Come spesso accade l'input viene dall'intervento di un lettore. Riprendo da un thread precedente un post molto centrato sulla realtà del nostro tempo, al quale avevo promesso risposta. Ritengo opportuno estrarre l'argomento dalla discussione per renderlo visibile qui, anche perché il discorso si intreccia con i riferimenti al rito - e ai suoi aspetti metafisici - dell'articolo precedente e in ogni caso è uno dei nodi da sciogliere per uscire dalla crisi che viviamo nella Chiesa e nel mondo moderni.
@Mic. Ringrazio per l'attenzione e cercherò volentieri di approfondire il discorso, tutt’altro che banale.Da ciò che lei scrive e da ciò che leggo spesso in giro sembra sia stato il CV2 la causa di questo aver messo al centro l’uomo, spodestando il Signore. Mi permetta di non essere d’accordo. Il CV2 c’entra nulla con l’attuale secolarizzazione e scristianizzazione della società occidentale. Innanzitutto è necessario osservare che oggi il cristianesimo, considerato a ragion veduta il tratto distintivo dell’Occidente, non ha più molta presa in un mondo sempre più laicizzato, secolare, agnostico, quando non ateo e non certo a causa del CV2.Lo strumento potentissimo che cinquant’anni fa ha dato origine alla “rivoluzione antropologica” cui mi riferivo e che continuerà a monopolizzare sempre più il futuro dell’uomo è la tecnica, braccio operativo della scienza, che in pochi anni ha prodotto un cambiamento profondo e radicale nel modo di essere uomini e donne. Cinquant’anni fa la biochimica ha sciolto l’atavico nesso che legava il piacere sessuale alla riproduzione e da lì è iniziata la rivoluzione della società umana.Concludo: non a caso uno dei maggiori problemi dell’oggi è che si continua a procedere con categorie umanistiche per interpretare un mondo che umanistico non è più. Capita sempre più spesso di dover valutare dei problemi squisitamente tecnici con una strumentazione morale ed etica inadeguata. Mario
La secolarizzazione e la scristianizzazione sono fenomeni che vengono da lontano e che non dipendono dal Concilio. Ma il Concilio, lungi dal trovare e dunque applicare le soluzioni adatte ai problemi del nostro tempo, non ha fatto che aggravarli accogliendo le istanze della modernità anziché fecondarle con i principi che la Chiesa custodisce e di cui è portatrice. Nel ribadire che l’antropocentrismo conciliare è confermato da diverse analisi; per cui rimando alle numerose pagine di questo blog rintracciabili con la parola-chiave dal motore di ricerca, penso sia necessario approfondire le conoscenze di psicologia e antropologia da una prospettiva non soltanto materialista e pertanto riduttiva. Non entro qui nei dettagli riferiti alla bioetica -tema attuale molto pressante e da sviluppare a parte- per tenere il discorso nelle linee generali.
Innanzitutto affermo che la "rivoluzione antropologica" di cui si parla non può cambiare l'interiorità profonda e l'essenza dell'UOMO (essere umano uomo e donna) di creatura voluta amata e redenta dal Suo Creatore, che trova la sua vera dignità e libertà nell'essere a Lui ordinata e dunque nel rapporto personale e comunitario con Lui. Ciò che cambia sono i 'gusti' le 'mode' le 'contingenze' (cioè situazioni e conseguenze); ma l'essenza dell'uomo è quella che è. Inoltre o è portata alla sua pienezza d'essere, in Cristo, oppure non è nulla!
La dissoluzione dell'identità cristiana nell'Occidente discende dai Lumi e oltre. Essa trova il suo culmine oggi attraverso lo storicismo e l'antropocentrismo veicolati nella Chiesa anche dallo "spirito del concilio" tuttora imperante. Dir questo non significa non avere il senso della storia o sminuire l'uomo; ma situarlo al suo posto, cioè orientato e ordinato al Creatore e non come centro di tutto.
Quanto all'identità cristiana non è che l'appartenenza a Cristo nella Sua Chiesa e la sua visibilità attraverso l'annuncio e la testimonianza non solo a parole (che pure servono per veicolare il pensiero) ma nella concretezza del vivere quotidiano. Con scelte e atti tanto più gravi e impegnativi e responsabili, quanto più alta è la carica rivestita e conseguente responsabilità. Il che purtroppo non sembra sempre coincidere, oggi, con parole a atti dei nostri pastori.
Innanzitutto affermo che la "rivoluzione antropologica" di cui si parla non può cambiare l'interiorità profonda e l'essenza dell'UOMO (essere umano uomo e donna) di creatura voluta amata e redenta dal Suo Creatore, che trova la sua vera dignità e libertà nell'essere a Lui ordinata e dunque nel rapporto personale e comunitario con Lui. Ciò che cambia sono i 'gusti' le 'mode' le 'contingenze' (cioè situazioni e conseguenze); ma l'essenza dell'uomo è quella che è. Inoltre o è portata alla sua pienezza d'essere, in Cristo, oppure non è nulla!
La dissoluzione dell'identità cristiana nell'Occidente discende dai Lumi e oltre. Essa trova il suo culmine oggi attraverso lo storicismo e l'antropocentrismo veicolati nella Chiesa anche dallo "spirito del concilio" tuttora imperante. Dir questo non significa non avere il senso della storia o sminuire l'uomo; ma situarlo al suo posto, cioè orientato e ordinato al Creatore e non come centro di tutto.
Quanto all'identità cristiana non è che l'appartenenza a Cristo nella Sua Chiesa e la sua visibilità attraverso l'annuncio e la testimonianza non solo a parole (che pure servono per veicolare il pensiero) ma nella concretezza del vivere quotidiano. Con scelte e atti tanto più gravi e impegnativi e responsabili, quanto più alta è la carica rivestita e conseguente responsabilità. Il che purtroppo non sembra sempre coincidere, oggi, con parole a atti dei nostri pastori.
Dunque possono cambiare le mode, i gusti, certi bisogni indotti, ma l'interiorità dell'uomo è la stessa di 2000 e anche più anni fa. La struttura psicologica e spirituale dell'uomo non cambia se non c'è un salto evolutivo e non mi pare che siamo a questo punto, altrimenti dovremmo pensare piuttosto ad una regressione dal punto di vista spirituale-etico a fronte e nonostante il grande progresso tecnologico... Le domande fondamentali sono sempre quelle: chi sono; perché sono qui; dove sto andando; con chi e perché; cosa c'è dopo la morte; cosa mi aspetta; che senso ha la mia vita, la mia storia (e il tutto volto al plurale). C'è solo un modo diverso per dire le stesse cose, che sono sempre quelle e saranno quelle fino alla fine dei tempi, finché ci sarà un uomo su questa terra. Se non rispondiamo a quelle domande fondamentali non diventiamo uomini, rimaniamo dei burattini manovrabili a piacimento dal potente di turno, di qualunque panno si vesta, politico, religioso, filosofico, altro...
La “rivoluzione antropologica” determinata dall’homo tecnologicus attuale manca degli strumenti concettuali (e conseguentemente delle realizzazioni corrispondenti) propri della metafisica, abbandonata per un linguaggio (e corrispondente prassi) secondo i parametri del personalismo storicista o del materialismo tout court.
Già nel 1957 ne parlava Pio XII nella Miranda prorsus (le meravigliose invenzioni tecniche), mentre il Decreto del Concilio Vaticano II Inter mirifica, del 4 dicembre 1963, tenta la comprensione spirituale delle nuove tecnologie, che sono fatte da e per l’uomo (non l’uomo per le tecnologie) e che, se non esprimono la signoria dello spirito sulla materia, lo portano alla rovina: «Tra le meravigliose invenzioni tecniche (Inter mirifica technicae artis inventa) che, soprattutto ai nostri giorni, l’ingegno umano, con l’aiuto di Dio, ha tratto dal creato, la Madre Chiesa accoglie e segue con speciale cura quelle che più direttamente riguardano lo spirito dell’uomo e che hanno aperto nuove vie per comunicare, con massima facilità, notizie, idee e insegnamenti d’ogni genere».
Il cambiamento epocale reso possibile dallo sviluppo tecnologico (pari a quello avvenuto con l’invenzione della stampa), se ben inteso e applicato nonché responsabilmente usato, riesce ad esprimere una forma di anelito alla «trascendenza» rispetto alla condizione umana nei modi propri del nostro tempo, ferme restando le premesse antropologiche di cui sopra. Non ignoriamo il cambiamento che il mezzo (che equivale al messaggio) già induce di per sé; ma di esso bisogna essere consapevoli per dominarlo e incanalarlo in maniera giusta per non lasciarsene dominare e dunque per non subire anziché gestire il cambiamento stesso. È una consapevolezza che ho maturato da tempo, tanto che nel 1995 ci ho scritto un piccolo saggio (riedito nel 2001).
Ne parla più recentemente Benedetto XVI nella Caritas in veritate, n.69 e in molti discorsi in occasione delle Giornate delle Comunicazioni sociali.
La «cybertecnologia », che ha creato il «cyberspazio» di cui ci serviamo anche noi, per la rapidità e la quantità (se non sempre per la qualità, ma basta saper scegliere) delle sue connessioni, rappresenta davvero bene il desiderio dell’uomo di una pienezza che tuttavia lo precede e lo supera sempre tanto a livello di presenza quanto di relazione e di conoscenza. Ed è proprio nella ricerca di questa pienezza che devono incrociarsi ed integrarsi spiritualità e tecnologia.
Cito un'affermazione molto calzante di padre Lanzetta FI:
Per molti, infine, il vero problema oggi nella Chiesa sono le cose che non vanno, questo o quel gruppo. I tradizionalisti o, per altri, i progressisti. Questa è una visione piuttosto pragmatica della realtà: la bontà di un'azione la si giudica dal risultato degli effetti e non dall'in sé, dall'oggettività. Non è la prassi che non va ma le idee. Forse perché mancano. Manca uno sguardo metafisico su Dio e sull'uomo, e questo ci impedisce di rivolgerci al vero problema. Se solo riuscissimo a vederlo avremmo già fatto un grande passo in avanti. Saremmo cioè già usciti dalla mentalità della prassi, che ahimè domina. Molto spesso a discapito del Concilio. Ma soprattutto della Chiesa.
La vera crisi non è altro che la crisi della Chiesa in quanto mistero. Il vero nodo teologico è riconducibile allo smarrimento proprio del concetto metafisico di partecipazione del mistero-Chiesa. E così la teologia si riduce ad antropologia. Infatti la teologia stava già da tempo coniando un nuovo linguaggio, accantonando per lo più quello metafisico-scolastico, per fare posto a quello più moderno, che sfocerà, poi, nell'adozione di una filosofia esistenzialista e fenomenica.
In quella che oggi viviamo come difficoltà ermeneutica si nasconde la carenza della metafisica: è un problema di forma e di sostanza: la modernità fa perdere chiarezza accusando il dogmatismo normativo, ma accantonare la metafisica è significato accantonare la fede che è messa in un angolo. Occorre che nella Chiesa torni a risplendere il fuoco del dogma. Anche di questo ho scritto.
Nel frattempo, le spinte rivoluzionarie impresse dal nuovo magistero liquido e dalla prassi scissa dalla dottrina stanno inserendo la Chiesa in un alveo nuovo difficilmente coniugabile con le verità di cui essa è portatrice e dalle quali non si può prescindere. E la prassi di fatto imprime di per sé cambiamenti che richiederebbero interventi ben consapevoli atti a governarli anziché subirli come sta avvenendo. Infatti, se è vero che la dottrina può trasformarsi in ideologia nel momento in cui, da descrizione oggettiva della realtà, si risolve in teoria astratta da imporre alla realtà, non c'è alcun dubbio che il primato della prassi sull’ortodossia è, in sé, ideologia allo stato puro. Quel che ciò provoca e che sostanzialmente cambia, è l'atteggiamento dell'uomo nei confronti di Dio, che si risolve nel suo autocentrarsi: non è altro che il perpetuarsi, in una delle sue tante facce - oggi quella dell'homo tecnologicus - della nefasta hybris originaria vinta da Cristo Signore e vincibile soltanto in Lui. È per questo che se la tecnica, dal greco τέχνη (téchne) - latino ars-arte, scade a tecnicismo e si impone come fine anziché come strumento, l'uomo non riesce più a porsi quei limiti imposti dall'etica e non accetta il fatto che non è giusto ed è nello stesso tempo dannoso realizzare prometeicamente tutto ciò che è possibile. Ciò lo allontana dal suo fine ultimo perso di vista perché prescinde dal distinguere ciò che è bene da ciò che è male per operare le conseguenti scelte consapevoli e responsabili. Il Trans-umanesimo così esaltante nelle promesse non è altro che l'esito ultimo del nichilismo post-moderno foriero di autodistruzione. Agere sequitur esse et non praecedit illud.
Occorre uscire dall'ossessione della modernità : l’idolatria del novum che vede ogni novità migliore aprioristicamente per il solo fatto che è nuova, ampliando indiscriminatamente e prometeicamente l'orizzonte del lecito a tutto il possibile.
Ineludibile il pensiero che segue del Venerabile Fulton J.Sheen, 1943:
Per corrispondervi, non si può adottare una verità a proprio uso e consumo, ma bisogna farsi ascoltatori adoratori e custodi di ciò che il Signore, nella Rivelazione apostolica ci ha già consegnato, dal cui tesoro estraiamo nova et vetera.
