Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 14 agosto 2015

p. Settimio M. Manelli. I fondamenti biblici della Consacrazione alla Vergine Maria

Il testo che segue, di p. Settimio M. Manelli FI, è un estratto dagli Atti del Simposio Mariologico Internazionale sulla Consacrazione alla Vergine Maria - Frigento 5-7 luglio 2010, Casa Mariana Editrice, 2011, pag.11-90.
[Testo integrale scaricabile in pdf qui]
Si tratta di un testo sapienziale, di quelli che aprono numerosi usci verso la trascendenza e mettono in rapporto col Signore e con la Sua e nostra Madre.

La consacrazione a Maria, com'è noto, non è semplicemente un fatto devozionale e privato, come purtroppo sono portate a ritenere le generazioni postconciliari, per effetto dell'attuale scadimento della devozione. La consacrazione alla Madre di Gesù e nostra è un luogo teologico, cioè una realtà rivelata, contenuta per intero nella Rivelazione e nella Tradizione della Chiesa.

Quello che segue è solo uno stralcio, ricavato dalla scansione, che ha richiesto un lungo e paziente lavoro supplementare di ricostruzione delle molte preziose citazioni bibliche dal greco e dall'ebraico.

Ho messo a disposizione il testo integrale in pdf, leggibile e/o scaricabile dal sito internetica.it
Vuol essere un mio piccolo tributo all'Assunta in spirito di gioiosa condivisione con chi leggerà e certamente ne trarrà frutti copiosi secondo la volontà del Signore.

Nello stesso spirito, a domani, la pubblicazione di un altro testo. Una relazione, dagli Atti dello stesso Simposio, del fondatore dell'Ordine, p. Stefano M. Manelli FI, sul Quarto voto: il Voto mariano di Consacrazione all'Immacolata [qui]. (M.G.)

I FONDAMENTI BIBLICI DELLA CONSACRAZIONE ALLA VERGINE MARIA
Padre Settimio M. Manelli, FI

Introduzione

Da sempre i Pontefici, i concili, i grandi Santi e i dottori della Chiesa che hanno parlato della Madre di Dio, sia attraverso il magistero solenne, sia mediante discorsi spirituali, sia tramite la predicazione popolare, hanno attinto alle pure fonti della Rivelazione, Sacra Scrittura e Tradizione, illustrando così mirabilmente il mistero di Maria e spingendo i fedeli ad amare, servire, pregare con fiducia la loro Madre celeste. Grazie al genio di alcuni uomini ispirati, di generazione in generazione i Pontefici e tutto il popolo di Dio, per esprimere il loro grande amore alla Beata Vergine Maria, hanno adottato pratiche devozionali e formule di preghiera che erano il frutto della meditazione e della rielaborazione dell'insegnamento magisteriale, calato nella vita, nelle aspirazioni, negli affanni e nei bisogni della vita quotidiana, riconoscendo in Maria Santissima la via privilegiata per incontrare Dio e per compiere la sua Volontà. Il Concilio Vaticano II, sulla scia della tradizione ininterrotta, ha continuato a sottolineare l'importanza del legame del culto con le fonti della Rivelazione e ha incoraggiato a mostrare con sempre maggior luminosità i fondamenti biblici e tradizionali delle pratiche devozionali del popolo santo di Dio.

Il presente contributo ha lo scopo di mostrare che la consacrazione a Maria, pratica ampiamente diffusa, è solidamente fondata sulla Sacra Scrittura. Si tenterà di chiarire a livello terminologico in che cosa consista la consacrazione a Maria, cercando di evitare di cadere nel filologismo, ossia in quella tendenza che riduce l'esegesi e la teologia a pura filologia[1], che diventa letteralismo e che, in definitiva, asservisce il testo sacro all'ideologia.

Natura e scopo della consacrazione a Maria

La consacrazione a Maria, intesa in senso analogico[2] rispetto alla consacrazione fondamentale rivolta a Dio e da Dio realizzata, va concepita come l'atto con cui si dona interamente a Lei la propria anima e la propria vita, realizzando una sorta di dipendenza da Lei, allo scopo di raggiungere in modo più rapido e perfetto il fine della propria esistenza, ossia la glorificazione di Dio e la propria santità. La consacrazione a Maria conduce i cristiani alla perfetta unione con Dio nella santità di vita e di opere. In questo senso si può ritenere che la consacrazione a Maria, lungi dall' essere contraria o alternativa alla consacrazione fondamentale di tutti i credenti a Dio, che si realizza con il Battesimo, ne favorisce piuttosto lo sviluppo e l'approfondimento.

