrare nell'immagine. C'è una "quarta sedia" proiettata e implicita che aspetta che vi sediate e prendiate posto al tavolo dei Tre.
Ora lasciate che i vostri occhi si riposino e indugino ancora una volta sull'intera icona, tenendo presente ciò che abbiamo imparato; e lasciatevi trasportare dalla pericoresi, dalla reciproca dimora dell'Uno e del Trino, trascinati nella circolazione del loro amore eterno, che avviene anche nella vostra anima come tempio della Presenza Divina.
Peter Kwasniewski, 12 giugno_______________________________
1 L'arte dell'icona: una teologia della bellezza, 243–57.
2 La Trinità di Rublev.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
10 commenti:
Sulla figura del grande pittore di icone Rublev consiglio il bellissimo film (capolavoro) del 1966 scritto e diretto da Andrej Tarkovskij!
Personalmente queste spiegazioni sull'arte, sia pittura, sia scultura, sia musica, sia danza, sia letteratura, sia recitazione, sia ceramica, sia orificeria, sia quello che sia mi appesantiscono l'osservazione, l'ascolto, 'la degustazione'. Di solito osservo, osservo a lungo e ripetutamente, poi quando quel certo quadro, o brano musicale o altro mi ha risanato quel certo pezzetto dell'anima o dello spirito, passo ad altro.
Ricorda il titolo del film e se possiamo reperirlo in rete? Grazie
L'arte dell'icona non e' il solo libro di Pavel Evdokimov tradotto nella nostra lingua. Tra i tanti tradotti mi sembra giusto ricordare L'ORTODOSSIA e LE ETA' DELLA VITA SPIRITUALE , forse meno conosciuto ma estremamente penetrante.
L'icona cosi' bene descritta nell'articolo proposto rappresenta bene la centralita' della santissima Trinita' nel pensiero e nella tradizione russa.
Pensiamo a san Serafino di Sarov che illustra molto bene l'opera dello Spirito Santo nel suo colloquio con Motovilov.
Il titolo è proprio Andrei Rublev. Su YouTube si trova l'intero film (dura tre ore) ma soltanto in russo sottotitolato in inglese. In italiano si trovano però alcune scene significative.
Ho qui tra le mani un piccolo libro dal piccolo costo (6,50 €) pubblicato nel 2013 da Gribaudi ma ancora in vendita nei siti di e-commerce. Titolo :
SERAFINO DI SAROV.
15 meditazioni.
A cura di Michel Evdokimov.
Michel Evdokimov , sacerdote ortodosso e" mancato in questi giorni all'eta' di 94 anni.
Era figlio di Pavel .Evdokimov ed aveva insegnato all' universita' letteratura comparata ( francese , inglese , russa.)
Forse questo sito sta diventando "filoortodosso"? Si fa propaganda ad autori come Evdokimov, rispettabilissimi per carità, ma sempre scismatici ed eretici, nella misura in cui anche gli "ortodossi" sono eretici?
Venire ad esaltare a noi italiani cattolici, con la tradizione di arte sacra e non che abbiamo alle spalle, l'icona come esempio sublime di arte religiosa, fa come minimo sorridere.
Ricordo che poi proprio un discutibile concetto della S.ma Trinità (la questione del filioque) è stato utilizzato dai capi degli Ortodossi per rompere con Roma, parecchi secoli fa. Teologicamente, sembra che la questione del filioque si potesse in qualche modo accomodare. Ma furono i capi bizantini a voler rompere, per ragioni politiche soprattutto.
E da allora non risulta che abbiano cambiato opinione.
ar
Qui il film “Andrej Rublëv" in Italiano:
https://perestroika.it/film/andrej-rublev/
Testo bellissimo per il quale ringrazio Chiesa e Postconcilio (Mic).
Me lo gusterò dedicando qualche ora di meditazione nelle prossime settimane.
Abbiamo bisogno di contemplare il mistero divino e anche di maestri del contemplare. Certe occasioni non vanno sprecate per crescere nella sensibilità che riempie di grazia, ogni volta di più a partire dalla Santa Messa, il sacrificio eucaristico, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo.
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