Cito Cornelio Fabro. Ovvio che ciò che vale per la Chiesa si riverbera nel 'mondo':
A questo riguardo, il pensiero corre sempre più ai «veilleurs débout» le sentinelle in piedi non più solo francesi, ai quali ci sentiamo profondamente uniti. Ma anche di questo - che apparentemente è un altro discorso - dovremo riparlare, approfondendo. E si può essere sentinelle-in-piedi, e perciò deste e attente, fiaccole accese, anche semplicemente in un angolo sperduto e solitario in pieno nascondimento. Come nel caso di chi pur silenziato o posto nella più completa impotenza dal punto di vista umano, continua a gridare dal cuore e ad esser fedele nella vita. Mi vengono in mente anche quei consacrati, la cui anima tradizionale soffre e geme nella solitudine più pesante, in contesti religiosi o diocesani completamente inquinati e de-formati dalle tendenze dominanti.
Nel frattempo, le spinte rivoluzionarie impresse dal nuovo magistero liquido e dalla prassi scissa dalla dottrina stanno inserendo la Chiesa in un alveo nuovo difficilmente coniugabile con le verità di cui essa è portatrice e dalle quali non si può prescindere. E la prassi di fatto imprime di per sé cambiamenti che richiederebbero interventi ben consapevoli atti a governarli anziché subirli come sta avvenendo. Infatti, se è vero che la dottrina può trasformarsi in ideologia nel momento in cui, da descrizione oggettiva della realtà, si risolve in teoria astratta da imporre alla realtà, non c'è alcun dubbio che il primato della prassi sull’ortodossia è, in sé, ideologia allo stato puro. Quel che ciò provoca e che sostanzialmente cambia, è l'atteggiamento dell'uomo nei confronti di Dio, che si risolve nel suo autocentrarsi: non è altro che il perpetuarsi, in una delle sue tante facce - oggi quella dell'homo tecnologicus - della nefasta hybris originaria vinta da Cristo Signore e vincibile soltanto in Lui. È per questo che se la tecnica, dal greco τέχνη (téchne) - latino ars-arte, scade a tecnicismo e si impone come fine anziché come strumento, l'uomo non riesce più a porsi quei limiti imposti dall'etica e non accetta il fatto che non è giusto ed è nello stesso tempo dannoso realizzare prometeicamente tutto ciò che è possibile. Ciò lo allontana dal suo fine ultimo perso di vista perché prescinde dal distinguere ciò che è bene da ciò che è male per operare le conseguenti scelte consapevoli e responsabili. Il Trans-umanesimo così esaltante nelle promesse non è altro che l'esito ultimo del nichilismo post-moderno foriero di autodistruzione. Agere sequitur esse et non praecedit illud.
Occorre uscire dall'ossessione della modernità : l’idolatria del novum che vede ogni novità migliore aprioristicamente per il solo fatto che è nuova, ampliando indiscriminatamente e prometeicamente l'orizzonte del lecito a tutto il possibile.
Ineludibile il pensiero che segue del Venerabile Fulton J.Sheen, 1943:
La superstizione del Progresso si impone nelle classi scolastiche. Questa superstizione confonde l’avanzamento meccanico con un miglioramento morale. Il progresso nelle ‘cose’ non è necessariamente un progresso nelle ‘persone’.Novità non è sempre progresso. E, poi, bisogna star ben attenti all'"assedio delle parole"... Progresso, non è progressismo che assolutizza l'innovazione e diviene ideologia. Progresso di per sé significa "avanzamento verso il proprio compimento". Dunque né la Chiesa militante né il cristiano sono esclusi dal progresso, che appartiene al divenire della storia, ma loro compito è fecondare la storia e assicurarne il compimento secondo il progetto di Dio, con Lui collaboratori nella "nuova creazione" inaugurata in e da Cristo Signore e affidata alla Sua Chiesa. Ed è progresso se davvero va nella direzione del fine già rivelato dal Padre in Cristo, altrimenti diventa inesorabilmente regresso.
Gli aeroplani andranno più veloci, ma l’uomo non diventa necessariamente più felice. Il progresso in campo medico non è necessariamente un progresso in campo etico. Il tempo non funziona sempre in favore di un miglioramento umano; poiché l’uomo è malato, il tempo non lo fa necessariamente stare meglio. Fino a quando il male non viene corretto, il tempo opera in favore della malattia, del decadimento e della morte.
La superstizione del Progresso nega la responsabilità umana. Il vero progresso è eticamente e non cosmicamente condizionato; non dipende dal raffinare gli istinti animali, ma dal loro volontario controllo attraverso l’intenzione umana.
La barbarie non è dietro di noi; è sotto di noi. E può emergere in qualunque momento, a meno che la nostra volontà, aiutata dalla grazia di Dio, la reprima. La storia va creando sempre maggiori possibilità di guerre e caos. La scienza è un valido e necessario modo di conoscere.
Nessuno è finora mai riuscito ad instillare l’amore materno in una provetta, eppure chi è capace di negarne la realtà? Il nostro progresso scientifico ha sorpassato il nostro progresso morale. La gioventù moderna è rivoluzionaria perché non ha scopo nella vita e dunque dubita del valore del vivere tra molti. Noi stiamo pagando la punizione per aver fatto divorziare la nostra scienza da Dio. Quella scienza, che doveva essere al nostro servizio, è ora la nostra padrona. Forse faremmo meglio a ritornare di nuovo a Dio!
Per corrispondervi, non si può adottare una verità a proprio uso e consumo, ma bisogna farsi ascoltatori adoratori e custodi di ciò che il Signore, nella Rivelazione apostolica ci ha già consegnato, dal cui tesoro estraiamo nova et vetera.
Cito Cornelio Fabro. Ovvio che ciò che vale per la Chiesa si riverbera nel 'mondo':
La difficoltà e la prova della fede è quella di essere nuovi nell’antico ed originali nel permanente, poiché appartiene all’uomo di essere produttivo con la libertà nell’ambito della verità ad ogni livello, anche in quello della fede e della salvezza. Lo spirito non è un canestro che riceve passivamente, ma un principio che attua se stesso «dirimendo» con la scelta l’alternativa della sua salvezza. È questo il progresso nella continuità e fedeltà alla tradizione secondo la regola aurea di Vincenzo di Lérins, entrata nei testi autentici del magistero: «Insegna le stesse cose che hai imparato così che dicendo in modo nuovo non dica cose nuove. Ma non ci sarà allora, si chiede subito, nella Chiesa di Cristo nessun progresso? E come! risponde, e grandissimo. E chi è mai l’uomo tanto invidioso agli uomini, tanto odioso a Dio che cercherebbe d’impedire questo? Beninteso, dev’essere un progresso, non un cambiamento: un autentico aumento per ciascuno e per tutti, per ogni uomo e per tutta la Chiesa ma nel medesimo dogma, nello stesso senso e nella stessa formula».Il nostro compito si manifesta sempre più come quello -nel nostro piccolo- di sentinelle, vigilanti e oranti, ma anche di testimoni; e dunque fiaccole accese dell'unica Luce che illumina libera e salva: Cristo Signore. Nel luogo in cui ognuno di noi è, anche nel nascondimento, non necessariamente da un blog o sulla pubblica piazza.
A questo riguardo, il pensiero corre sempre più ai «veilleurs débout» le sentinelle in piedi non più solo francesi, ai quali ci sentiamo profondamente uniti. Ma anche di questo - che apparentemente è un altro discorso - dovremo riparlare, approfondendo. E si può essere sentinelle-in-piedi, e perciò deste e attente, fiaccole accese, anche semplicemente in un angolo sperduto e solitario in pieno nascondimento. Come nel caso di chi pur silenziato o posto nella più completa impotenza dal punto di vista umano, continua a gridare dal cuore e ad esser fedele nella vita. Mi vengono in mente anche quei consacrati, la cui anima tradizionale soffre e geme nella solitudine più pesante, in contesti religiosi o diocesani completamente inquinati e de-formati dalle tendenze dominanti.
66 commenti:
a “rivoluzione antropologica” determinata dall’homo tecnologicus attuale manca degli strumenti concettuali (e conseguentemente delle realizzazioni corrispondenti) propri della metafisica, abbandonata per un linguaggio (e corrispondente prassi) secondo i parametri del personalismo storicista o del materialismo tout court.
Io, più che verso il materialismo, rivolgo l'accusa contro l'idealismo, che ha diffuso il concetto che la "realtà" è una cera molle che possiamo plasmare secondo i nostri capricci. Da ciò sorge l'ideologia di genere, il desiderio di separe definitivamente piacere e procreazione, etc.
Comunque, poco fa parlavo con mio figlio proprio di qualche cosa di simile a ciò che afferma la carissima "Mic". Ovvero che noi, GIUSTAMENTE, ridiamo e consideriamo, quanto meno, "limitata" la concenzione del mondo che avevano TANTO i Pellerossa (pardon i "Nativi Americani"), QUANTO gli antichi Indù. Curiosamente, sia gli Indiani dell'india, che gli Indiani d'America, pensavano che l'universo era posta sulla guglia di una colonna, a sua volta posizionata sul guscio di una tartaruga. Sulla base di questa visione del mondo, e dei relativi anessi e connessi avevano organizzato la loro vita, e,per quel che chiedevano loro dalla vita, in definitva, funzionava. Non è che, verrà il giorno in cui la nostra fiducia nella scienza e nella tecnologia verrà considerata alla stregua della credenza (e magari pure "dell'ARMADIO"-perdonate la battuta infelice!-) nella tartaruga? SOLO DIO è VERACE! Solo Lui ci può offrire le categorie per aorganizzare la nostra vita. Già ho rivolto questo invito: leggetevi Benson: "L'ALBA DI TUTTO"( Ed. Fede & Cultura). Vedrete descritta la seria possibilità di come può essere un mondo dove Cristo ha vinto.
Buona & Santa Domenica e pregate per me.
Gentile Mic, buona domenica. Le devo riconoscere che l’argomento si presta e lei ha mantenuto una promessa nel riprenderlo. Grazie!
La tecnica è strumento potentissimo con cui, è bene ricordarlo, l’uomo ha e avrà una convivenza sempre più difficile ed è necessario allora delimitarne bene i contorni per capire la natura del “nemico”, altrimenti se ne perde di vista le potenzialità, commettendo l’errore di sottovalutarlo.
La tecnica, da non confondere con la tecnologia, è il braccio operativo della scienza e la scienza non osserva il mondo per contemplarlo, la scienza guarda il mondo per trasformarlo. La tecnica non usa un linguaggio superfluo, sovrabbondante, logorroico, ne usa invece uno funzionale, preciso, matematico, rigoroso e rappresenta la forma più alta di razionalità raggiunta dall’uomo e la logica con cui opera è ottenere il massimo risultato con l’impiego minimo di risorse ed è qui che nascono i guai.
L’errore di fondo è che persiste la concezione secondo cui la tecnica è uno strumento nelle mani dell’uomo: non è più così. La tecnica è diventata il soggetto della storia e l’uomo il suo obbediente funzionario. Che cosa si richiede oggi a una persona che lavora? Di diventare un perfetto esecutore, metodico, preciso, efficiente e funzionale. A guardar bene sono le caratteristiche con cui abbiamo definito la tecnica.
La storia c’insegna che il mondo nel suo divenire non ha mai posto molta attenzione alla dignità dell’uomo. Oggi, immersi nell’età della tecnica le cose non vanno meglio e sempre più individui hanno legittimità sociale soltanto se funzionali agli interessi di un apparato. Un immigrato per esempio ha diritto di cittadinanza se produttore di beni, quindi è il bene prodotto che giustifica la sua esistenza, non è la sua dignità di essere umano, che ha diritto a qualcosa. L’uomo è dunque per lo più considerato un mezzo e la morale kantiana, che auspicava l’uomo fosse trattato sempre come un fine non si è mai realizzata e credo mai si realizzerà.
Mic scrive: “Ovvio che la secolarizzazione e la scristianizzazione sono fenomeni che vengono da lontano e che non dipendono dal Concilio. Ma il Concilio, lungi dal trovare e dunque applicare le soluzioni adatte al nostro tempo, non ha fatto che aggravarli accogliendo le istanze della modernità anziché fecondarle con i principi che la Chiesa custodisce e di cui è portatrice”.
Io non credo che il CV2 abbia soltanto accolto le istanze della modernità anziché fecondarle con i principi della Chiesa: i principi non negoziabili sono gli stessi di ieri. Ciò che invece è venuto meno in modo palese è quel presupposto necessario per accogliere un qualsiasi insegnamento, cioè l’interesse non superficiale all’ascolto. Ad aggravare le cose, conseguenza diretta di quella “rivoluzione antropologica”, figlia della tecnica, che in pochi anni ha prodotto un cambiamento profondo e radicale nel modo di essere uomini e donne è scomparsa, anche in chi crede, la percezione della maggior parte dei “peccati”.
A questo proposito appare significativo quanto scritto da Messori qualche tempo fa: "Chi, oggi, pur tra coloro che si definiscono cattolici e che si accostano ai sacramenti, chi penserebbe a escludere dalla sua vita coniugale gli anticoncezionali; o a distogliere il parente divorziato dal risposarsi; o a vietare alla figlia i rapporti sessuali con il compagno; o a dissuadere le coppie dalle convivenze, esortando alle nozze? Il praticante cattolico medio europeo sembra coincidere, nella prassi morale, col laico della postmodernità, senza differenze rilevanti". Mario
Grazie Mario per la sua replica, che offre ulteriori spunti e merita ulteriori approfondimenti.