La consacrazione a Maria ha il suo solido fondamento nella Rivelazione divina ed è frutto dello sviluppo della comprensione teologica del mistero dell'Incarnazione e della missione soprannaturale affidata da Dio alla madre di Gesù. Tale solido fondamento risiede perciò nell'esemplarità di Cristo e nella Maternità spirituale e universale di Maria, proclamata da Cristo dall'alto della Croce[3]. La persona e la missione di Maria sono unite e dipendenti dalla persona e dalla missione di Gesù Cristo. Con lo stesso decreto eterno con cui fu previsto Cristo fu predestinata anche Maria. Per questo il fondamento della consacrazione a Maria va individuato anzitutto nell'esempio stesso di Cristo, che, dal giorno della sua "incarnazione", instaura relazioni filiali con Maria, dunque di una certa "dipendenza" da Lei[4]. Poi nella missione unica della Vergine quale mediatrice materna di salvezza e di Redenzione, in unione e in subordinazione all'unica mediazione universale di Cristo, suo Figlio, di cui non mette minimamente in ombra la missione[5].
a) Una pratica diffusa
Partiamo da una constatazione. La consacrazione a Maria è una pratica diffusa nella cristianità a livello mondiale. Basti pensare ai reiterati atti di consacrazione a Maria fatti dai Pontefici nel secolo XX, soprattutto in risposta agli appelli della Madonna di Fatima, fino alla recentissima consacrazione a Maria di tutti i sacerdoti e di tutti i fedeli, fatta, separatamente, dal papa Benedetto XVI a Fatima durante il suo viaggio apostolico in Portogallo il 12 maggio 2010 ai piedi della statua della Vergine[6], e rinnovata a Roma dopo la Santa Messa di chiusura dell'Anno sacerdotale (19 giugno 2009 - 11 giugno 2010)[7]. Ecco le parole della preghiera recitata dal Pontefice:
«Madre Immacolata,
in questo luogo di grazia,
convocati dall'amore del Figlio tuo Gesù, Sommo ed Eterno Sacerdote,
noi, figli nel Figlio e suoi sacerdoti,
ci consacriamo al tuo Cuore materno
(consagramo-nos ao vosso Coracào materno),
per compiere con fedeltà la Volontà del Padre.
Con questo atto di affidamento e di consacrazione
(Com este acto de entrega e consagracào),
vogliamo accoglierti in modo
più profondo e radicale,
per sempre e totalmente,
nella nostra esistenza umana e sacerdotale...».
Nell'udienza generale tenuta mercoledì 19 maggio a Piazza San Pietro a tre giorni dal ritorno da Fatima, il Santo Padre, facendo il resoconto del suo viaggio apostolico in Portogallo, tra l'altro disse: a Fatima «non ho mancato di affidare e consacrare al Cuore Immacolato di Maria, vero modello di discepola del Signore, i sacerdoti di tutto il mondo». Come si può facilmente osservare, in questi interventi del Papa vengono usati due termini: affidare e consacrare, per esprimere l'atto di donazione di sé alla Vergine. Tutto lascia pensare che non siano usati come sinonimi, ma che attraverso essi il Papa voglia esprimere una realtà spirituale profonda, non più ampia degli angusti confini del vocabolario in nostro possesso.

Prima di papa Benedetto XVI, il servo di Dio Giovanni Paolo II ha scelto come suo motto la frase: "Totus tuus" ego sum, Maria, evidente formula di consacrazione mariana. Con questa scelta il Papa pose tutto il suo pontificato nelle mani e nel Cuore delle Madre di Dio. Nel suo lungo Pontificato, papa Wojtyla molte volte ha fatto riferimento alla consacrazione a Maria, spingendo i fedeli di tutto il mondo a vivere coscientemente e intensamente la loro dipendenza filiale nei confronti di Maria. La pratica della consacrazione a Maria, come ci dicono gli storici della mariologia, ha radici molto antiche, risalendo al periodo patristico. San Giovanni Damasceno sembra il primo a parlare in modo esplicito di consacrazione a Maria[8]. Per indicarla usa il verbo ἀνατίθημι: «Ti consacriamo mente, anima e corpo». Questo verbo, osserva S. De Fiores, «designa una vera consacrazione, come quella alla divinità, salvo le debite proporzioni»[9]. I Pontefici si inseriscono in un filone d'oro, che si è impreziosito lungo i secoli grazie ai numerosi santi che hanno vissuto e insegnato la consacrazione mariana e ai grandi teologi che ne hanno scritto.

Tale pratica ebbe il suo sviluppo maggiore a partire dal XVII secolo con san Luigi Maria Grignion da Montfort, fino ai nostri giorni, con san Massimiliano Kolbe e il Voto mariano dell'illimitata consacrazione all'Immacolata dell'Istituto di diritto pontificio dei Francescani dell'Immacolata (Frati, Suore, Clarisse, Terziari e membri della Missione dell'Immacolata Mediatrice).

