Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 28 dicembre 2025

L'ombra della mangiatoia è una croce

Nella nostra traduzione da Pillar of Faith il vescovo Strickland ci dona l'ennesimo messaggio che sostiene la nostra fede. Qui l'indice dei precedenti.

L'ombra della mangiatoia è una croce

Siamo ancora nel Natale. La Chiesa insiste su questo. Dispiega la festa su più giorni perché il mistero è troppo grande per essere compreso tutto in una volta. La gioia è reale. Il cielo si è aperto. Dio è venuto tra noi. Il Verbo si è fatto carne, e nulla può annullare quel tripudio. La luce splende, e non è sopraffatta.
Ma questa gioia non è fragile, né ingenua. È abbastanza forte da guardare dritto alla verità.

Ecco perché la Chiesa non ci chiede di lasciarci alle spalle il Natale quando ci pone davanti questi testimoni. Ci chiede di comprendere il Natale più profondamente. Il Bambino nella mangiatoia non è venuto per rendere il mondo confortevole. È venuto per salvarlo. E la salvezza ha un prezzo.

E la tentazione è sempre stata la stessa. Quando il costo del discepolato diventa chiaro, quando la Croce appare alla vista, l'istinto è quello di attenuarla. Di rendere il messaggio più rassicurante. Di rendere la fede più facile da portare, rimodellandola in modo che non prema troppo contro il mondo. Questa tentazione non è nuova, ma è molto presente.

Lo vediamo ogni volta che la Chiesa inizia a parlare più di conforto che di conversione, più di sinodalità che di verità, più di accompagnamento che di fedeltà. Lo vediamo quando gli spigoli del Vangelo vengono smussati affinché nessuno ne sia turbato, nessuno venga sfidato, nessuno senta il peso della Croce. Lo vediamo quando ciò che un tempo era accolto con riverenza viene trattato come un ostacolo, quando ciò che un tempo era tramandato viene descritto come rigido, e quando la Chiesa inizia a prendere in prestito il linguaggio e le priorità del mondo anziché offrire al mondo qualcosa di diverso.

Ma Cristo non è venuto per rendere il mondo confortevole. E la Chiesa non è mai stata concepita per rispecchiare il mondo così da vicino da far scomparire la Croce dalla vista. Quando la mangiatoia viene separata dalla Croce, tutto diventa distorto. E la gioia – la vera gioia – viene sostituita dalla rassicurazione. Ma la rassicurazione non può salvarci. Solo Cristo può.

Ecco perché la Chiesa ci pone dinanzi Santo Stefano mentre ancora risuonano i canti natalizi. Ecco perché ci ricorda la lunga fedeltà di San Giovanni Apostolo e la silenziosa testimonianza dei Santi Innocenti. Queste non sono interruzioni. Sono ammonimenti dati con amore. Ci dicono cosa accade quando Cristo è veramente accolto e cosa accade quando Gli si resiste.

La gioia del Natale non sta nell'essere accettati dal mondo. Sta nell'appartenere a Cristo. E appartenere a Cristo ha sempre richiesto coraggio.

L'ombra della mangiatoia è una Croce. E quell'ombra cade ancora oggi sulla Chiesa. Per questo la Chiesa non ci lascia indugiare troppo a lungo nei sentimenti, anche se la gioia del Natale pervade ancora la sua preghiera. Vuole che comprendiamo che tipo di gioia sia questa. Non la gioia della consolazione preservata, ma la gioia della verità abbracciata.

Santo Stefano è il primo a stare sotto quell'ombra – e, nel giorno della sua festa, la Chiesa ce lo pone davanti mentre la gioia del Natale è ancora recente. Non cerca la morte. È pieno di grazia, pieno di Spirito Santo, e parla perché Cristo è nato, perché il Verbo si è fatto carne e non può essere messo a tacere. E quando arriva il prezzo, Stefano non si tira indietro. Non rimodella la verità per sopravvivere. Perdona; si affida a Cristo e muore con il nome di Gesù sulle labbra. La Croce lo ha raggiunto – non come una sorpresa, ma come il compimento di ciò che il Natale ha iniziato. Poi c'è San Giovanni, il discepolo amato e, nel giorno della sua festa, la Chiesa ce lo presenta. Gli fu risparmiata la spada, ma non il prezzo della verità. Cristo gli affidò la cura di Sua Madre, e lui ne portò il dolore come se fosse suo. Anche lui vive all'ombra della Croce, sebbene il suo cammino sia diverso. Rimane. Veglia. Soffre la lunga obbedienza della fedeltà. Porta la gioia dell'Incarnazione attraverso gli anni, mentre il mondo va avanti e la Chiesa si stanca. Il suo martirio è più silenzioso, ma non meno reale. Ci ricorda che la Croce non cade sempre in un solo istante. A volte rimane sulle spalle per tutta la vita.

E poi ci sono i Santi Innocenti. Non scelgono la Croce, ma sono intrappolati nell'ombra perché Cristo è venuto. Il potere trema sempre di fronte alla verità, e quando trema, colpisce per primo il più piccolo. Le loro vite ci dicono qualcosa che fa riflettere e qualcosa di consolante allo stesso tempo: che la venuta di Cristo mette a nudo la crudeltà del mondo, ma anche che nessuna sofferenza sfugge alla portata della misericordia di Dio. Anche qui, l'ombra della Croce non è abbandono: è il luogo dove Dio raccoglie ciò che il mondo distrugge. Presi insieme, questi giorni ci insegnano come vivere il Natale seriamente e autenticamente. Ci dicono che gioia e sacrificio non sono opposti. Sono fatti l'uno per l'altro. I pastori gioirono, ma tornarono alla vita ordinaria, resa santa dall'incontro. I Magi gioirono, ma non rimasero. Tornarono a casa per un'altra strada: cambiati, attenti e non più allineati con i poteri che un tempo servivano. E così è anche per noi.