Anche questa volta devo farle la promessa di darmene il tempo, anche per la riflessione che è giusto dedicarvi.
Su questo che quoto di seguito mi trova in parte d'accordo. Ma è solo un aspetto.
Io non credo che il CV2 abbia soltanto accolto le istanze della modernità anziché fecondarle con i principi della Chiesa: i principi non negoziabili sono gli stessi di ieri. Ciò che invece è venuto meno in modo palese è quel presupposto necessario per accogliere un qualsiasi insegnamento, cioè l’interesse non superficiale all’ascolto.
Una prima molto immediata e parziale replica, in base a ciò che mi suscitano queste parole.
Nella civiltà dell'immagine, l'immagine 'parla' con immediatezza e il suo messaggio 'passa' senza il filtro della ragione. Si privilegia il sentimento alla ragione, l'azione precede il pensiero.
Per domani ho programmato un nuovo articolo, proprio in tema con questo fenomeno, che ci sta prendendo la mano, se non ne diventiamo consapevoli e non corriamo ai ripari: la "dislocazione della divina Monotriade". Non è difficile quanto può sembrare. Ne riparleremo riagganciando i temi.
Ma quel che ha espresso lei richiede ulteriori e specifiche considerazioni, partendo anche dalla giusta distinzione tra tecnica e tecnologia.
Ad aggravare le cose, conseguenza diretta di quella “rivoluzione antropologica”, figlia della tecnica, che in pochi anni ha prodotto un cambiamento profondo e radicale nel modo di essere uomini e donne è scomparsa, anche in chi crede, la percezione della maggior parte dei “peccati”.
La scomparsa o il cambiamento di "percezione", non cambia l'essenza.
Anche su questo è necessario tornare.
Secondo me il vero nodo sta nel verificare se effettivamente e a quali livelli la manipolazione della realtà consentita dalla tecnica induca modifiche nella specie umana o nella natura (e di che genere e fino a che punto) anche a livello metafisico. E ciò, se si rivelasse attendibile, mi pare apra squarci terribili su un abisso...
Parlo in termini molto immediati e non meditati e quindi mi riservo, come già detto di approfondire.
Se così fosse sono convinta che c'è sempre in ballo la nostra libera scelta: chi vede e non consente non 'entra' nella nuova specie umana che forse rischia di venirne fuori.
Credo sia difficile; ma non impossibile.
Gentile Mario,
grandi geni del XX secolo, come i fratelli Ernst e Friedrich Georg Jünger o lo stesso Carl Schmitt, avevano capito tutto, anche se già il XIX secolo ha visto il problema intuito da Donoso Cortés e da Kierkegaard.
Per muoversi in questo “incubo tecnico” ho trovato una guida utilissima in Der Waldgang di Ernst Jünger.
Conosco il tema e lo ritengo interessantissimo, ma credo che trattarlo in tutta la sua estensione esuli dall’oggetto di questo blog.
Posso tuttavia dire telegraficamente che, a mio giudizio, il post-concilio ha visto molti cedimenti al trionfo della tecnica (pensate alle parole commosse e stupite di Paolo VI per la conquista della luna!), anche se regge ancora qualche resistenza (come ad esempio in campo bioetica e sessuale): speriamo regga a lungo.
Il giusto atteggiamento cristiano credo sia solo quello di non farsi idoli (nello Stato, nella scienza, nella tecnica, nella medicina), usare della ragione come di un dono di Dio e riporre la nostra speranza solo in Lui.
Cordialmente in Jesu et Maria
So di essere fuori tema, ma sono rimasto turbato dalle parole del Santo Padre all'Angelus di questa domenica. Commentando il famoso brano evangelico di Marta e Maria, ha detto che la preghiera senza opere è addirittura "sterile". È certo che il lavoro (o il servizio) insieme alla preghiera santifica, ma mi pare che l'idea dietro a questo passaggio sia esattamente l'opposto, cioè, esaltare l'ascolto della parola di Dio nei confronti degli affari del mondo. Sbaglio? Non ho capito il Santo Padre? Come una preghiera con fede e devozione può essere sterile?
Dal sito del Vaticano riprendo anche il passaggio successivo:
Anche nella nostra vita cristiana preghiera e azione siano sempre profondamente unite. Una preghiera che non porta all’azione concreta verso il fratello povero, malato, bisognoso di aiuto, il fratello in difficoltà, è una preghiera sterile e incompleta. Ma, allo stesso modo, quando nel servizio ecclesiale si è attenti solo al fare, si dà più peso alle cose, alle funzioni, alle strutture, e ci si dimentica della centralità di Cristo, non si riserva tempo per il dialogo con Lui nella preghiera, si rischia di servire se stessi e non Dio presente nel fratello bisognoso. San Benedetto riassumeva lo stile di vita che indicava ai suoi monaci in due parole: “ora et labora”, prega e opera. E’ dalla contemplazione, da un forte rapporto di amicizia con il Signore che nasce in noi la capacità di vivere e di portare l’amore di Dio, la sua misericordia, la sua tenerezza verso gli altri. E anche il nostro lavoro con il fratello bisognoso, il nostro lavoro di carità nelle opere di misericordia, ci porta al Signore, perché noi vediamo proprio il Signore nel fratello e nella sorella bisognosi.
Ritengo comunque che le parole del papa risentano sempre di una certa approssimazione e di quel suo sistema di tagliar i concetti con l'accetta, che non consente mai un'interpretazione univoca.
In questo secondo passaggio, si può ricavare una certa svalutazione della contemplazione e della mistica: c'è una preghiera che diventa "azione" da sola ed è il cuore incandescente dell'azione di molti...
E poi c'è la 'fissa' per il malato e il bisognoso che ha sì bisogno del soccorso immediato e concreto e di chi lo porta; ma manca del tutto l'esplicitazione del valore immenso della preghiera contemplativa autentica, che raggiunge chiunque e qualunque realtà in Cristo consentendo a Lui di assumerla attraverso l'orante.
Ecco un altro aspetto del difetto della metafisica e della dimestichezza col Soprannaturale in Cristo Signore. Il Signore mi perdoni se mi permetto di dirlo...
Se presa in senso assoluto, la frase è gravissima e assurda:
7. opera di misericordia spirituale: "pregare Dio per i vivi e i morti".
Inoltre, gli ordini contemplativi sarebbero sterili, se Bergoglio conoscesse ciò di cui parla a vanvera. Ma è probabile che di monasteri ne abbia visti pochi, impegnato com'era con le sue periferie e baraccopoli.
E' vero che Bergoglio parlava alle folle omaggianti --che non sono certosine nè conoscono, in massima parte, le opere di misericordia spirituale--, ma non voglio fargli sconti. C'è qualcosa in lui che me lo fa ancor più inviso di GPII (in base a questo qualcosa, sto parzialmente rivalutando la figura del pontefice emerito, che mi fa tanta compassione, ora): è l'assenza di rigore e di teoresi, che promana dal suo imbastardito ceppo di origine e dal Concilio applicato e sviluppato nel suo "spirito". Almeno GPII ogni tanto alzava la voce, e parlava del giudizio, anche se poi faceva fare a Marcinkus il bello e il cattivo tempo (chissà, magari Ricca è ancora peggio).
Torno un attimo su questo punto
Secondo me il vero nodo sta nel verificare se effettivamente e a quali livelli la manipolazione della realtà consentita dalla tecnica induca modifiche nella specie umana o nella natura (e di che genere e fino a che punto) anche a livello metafisico. E ciò, se si rivelasse attendibile, mi pare apra squarci terribili su un abisso...
Secondo me ci sono dei confini invalicabili. Si tratta di stabilire quali. Già l'uso del termine "manipolazione",
indica quasi una "profanazione", piuttosto che la cura al gestione e forse il perfezionamento di una realtà che ci è consegnata, affidata.
Sono i principi e ciò che è considerato "legge di natura" inscritta nella natura stessa che non sono più riconosciuti univocamente ed emerge una certa ybris che sembra emergere dalla tecnica e dal suo linguaggio, dal rigore matematico, la cui logica resta logica (mi aiuti, Mario, mi pare un paradosso. O forse no: è la ragione senza fede!) ma fredda e senza anima... E non è solo l'utilitarismo (che è sempre un -ismo e quindi una degenerazione) del raggiungere il massimo risultato col minimo sforzo; ma qualcosa di più...
L'intervento di Louis mette maggiormente in luce la complessità del tema e l'inadeguatezza di questo strumento. Ma credo sia già positivo intravedere alcuni spiragli comunemente non accessibili a tutti e tali da orientare possibili approfondimenti a livello personale.
Nonostante ci sia chi lo nega, il concilio ha di fatto relativizzato il dogma cattolico e dogmatizzato la “fede nell’uomo”, distogliendo i cristiani dall’Assoluto vero e imponendo loro il falso Assoluto dell’umanesimo ateo.
Nonostante ci sia chi lo nega, il concilio ha di fatto relativizzato il dogma cattolico e dogmatizzato la “fede nell’uomo”, distogliendo i cristiani dall’Assoluto vero e imponendo loro il falso Assoluto dell’umanesimo ateo, da cui le derive della scienza e della tecnica.
Ma perché Papa Francesco continua a dire che bisogna "uscire da noi stessi"? Anche in riferimento alla preghiera afferma questo concetto.
Sant'Agostino diceva il contrario: "per trovare la verità rientra in te stesso".
A me sembra che la Chiesa di oggi stia dando più importanza all' esteriorità rispetto all'interiorità. Non c'è più il primato della contemplazione nella Chiesa.
Gesù dice a Marta che sua sorella Maddalena ha scelto la parte migliore: la contemplazione. La Chiesa di oggi non sta scegliendo la parte migliore.
Sant'Agostino afferma che "chi impara a pregare impara a vivere", oggi la Chiesa afferma "chi impara a vivere impara a pregare".
C'È un ribaltamento delle essenze!
Cara mic, tu che ne pensi di questi miei pensieri?
per Japhet,
mi sembra improprio dire che l'umanesimo ateo sia imposto dal concilio. Dall'ateismo e dal razionalismo portato alle estreme conseguenze discendono le derive della scienza e della tecnica, completamente disumanizzate in alcuni aspetti che vanno emergendo. Il concilio ha avuto l'ingenuità o la pecca di entrare in dialogo piuttosto che affermare i principi, partendo peraltro dalla centralità dell'uomo invece che da quella di Dio. Ci sono discorsi di Paolo VI molto rivelatori, oltre alle ben note affermazioni di alcuni documenti.
per Andrea Martegani,
la Chiesa di oggi, con l'enfasi sulla prassi ha perso in generale la preminenza dell'adorazione.
Questo papa, in particolare, sta esprimendo alcuni concetti-chiave, sempre gli stessi, che lasciano fuori un necessario allargamento d'orizzonte e approfondimento. Il problema è che sono sulla cresta dell'onda progressista.
Ottimo lo spunto di Luis Martin che, citando autori della "Rivoluzione Conservatrice" quali Ernst Jünger (di cui, al citato "Der Waldgang", aggiungerei forse "Der Arbeiter") e Carl Schmitt (ma non dimenticherei neppure il tentativo di Oswald Spengler con il suo "Der Mensch und die Technik") allude al tentativo di comprendere la natura profonda della tecnica, la sua genesi e il suo rapporto con la modernità.
Certo è che il rapporto del pensiero conservatore (cattolico e non cattolico) con la tecnica è sempre stato ambiguo, pendolando tra gli estremi di un'ottusa condanna e l'esaltazione faustiana e posizionandosi spesso sulla comoda, ma falsa, tesi della sua neutralità. E, purtroppo, occorre riconoscere che non c'è stata una recente, riconoscibile e significativa elaborazione cattolica di comprensione del fenomeno della tecnica. Qualche spunto, è vero, del Magistero, ma poco di più. Qualche rimasticatura heideggariana nella migliore delle ipotesi.
E' una grave lacuna su un tema importante, come ben intuito da Mic. E su cui il "versante" tradizionalista del passato secolo, purtroppo intellettualmente non ricchissimo, salvo poche eccezioni, non ha riflettuto abbastanza. Come ci mancano l'acutezza di un de Maistre, di un de Bonald, di un Cortes e la loro capacità di comprendere "l'ora presente"!.
Grazie infinite Silente e Louis, per le piste di approfondimento e per gli spunti preziosi. :)
Scrive Mic: "Secondo me il vero nodo sta nel verificare se effettivamente e a quali livelli la manipolazione della realtà consentita dalla tecnica induca modifiche nella specie umana o nella natura (e di che genere e fino a che punto) anche a livello metafisico. E ciò, se si rivelasse attendibile, mi pare apra squarci terribili su un abisso...
Parlo in termini molto immediati e non meditati e quindi mi riservo, come già detto di approfondire.
Se così fosse sono convinta che c'è sempre in ballo la nostra libera scelta: chi vede e non consente non 'entra' nella nuova specie umana che forse rischia di venirne fuori".
Premesso che squarci terribili su un abisso sono sempre possibili, per il momento la tecnica ha trasformato il nostro modo di pensare in modo radicale: è diventata la nostra “forma mentis”. Oggi le categorie che vanno per la maggiore sono le categorie dell’utile, del vantaggioso, non certamente le categorie del bello, del vero, del santo o del buono.