È utile soffermarsi su uno dei più grandi santi mariani che hanno insegnato e propagato, con la vita e con le opere e gli scritti, la pratica della consacrazione a Maria, san Luigi M. Grignion da Montfort, il quale nel suo mirabile Trattato della vera devozione a Maria parla di consacrazione a Gesù mediante Maria, riconoscendo una profonda unione tra l'atto di consacrazione a Gesù e l'atto di consacrazione alla Madonna[10]. Il da Montfort usa la formula «consacrazione a Gesù mediante Maria», senza rinunciare all'espressione diretta: «consacrazione a Maria». Nella parte terza del suo Trattato, in cui parla dei contenuti della perfetta consacrazione a Gesù Cristo, afferma testualmente che il modo migliore per consacrarsi perfettamente a Cristo è consacrarsi a Maria. Subito dopo spiega poi che questa consacrazione consiste nel donarsi a. Lei senza riserve. Ecco le sue parole: «.Tutta la nostra perfezione consiste nell'essere conformi, uniti e consacrati a Gesù Cristo[11]. Perciò la più perfetta di tutte le devozioni è incontestabilmente quella che ci conforma, unisce e consacra più perfettamente a Gesù Cristo. Ora, essendo Maria la creatura più conforme a Gesù Cristo, ne segue che tra tutte le devozioni, quella che consacra e conforma di più un'anima a Nostro Signore è la devozione a Maria, sua santa Madre, e che più un'anima sarà consacrata a lei, più sarà consacrata a Gesù Cristo. La perfetta consacrazione a Gesù Cristo, quindi, altro non è che una consacrazione perfetta e totale di se stessi alla Vergine santissima e questa è la devozione che io insegno. O, in altre parole, essa è una perfetta rinnovazione dei voti e delle promesse del santo Battesimo» (VD 120).
Nel paragrafo successivo il da Montfort spiega in che cosa consista questa devozione, ossia «nel darsi interamente alla santissima Vergine allo scopo di essere, per mezzo suo, interamente di Gesù Cristo». Specifica poi che questa consacrazione esige che a Maria si dia:
«1. il nostro corpo, con tutti i suoi sensi e le sue membra; 2. la nostra anima, con tutte le sue facoltà; 3. i nostri beni esterni, cosiddetti di fortuna, presenti e futuri; 4. i nostri beni interni e spirituali, vale a dire i nostri meriti, le nostre virtù e le nostre buone opere passate, presenti e future. In breve, bisogna darle tutto quanto abbiamo nell'ordine della natura e della grazia e tutto quanto potremo avere nell'ordine della natura, della grazia o della gloria. E ciò senz'alcuna riserva, nemmeno di un soldo, di un capello e della minima buona azione. E ciò per tutta l'eternità e senza pretendere né sperare altra ricompensa per la nostra offerta e il nostro servizio che l'onore di appartenere a Gesù Cristo per mezzo di Maria e in Maria, quand'anche questa amabile sovrana non fosse, come lo è sempre, la più generosa e la più riconoscente delle creature» (VD 121). E poco più avanti: «Con questa forma di devozione ci si consacra nello stesso tempo alla Vergine santa e a Gesù Cristo: a Maria, come al mezzo perfetto che Gesù Cristo ha scelto per unirsi a noi e unirci a Lui; a nostro Signore, come al nostro fine ultimo, cui dobbiamo tutto ciò che siamo, perché è nostro Redentore e nostro Dio» (VD 125).
Dunque, secondo il da Montfort, le due formule formano una cosa sola. Quando si parla di consacrazione a Maria si intende sempre una donazione completa di sé a Lei, fino a raggiungere la quasi "transustanziazione" in Lei, per usare una ardita formula di san Massimiliano Kolbe[12], perché Ella ci aiuti a raggiungere la più stretta unione con Dio[13].

Ora tutto questo è in perfetta linea con la rivelazione biblica. Infatti, la Sacra Scrittura insegna che il Signore Dio, lungo la storia della salvezza, si è sempre servito di mediatori umani per condurre e salvare il suo popolo, come pure la Scrittura insegna che il popolo di Dio ha fatto ricorso a mediatori per avvicinarsi a Dio.

Non esiste contrasto, dunque, tra la consacrazione a Dio e la consacrazione alla Madonna. Padre A. Apollonio giustamente vede nell'esemplarità di Cristo (cf Lc 1,26-38) e nella maternità spirituale di Maria (cf Gv 19,25-27) il fondamento della consacrazione mariana che, proprio per questo, non si può opporre alla consacrazione fondamentale a Dio mediante il Battesimo.

A Dio apparteniamo in quanto Lui è il nostro Creatore e Signore. A Maria apparteniamo come figli, in forza della Maternità spirituale universale che Ella ha su di noi, per volontà di Dio. Si parla, perciò, di consacrazione a Maria in senso analogico[14]. Così spiega J. De Finance:
«Costituita per mezzo della Maternità divina Madre di tutti gli uomini, Maria partecipa misteriosamente al ruolo vivificatore universale del Cristo. Noi dipendiamo da Lei in ciò che abbiamo di più profondo: il nostro essere di grazie. Per questo è possibile, in senso secondario, analogico, ma non metaforico, consacrarsi a Lei»[15].
Si deve dire che la consacrazione a Maria è, in definitiva, un mezzo non solo possibile, ma consigliato per vivere meglio la consacrazione battesimale e per portarla a perfezione.
«La consacrazione battesimale e il rinnovo delle promesse battesimali, dunque - scrive padre Apollonio -, non escludono la consacrazione alla Madonna, se questa viene intesa e vissuta come mezzo per perfezionare la stessa consacrazione battesimale e così progredire nel cammino di santificazione. Essendo un "modo eccellente di consacrarsi a Cristo" (san Luigi M. G. da Montfort) la consacrazione a Maria non deve essere vista come un doppione parallelo alla nostra consacrazione battesimale, bensì il modo eccellente per realizzarla»[16].
Applicando questo criterio alla «prospettiva biblica», va detto che «la consacrazione alla Madonna deve intendersi come dinamico perfezionamento della persona nel cammino spirituale che conduce alla piena conformità a Cristo (cf Rm 8,29)»[17].

Per questo S. De Fiores può scrivere che «la Scrittura, riservando il termine "consacrazione" al rapporto con Dio, non condanna l'uso analogico di esso nel senso di un'attribuzione parziale e limitata del suo concetto o di qualche suo elemento a una creatura santa come Maria»[18].

