Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

giovedì 30 ottobre 2025

Colligite Fragmenta/ Cristo Re

Nella nostra traduzione da OnePeterFive la consueta meditazione settimanale di p. John Zuhlsdorf che, nell'ottava, ci aiuta ad approfondire i doni spirituali della Messa della Domenica precedente qui.
Colligite Fragmenta: Cristo Re
Padre John Zuhlsdorf — 25 ottobre 2025

Le famiglie reali d’Europa stavano cadendo una dopo l’altra. Il secolarismo ateo e materialista stava avanzando. All’indomani del sanguinoso primo conflitto mondiale, papa Pio XI fissava lo sguardo su un mondo in preda al caos. L’industrializzazione e l’imperialismo, aggravati dalle alleanze politiche, avevano innescato quell’orrendo conflitto, con la guerra di trincea, l’artiglieria moderna e i gas d’offesa. Morirono e furono ferite molti milioni di persone. Poi giunse l’influenza “spagnola”, che spazzò via altre vite.

Quando Benedetto XV morì improvvisamente di polmonite nel 1922, Achille Ratti, allora cardinale arcivescovo di Milano, fu eletto alla Sede di Pietro nel conclave più lungo del secolo. Probabilmente fu anche il papa che impiegò più tempo ad accettare. Quando gli venne chiesto, si racconta che rifletté in silenzio per diversi minuti, come se si caricasse sulle spalle il peso del mondo. Un cardinale commentò scherzando che lo avevano “fatto passare per le 14 Stazioni e poi lasciato sul Calvario”. Scelse il nome di Pio XI e il motto: “Pax Christi in regno Christi… La pace di Cristo nel Regno di Cristo.”

Fin dall’inizio, quel motto segnalò il suo obiettivo. La sua prima enciclica, Ubi arcano (1922), lamentava che la Prima guerra mondiale non avesse portato la pace e che nuovi conflitti minacciassero di scoppiare, deplorava la conversione delle chiese a usi secolari e indicava la concupiscenza come radice dei mali sociali. Solo sotto la Regalità di Cristo, affermava, ci sarebbe stata vera pace. Tre anni dopo, nel 1925, con l’enciclica Quas primas, Pio XI istituì la festa di Cristo Re, fissandola all’ultima domenica di ottobre, il mese che i comunisti avevano sequestrato per l’esaltazione della loro “rivoluzione permanente”. In una diabolica ironia, l’espressione “rivoluzione permanente” era stata coniata da Karl Marx nel 1844 in un’opera intitolata La Sacra Famiglia. Il demonio ti dice sempre che cosa sta facendo.

La “rivoluzione permanente”, nella prassi comunista, significava che gli obiettivi andavano perseguiti senza compromessi con l’opposizione. Alcuni hanno suggerito un parallelo con le odierne, apparentemente interminabili, sessioni di “camminare insieme”: quei processi di continuo rifacimento e reimmaginazione che tentano di creare un “processo” permanente anche nella Chiesa stessa. “Rivoluzione”, in latino, è res novae, “cose nuove”. Per gli antichi Romani, il “nuovo” era di per sé negativo, segno d’instabilità e di ribellione.

Così Pio XI, scegliendo l’ultima domenica di ottobre, pose deliberatamente la Regalità di Cristo in diretta opposizione alle novità senza Dio dell’età moderna.

Collocando la festa in quella data, la situò anche a ridosso di Ognissanti e del mese di novembre, che confluisce nell’Avvento e nell’accento che quest’ultimo pone sulla Seconda Venuta di Cristo. Celebrando Cristo come Re, la Madre Chiesa ci trascina in una meditazione liturgica sulle Quattro Cose Ultime: morte, giudizio, paradiso e inferno. Questa domenica inaugura la stagione salutare per rimettere in ordine le priorità.

Pio XI sottolineò che Cristo ha dominio e autorità su tutte le cose create. Cristo è “Re dei re e Signore dei signori” (Ap 19,16). Di conseguenza, tanto i singoli quanto le società nel loro insieme sono obbligati a sottomettersi a Cristo quale loro Re. Ciò include gli Stati nazionali. Dove Cristo non regna, dove è rifiutato, le persone vengono ridotte a ingranaggi spersonalizzati, sacrificabili dai potenti nel carnaio dell’ateismo. Viene in mente la terribile immagine di Lenin: “Per fare una frittata bisogna rompere le uova”.