La natura invece è oggi in ogni suo aspetto manipolabile. Non rappresenta più quell’orizzonte immutabile di riferimento pensato dai Greci, quando ancora non possedevano gli strumenti per manipolarla. Da qui nascono le difficoltà per dare vita a disposizioni etiche in ordine alla nascita, alla morte e così via. Avendo come riferimento una natura non più immutabile non si può più costituire il riferimento, la misura su cui costruire un’etica.
La “libera scelta” sta sempre alla base di tutto. L’uomo a differenza degli animali non possiede istinti e quindi non è codificato nella sua vita come lo sono gli animali.
L’istinto è una risposta rigida ad uno stimolo e noi non abbiamo risposte rigide agli stimoli. Questa mancanza istintuale fa sì che, non essendo l’uomo codificato con la natura, non essendo armonico con la natura, come invece accade agli animali, se non avesse lo strumento tecnico, se non si fosse attrezzato a compensazione della mancanza istintuale con una strumentazione tecnica, l’iniziale semplice clava e poi via via con strumentazione sempre più sofisticata, probabilmente non sarebbe potuto sopravvivere.
Potremmo quasi dire quindi che la tecnica è l’essenza dell’uomo. La stessa libertà dell’uomo, di cui siamo fieri, dipende da questa carenza: l’uomo è libero perché non ha istinti. Non è costretto a reagire in modo rigido, ma sceglie volta per volta che cosa fare. La carenza istintuale è lo spazio che è concesso alla sua libertà. Mario
Non sono d'accordo sul fatto che l'uomo non abbia istinti. È vero tuttavia che la sua istintualità è meno o diversamente sviluppata rispetto a quella del mondo animale.
La tecnica, insieme alla cultura, può averlo anche in larga parte in qualche modo estraniato dall'ambiente naturale, per introdurlo in un 'mondo' più artefatto da lui stesso costruito spinto in parte da bisogni, da necessità da contingenze di vario genere, ma anche da impulsi e da desideri che hanno a che fare con gli istinti.
Penso poi che la tecnica sia uno strumento, che ha degli effetti , ma che normalmente è indirizzata e anche affinata dalle idee, dai pensieri che hanno la prevalenza nel contesto.
Dunque , se ora prevale l'utilitarismo rispetto alla bellezza alla bontà e alla verità, dipende dall'evolversi di una visione del mondo più materialista e meno aperta al soprannaturale, forse lasciato da parte per l'illusoria minore dipendenza e sensazione di onnipotenza data proprio dalle conquiste della tecnica che, a ben riflettere, è pur sempre un'arte da collegare alla creatività di cui l' uomo è dotato proprio in quanto immagine del Creatore...
In tutto questo evolversi di idee e dispiegarsi di dinamismi e forze che orientano l'essere-nel-mondo dell'uomo non è estranea la volontà di potenza piuttosto che quella di obbedienza e di ascolto. Ed è per questo che da custode e ordinatote della natura l'uomo rischia di divenirne il manipolatore senza più regole né confini, dimenticando che tutto ció che è possibile è per questo realizzabile.
C'è molto altro da far entrare in campo, ho acritto di getto. alla prossima più meditata risposta su alcunibpunti lasciati indietro.
piccola precisazione: quando parlo di impulsi e desideri collegati con gli istinti, occorre aggiungere coniugati con la ragione.
E mi piace concludere questa prima parte tornando alla necessità che avevo introdotto all'inizio di coniugare la tecnica con le esigenze dello spirito, e con l'autentica essenza dell'uomo, pena la disumanizzazione che vediamo farsi larga strada in alcuni ambiti socio-politici.
Ed è questo il compitp e la responsabilità primari e ineludibili che la Chiesa deve assumersi senza se e senza ma, anche se la difficoltà consiste nella superficialità e nel disimpegno rispetto a questo specifico munus Magisteriale, che sembrano caratterizzarla in
questo momento storico, in cui prevale la prassi ateoretica, e dunque l'agire precede il conoscere.
refuso: non tutto ciò che è possibile deve essere realizzabile.
Altra puntualizzazione. Dal dato che la natura non è immutabile non discende necessariamente la possibilità di mutarla a proprio piacimento, senza riconoscere e rispettare le leggi che appaiono governarla.
La saggezza consiste proprio nello scoprire nell'ordine mirabile e nelle leggi che la governano i modi e le possibilità di armonizzarvisi piuttosto che di manipolare col rischio di sovvertire e produrre guasti dalle conseguenze neppure prevedibili.
C'è una gran dose di irresponsabilità e di superbia in tutto questo.
Chiedo scusa se abbasso il livello intellettuale del discorso, ma a me pare che la tecnica sia spesso asservita non alla libertà, ma agli istinti peggiori dell'uomo, come quelli del dominio e della violenza.
Come tutte le cose, penso che anche la tecnica non sia un bene o un male in sè, dipende dall'uso che se ne fa e dal fatto che non divenga idolo da servire, ma venga posta a servizio e che venga posta a servizio del bene e non del male, ovvero protesa alla maggior gloria di Dio e non all'egoismo dell'uomo.
Solitamente c'è un criterio per comprendere se di una cosa si fa un uso giusto o sbagliato, ordinato a Dio, all'egoismo o idolatrico, ed è il grado di libertà o dipendenza con cui ne usiamo. La mia impressione è che la tecnica sia di fatto divenuta il più potente mezzo di asservimento e controllo delle masse spesso giocando sull'illusione di offrire loro una maggiore libertà. Chi è senza peccato scagli la prima pietra.
Riprendendo quel che ha appena detto Sam, direi che la tecnica è lo strumento di quella "religione del dominio" che unisce massoneria, protestantesimo, ebraismo e ideologia neocon (vi sono talora anche cattolici, di nome, invischiati in essa), e che ha deformato l'Occidente. Ma il dominio, la volontà di controllo non è altro che spia dell'orrore della morte, ossia della mancanza di fede, vera radice del problema. Non è un caso che la tecnica (la scienza moderna) si sviluppi a partire dal Rinascimento; in ambito economico, l'eretico Olivi (francescano) legittimò l'interesse nel XIII secolo, vero e proprio punto di svolta in Occidente. Scienza (scientismo), tecnica (dominio: cfr. quanto detto dal folle Baget Bozzo prima di andarsene all'altro mondo), "demonia dell'economia" (usurocrazia): queste sì che sono cose che andrebbero denunciate, facendo nomi e cognomi. Non ora, ovviamente, perchè, dopo aver nominato 54 commissioni e aver detto che non è mai andato in ferie (e 'sti cavoli?), Francesco è stato prelevato dal suo motel di Zagarolo ed è diretto nelle sue amatissime favelas, dove sparerà quattro cavolate, la gente del posto riderà e ballerà come usa fare da sempre (magari ringrazierà pure il governo per aver pagato i costi di questa pagliacciata, mentre in Brasile si muore di fame), i poveri per 4 giorni scompariranno.
Stupenda e calzante citazione Sam: magistrale insegnamento e memento.
E', in fondo, il nucleo di tutto, in ogni tempo, in ogni situazione, a partire da noi stessi.
Grazie. Ne facciamo tesoro e andiamo avanti.
"Ma la nostra domanda oggi è: nell’epoca della scienza e della tecnica, ha ancora senso parlare di creazione? Come dobbiamo comprendere le narrazioni della Genesi? La Bibbia non vuole essere un manuale di scienze naturali; vuole invece far comprendere la verità autentica e profonda delle cose. La verità fondamentale che i racconti della Genesi ci svelano è che il mondo non è un insieme di forze tra loro contrastanti, ma ha la sua origine e la sua stabilità nel Logos, nella Ragione eterna di Dio, che continua a sorreggere l’universo. C’è un disegno sul mondo che nasce da questa Ragione, dallo Spirito creatore. Credere che alla base di tutto ci sia questo, illumina ogni aspetto dell’esistenza e dà il coraggio di affrontare con fiducia e con speranza l’avventura della vita. Quindi, la scrittura ci dice che l'origine dell'essere, del mondo, la nostra origine non è l'irrazionale e la necessità, ma la ragione e l'amore e la libertà. Da questo l'alternativa: o priorità dell'irrazionale, della necessità, o priorità della ragione, della libertà, dell'amore. Noi crediamo in questa ultima posizione.
...Nei primi capitoli del Libro della Genesi troviamo due immagini significative: il giardino con l’albero della conoscenza del bene e del male e il serpente (cfr 2,15-17; 3,1-5). Il giardino ci dice che la realtà in cui Dio ha posto l’essere umano non è una foresta selvaggia, ma luogo che protegge, nutre e sostiene; e l’uomo deve riconoscere il mondo non come proprietà da saccheggiare e da sfruttare, ma come dono del Creatore, segno della sua volontà salvifica, dono da coltivare e custodire, da far crescere e sviluppare nel rispetto, nell’armonia, seguendone i ritmi e la logica, secondo il disegno di Dio (cfr Gen 2,8-15). Poi, il serpente è una figura che deriva dai culti orientali della fecondità, che affascinavano Israele e costituivano una costante tentazione di abbandonare la misteriosa alleanza con Dio. Alla luce di questo, la Sacra Scrittura presenta la tentazione che subiscono Adamo ed Eva come il nocciolo della tentazione e del peccato. Che cosa dice infatti il serpente? Non nega Dio, ma insinua una domanda subdola: «È vero che Dio ha detto “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?”» (Gen 3,1). In questo modo il serpente suscita il sospetto che l’alleanza con Dio sia come una catena che lega, che priva della libertà e delle cose più belle e preziose della vita. La tentazione diventa quella di costruirsi da soli il mondo in cui vivere, di non accettare i limiti dell’essere creatura, i limiti del bene e del male, della moralità; la dipendenza dall’amore creatore di Dio è vista come un peso di cui liberarsi. Questo è sempre il nocciolo della tentazione. Ma quando si falsa il rapporto con Dio, con una menzogna, mettendosi al suo posto, tutti gli altri rapporti vengono alterati. Allora l’altro diventa un rivale, una minaccia.. il mondo non è più il giardino in cui vivere con armonia, ma un luogo da sfruttare e nel quale si celano insidie (cfr 3,14-19); l’invidia e l’odio verso l’altro entrano nel cuore dell’uomo.. Andando contro il suo Creatore, in realtà l’uomo va contro se stesso, rinnega la sua origine e dunque la sua verità; e il male entra nel mondo, con la sua penosa catena di dolore e di morte. E così quanto Dio aveva creato era buono, anzi, molto buono, dopo questa libera decisione dell'uomo per la menzogna contro la verità, il male entra nel mondo.
..Ebbene, il peccato è turbare o distruggere la relazione con Dio, questa la sua essenza: distruggere la relazione con Dio, la relazione fondamentale, mettersi al posto di Dio."
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/audiences/2013/documents/hf_ben-xvi_aud_20130206_it.html
"...Avendo come riferimento una natura non più immutabile non si può più costituire il riferimento, la misura su cui costruire un’etica. .... "
La natura non è immutabile, in quanto creata. Voler costruire un fondamento etico sull'immutabilità della natura è perciò sbagliato, perché quel fondamento muterà con essa (siano i mutamenti indotti dall'uomo oppure no), un fondamento che muta non può essere tale, per definizione.
Ciò che è immutabile è fondamento, e questo è solo l'Assoluto (la pietra scartata dai costruttori è diventata testata d'angolo. Mc 12, 10).
E' l'oscuramento della Verità (non perché possa essere oscurata, ma perché ci si pone un velo davanti agli occhi) che porta all'oscuramento della dottrina, della morale.
Se fosse vero che "la tecnica è l'essenza dell'uomo", allora questa essenza evolverebbe con la conoscenza, ma questo mi sembra contraddica il mistero dell'Incarnazione.
Ultima citazione (grazie per l'accoglienza Mic!)
"La seconda riflessione, che desidero proporvi, riguarda la recente Enciclica sulla speranza cristiana intitolata, come sapete, Spe salvi, “salvati nella speranza”, parole tratte dalla Lettera di san Paolo ai Romani (8,24). La consegno idealmente a voi, cari universitari di Roma, e, attraverso di voi, a tutto il mondo dell’Università, della scuola, della cultura e dell’educazione. Il tema della speranza non è forse particolarmente congeniale ai giovani? In particolare, vi propongo di fare oggetto di riflessione e confronto, anche in gruppo, quella parte dell’Enciclica in cui tratto della speranza nell’epoca moderna. Nel secolo XVII l’Europa ha conosciuto un’autentica svolta epocale e da allora si è andata affermando sempre più una mentalità secondo la quale il progresso umano è opera della scienza e dalla tecnica, mentre alla fede competerebbe solo la salvezza dell’anima. Le due grandi idee-forza della modernità, la ragione e la libertà, si sono come sganciate da Dio per diventare autonome e cooperare alla costruzione del “regno dell’uomo”, praticamente contrapposto al Regno di Dio. Ecco allora diffondersi una concezione materialista, alimentata dalla speranza che, cambiando le strutture economiche e politiche, si possa dar vita finalmente ad una società giusta, dove regni la pace, la libertà e l’uguaglianza. Questo processo che non è privo di valori e di ragioni storiche contiene però un errore di fondo: l’uomo, infatti, non è solo il prodotto di determinate condizioni economiche o sociali; il progresso tecnico non coincide con la crescita morale delle persone, anzi, senza principi etici la scienza, la tecnica e la politica possono essere usate – come è avvenuto e come tuttora purtroppo avviene – non per il bene ma per il male dei singoli e dell’umanità."