In effetti, come è stato notato sopra, il termine e dunque il concetto di consacrazione da secoli è stato pacificamente attribuito all'atto con cui una persona fa l'offerta spontanea di se stesso alla Madre di Dio per manifestare il proprio amore verso di Lei, per mettersi a sua completa disposizione, donandosi interamente a Lei e per mettere se stesso e, spesso, i propri cari sotto la sua potente protezione. Questo atto di devozione veniva e viene fatto a vari livelli di intensità. Ciò che differenzia la consacrazione dal semplice affidamento è l'aspetto attivo della consacrazione. Con essa, infatti, si intende fare un atto positivo di offerta completa di sé a Maria in modo da essere sua proprietà assoluta, cosicché Lei possa prendere pieno possesso del consacrato e agire con la massima libertà in lui e attraverso di lui. L'affidamento sottolinea l'aspetto di fiducia, con cui si chiede una speciale protezione alla Vergine, ma denota un atteggiamento passivo. Inoltre, chi affida rimane proprietario di ciò che ha dato in custodia. È un atto paragonabile a quello di colui che mette del denaro in banca affinché sia custodito, magari con molti interessi, ma al momento opportuno lo riprende e lo usa a suo piacimento. Chi consacra qualcosa o se stesso, lo dona senza condizioni in proprietà. In fondo nell'affidamento manca anche quell'aspetto di totalità del dono, presente invece nel concetto di consacrazione. Non solo. Consacrare e consacrazione hanno una valenza sacra, a differenza di affidamento, soprattutto nel linguaggio attuale, in cui affidamento richiama spesso o l'ambito dell'assistenza sociale o quello bancario[19]. Affidamento rimanda, è vero, al concetto pienamente religioso di fiducia, di abbandono fiducioso. Nel concetto di consacrazione si fa, invece, riferimento ad una sacra consegna totale e incondizionata, dunque a un atto di estrema fiducia e di abbandono senza riserve con un fine soprannaturale.

Ma se si volesse privilegiare comunque il termine affidamento nel linguaggio comune, soprattutto nelle preghiere rivolte a Maria Santissima, come sta accadendo in più parti, bisogna ricorrere a spiegazioni aggiuntive per esprimere ciò che il termine consacrazione, usato in senso analogico, esprime con immediatezza e con maggiore precisione e intensità.
b) Alcuni interventi magisteriali
Recentemente la Sacra Congregazione per il Culto Divino e i Sacramenti nel Direttorio su Pietà popolare e Liturgia[20] ha dedicato un paragrafo alla consacrazione-affidamento a Maria" (n. 204), riconoscendone la vasta diffusione soprattutto lungo il corso degli ultimi secoli: «Percorrendo la storia della pietà si incontrano varie esperienze, personali e collettive, di "consacrazione - consegna - affidamento alla Vergine" (oblatio, servitus, commendatio, dedicatio).

Esse si riflettono nei manuali di preghiera e negli statuti di associazioni mariane, nei quali troviamo formule di "consacrazione" e preghiere in vista o in ricordo di essa». Aggiunge poi che «Nei confronti della pia pratica della "consacrazione a Maria" non sono rare le espressioni di apprezzamento dei Romani Pontefici e sono note le formule da essi pubblicamente recitate[21]. Un ben conosciuto maestro della spiritualità sottesa a tale pratica è san Luigi Maria Grignion de Montfort, "il quale proponeva ai cristiani la consacrazione a Cristo per le mani di Maria, come mezzo efficace per vivere fedelmente gli impegni battesimali" (RM 48)».

Con queste parole il Direttorio riconosce dunque la validità della pratica della consacrazione, apprezzata dai Romani Pontefici e raccomandata dai Santi. Segue un paragrafo di importanza fondamentale, in cui vengono elencati i presupposti teologici che spingono alla pratica della "consacrazione" a Maria:
«Alla luce del testamento di Cristo (cf Gv 19,25-27), l'atto di "consacrazione" è infatti riconoscimento consapevole del posto singolare che occupa Maria di Nazaret nel mistero di Cristo e della Chiesa, del valore esemplare e universale della sua testimonianza evangelica, della fiducia nella sua intercessione e nell'efficacia del suo patrocinio, della molteplice funzione materna che essa svolge, quale vera madre nell'ordine della grazia (cf LG 61; RM 40-44), in favore di tutti e di ciascuno dei suoi figli».
Dunque la "consacrazione" presuppone l'approfondimento «del posto singolare che occupa Maria di Nazaret nel mistero di Cristo e della Chiesa», un posto unico, in cui Maria è elevata al di sopra della condizione del resto dell'umanità ed è posta in una condizione «singolare» per la sua relazione unica con la Trinità Santissima, per la sua Immacolata Concezione, per la sua Maternità divina, per la sua testimonianza evangelica esemplare e per la sua Maternità universale. Ci si consacra a Maria perché Lei è esempio perfetto di vita evangelica, perché ella intercede per noi e ci protegge efficacemente, perché è «Vera Madre nell'ordine della grazia» e per questo svolge molteplici funzioni materne verso tutti i suoi figli[22].

È veramente importante che il Direttorio indichi il fondamento biblico da cui la consacrazione a Maria trae la sua efficacia. Essa va considerata, dice il Direttorio, «alla luce del testamento di Cristo», che dall'alto della Croce ci dona a sua Madre e a sua volta ci fa dono di Lei: «Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio!". Poi disse al discepolo: "Ecco tua Madre!". E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé» (Gv 19,26-27).