Come scrisse Pio XI in Quadragesimo anno (1931), “nessuno può essere allo stesso tempo buon cattolico e vero socialista”. Mise in guardia che il socialismo non è un mero modello economico o politico, ma un tentativo globale di rimodellare la mente e l’anima umana:
Si dedica soprattutto alla formazione della mente e del carattere. Sotto le apparenze dell’affetto cerca in particolare di attrarre a sé i fanciulli in tenera età e di conquistarli… per produrre infine veri socialisti che plasmino la società umana secondo i principi del Socialismo.
Parole che oggi suonano come una profezia avverata. Dopo decenni di propaganda nel mondo accademico, gli ideologi hanno prodotto generazioni che ignorano l’educazione civica e la storia, con curiosità e capacità di ragionare atrofizzate. Con un incessante condizionamento sociale, hanno formato pappagallini obbedienti nella piazza pubblica. Guardiamo a ciò che accade nelle strade delle grandi città americane, con le intemperanze violente dei giovani — affiancati dai loro alleati hippie invecchiati, pronti a rivivere la ribellione giovanile.

A proposito di uova rotte, si può ricordare il meme di una giovane sorridente che aveva scritto: “Pensate al socialismo come a un dolce raffinato. Solo perché molti hanno fatto un casino in cucina nel provarci, non vuol dire possiate dichiarare che non mangerete mai più soufflé! Significa soltanto che dovrete riprovarci con più impegno!”. Al che qualcuno ha risposto con una foto in bianco e nero di soldati in piedi sopra teschi e ossa carbonizzati: “Oh no! Ho bruciato di nuovo il soufflé.”

La battuta macabra smaschera i frutti oscuri delle ideologie utopiche. Quando Cristo non è Re, l’umanità brucia il proprio soufflé, ancora e ancora.

Gli ammonimenti e appelli di Pio XI sono oggi ancor più pressanti. Ci si può però chiedere se le nazioni presteranno attenzione alla voce della Chiesa quando la Chiesa stessa ha di fatto smesso di leggere Pio XI. Dopotutto, tutte quelle “cose spiacevoli” sono anteriori al “Nuovo Punto di Partenza” del 1962. La Chiesa stessa ha sfumato i contorni netti della Regalità di Cristo nella sua preghiera liturgica. Lex orandi, lex credendi… come preghiamo così crediamo. La relazione reciproca tra preghiera liturgica e fede comporta che, quando cambiamo il modo di pregare, col tempo cambiamo ciò che crediamo. Questo principio ha conseguenze profonde. Nei decenni successivi, coloro che riformarono la liturgia spostarono l’accento dalla Regalità immediata e presente di Cristo sulle nazioni a un compimento lontano, escatologico, dopo la Seconda Venuta. Nel calendario antico, Cristo Re si celebrava in ottobre; nel nuovo, è stato spostato all’ultima domenica dell’anno liturgico. Non è un semplice spostamento di data, ma teologico.

Si consideri la Colletta di Cristo Re nel Vetus Ordo:
Omnípotens sempitérne Deus, qui in dilécto Fílio tuo, universórum Rege, ómnia instauráre voluísti: concéde propítius; ut cunctæ famíliæ géntium, peccáti vúlnere disgregátæ, eius suavissímo subdántur império.
“Dio onnipotente ed eterno, che nel tuo diletto Figlio, Re dell’universo, hai voluto ricapitolare ogni cosa: concedi propizio che tutte le famiglie delle genti, disgregate dalla ferita del peccato, siano sottomesse al Suo dolcissimo impero.”
Le nazioni. Qui e ora.
Cristo dev’essere riconosciuto Re su tutte le istituzioni umane. Confrontiamo ora la Colletta del Novus Ordo per l’ultima domenica dell’anno liturgico, celebrata come Cristo Re:
“Dio onnipotente ed eterno, che hai voluto rinnovare tutte le cose nel tuo diletto Figlio, Re dell’universo, concedi propizio che l’intera creazione, liberata dalla schiavitù, ti serva con impegno e ti lodi senza fine.”
Nessun dubbio che Cristo sia Re dell’universo. Eppure il peccato non è nominato esplicitamente; il riferimento alle nazioni — all’ordine secolare — scompare. Il cosmico sostituisce il sociale. “Giudicate voi”, direbbe il predicatore; ma le implicazioni sono chiare. Settimana dopo settimana, le orazioni del Messale moderno hanno cambiato contenuto: meno penitenza, meno combattimento spirituale, più ottimismo.

Cambia il modo in cui preghiamo, e col tempo cambieremo ciò che crediamo. Cambiato questo, cambierà anche il modo in cui viviamo nel privato e come agiamo nella sfera pubblica.