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2007/december/documents/hf_ben-xvi_spe_20071213_universitari_it.html
Cara Mic, rileggendo la parte di Spe Salvi (16-23) a cui fa riferimento Benedetto nell'intervento appena postato, mi pare che vi si svolga proprio quel nodo teologico che hai voluto porre alla riflessione dei tuoi ospiti.
Mi contraddico, scusandomi di nuovo per l'"occupazione", e aggiungo qui un piccolo estratto significativo (l'ultimo davvero :-) )di quei capitoli:
"Che un'epoca nuova sia sorta – grazie alla scoperta dell'America e alle nuove conquiste tecniche che hanno consentito questo sviluppo – è cosa indiscutibile. Su che cosa, però, si basa questa svolta epocale? È la nuova correlazione di esperimento e metodo che mette l'uomo in grado di arrivare ad un'interpretazione della natura conforme alle sue leggi e di conseguire così finalmente « la vittoria dell'arte sulla natura » (victoria cursus artis super naturam) [14]. La novità – secondo la visione di Bacone – sta in una nuova correlazione tra scienza e prassi. Ciò viene poi applicato anche teologicamente: questa nuova correlazione tra scienza e prassi significherebbe che il dominio sulla creazione, dato all'uomo da Dio e perso nel peccato originale, verrebbe ristabilito [15].
17. Chi legge queste affermazioni e vi riflette con attenzione, vi riconosce un passaggio sconcertante: fino a quel momento il ricupero di ciò che l'uomo nella cacciata dal paradiso terrestre aveva perso si attendeva dalla fede in Gesù Cristo, e in questo si vedeva la « redenzione ». Ora questa « redenzione », la restaurazione del « paradiso » perduto, non si attende più dalla fede, ma dal collegamento appena scoperto tra scienza e prassi. Non è che la fede, con ciò, venga semplicemente negata; essa viene piuttosto spostata su un altro livello – quello delle cose solamente private ed ultraterrene – e allo stesso tempo diventa in qualche modo irrilevante per il mondo. Questa visione programmatica ha determinato il cammino dei tempi moderni e influenza pure l'attuale crisi della fede che, nel concreto, è soprattutto una crisi della speranza cristiana. Così anche la speranza, in Bacone, riceve una nuova forma. Ora si chiama: fede nel progresso. Per Bacone, infatti, è chiaro che le scoperte e le invenzioni appena avviate sono solo un inizio; che grazie alla sinergia di scienza e prassi seguiranno scoperte totalmente nuove, emergerà un mondo totalmente nuovo, il regno dell'uomo [16]. Così egli ha presentato anche una visione delle invenzioni prevedibili – fino all'aereo e al sommergibile. Durante l'ulteriore sviluppo dell'ideologia del progresso, la gioia per gli avanzamenti visibili delle potenzialità umane rimane una costante conferma della fede nel progresso come tale.
18. Al contempo, due categorie entrano sempre più al centro dell'idea di progresso: ragione e libertà. Il progresso è soprattutto un progresso nel crescente dominio della ragione e questa ragione viene considerata ovviamente un potere del bene e per il bene. Il progresso è il superamento di tutte le dipendenze – è progresso verso la libertà perfetta.
...Ragione e libertà sembrano garantire da sé, in virtù della loro intrinseca bontà, una nuova comunità umana perfetta. In ambedue i concetti-chiave di « ragione » e « libertà », però, il pensiero tacitamente va sempre anche al contrasto con i vincoli della fede e della Chiesa, come pure con i vincoli degli ordinamenti statali di allora. Ambedue i concetti portano quindi in sé un potenziale rivoluzionario di un'enorme forza esplosiva."
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20071130_spe-salvi_it.html
La Bibbia non vuole essere un manuale di scienze naturali. E se un giorno proprio delle ricerche scientifiche più approfondite ed imparziali, ci dovessoro confermare che ANCHE nel campo dele scienze naturali, le notizie che ci fornisce la Sacra Bibbia sono molto più vicine (o meno lontane) dalla verità dei fatti, delle tesi oggi in voga? Se dovessimo scoprire che l'intrepretazione della realtà che ci danno le tesi scientifiche di oggi è parziale quanto la faccenda della tartaruga? Chi ha detto: "La Bibbia non vuole essere un manuale di scienze naturali",non la figura di "succube" della cultura profana?
l’uomo deve riconoscere il mondo non come proprietà da saccheggiare e da sfruttare, ma come dono del Creatore, segno della sua volontà salvifica, dono da coltivare e custodire, da far crescere e sviluppare nel rispetto, nell’armonia, seguendone i ritmi e la logica, secondo il disegno di Dio (cfr Gen 2,8-15)
Questa è la Realtà vera e questo è l'insegnamento autentico della Chiesa.
E dobbiamo sempre partire dalle essenze, date e non poste da noi: quella dell'uomo, come creatura che trova e vive la sua libertà e dignità nel'essere ordinato al Creatore e nel rispondergli nella
1. consapevolezza: cercare e accogliere la Verità;
2. responsabilità: scelte secondo la volontà del Padre, fondate sulla verità e sulla grazia che accende la volontà
3. condivisione, attenzione, premura: relazionarsi e condividere, prendersi cura delle persone e delle cose che ci sono affidate partendo da noi stessi sotto lo sguardo del Signore
4. fatto questo (e ancor prima e sempre), affidamento, adorazione, attesa.
Il discorso dell'essenza immutabile dell'uomo è un fondamento che ho già inserito nelle mie riflessioni.
Purtroppo ai nostri giorni sia l'essenza dell'uomo che il suo ruolo nella Creazione e la Creazione stessa tendono sempre più ad essere sganciati da Dio, nella prometeica hybris, messa in risalto anche da Papa Benedetto, che mai abbandonerà questo mondo fino alla fine dei tempi, a prescindere dalla tecnica, che non fa altro che portare il tutto alle estreme conseguenze.
Di fatto la tecnica di per sé non fa parte dell'essenza dell'uomo. E' uno strumento, un'"arte" divenuta sempre più sofisticata, che può servire a scopi tanto nobili quanto perversi.
Alla nostra generazione il compito di trovare la risposta giusta a questi temi che il progresso tecnico ha portato a confini, credo, invalicabili, altrimenti ci saranno conseguenze di disordine (uscire dall'ordine dato per imprimere svolte arbitrarie) i cui risvolti son tutti da temere anche nelle implicazioni non prevedibili.
Indico solo alcuni degli scenari che già incombono:
- l'uomo padrone della vita (che non si è dato da solo), con facoltà di interromperla (non essendo più un valore-dono), per se stesso e per altri ritenuti non più utili o capaci di portarne il peso;
- contestuale licenza di troncare vite in sviluppo nel grembo materno;
- nonché di 'fabbricare' artificialmente embrioni (portatori della vita in nuce) allo scopo strumentale di sperimentazione genetica;
- esseri generati dalla tecnica e non da un atto d'amore;
- educati in famiglie squilibrate fuori dell'ordine naturale (quando già hanno i loro problemi da risolvere quelle che ci sono dentro);
- il tutto avvolto da un "amore" generico che non è altro che un vago sentimento che non ha nulla di davvero "generativo", ovviamente non soltanto in senso genitale, ma anche formativo-esistenziale;
- possibile creazione di 'mostri' e generazione di chissà quali sofferenze e/o aberrazioni, se si insiste nella clonazione;
- per non parlare delle 'dipendenza' e delle 'mutazioni' già indotte dalle tecnologie cui accennava Sam nel suo primo intervento
...
Che dire? Quel che temiamo già succede. Resistere e pregare...
Grazie ancora Sam :)
leggo adesso il tuo ultimo riferimento.
Mi prendo il tempo di approfondirlo e credo possa darci ancora qualche luce in più.
Grazie, caro Marco P. per il tuo puntualissimo intervento.
Erano due dei punti che ancora non ho avevo ripreso, suscettibili di sviluppi fondamentali e interessanti.
Ma intanto è stato bene mettere l'accento sulla verità!
L’uomo deve riconoscere il mondo non come proprietà da saccheggiare e da sfruttare, ma come dono del Creatore, segno della sua volontà salvifica, dono da coltivare e custodire, da far crescere e sviluppare nel rispetto, nell’armonia, seguendone i ritmi e la logica, secondo il disegno di Dio (cfr Gen 2,8-15)
Questo è un punto centrale. Aver ricevuto da Dio un dono non significa che si deve dominare la natura: ma è precisamente questo quello che dicono i teocon, tra ci anche Cammilleri. Cfr. il suo "Denaro e paradiso", e tutta quell'orrida ideologia secondo cui il progresso materiale dell'Occidente sarebbe segno della superiorità cristiana. Cfr. la manifestazione delle pellicce, di anni fa, promossa da Lepanto contro l'ecologismo. Come si vede, questi non fanno un discorso cristiano, ma materialistico-tecnicista. E' vero il contrario: visto che si sono abbassati gli standard morali (cfr. prestito ad interesse), molte persone si arricchiscono. Difficilmente, a questo mondo, si fanno i soldi onestamente. E poi, la tesi di questi scribacchini consiste in un inganno, perchè non tiene conto che la ricchezza è malissimo distribuita: se ci sono 10 persone, una ha 100 milioni, gli altri 9 un euro, Cammilleri ti dirà che l'Occidente è ricco perchè la media è alta. Ma egli è solo uno sciocco in malafede, a differenza di Baget Bozzo, intelligentissimo ma folle (pace all'anima sua): bisognerebbe guardare più in alto.
l'uomo padrone della vita
E' la giustificazione che molti presunti cattolici danno per andare contro l'eutanasia: "voglio vivere", mentre invece si dovrebbe dire che l'eutanasia è un'offesa a Dio
http://it.notizie.yahoo.com/blog/foto-blog/il-time-mette-le-corna-al-papa-105750512.html
Dopo il palco, anche il Time
Angelo, il "voglio vivere" è già un istinto sano. È tuttavia stupendo che riesca a dire "voglio vivere perché la mia vita è dono e ha un valore speciale" chi riesce a dirlo perché, in Cristo, riesce ad assumersi anche miserie e difficoltà indicibili.
E allora, Angelo, perché invece di sparare a zero su quelli che chiami scribacchini e compagnia bella, non guardi più in alto, come hai detto, e così aiuti anche noi a farlo?
Dovrei fare nomi e cognomi, e parlare di politica, ciò che credo ti metterebbe a disagio, e non voglio metterti a disagio. Sei stata tu a intimarmio di non parlare di metapolitica, e io mi adeguo alle regole: il blog è tuo.
In realtà, si dovrebbe anche aggiungere che, se è vero che la vita è dono, moltissimi Padri della Chiesa attestano che la morte del corpo è una grazia: bestemmia per gli occidentali e per chi crede di non morire mai...
Lo dicono molti mistici, così come lo diceva Santa Teresa "muoio perché non muoio"... ma in questi casi è solo nostalgia di Dio e nel vivere quotidiano era un un vivere la pienezza della grazia, non certo il disprezzo della vita.
Sei stata tu a intimarmio di non parlare di metapolitica, e io mi adeguo alle regole: il blog è tuo
Non ti ho intimato di non parlare di metapolitica. C'è modo e modo di parlarne...
Nascere significa incominciare a morire: mi pare chiaro.
"Quando penso che l'eternità deve ricevermi, mi persuado allora che il nascere è morire, il morire è la vita" (San Gregorio Nazianzeno). A mio pare, non solo qui, c'è giusto disprezzo (relativo) della vita, in quanto "valle di lacrime" sotto il giogo del principe di questo mondo. Tutte le culture tradizionali --non il nostro Occidente-- affermano che c'è qualcosa che è superiore alla vita: i giapponesi diranno l'onore, altri lo chiameranno eroismo (cfr. Licheri nel caso del povero Alfredino Rampi), noi diciamo "fare la volontà di Dio". La vita non va disprezzata in quanto dono di Dio, ma in vista dello (sperato) possesso di Lui.
Io amo questa vita perché è piena di Bellezza, e di Poesia e di armonie nascoste, che si manifestano in tanti modi e in tanti aspetti spesso inattesi e sorprendenti. È la caparra della risurrezione? Lo dico nonostante abbia sperimentato (e sperimenti) prove durissime di ogni genere.
E ringrazio il Signore di avermi portata fin qui. Il resto è solo ricerca di capir meglio per riuscire ad assumere fino in fondo i tanti 'mondi' che ci è dato incontrare e con cui si intreccia la nostra storia, che è già di per sé un mondo che tutti li vuole ricomprendere, nel Signore, altrimenti non avrebbe senso.
Sono d'accordo, ma la vita non deve divenire un assoluto.
il blog è tuo
Angelo, il blog non è "mio", è di chi lo frequenta partecipando, rispettando e condividendo..
È anche di chi provoca come te. Ogni tanto ci vuole.;)
In effetti mi chiedo: quanto noi stessi, che pure ci sforziamo di combattere queste derive, siamo intrisi dei caratteri di questa modernità? Lo dico a me stessa per prima.. Per esempio ho l'impressione che nella nostra ricerca della Verità siamo spesso un po' tutti deformati da atteggiamenti ideologici o partigiani di varia natura... Spesso la vis polemica sembra prevalere sulla logica e sulla ricerca aperta della Verità.