Queste parole di Gesù rivelano il «posto singolare che occupa Maria di Nazaret nel mistero di Cristo e della Chiesa». Maria diviene «madre nell'ordine della grazia». Consacrarsi a Lei significa riconoscere il legame filiale che ci lega a Lei e che in noi è all'origine del dono della grazia divina. La consacrazione a Maria ha dunque il suo fondamento ultimo nella Volontà divina manifestata da Cristo dall'alto della Croce. Secondo la divina Volontà, esplicitata dal "testamento" di Cristo, è davvero essenziale entrare in questa relazione di figliolanza con Maria.

Il Direttorio tocca a questo punto una questione particolare. Recentemente è stato proposto da alcuni mariologi di sostituire il termine "consacrazione" a Maria, il cui uso è da tempo consolidato nella tradizione, con il termine "affidamento". Il motivo principale che spingerebbe a tale cambiamento sarebbe il pericolo di mettere sullo stesso livello la consacrazione a Maria con la consacrazione a Dio.

Il Direttorio mette giustamente in guardia da un uso impreciso del termine "consacrazione", ma non lo vieta in modo definitivo. «Si osserva - dice il Direttorio - che il termine "consacrazione" è usato con una certa larghezza e improprietà: "si dice, per esempio, 'consacrare i bambini alla Madonna', quando in realtà si intende solo porre i piccoli sotto la protezione della Vergine e chiedere per essi la sua Materna benedizione"[23]».

Il Direttorio afferma che il termine è usato «con una certa larghezza e improprietà». L'esempio citato è tratto da una Lettera della Congregazione per il Culto con cui si danno degli orientamenti per la celebrazione dell'anno mariano del 1987. In verità, ci si sarebbe aspettati un esempio più consistente a sostegno della critica sull'uso largo e improprio del termine consacrazione. Non sembra, in effetti, che il devoto gesto delle mamme che "consacrano" i figli alla Madonna dopo il Battesimo, possa rappresentare in modo esaustivo e probante l'errata comprensione della "consacrazione" a Maria; né, d'altra parte si possono tacciare tali mamme di essere antibibliche, antiliturgiche e antidogmatiche. Anche perché se, forse, molte mamme compiono la "consacrazione" dei loro piccoli alla Madonna solo per chiedere la protezione della Vergine per essi, ciò non toglie la possibilità che qualcuna faccia un vero e proprio atto di consacrazione o dedicazione totale dei figli a Maria. A questo punto il Direttorio "suggerisce" di usare invece del termine "consacrazione" quello di "affidamento" o "donazione", e di riservare il primo solo all'offerta a Dio, fondando questo suggerimento sui recenti progressi della teologia liturgica: «Si comprende anche il suggerimento proveniente da più parti di utilizzare al posto di "consacrazione" altri termini, quali "affidamento" o "donazione". Infatti, nel nostro tempo, i progressi compiuti dalla teologia liturgica e la conseguente esigenza di un uso rigoroso dei termini suggeriscono di riservare il termine consacrazione all'offerta di se stessi che ha come termine Dio, come caratteristiche la totalità e la perpetuità, come garanzia l'intervento della Chiesa, come fondamento i sacramenti del Battesimo e della Confermazione».

Come si è visto, si tratta solo di un "suggerimento". Il documento, non annulla né condanna, però, l'uso corretto del termine "consacrazione". Il fatto stesso che il Direttorio stesso abbia usato la formula "consacrazione-affidamento", significa che, ponendosi in una posizione mediana, esso lascia aperta la possibilità dell'uso del termine consacrazione riferito a Maria. Di fatto oggigiorno i termini "consacrazione" e "affidamento" sono usati entrambi, a volte anche come sinonimi, in riferimento a Maria, anche in Atti Ufficiali della Chiesa (cf Atto di consacrazione dei Sacerdoti di tutto il mondo a Maria, fatto da Benedetto XVI al termine dell'Anno Sacerdotale).

Pur non negando la validità dell'uso del termine "consacrazione", tuttavia il Direttorio dà delle indicazioni perché i fedeli siano istruiti sul corretto modo di concepirla: «In ogni caso, relativamente a tale pratica è necessario istruire i fedeli sulla sua natura. Essa, pur presentando le caratteristiche di dono totale e perenne, è solo analogica nei confronti della "consacrazione a Dio"; deve essere frutto non di un'emozione passeggera, ma di una decisione personale, libera, maturata nell'ambito di una visione esatta del dinamismo della grazia; deve essere espressa in modo corretto, in una linea, per così dire, liturgica: al Padre per Cristo nello Spirito Santo, implorando l'intercessione gloriosa di Maria, alla quale ci si affida totalmente, per osservare con fedeltà gli impegni battesimali e vivere in atteggiamento filiale nei suoi confronti»[24].

Dunque i due termini consacrazione-affidamento si possono usare entrambi, anche se il primo va colto in senso analogico rispetto alla consacrazione fondamentale del Battesimo[25]. Il contributo più importante del Direttorio è l'aver individuato nel ruolo singolare di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa, come è rivelato dal testamento di Gesù sulla Croce (Gv 19,25-27), il fondamento di questo atto del credente.

Va in ogni caso detto che il termine affidamento sembra meno preciso del termine consacrazione e sembra non esprimere esattamente ciò che il secondo fa in un senso molto più profondo. Tuttavia, i due concetti non si escludono ma vanno presi insieme, come fanno i pontefici. Benedetto XVI, il 12 maggio 2010, nella preghiera fatta ai piedi dell'effige della Madonna della Cappellina delle apparizioni usa l'espressione: "affido e consacro a te"[26].