Sant’Agostino, nella Città di Dio, ha scritto che i governi terreni sono essi stessi castighi permessi a causa del Peccato originale. Le nostre istituzioni decadute riflettono la nostra natura decaduta. Sono forme d’ordine transitorie, destinate infine a cedere il passo al regno eterno di Cristo.

Nella lettera ai Colossesi, scelta dalla Chiesa come Epistola per Cristo Re, San Paolo canta quella Signoria cosmica:
Fratelli: [rendiamo] grazie al Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È Lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Suo Figlio prediletto, nel Quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati. Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione; poiché in Lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà; tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in Lui sussistono. Egli è il capo del corpo, che è la Chiesa; principio, primogenito di coloro che risorgono dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose. Poiché al Padre piacque di far abitare in Lui tutta la pienezza e per mezzo di Lui riconciliare a Sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della Sua croce, sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli.
Quest’inno, forse attinto dalla più antica liturgia cristiana, raccoglie tutte le dimensioni della Regalità di Cristo — cosmica, redentrice, ecclesiale. Cristo è immagine del Dio invisibile, come ha scritto Sant’Ilario di Poitiers: prima della creazione il Figlio era l’immagine perfetta invisibile del Dio invisibile; con l’Incarnazione è divenuto l’immagine perfetta visibile del Dio invisibile. “Chi ha visto Me ha visto il Padre” (Gv 14,9). In Cristo tutte le cose sussistono: creazione, redenzione e la Chiesa stessa, Suo Corpo.

“Egli è il capo del corpo, la Chiesa”, continua Paolo. Il Papa, quale Vicario di Cristo, è il rappresentante visibile di quel Capo, non il Capo stesso. Solo Cristo è Re, Capo e Signore. La Sua Regalità non è un’astrazione devota, ma una realtà viva che abbraccia “tutte le cose”. Pio XI intendeva esattamente questo: ogni autorità era ed è Sua, compreso l’ambito secolare. Quando la volontà dei governanti terreni diverge dalla volontà di Cristo, segue la catastrofe. Guardiamoci attorno.

L’uomo moderno, vagando nelle tenebre del culto di sé stessi, brancola come chi, di notte, in una stanza familiare cerca l’interruttore. Nel peccato mortale siamo ciechi, finché — mediante la confessione, mediante la grazia — la luce irrompe. Poi — BAM! — luce e sollievo. Così anche alla fine dei tempi, quando Cristo ricapitolerà in sé tutta la creazione e la sottometterà al Padre — BAM! — ci sarà luce. “Che possiamo essere con i santi nella luce quando quel giorno verrà.”

Al di là del velo e dello specchio c’è LUCE. Luce da Luce condivide la Luce con noi in ogni istante del nostro esistere, e con speciale bellezza e potenza nei sacramenti e nell’insegnamento limpido della Santa Madre Chiesa. Restiamo nella Luce. Cristo regna ora. Regna dalla Croce, mediante il Sangue che riconcilia “tutte le cose, quelle che sono sulla terra e quelle che sono nei cieli”. Regna sacramentalmente nell’Eucaristia e socialmente in ogni nazione che abbia il coraggio di proclamarlo Re. Regna nei cuori dei fedeli che vivono la Sua legge nelle famiglie, nei luoghi di lavoro e nelle comunità.

L’orazione dopo la Comunione del Vetus Ordo per Cristo Re coglie questa nota militante:
Immortalitátis alimóniam consecúti, quaesumus, Dómine: ut, qui sub Christi Regis vexíllis militáre gloriámur, cum ipso, in cœlésti sede, iúgiter regnáre possímus.
“Nutrìti di questo cibo d’immortalità, ti supplichiamo, o Signore: fa’ che noi, che ci gloriamo di militare sotto gli stendardi di Cristo Re, possiamo regnare in eterno con Lui nella sede celeste.”
Notate l’immagine: siamo membri della Chiesa militante, soldati sotto lo stendardo del nostro Re. C’è un Nemico che opera senza tregua per strappare Cristo Re dai troni dei nostri cuori. Il “principe di questo mondo” (Gv 14,30) mira a cancellare la Regalità sociale di Cristo mediante confusione, compromesso e paura. Siamo assaliti senza sosta. Dobbiamo continuare a combattere, un passo dopo l’altro, sotto il vessillo del Re, usando tutte le armi e i doni di cui Egli ha dotato la Sua Chiesa.

Si confronti con l’orazione dopo la Comunione del Novus Ordo:
“O Signore, ti supplichiamo, i tuoi misteri sacramentali portino a compimento in noi ciò che contengono, affinché ciò che ora compiamo esteriormente giungiamo a comprenderlo nella verità delle cose.”
Non è sbagliata, non è falsa, ma è un po’ sbiadita. È un’astrazione più che un grido di raduno.
Siamo i nostri riti! I testi che preghiamo formano le anime che li pregano.