Per esempio, signor rafminimi, dalla sua polemica con Benedetto XVI dovremmo dedurre che per lei la Bibbia vuole essere un manuale di scienze naturali… non le sembra un po' riduttivo? Dire che "La Bibbia non vuole essere un manuale di scienze naturali" non significa negare che nella Bibbia siano contenute importanti indicazioni anche sul piano scientifico e naturalistico. Un esempio su tutti: la creazione dell'uomo, maschio e femmina, tertium non datur, come conferma la scienza biologica. Qualunque ideologia e mutazione naturale o artificiale non potrà mai cancellare la verità che in ogni cellula umana la presenza o meno di una y decreta senza appello se un individuo è biologicamente maschio o femmina, come in un calcolo binario. Tertium non datur. Però condivido che "La Bibbia non vuole essere un manuale di scienze naturali".
Gentile Angelo, spesso anch'io mi sono trovata a criticare l'eccesso di filoatlantismo di alcuni che lei chiamerebbe teo-con, rendendomi conto che il loro posizionamento socio-politico, praticamente la loro logica mondana, finiva per deformare ai loro occhi persino la realtà oggettiva sino a prevalere sulla verità (mai quanto la stessa cosa accade ai teo-pro)... Ma è proprio sicuro che, pur in una diversa posizione, lei stesso non corra il rischio di subordinare la metafisica alla sua visione sociale, politica ed economica del mondo invece del contrario? Il rifiuto categorico, la demonizzazione della tecnica, al pari della sua esaltazione acritica, dell’idolatria della tecnica, sono frutto di una medesima impostazione materialista. Così come il pauperismo e la demonizzazione del denaro rappresentano l’ideologia uguale e contraria all’idolatria di mammona. Mi pare peraltro che questa sia la tendenza che oggi investe i livelli più alti della Chiesa.
Ma l'unico salvatore del mondo è nostro Signore Gesù Cristo, è questa la perla preziosa, che offre risposte ad un livello molto più profondo di quello politico, economico, ecologico, ecc. pur poi manifestandosi anche in questi ambiti. Trovo pertanto abbastanza stonata la riduzione di discussioni profonde come questa proposta da Mic a beghe mondane tra fazioni cattoliche. Non credo neppure che questo sia l'ambiente più adatto per questo tipo di argomenti, che però hanno il merito di dimostrare in atto quanto si diceva circa la prevalenza attuale della tecnica (anche la politica, l'economia e l'ecologia lo sono) sulla metafisica, anche in ambito cattolico.
Forse per questo Benedetto, sempre nella Spe Salvi, auspicava un’autocritica della modernità, non solo in ambito mondano, ma anche in ambito cristiano.
"22. Così ci troviamo nuovamente davanti alla domanda: che cosa possiamo sperare? È necessaria un'autocritica dell'età moderna in dialogo col cristianesimo e con la sua concezione della speranza. In un tale dialogo anche i cristiani, nel contesto delle loro conoscenze e delle loro esperienze, devono imparare nuovamente in che cosa consista veramente la loro speranza, che cosa abbiano da offrire al mondo e che cosa invece non possano offrire. Bisogna che nell'autocritica dell'età moderna confluisca anche un'autocritica del cristianesimo moderno, che deve sempre di nuovo imparare a comprendere se stesso a partire dalle proprie radici. Su questo si possono qui tentare solo alcuni accenni. Innanzitutto c'è da chiedersi: che cosa significa veramente « progresso »; che cosa promette e che cosa non promette? Già nel XIX secolo esisteva una critica alla fede nel progresso. Nel XX secolo, Theodor W. Adorno ha formulato la problematicità della fede nel progresso in modo drastico: il progresso, visto da vicino, sarebbe il progresso dalla fionda alla megabomba. Ora, questo è, di fatto, un lato del progresso che non si deve mascherare. Detto altrimenti: si rende evidente l'ambiguità del progresso. Senza dubbio, esso offre nuove possibilità per il bene, ma apre anche possibilità abissali di male – possibilità che prima non esistevano. Noi tutti siamo diventati testimoni di come il progresso in mani sbagliate possa diventare e sia diventato, di fatto, un progresso terribile nel male. Se al progresso tecnico non corrisponde un progresso nella formazione etica dell'uomo, nella crescita dell'uomo interiore (cfr Ef 3,16; 2 Cor 4,16), allora esso non è un progresso, ma una minaccia per l'uomo e per il mondo."
Se al progresso tecnico non corrisponde un progresso nella formazione etica dell'uomo, nella crescita dell'uomo interiore (cfr Ef 3,16; 2 Cor 4,16), allora esso non è un progresso, ma una minaccia per l'uomo e per il mondo."
E la crescita dell'"uomo interiore", il vero uomo, secondo l'immagine del Figlio diletto amata e voluta dal Padre e nel quale il Padre "si compiace", può avvenire solo in Cristo.
Punto.
E' da qui che l'etica scaturisce ed è qui che si gioca il nostro presente e il nostro futuro personale e collettivo.
Ma è proprio sicuro che, pur in una diversa posizione, lei stesso non corra il rischio di subordinare la metafisica alla sua visione sociale, politica ed economica del mondo invece del contrario?
Sì, perchè la mia è una critica anzitutto dottrinale.
Il rifiuto categorico, la demonizzazione della tecnica, al pari della sua esaltazione acritica, dell’idolatria della tecnica, sono frutto di una medesima impostazione materialista. Così come il pauperismo e la demonizzazione del denaro rappresentano l’ideologia uguale e contraria all’idolatria di mammona.
Qui può avere ragione: ma, come avrà capito, mi pare che le (poche) spiegazioni che ci ha dato il Magistero sulla tecnica e sulla teconologia siano troppo "equilibriste". I mezzi sarebbero in sè neutri. Ma ciò cozza contro il fatto che:
1) l'uomo è quel che è, e se gli metti in mano una pistola, magari un giorno sparerà;
2) il mezzo, secondo me, è il messaggio (McLuhan). Quindi la tecnica è in sè malvagia perchè di per sè tende al dominio del mondo, cosa che "divinizza" l'uomo. Caso estremo: le ricerche inerenti alla bomba atomica. Si può far del bene con la bomba? Guzzanti, padre di svariati comici, e Granzotto, del "Giornale", sostengono di sì. Il primo ha lodato il bombardamento di S. Lorenzo, il secondo ha detto che avrebbe dato il premio nobel a chi sganciò le bombe su Hiroshima e Nagasaki. Non dico quel che penso su questi signori (posso citare le fonti).
Ma l'unico salvatore del mondo è nostro Signore Gesù Cristo, è questa la perla preziosa, che offre risposte ad un livello molto più profondo di quello politico, economico, ecologico, ecc. pur poi manifestandosi anche in questi ambiti.
Non c'è dubbio.
Trovo pertanto abbastanza stonata la riduzione di discussioni profonde come questa proposta da Mic a beghe mondane tra fazioni cattoliche. esto Benedetto, sempre nella Spe Salvi, auspicava un’autocritica della modernità, non solo in ambito mondano, ma anche in ambito cristiano.
Non ridurrei il tutto a bega mondana: si tratta di una guerra che sta distruggendo il cattolicesimo, quindi la Verità. Oggi che si è poco coraggiosi, questa guerra è condotta da Wall Street o sui giornali, non in trincea. Spero solo che l'autocritica di R. non sia hegeliana!
Sono il primo ad essere contraddittorio nei fatti: ma, come dicevo poco tempo fa, se uno è ubriaco e dice che 2 più 2 fa quattro...
Se poi Mic ritiene che non è questo il luogo per certe discussioni, ne prendo atto e mi adeguo. Mi pare però abbia poco fa affermato che si può parlare di metapolitica, mentre mi critica (giustamente, ma è carattere) nei toni e nelle forme.
2) il mezzo, secondo me, è il messaggio (McLuhan). Quindi la tecnica è in sè malvagia perchè di per sè tende al dominio del mondo, cosa che "divinizza" l'uomo.
Non sono d'accordo che la tecnica è di per sé malvagia e che nasca della ricerca del "dominio". Può essere usata per il dominio, ma può essere usata anche per ben altro...
Tanto per fare solo un esempio fra tanti, pensa alle sofisticate tecniche che oggi permettono ai medici di salvare tante vite e sono in molti a farlo con grande dedizione e umanità oltre che con competenza (i casi negativi appartengono a ogni ambito, ma quelli positivi non mancano davvero!)
Se poi il mezzo equivale al messaggio, bisogna diventare consapevoli -nei limiti del possibile- di qual è il messaggio e cosa comporta. Ma questo dato ancora non riesco a vederlo in maniera così assoluta, anche se riconosco che ci sono dei 'mezzi' che hanno introdotto cambiamenti epocali (ho citato l'invenzione della stampa assimilandola nelle potenzialità di cambiamento indotto alle tecnologie attuali)... Ma tutto dipende sempre dall'uso che ne facciamo noi. Anche se ci sono mezzi (compresi strumenti come questo) che forse ci catturano più del dovuto ed è un rischio dal quale dobbiamo sempre guardarci perché altrimenti vien fuori la famosa eterogenesi dei fini...
Mi accorgo che qualunque cosa dico è sempre parziale e risente, oltre che dei limiti personali, anche della mancanza di completezza propria di risposte più meditate che l'immediatezza comunicativa di questo strumento spesso manda all'aria. E non sempre riesco a darmi o a trovare il tempo di approfondire come vorrei.
Poi penso: faccio quello che posso e vado avanti...
teoria e' prassi. da questo concetto deriva , secondo me, buona parte del' ateoresi, del rifiuto della metafisica e dei principi logici di base, comq quello di non contraddizione, che caratterizzano quest' epoca.
rosa
Tra poco l'arrivo del papa Francesco a Bogotà. Pare che abbia portato il suo bagaglio da solo, gettando sguardi risentiti verso il personale addetto (Pelagiani! Volete fare tutto da voi!), guarito gli zoppi con un "buongiorno" e ridato la vista ai ciechi con un "buon pranzo" dei suoi. I giornalisti sono stati fotografati con l'aureola, il pilota è andato in estasi dopo che il papa gli ha battuto cinque e si è fatto da quello benedire, mentre le hostess commentavano San Giovanni della Croce e Taulero (in lingua originale). Esse sono state allora riprese da Bergoglio, che ha intimato loro di non perdere tempo con questi zitelloni passatisti sterili lenti di cuore, e di dedicarsi alle periferie esistenti, alle esistenze periferiche o anche di fare qualcosa, porca miseria.
A questo punto, si può prevedere una nuova innovazione ("cambiare, cambiare"): la canonizzazione in vita, magari proprio a La Paz, in municipio per non oltraggiare i diversamente credenti (che comunque, ci si può scommettere, si convertiranno tutti prima del ritorno del papa a Zagarolo, abbagliati dalla sua luminosa figura, per certi versi simile a quella di Pio XII), per acclamazione delle folle (solo se povere, impoverite o morte di fame. Vale anche l'applauso "in articulo mortis"). La canonizzazione, evitato anche l'inutile, barocco scoglio della beatificazione ("debbo lavorare, io"), è supportata, oltre che dai resoconti dettagliati di Mara Venier e di Bruno Vespa, anche da un'edificante e imperiosa richiesta del papa ("vendete questo aereo e datene il ricavato ai poveri, ma attenzione a non farli diventare ricchi, sennò bisogna ricominciare da capo", avrebbe detto il pontefice massimo) e da un miracolo (sembra che il volo Alitalia sia in orario).
Caro Angelo, questo suo ultimo pezzo delle 20:35 non è proprio male.
circa il peccato originale
Quelle che seguono, sono brani di alcune risposte che diedi tempo fa, ad un
questionario circa il Peccato originale
Subject: a proposito di peccato originale
Tempo fa risposi ad un questionario sul peccato originale. Penso che possa interessare anche voi lello
1) CHI ha commesso il peccato originale? Non chiedo nome e cognome (se me li volete dire è ancora meglio, però...;-)))) mi accontento anche di affermazioni più "sfumate".
ADAMO ED EVA, due persone in carne ed ossa
2) QUALE era la CONDIZIONE delle persone di cui al punto 1) PRIMA del peccato originale?
Adamo era il capo, il re ed il Gran Sacerdote di tutta l'IUmanità presente e futura. Infatti Adamo aveva la pienezza dei doni naturali, la pienezza dei doni preternaturali e la pienezza dei doni sovrannaturali. I primi già bastavano ed avanzavano per far di lui l'equivalente degli déi mitologici e/o dei supereroi dei fumetti Non dimentichiamo che comprendevano, tra l'altro, l'immunità dalla malattia e dalla vecchiaia, una vita della durata che si sarebbe misurata in secoli (se non, addirittura, IN DECINE O IN CENTINAIA DI MILLENNI) ed il funzionamento al 100% di tutti gli organi. I doni preternaturali consistevano nella capacità di compiere prodigi, attraverso la familiarità con il mondo angelico. I doni sovrannaturali, i più importanti facevano
vedere DIO faccia a faccia, senza bisogno di mediazioni, NEPPURE DEI SACRAMENTI ( SAREBBE ESISTITO SOLO IL MATRIMONIO). La morte ci sarebbe stata lo stesso, ma si sarebbe trattato di un evento grosso modo analogo/omologo all'Assunzione di Maria.
3) IN CHE COSA consistette..... il peccato originale? (Gradirei una certa precisione nella vostra risposta...)