Papa Giovanni Paolo II nel suo abbondante magistero mariano usa tutti e due i termini. In effetti tutti e due i termini esprimono il riconoscimento della fede nel singolare ruolo svolto da Maria Santissima nell'Opera di salvezza, che si concretizza nella sua mediazione materna e universale. Affidarsi e consacrarsi a Maria significa chiedere a Lei che intervenga ancora più efficacemente nella propria vita per realizzare la più perfetta unione con Dio. In ciò consiste la santità. Perciò la consacrazione e l'affidamento a Maria tendono ad incrementare l'impegno del cristiano nel cammino di santificazione per obbedire alla volontà di Dio. San Pietro scrive: «Come il Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta. Poiché sta scritto: Sarete santi, perché io sono santo» (1Pt 1,15-16). E san Paolo afferma: «Questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione» (1Ts 4,3). Riconoscendo che Maria, in conformità ad una "disposizione di Dio" (LG 60), svolge una funzione, subordinata, di mediazione, la santa Chiesa dunque spinge i fedeli ad amare intensamente Maria Vergine come loro Madre nell'ordine della grazia, perché siano da Lei aiutati e facilitati a essere "intimamente congiunti" con il Signore (LG 62). Poco sopra è stato accennato al fatto che il Santo Padre Benedetto XVI, il 12 maggio 2010 abbia consacrato al Cuore Immacolato di Maria tutti i Sacerdoti del mondo. Ebbene, in quell'atto di affidamento e consacrazione il Papa fa esplicito accenno alla Mediazione di Maria. Subito dopo cita anche un fatto tratto dalla Scrittura, che prova tale funzione, ossia l'intervento di Maria alle nozze di Cana:
«Avvocata e Mediatrice della grazia, tu che sei tutta immersa nell'unica mediazione universale di Cristo, invoca da Dio, per noi, un cuore completamente rinnovato, che ami Dio con tutte le proprie forze e serva l'umanità come hai fatto tu. Ripeti al Signore l'efficace tua parola: «non hanno più vino» (Gv 2,3), affinché il Padre e il Figlio riversino su di noi, come in una nuova effusione, lo Spirito Santo»[27].
La Lumen Gentium afferma anche che la missione materna di Maria non è mai cessata, e durerà sino alla fine dei tempi: «E questa Maternità di Maria nell'economia della grazia perdura senza soste dal momento del consenso fedelmente prestato nell'Annunciazione e mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti» (n. 62). Ciò significa che anche l'atteggiamento di amore filiale dei fedeli deve durare per sempre, fino alla fine dei tempi.

Interessante notare come il documento conciliare faccia iniziare la Maternità spirituale di Maria dal momento dell'Annunciazione, ossia dal momento in cui Lei divenne Madre di Gesù. Questa Maternità spirituale è legata, perciò, al consenso dato da Maria all'Incarnazione del Verbo.
Il vocabolario della mediazione è applicato dal Concilio in senso proprio all' "unico mediatore", il Cristo, e in senso analogico alla Vergine Maria, che è «generosamente associata alla sua opera a un titolo assolutamente unico» (LG n. 61). La consacrazione a Maria va compresa con le stesse categorie di LG (nn. 61- 62), in senso cioè analogico rispetto all'unica e fondamentale consacrazione a Dio. La consacrazione a Maria nulla toglie a questa, anzi la facilita e la porta a compimento. La distinzione tra le due consacrazioni è reale e va chiarita ai fedeli. La possibilità di confusione, circa il valore da dare alle due consacrazioni, sembra però molto remota e probabilmente così rara da non costituire affatto un pericolo per la retta fede, né da obbligare ad una sostituzione del termine consacrazione in riferimento alla Madonna[28]. La fede ha bisogno di essere annunciata, ma anche spiegata. In ogni suo aspetto. Necessariamente la fede è espressa mediante il linguaggio comune, cui viene dato, dalla Tradizione e dal Magistero, un senso più profondo, che richiede chiarimenti[29].

Come si vedrà, la Bibbia - chiamata in causa da alcuni teologi -, come tutta la rivelazione, non si oppone affatto all'uso del termine consacrazione riferito a Maria perché non si oppone al linguaggio analogico. Anzi, a partire dalla rivelazione biblica si è incoraggiati, sull'esempio stesso di Gesù, a instaurare un rapporto di unione filiale con Maria, che Gesù stesso ci ha comandato di accogliere come Madre (cf Gv 19,25 -27). Di fatto, la storia della mariologia dimostra che, a partire dalla rivelazione (Scrittura e Tradizione), l'amore fiducioso alla Vergine è andato crescendo nel popolo di Dio, sia tra i grandi dottori e teologi che tra la gente semplice[30]. E questo amore è andato crescendo man mano che la riflessione teologica, guidata dal magistero della Chiesa, ha messo in sempre maggiore rilievo lungo i secoli la singolare santità di Maria e il suo ruolo nell'opera di salvezza e di Redenzione[31].
Il nostro studio esaminerà anzitutto il linguaggio della consacrazione nella Scrittura. Poi esaminerà ciò che la Bibbia dice circa l'intervento di Maria nella storia della salvezza e nella vita di ciascun credente. Il Vangelo mostra, infatti, che tutti coloro che entrano in contatto con Maria sono santificati, vengono a trovarsi sotto l'influsso dello Spirito Santo e ricevono i doni messianici.