Inginocchiarsi davanti alla mangiatoia non è la fine del discepolato. È l'inizio. Adorare il Bambino è accettare la Croce che porta con sé. Celebrare il Natale è lasciarci inviare – nelle famiglie, nei luoghi di lavoro, nelle parrocchie, in una cultura che non sempre accoglie la verità.

La Chiesa è più autenticamente se stessa quando ricorda questo. Quando rifiuta di barattare la fedeltà con la comodità. Quando permette che l'ombra della Croce rimanga visibile, anche durante i giorni di festa. Perché una volta negata quell'ombra, la mangiatoia diventa una decorazione invece che una rivelazione, e la gioia diventa superficiale invece che salvifica.

L'ombra della mangiatoia è una Croce. Lo è sempre stata. E questa non è una perdita. È la promessa che il Bambino che adoriamo è il Salvatore che redime, il Re che regna e il Signore che cammina con il suo popolo, anche quando la fedeltà costa tutto.

E la Chiesa, in questi giorni, dilata ancora di più la nostra visione, perché sa che abbiamo bisogno di più di un tipo di testimonianza. Ci dona non solo martiri e apostoli, ma una famiglia – la Sacra Famiglia – che vive silenziosamente sotto la stessa ombra. La Sacra Famiglia ci ricorda che la Croce è sinonimo di fiducia e perseveranza – e anche questo appartiene al Natale.

Poi la Chiesa ci presenta San Tommaso Becket, che si rifiutò di barattare la verità con la pace con il potere. Il suo martirio è un monito e una testimonianza. Non cercò il conflitto, ma non volle consegnare la Chiesa alle esigenze dello Stato. Ci ricorda che la Croce ricade in modo particolarmente pesante su coloro a cui è affidata la guida, e che la fedeltà a volte costa reputazione, posizione e persino la vita stessa.

Tutto questo appartiene ancora al Natale. Ecco perché la Chiesa dilata il Natale in più giorni invece di lasciarlo condensare in un momento. Sa che il mistero deve essere vissuto, non semplicemente ammirato. La gioia è reale – più profonda del sentimento, più forte della paura – ma è una gioia che sa dove sta andando.

L'ombra della mangiatoia è una Croce. E vivere pienamente il Natale non significa fuggire da quell'ombra, ma camminare al suo interno, confidando che il Bambino che vi è nato è lo stesso Signore che redime, sostiene e rimane con il suo popolo.

E così, mentre la Chiesa canta ancora con gioia natalizia – mentre il Gloria è appena svanito dalle nostre labbra – l'ombra della Croce si stende già sulla paglia della mangiatoia. Questa non è un'interruzione del Natale. È il suo significato.

Il Bambino che giace tra le braccia di Maria non è venuto per rendere il mondo più confortevole. Non è venuto per lenire le coscienze lasciando inalterati i cuori. È venuto per salvare – e la salvezza ha sempre un prezzo.

Ecco perché, proprio nell'ottava di Natale, la Chiesa ci propone i martiri.

Ricordiamo Santo Stefano, il cui sangue cadde come seme sulla terra, e ai cui piedi stava un giovane di nome Saulo, che teneva in mano i mantelli di coloro che lo avevano lapidato. Il primo martire della Chiesa pronunciò un'ultima omelia, non con le parole, ma con la sua morte. E Dio accolse quel sangue come una preghiera.

Perché l'uomo che acconsentì alla morte di Stefano sarebbe diventato un giorno Paolo, apostolo delle genti, a dimostrazione del fatto che nessuna sofferenza offerta per amore è mai sprecata e nessuna testimonianza resa a Cristo cade mai a terra senza essere vista da Dio.

L'ombra della Croce si estendeva non solo su Stefano, ma anche su Saulo, delineando già una futura conversione che avrebbe scosso il mondo.

La Scrittura ci dice che le ultime parole di Stefano non furono parole di accusa, ma di misericordia: «E, gettatosi in ginocchio, gridò a gran voce: Signore, non imputare loro questo peccato…» (Atti 7:59).

Quella preghiera non svanì nell'aria. Cadde come un seme. Si annidò – misteriosamente, silenziosamente – nell'anima di Saulo. E nel tempo stabilito da Dio, quel seme contribuì a dissodare il terreno più duro. Quando il mondo vede solo perdita, Dio sta già preparando la conversione. Quando il mondo vede solo la Croce, Dio sta già preparando la risurrezione. E quella verità è già presente nella mangiatoia.

Il Bambino avvolto in fasce è già avvolto nell'ombra della Croce. La paglia che ora lo avvolge cederà un giorno il posto al legno che lo trafigge. Eppure, da quella sofferenza giungeranno la salvezza, la misericordia e la conversione di cuori che non avremmo mai pensato potessero cambiare.

Ecco perché il Natale non è fragile: è senza paura! Perché l'Incarnazione non si ritrae dall'oscurità. Vi entra.

Non chiediamo quindi una fede che non ci costa nulla. Chiediamo una fede che può cambiare il mondo, a partire dal nostro cuore.

Che possiamo inginocchiarci davanti alla mangiatoia sapendo a cosa porta. Che possiamo stare in piedi davanti alla Croce confidando in ciò che Dio può ancora portare da essa. E che possiamo non dimenticare mai che anche ora – soprattutto ora – Dio è all'opera in modi che non possiamo ancora vedere.

L'ombra sulla mangiatoia non è la fine della storia. È l'inizio!
Che Dio Onnipotente vi benedica,
Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Amen.
Vescovo Joseph E. Strickland
Vescovo emerito

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