Il Pontificio Istituto Biblico, prima che il cardinale Bea ne facesse il ritrovo dei peggiori modernisti, più volte sentenziò che i primi dodici capitoli della Genesi SONO TESTI STORICI.
Sono testi che ci vogliono dire esattamente due cose:
a) IL MONOGENISMO E' DOGMA DI FEDE! L'origine di tutta l'umanità da una sola coppia, confermata dalle ricerche genetiche del prof. Luca Cavalli Sforza e di Emaneul Anati, è la "conditio sine qua non", necessaria e non sufficiente per spiegare il concetto di intervento divino nella storia, per mezzo della persona di Gesù
b) Si trattò di una violazione deliberata di un preciso ordine divino. Con queste premesse, c'è da pensare che le cose sono successe, nelle linee essenziali, proprio più o meno come le narra la Bibbia
4) PERCHE' le persone di cui al punto 1) commisero il peccato originale? (Anche qui, gradirei che scendeste nel dettaglio...)
Il diavolo fu furbo. Eva era in stato d'innocenza. Pertanto poteva benissimo parlare con il serpente. In pratica, il serpente che fece? PREDICO' UN'ALTRA RELIGIONE! Pertanto, alla luce del magistreo del Vaticano II, DIO, anticipando in questa vita la
punizione, ha compiuto un atto tirannico. Ecco spiegato perchè i modernisti non credono più al peccato originale. Torniamo al tema. Eva avrebbe dovuto fare il suo dovere di buona moglie: rispondere alle proposte del serpente "Un momento che ne parlo con mio marito". Adamo aveva tutte le grazie NECESSARIE E SUFFICIENTI per capire di cosa si trattava e dare al serpe le
stesse risposte che gli darà Gesù nel deserto. Eva aveva si le stesse grazie del marito, ma erano di genere diverso. Lei era inferiore al diavolo. Per usare una terminologia giuridica, possiamo dire che ad Eva si possono riconosce le attenuanti generiche ed ad Adamo l'aggravante dei futili motivi. Sapevano e vedevano DIO chi era. L'invidia per le prerogative divine fece il resto. In pratica, (del resto è, in forma implicita, -in modo esplicito lo farà forse qualche satanista- ciò che facciamo noi ogni volta che pecchiamo), dissero a Dio: "Noi ed il serpente ne capiamo più di te"
In effetti mi chiedo: quanto noi stessi, che pure ci sforziamo di combattere queste derive, siamo intrisi dei caratteri di questa modernità? Lo dico a me stessa per prima.. Per esempio ho l'impressione che nella nostra ricerca della Verità siamo spesso un po' tutti deformati da atteggiamenti ideologici o partigiani di varia natura... Spesso la vis polemica sembra prevalere sulla logica e sulla ricerca aperta della Verità.
Sono d'accordo con Sam.
D'altronde ognuno di noi ha le sue pre-comprensioni legate alla sua formazione e alla sua esperienza, e alle personali elaborazioni che ne ha fatto, in base ai 'mondi' con cui si è relazionato e la sintesi di cui portatore nel 'mondo' che rappresenta... L'importante è che questa sintesi (anche se già la comprende) venga sempre e e ulteriormente ricollocata e riformulata in base al Magistero perenne.
Infatti la Verità Si e ci è data proprio nella Chiesa e nella sua Tradizione. Il dramma di oggi è il sovvertimento delle coordinate riferite sia alla Tradizione che ad alcuni dei nostri punti di riferimento sostanziali.
Non siamo ancora alle essenze. Non è possibile de fide.
Ma dobbiamo rimanere vigilanti e oranti perché non avvenga in noi, dato che il nostro limite ci accompagna sempre e ci mette a rischio. E' solo nel Signore -nella Sua e nostra Chiesa- che possiamo trovare luce e sostanza... in guardia nei confronti dei sovvertitori...
Non vorrei apparire pretenzioso, mi sarebbe però piaciuto che qualcuno esponesse la propria opinione e ampliasse il discorso su quanto da me sostenuto – si trattava dell’input di questo thread – e cioè che il declino del cristianesimo in occidente non è imputabile al CV2, ma soprattutto alle trasformazioni che in questi ultimi cinquant’anni hanno profondamente modificato il modo di vivere e l’intera società occidentale.
Interessante a questo proposito il parere del cardinale Piacenza che, in un volume per celebrare il mezzo secolo del Vaticano II, ha scritto: «L'emorragia del clero, seguita all’epoca del Vaticano II, non è in alcun modo ascrivibile al Concilio, né alla sua, talvolta, ambigua ricezione. È necessario riconoscere che la crisi era precedente, aveva radici profonde e remote e, probabilmente, le riforme conciliari ne hanno arginato i devastanti effetti».
Tra i mutamenti avvenuti ce n’è uno per esempio, che a parer mio renderà assai ardua se non vana l’opera di rievangelizzazione dell’Europa e dell’Italia, uno degli attuali obiettivi della Chiesa.
Non ci sono più i presupposti per recepirla: è venuto meno quell’humus fertilissimo rappresentato dalla religiosità famigliare che alimentava e rafforzava l’idea di Dio. Manca ormai da tempo il passaggio del testimone tra le diverse generazioni e quindi le consuetudini e le tradizioni di una volta non si tramandano più.
Si iniziava da piccoli con il fare il segno della croce prima di uscire di casa e prima di iniziare il pranzo; i bambini pregavano insieme alla nonna o alla mamma Gesù bambino prima di addormentarsi; quasi tutti partecipavano alla vita della parrocchia e mettevano in pratica, grazie al richiamo della comunità, tanti altri piccoli ma importanti gesti, tesi a rafforzare quel senso di religiosità e di devozione a Dio. Tutte cose che oggi non fanno più parte delle consuetudini del vivere quotidiano.
Per troppi anni la Chiesa ha voluto credere, che ogni battezzato fosse un fedele convinto e soprattutto praticante. Le statistiche ci dicono invece che meno di un terzo dei battezzati è praticante, frequenta la chiesa e segue in parte il Magistero. Mario
Segue …
Seguito della prima parte.
E veniamo all’argomento caldo, “L’età della tecnica”.
Non credo sia utile per comprendere e inquadrare in modo approfondito ciò che noi definiamo “L’età della tecnica”, limitarsi nel riportare frasi ad effetto come questa: “Quindi la tecnica è in sé malvagia perché di per sé tende al dominio del mondo, cosa che "divinizza" l'uomo”; o quest’altra: “Se al progresso tecnico non corrisponde un progresso nella formazione etica dell'uomo, nella crescita dell'uomo interiore (cfr Ef 3,16; 2 Cor 4,16), allora esso non è un progresso, ma una minaccia per l'uomo e per il mondo”.
Ce ne sono molte altre dello stesso tenore. Tutte belle parole, per carità, umanamente condivisibili, e poi? E poi la tecnica avanza inesorabile e sperare che l’etica di qualsiasi natura sia possa impedirne il cammino, è una mera illusione.
Qual è infatti l’etica dello scienziato? Dover conoscere tutto ciò che si può conoscere, prescindendo da qualsiasi utilità, scopo, funzione. Questo è il vero atteggiamento scientifico. La scienza, la tecnica non ha scopi, ha procedure. Nessuno si era proposto di clonare l’uomo. Si è visto, seguendo certe procedure che la clonazione era possibile.
E allora la vera domanda da porre è questa: “Come può l’etica chiedere alla tecnica di non fare ciò che può fare?”. Non è mai accaduto nella storia e quindi l’etica può limitarsi a invocare, a chiedere di non fare, a implorare, ma se qualcosa si può fare prima o poi si fa, come del resto gli accadimenti fin qui succeduti, dimostrano.
Ciò che secondo me appare controproducente in una discussione come questa è l’approccio pregiudizievole nei confronti di ciò che accade e di cui dovremmo invece essere attenti osservatori e testimoni per comprendere la realtà. Non serve voltare la faccia dall’altra parte, evitando di affrontare la realtà e sperare che le cose si riaggiustino non si sa bene per quale prodigio.
Quando scrissi: "Cinquant’anni fa la biochimica ha sciolto l’atavico nesso che legava il piacere sessuale alla riproduzione e da lì è iniziata la rivoluzione della società umana.", ci fu chi immediatamente pensò bene di “redarguirmi” scrivendo: “Quello che viene qui definito "atavico nesso" è ciò che è sancito dal Creatore, non è un'invenzione di società ancestrali ormai scomparse nell'oblio e sotto la polvere dei secoli. Voler disgiungere la procreazione dall'atto di dono totale tra uomo e donna è voler negare la creazione”.
Peccato però che io non avevo intenzione di negare o di disgiungere nulla. Ho semplicemente riportato un fatto reale che ha prodotto una vera e propria "rivoluzione antropologica". Quell’ “atavico nesso” tra sessualità e procreazione, sancito dal Creatore, dalla natura o dal caso, importa poco, è stato per la prima volta sciolto. Si può certo convenire che l’evento in sé può o non piacere, ma è accaduto ed è necessario tenerne conto per capire i mutamenti e l'evoluzione dell’odierna realtà.
Ringrazio dell'ospitalità. Mario
“Come può l’etica chiedere alla tecnica di non fare ciò che può fare?”
Lo può e lo deve chiedere. Il problema è che anche i cattolici hanno dei dubbi in merito e credo che l'Occidente non archivierà la sua follia prima di aver compiuto la propria autodistruzione....
"Queste filosofie sono caratterizzate dal fatto che sono positivistiche, e perciò antimetafisiche, tanto che, alla fine, Dio non può avere in esse alcun posto. Esse sono basate su una autolimitazione della ragione positiva, che è adeguata nell’ambito tecnico, ma che, laddove viene generalizzata, comporta invece una mutilazione dell’uomo. Ne consegue che l’uomo non ammette più alcuna istanza morale al di fuori dei suoi calcoli e, come abbiamo visto, anche che il concetto di libertà, che a tutta prima potrebbe sembrare espandersi in modo illimitato, alla fine porta all’autodistruzione della libertà. È vero che le filosofie positivistiche contengono importanti elementi di verità. Questi sono però basati su un’autolimitazione della ragione tipica di una determinata situazione culturale – quella dell’Occidente moderno –, non potendo di certo essere come tali l’ultima parola della ragione. Nonostante sembrino totalmente razionali, non sono la voce della ragione stessa, ma sono anch’esse vincolate culturalmente, vincolate cioè alla situazione dell’Occidente di oggi. Perciò non sono affatto quella filosofia che un giorno dovrebbe essere valida in tutto il mondo. Ma soprattutto bisogna dire che questa filosofia illuminista e la sua rispettiva cultura sono incomplete. Essa taglia coscientemente le proprie radici storiche privandosi delle forze sorgive dalle quali essa stessa è scaturita, quella memoria fondamentale dell’umanità, per così dire, senza la quale la ragione perde l’orientamento. Infatti adesso vale il principio che la capacità dell’uomo sia la misura del suo agire. Ciò che si sa fare, si può anche fare. Un saper fare separato dal poter fare non esiste più, perché sarebbe contro la libertà, che è il valore supremo in assoluto. Ma l’uomo sa fare tanto, e sa fare sempre di più; e se questo saper fare non trova la sua misura in una norma morale, diventa, come possiamo già vedere, potere di distruzione. L’uomo sa clonare uomini, e perciò lo fa. L’uomo sa usare uomini come “magazzino” di organi per altri uomini, e perciò lo fa; lo fa perché sembrerebbe essere questa una esigenza della sua libertà. L’uomo sa costruire bombe atomiche, e perciò le fa, essendo, in linea di principio, anche disposto ad usarle. Anche il terrorismo, alla fine, si basa su questa modalità di “auto-autorizzazione” dell’uomo, e non sugli insegnamenti del Corano. Il radicale distacco della filosofia illuminista dalle sue radici diventa, in ultima analisi, un fare a meno dell’uomo. L’uomo, in fondo, non ha alcuna libertà, ci dicono i portavoce delle scienze naturali, in totale contraddizione col punto di partenza di tutta la questione. Egli non deve credere di essere qualcos’altro rispetto a tutti gli altri esseri viventi, e perciò dovrebbe anche essere trattato come loro, ci dicono persino i portavoce più avanzati di una filosofia nettamente separata dalle radici della memoria storica dell’umanità.
Ci eravamo posti due domande: se la filosofia razionalista (positivistica) sia strettamente razionale, e di conseguenza universalmente valida, e se sia completa. Basta a se stessa? Può, o addirittura deve, relegare le sue radici storiche nell’ambito del puro passato, e quindi nell’ambito di ciò che può essere valido soltanto soggettivamente? Dobbiamo rispondere a tutte due le domande con un netto “no”. Questa filosofia non esprime la compiuta ragione dell’uomo, ma soltanto una parte di essa, e per via di questa mutilazione della ragione non la si può considerare affatto razionale. Per questo è anche incompleta, e può guarire soltanto ristabilendo di nuovo il contatto con le sue radici. Un albero senza radici si secca…"
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/27262
Francamente Rafminimi avrei troppe cose da obiettare sulla tua lettura del peccato orginale, ma mi limito a due:
1 - "La morte ci sarebbe stata lo stesso" [???!!!]
2 - "DIO, anticipando in questa vita la punizione, ha compiuto un atto tirannico."