Alcuni accusano la liturgia tradizionale di essere cupa, eccessivamente incentrata sul peccato e sulla propiziazione, mentre lodano il rito moderno per il suo “sguardo in avanti” verso la gioia escatologica. Ma la gioia senza pentimento è presunzione. Anche il Vetus Ordo guarda al Cielo, e tuttavia mostra con maggiore chiarezza come arrivarci. I riformatori, forse ottimisti dopo un’altra guerra mondiale, hanno sistematicamente espunto quelle idee “negative” — peccato, colpa, penitenza, lotta spirituale — dimenticando che senza di esse la Croce stessa diventa incomprensibile.

Che fare? Come diceva il vecchio Gaffer di Sam Gamgee, ne Il Signore degli Anelli: “È il lavoro che non si comincia mai quello che impiega più tempo a finire.”

Cominciamo rinnovando la nostra fedeltà a Cristo Re, interiormente e pubblicamente. Pio XI ha chiesto che in questa festa si recitasse pubblicamente l’Atto di Consacrazione del genere umano al Sacratissimo Cuore di Gesù. Chi vi partecipa può lucrare l’indulgenza plenaria. Dunque, cercate una chiesa o una cappella dove si compia tale atto.

Confessatevi. Acquistate l’indulgenza. Rafforzate la lealtà a Cristo, Re non solo dei cuori nascosti ma di ogni strada, casa e nazione sulla terra.

E poiché siamo tutti sulla stessa barca, invitate qualcuno che non è mai stato alla Messa tradizionale in latino ad andarci con voi. Non sottovalutate mai il potere del vostro invito. Con la grazia preveniente dello Spirito Santo, un singolo invito può cambiare una vita. Il Nemico non dorme mai; neppure i soldati di Cristo Re dovrebbero farlo. Nutrìti di cibo immortale, ci gloriamo di combattere sotto il Suo stendardo. Il mondo è in subbuglio, ma lo stendardo della Croce sventola ancora, sfidando i falsi re della storia. La pace di Cristo nel Regno di Cristo — Pax Christi in regno Christi — rimane la parola d’ordine della Chiesa. E mentre infuria la rivoluzione e s’infittisce la notte, Luce da Luce regna ancora, e il suo Regno non avrà fine.

Quando guardiamo al caos del mondo, quando vediamo con dolore i conflitti nella Chiesa, non dobbiamo mai smettere di inginocchiarci ai piedi del nostro Re. Concludo con queste parole di Scott Hahn:
Cristo è Re e il Suo regno, pur non essendo di questo mondo, esiste in questo mondo nella Chiesa. Siamo un popolo regale. Sappiamo di essere stati amati da Lui, liberati dal Suo sangue e trasformati in “un regno, sacerdoti per il Suo Dio e Padre”.
Padre John Zuhlsdorf
Convertito dal luteranesimo, ordinato sacerdote nel 1991 da San Giovanni Paolo II a Roma per la diocesi suburbicaria di Velletri-Segni. Studi classici all’Università del Minnesota. Licenza e studi dottorali in teologia patristica all’Augustinianum di Roma. In passato collaboratore della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, moderatore del Catholic Online Forum, editorialista per The Wanderer e per il britannico Catholic Herald, contributor di Fox News. Conferenziere. Blogger. fatherzonline.com @fatherz

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Per onorare giustamente la regalità del Signore nella Sua Chiesa è necessario che i Suoi consacrati siano a Lui in verità consacrati e che onestamente vogliano sempre seguire la Verità da Lui insegnata. Altrimenti è un prendersi tutti per i fondelli in girotondo.

Anonimo ha detto...

Il mondo è allo sbando, chiesa inclusa. Se la chiesa non si rimette in sesto al suo interno, è vana ogni speranza.

mic ha detto...

30 Ottobre 1950: La ripetizione del Miracolo del Sole di Fatima a Papa Pio XII nei Giardini Vaticani come conferma divina della sua dichiarazione imminente dell'Assunzione della Madonna come dogma di fede

Anonimo ha detto...

"Ogni santa messa ben ascoltata e con devozione, produce nella nostra anima effetti meravigliosi, abbondanti grazie spirituali e materiali, che noi stessi non conosciamo. Per tal fine non spendere inutilmente il tuo denaro, sacrificalo e vieni su per ascoltare la santa messa. Il mondo potrebbe stare anche senza sole, ma non può stare senza la santa messa".
Pensieri di San Pio.