L'uso dei termini consacrazione-consacrare nella Bibbia

Nell'Antico Testamento viene insegnato che l'uomo deve essere consacrato a Dio. Non solo l'uomo, ma anche le cose, i luoghi, gli animali sono consacrati a Dio; il popolo di Israele è un popolo consacrato[32]. Esiste una gradazione nella consacrazione, perché evidentemente tutte queste realtà non sono consacrate a Dio nel medesimo rispetto.

Nel Nuovo Testamento avviene la consacrazione di tutto in Cristo, che è il consacrato e l'Unto per eccellenza (cf Gv 10,36; At 10,38). Il Messia consacra se stesso perché i suoi siano consacrati nella verità (Gv 17,19; cf anche At 4,27: Dio ha consacrato il Messia). Questa consacrazione «raggiunge ogni uomo per mezzo del Battesimo (cf 2Cor 1,21; lGv 2,20.27) ed è garantita e perenne nel sigillo dello Spirito Santo (cf 2Cor 1,22; Ef 1,13). Anzi, tutta la comunità cristiana è, in Cristo, "stirpe eletta, Sacerdozio regale, nazione santa, popolo di acquisto" (lPt 2,IO)»[33].

Nel linguaggio cristiano i termini consacrazione-consacrare derivano dal latino "sacro". Per questo, per comprenderne il giusto significato nella teologia e nella spiritualità cristiana, faremo riferimento al loro uso nella Bibbia latina, secondo l'edizione detta Vulgata, divenuta la Bibbia della Chiesa, della sua liturgia e del suo magistero[34]. Vedremo allo stesso tempo quali vocaboli ebraici e greci - le lingue originali della Bibbia - la Vulgata traduca con la radice consecr-, così da risalire al senso biblico originario di essa. Va però detto che il termine consacrazione in italiano comprende sfumature espresse nel latino sacro non solo con la radice consecr-, ma anche con altri termini, come oblatio, dedicatio o con i verbi devovere, mancipare[35]. Per motivi di tempo, noi ci soffermeremo ad esaminare più estesamente solo l'uso del termine consecrare-consecratio. Il termine consacrare nell'italiano corrente significa in senso esteso riconoscere solennemente oppure dedicare, destinare interamente e solennemente; in senso religioso significa rendere sacro con un solenne rito religioso o, nella Messa, consacrare il pane e il vino cioè transustanziare le sacre Specie nel Corpo e nel Sangue di Cristo[36].
In latino cum-secrare è composto di cum cioè con, che indica il mezzo dell'azione e secrare, da sacer, sacro. Dunque significa rendere sacro solennemente mediante riti religiosi, da cui dedicare a Dio o al culto. In senso figurato può significare destinare, dedicare, convalidare.
La parola sacro deriva probabilmente dalla radice indoeuropea sac- o sak- o sag- che ha il senso di attaccare, aderire, avvincere, da cui assume il senso di cosa avvinta alla divinità[37].
a) Consecrare-consecratio
La radice consecr- (verbo e sostantivo) ricorre insieme 77 volte nella Vulgata: 48 volte il verbo e 29 il sostantivo. La Bibbia di San Girolamo non segue un uso uniforme del verbo consecrare e del sostantivo consecratio, nel senso che non traduce sempre gli stessi termini ebraici o greci. Nell'AT ebraico il concetto di consacrazione è espresso con vari verbi, ad esempio חֲנך (hanach) (Dt 20,5*2; 1Re 8,63; 2Cr 7,5; da cui il corrispondente sostantivo חֲנֻכָּה (hanuchah) dedicazione, 7 volte), מְשִיחָא (mashah) ungere, חֵרֶם (haram)votare allo sterminio e קָדַש (qadash) santificare.