CATECHSIMO DELLA CHIESA CATTOLICA
376 Tutte le dimensioni della vita dell'uomo erano potenziate dall'irradiamento di questa grazia. Finché fosse rimasto nell'intimità divina, l'uomo non avrebbe dovuto né morire, [Cf ⇒ Gen 2,17; ⇒ Gen 3,19 ] né soffrire [Cf ⇒ Gen 3,16 ]. L'armonia interiore della persona umana, l'armonia tra l'uomo e la donna, [Cf ⇒ Gen 2,25 ] infine l'armonia tra la prima coppia e tutta la creazione costituiva la condizione detta “giustizia originale
391 Dietro la scelta disobbediente dei nostri progenitori c'è una voce seduttrice, che si oppone a Dio, [Cf ⇒ Gen 3,1-5 ] la quale, per invidia, li fa cadere nella morte [Cf ⇒ Sap 2,24 ]....
400 L'armonia nella quale essi erano posti, grazie alla giustizia originale, è distrutta; la padronanza delle facoltà spirituali dell'anima sul corpo è infranta; [Cf ⇒ Gen 3,7 ] l'unione dell'uomo e della donna è sottoposta a tensioni; [Cf ⇒ Gen 3,11-13 ] i loro rapporti saranno segnati dalla concupiscenza e dalla tendenza all'asservimento [Cf ⇒ Gen 3,16 ]. L'armonia con la creazione è spezzata: la creazione visibile è diventata aliena e ostile all'uomo [Cf ⇒ Gen 3,17; ⇒ Gen 3,19 ]. A causa dell'uomo, la creazione è “sottomessa alla caducità” (⇒ Rm 8,20). Infine, la conseguenza esplicitamente annunziata nell'ipotesi della disobbedienza [Cf ⇒ Gen 2,17 ] si realizzerà: l'uomo tornerà in polvere, quella polvere dalla quale è stato tratto [Cf ⇒ Gen 3,19 ]. La morte entra nella storia dell'umanità [Cf ⇒ Rm 5,12 ].
CCC 413 “Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. . . La morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo” (⇒ Sap 1,13; ⇒ Sap 2,24).
1008 La morte è conseguenza del peccato. Interprete autentico delle affermazioni della Sacra Scrittura"e della Tradizione, il Magistero della Chiesa insegna che la morte è entrata nel mondo a causa del peccato dell’uomo. Sebbene l’uomo possedesse una natura mortale, Dio lo destinava a non morire. La morte fu dunque contraria ai disegni di Dio Creatore ed essa entrò nel mondo come conseguenza del peccato. «La morte corporale, dalla quale l’uomo sarebbe stato esentato se non avesse peccato» è pertanto «l’ultimo nemico» [dell’uomo a dover essere vinto. La morte è trasformata da Cristo. Anche Gesù, il Figlio di Dio, ha subito la morte, propria della condizione umana. Ma, malgrado la sua angoscia di fronte ad essa, egli la assunse in un atto di totale e libera sottomissione alla volontà del Padre suo. L’obbedienza di Gesù ha trasformato la maledizione della morte in benedizione.]
CATECHISMO DI SAN PIO X
71. Quali danni cagionò il peccato di Adamo?
Il peccato di Adamo spogliò lui e tutti gli uomini della grazia e d'ogni altro dono soprannaturale,
rendendoli soggetti al peccato, al demonio, alla morte, all'ignoranza, alle cattive inclinazioni e ad
ogni altra miseria, ed escludendoli dal paradiso.
74. Come mai il peccato originale è « volontario », e quindi colpa per noi?
I1 peccato originale è volontario e quindi colpa per noi, solo perchè volontariamente lo commise
Adamo quale capo dell'umanità; e perciò Dio non punisce, ma semplicemente non premia col
paradiso chi abbia solo il peccato originale.
Alla luce di quanto sopra, suggerirei la rilettura del testo biblico sul peccato orginale...
"Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti". Gn 2, 16-17
Dunque la morte non è una punizione, ma un semplice nesso causa-effetto annunciato.
Dio è Creatore e Padre buono e coerente, avvisa l'uomo da lui creato che se mangerà di un certo albero ne pagherà delle conseguenze e le conseguenze inesorabilmente arrivano. Non è una punizione.
Semplifichiamo. Se un papà dice ad un figlio: "non mangiare quella robaccia scaduta! guarda che se la mangi ti viene il mal di pancia", il mal di pancia per il bambino è la semplice conseguenza e non la punizione del non aver prestato ascolto all'avvertimento del padre.
A quel papà poi toccherà fare il medico con medicine amare per guarire il mal di pancia del figlio e da bravo papà continuerà poi ad educarlo, anche offrendogli prove che lo aiutino a crescere e lasciandogli pestare qualche volta il naso come conseguenza dei suoi errori, cadute e disobbedienze, nella speranza che prima o poi impari a fidarsi di Lui e ad ascoltarlo, per il proprio bene.
Altro che Dio tiranno!
Chi è causa del suo mal pianga se stesso!
"La morte ci sarebbe stata lo stesso" [???!!!]
DIO ci ha creati per il Cielo. La morte, come PASSAGGIO AL CIELO, OVVERO CON CARATTERISTICHE ANALOGHE /OMOLOGHE ALL'ASSUNZIONE DELLA MADONNA, ci sarebbe sta lo stesso. La morte come separazione dell'anima dal corpo, NO.
Circa l'atto Tirannico, è ciò che si arguisce, quanto meno implicitamente, se si vuole applicare il magistero di DIGNITATIS HUAMANAE.
@ Mario:
"... Quell’ “atavico nesso” tra sessualità e procreazione, sancito dal Creatore, dalla natura o dal caso, importa poco, è stato per la prima volta sciolto. Si può certo convenire che l’evento in sé può o non piacere, ma è accaduto ed è necessario tenerne conto per capire i mutamenti e l'evoluzione dell’odierna realtà. "
E' invece importante che il nesso sia stato sancito dal Creatore e quindi sia immutabile per tutta la storia umana, infatti se fosse stato sancito dal caso, o dalla natura, potrebbe essere modificato senza tanti problemi.
Essendo invece stato sancito dal Creatore, ci si può illudere di averlo modificato con la biochimica o quello che si vuole, ma è, appunto un'illusione, un'idea, non la realtà. La realtà è quella stabilita dal Creatore che da Lui promana.
La procreazione artificiale, porta in sé un vulnus che è quello di modificare l'antropologia ( e in questo contribuisce per la sua propria parte alla rivoluzione antropologica), infatti il nesso unitivo-generativo sancito dal Creatore fonda la procreazione su dono-relazione-persona, quello ideologico sancito dalla tecnica (in questo caso la biologia-biochimica) fonda la procreazione su pretesa-dominio-prodotto.
Bisognerebbe perciò aprire gli occhi (dell'anima e della ragione) per prendere coscienza di questo fatto e non invece considerare che ciò che la tecnica (illusoriamente ritenuta neutrale) è in grado di produrre, allora è in qualche modo reale.
La Chiesa, nella sua bimillenaria saggezza, ha fin dai primordi dell'apparire di queste tecniche evidenziato l'aspetto antiumano insito in queste tecniche è con decreto del S. Uffizio del 1897 (milleottocentonovantasette) l'ha dichiarata illecita. Tutti i suoi pronunciamenti successivi sono stati coerenti con questo primo documento (su tutti la Donum Vitae). La fecondazione artificiale, a prescindere dalla tecnica adottata (Gift, Fivet, ICSI) quindi va a negare la verità costitutiva della vita e dell'uomo (a causa della triade sopracitata di cui il dominio è il perno centrale) ed è assurdo che l'uomo stesso persegua progetti che negano la sua propria profonda realtà, ma questo in ultimissima analisi è coerente con il fatto che il male è totalmente illogico.
@ Sam.
“Lo può e lo deve chiedere. Il problema è che anche i cattolici hanno dei dubbi in merito e credo che l'Occidente non archivierà la sua follia prima di aver compiuto la propria autodistruzione....”.
Diciamo che tenta disperatamente di farlo e fa bene! E qui in gioco non è soltanto l’Occidente, ma l’intera umanità. Diciamo che ce la mette tutta, ma non basta per far rinsavire le persone dal delirio di onnipotenza che inebria, quando tra le mani ci si ritrova uno strumento i cui limiti sono di difficile percezione proprio perché ...“adesso vale il principio che la capacità dell’uomo sia la misura del suo agire. Ciò che si sa fare, si può anche fare …”.
"Queste filosofie sono caratterizzate dal fatto che sono positivistiche, e perciò antimetafisiche, tanto che, alla fine, Dio non può avere in esse alcun posto …”.
E infatti oggi si può ben dire che “Dio non fa più mondo”. Se togliessimo la parola “Dio” dall’attuale società nulla muterebbe e tutto procederebbe in modo comprensibile e senza scossoni. Se togliessimo invece la parola “tecnica”, “scienza” o “finanza” quasi tutte le nostre azioni apparirebbero incomprensibili e prive di senso.
E allora?
E allora vorrei poterlo fare, ma non sono in grado di suggerire alcunché e tuttavia sono convinto che forse il ruolo del Cristianesimo dovrebbe essere più incisivo e far sì che il Suo messaggio fosse meglio percepito, privo di quei fronzoli che ne diluiscono l’efficacia. Mario
"dATEMI 5 righe, scritte da chicchessia, che parlino di qualunque argomento, fosse pure matematica o metereologia,e con la firma in calce, ed io ne saprò ricavare quanto basta per ottenere la CONDANNA A MORTE di chi le ha scritte" (Otto von Bismarck).
Per favore, leggete con attenzione ciò che scrivo. Già mi capita, ogni tanto, di pensare che forse Gorgia di Lentini, ha esagerato un po', ma, in linea di massima l'esperienza offre qualche base al suo scetticismo estremo. Non mi portate a pensare che forse il tempo è meglio passarlo a mangiare caramelle che a scrive su internet.
"... l'essenza dell'uomo è quella che è. Inoltre o è portata alla sua pienezza d'essere, in Cristo, oppure non è nulla!"
Forse Lei non se ne rende conto, ma quanto sopra (con tanto di neretto) sarebbe sottoscritto, parola per parola - e con entusiasmo - dall'arci-apostata Pierre Teilhard de Chardin (1881 - 1955) ...
... al quale, per altro, ha fatto da corifeo il Gesuita (he he) Henri de Lubac (guarda caso, il suo libro Il pensiero religioso di Pierre Teilhard de Chardin è del 1962, l'anno d'inizio del CV2 ...), poi nominato cardinale di Santa Romana Chiesa il 2 febbraio 1983 da (papa) Giovanni Paolo II.
Del resto, come ignorare la perla donata da (papa) Francesco al "cantore della materia"? Eccola:
«Il traguardo del cammino dell’universo è nella pienezza di Dio, che è stata già raggiunta da Cristo risorto, fulcro della maturazione universale. [53] In tal modo aggiungiamo un ulteriore argomento per rifiutare qualsiasi dominio dispotico e irresponsabile dell’essere umano sulle altre creature. Lo scopo finale delle altre creature non siamo noi. Invece tutte avanzano, insieme a noi e attraverso di noi, verso la meta comune, che è Dio, in una pienezza trascendente dove Cristo risorto abbraccia e illumina tutto.»
Così leggiamo nel paragrafo 83 della enciclica Laudato si’ (24 maggio 2015), dove il pensiero di Pierre Teilhard de Chardin (nell’approccio teologico all’evoluzione) si avverte così palesemente da meritarsi una citazione a piè pagina:
[53] In questa prospettiva si pone il contributo del P. Teilhard de Chardin; cfr Paolo VI, Discorso in uno stabilimento chimico-farmaceutico (24 febbraio 1966): Insegnamenti 4 (1966), 992-993; Giovanni Paolo II, Lettera al reverendo P. George V. Coyne (1 giugno 1988): Insegnamenti 11/2 (1988), 1715; Benedetto XVI, Omelia nella celebrazione dei Vespri ad Aosta (24 luglio 2009): Insegnamenti 5/2 (2009), 60. [Enciclica Laudato si’, cit.]
"... l'essenza dell'uomo è quella che è. Inoltre o è portata alla sua pienezza d'essere, in Cristo, oppure non è nulla!"
Forse Lei non se ne rende conto, ma quanto sopra (con tanto di neretto) sarebbe sottoscritto, parola per parola - e con entusiasmo - dall'arci-apostata Pierre Teilhard de Chardin (1881 - 1955) ...
Forse, a volte, do' per scontato ciò che evidentemente scontato non è.
Tuttavia mi chiedo come possa interpretarsi la frase quotata in senso evolutivo e teilhardiano, dopo l'affermazione che nessuna rivoluzione antropologica "può cambiare l'interiorità profonda e l'essenza dell'UOMO (essere umano uomo e donna) di creatura voluta amata e redenta dal Suo Creatore, che trova la sua vera dignità e libertà nell'essere a Lui ordinata e dunque nel rapporto personale e comunitario con Lui".
Quindi, l'essenza dell'uomo è quella di creatura ordinata al Creatore, che è quella che è, dunque non cambia e pertanto non si evolve. Tuttavia, dopo il peccato originale, è con la Redenzione operata da Cristo Signore che viene restaurata l'immagine e ricostituito il legame pieno con Dio. In Cristo ogni uomo (nell'arco della sua vita) e tutti gli uomini (in ogni generazione) sono chiamati - attraverso la vita di fede e la corrispondente verità della vita - alla pienezza d'essere che è la 'configurazione' alla vera immagine del Figlio diletto, nel quale il Padre si è compiaciuto.
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