A titolo esemplificativo riportiamo alcuni passi che illustrano la varietà dei termini che traduce la radice latina consecr- e che può essere utile per comprendere in che senso oggi noi parliamo di consacrazione all'Immacolata.
Questa radice può indicare:
  1. L'atto di offerta a Dio di qualche oggetto, come l'oro, l'altare e gli oggetti per il culto. Spesso consecrare nella Vulgata AT traduce il verbo קָדַש che nella forma qal (che è la forma verbale che dà il senso base del verbo) denota lo stato di ciò che appartiene alla sfera del sacro, che è distinto dunque da ciò che è d'uso comune o profano. Nel perfetto della forma base, qal, «designa la condizione presente (Nm 17,2) o futura (Es 29,21) dell'esser santo... L'imperfetto (qal) è ingressivo ("divenir santo"), e atemporale (Es 29,37; 30,29; Lv 6,11.20; Ag 2,12), riferito al presente (1Sam 21,6) oppure al futuro (Dt 22,9).
    La forma Piel spesso ha il significato fattitivo, ossia indica l'azione con cui si viene a produrre la condizione significata dal qal perfetto ("render santo, santificare"...); si ha inoltre, come in Es 20,8; Dt 32,51, il significato estimativo "ritenere santo" e per esempio in Es 19,23 il significato dichiarativo "proclamare santo"»[38]. «Il pual è il passivo del fattitivo: "essere reso santo", l'hitpael ne è il riflessivo: "santificarsi, consacrarsi (dell'uomo), "dimostrarsi santo" (Es 38,23 di Dio)... Nell'hifil domina il senso causativo "dedicare, offrire" con il dativo di Dio quale ricevente; si trova però anche il significato fattitivo "render santo, consacrare" (per esempio Gs 20,7; lCr 23,13; 2Cr 29,19; 30,17)»[39].
    Da un punto di vista filologico si può dire che la radice קּﬢשׁ indica già nel protosemitico (nelle due forme fondamentali *qadis e *qadus) la condizione o la qualità della santità[40]. Il significato fondamentale di "santo" non sarebbe "separato". Questo significato «è solo una derivazione: il santo viene separato dal profano, a propria protezione e a protezione da esso, e viene collocato in un temenos o simile, solo quando viene avvertita la corrispondente necessita di protezione»[41] .
    In Gdc 17,3: «consecravi et vovi argentum hoc Domino». Traduce l'espressione ebraica וַֽיְהִי־אִ֥ישׁ מֵֽהַר־אֶפְרָ֖יִם וּשְׁמ֥וֹ מִיכָֽיְהוּ׃ וַיָּ֛שֶׁב il primo è infinito assoluto hifil di קָדַש, il secondo un perfetto hifil di קָדַש la LXX ha due traduzioni: il codice A ha il sostantivo αγιασμός, con l'indicativo aoristo di αγιάζω: αγιάσμω ηγίασα το αργύριον τω Κυρίω ; l'altro codice ha il participio presente e l'indicativo perfetto di αγιάζω: αγιάζουσα ηγίασα το αργύριον τω Κυρίω (cf 2Re 12,18; Gc 6,19; Gdc 17,3; ICr 18,11; 26,27; 2Cr 2,3). Mentre dunque il greco traduce con la stessa radice tutt'e due le volte, la Vulgata traduce una volta con consecrare l'altra con vovere.
    Es 40,11 usa il termine consecrabis riportando l'ordine di Dio a Mosè di consacrare l'altare e gli oggetti sacri. II v. 11 va letto però con il 9 e il 10: «et adsumpto unctionis oleo ungues tabernaculum cum vasis suis ut sanctificentur (v. 10) altare holocausti et omnia vasa eius (v. 11) labrum cum basi sua omnia unctionis oleo consecrabis ut sint sancta sanctorum».
    [...]
       b) Sanctificare-sanctificatio

È davvero sorprendente il fatto che la radice latina consecr-, sia come verbo che come sostantivo, non compaia mai nel NT della Vulgata. L'AT della Vulgata traduce con la radice consecr-, i termini greci ἁγιάζω - ἁγιασμός, che spesso, ma non sempre, traducono la radice קּﬢשׁ qds del TM. Nel NT invece ἁγιάζω - ἁγιασμός. sono tradotti dalla Vulgata con i termini sanctificare-sanctificatio[45].
Nel NT αγιάζω è usato appena 28 volte e ἁγιασμός 10. Si ritiene che il verbo αγιάζω sia un verbo denominativo, ossia che abbia origine dal sostantivo ayioc, e quindi dall'ebraico qodes o qados. Nella LXX αγιάζω traduce normalmente la radice קּﬢשׁ qds, e «indica perciò un modo di essere relativo al culto»[46] (cf. Gen 2,3; Es 13,2; 28,34; 29,21,43; 30,29; Lev 10,3, passim). A seconda delle radicali ebraiche che traduce, קּﬢשׁ qds assume un significato particolare. Nella forma hifil, causativa, ha spesso il significato di consacrare; quando invece rende la forma enfatica piel significa santificare. La santificazione avviene o attraverso cerimonie cultuali o attraverso feste (Es 20,8; Dt 5,12). Il soggetto è sempre una persona (Dio, il giudice, il popolo), eccetto nella forma qal, in cui può essere anche una cosa (un tabù, per esempio; cf. Nm 17,2.3). L'oggetto del verbo in genere sono i sacerdoti, il popolo, i luoghi e gli oggetti per il culto, «che attraverso la santificazione vengono sottratti alla sfera profana e trasferiti in quella del sacro. Chi commette un sacrilegio, ossia lede le persone e gli oggetti sacri, non soggiace al giudizio degli uomini, ma alla condanna, quasi sempre capitale, di Dio»[47]. Quasi mai il complemento oggetto è Dio (Nm 20,12; 27,14).

Nel NT αγιάζω è usato 17 volte al passivo e 11 volte all'attivo. Sono santificati «il nome di Dio (Mt 6,9 // Lc 11,2), i credenti (Gv 17,19b; At 20,32; 26,18; 1Cor 1,2; 6,11; 7,14; 2Tim 2,21), tutti sono santificati mediante l'unico Figlio (Ebr 2,1 lb; cf. 10,10.14), tutto ciò che Dio ha fatto (1Tim 4,5) e infine Cristo stesso, che è santificato mediante il sangue del patto (Ebr 10,29, citazione di Es 24,8). Soggetto sottinteso della santificazione nella formulazione al passivo è molto spesso Dio (passivum divinum). Solo in Ap 22,11 il passivo va tradotto come medio: "chi è santo, continui a mantenersi santo"»[48]. Nell'attivo abbiamo Dio che santifica Cristo (Gv 10,26) o i credenti (Gv 17,17; 1Tes 5,23); Cristo santifica se stesso (Gv 17,19a), i credenti (Eb 2,1 la), la Chiesa (Ef 5,26).

Di particolare rilievo è la frase del Pater noster riportata da Mt (6,9) e Lc (11,2): ἁγιασθήτω τὸ ὄνομά σου, sanctificetur nomen tuum. Dato il contesto, si deduce che il soggetto della santificazione è lo stesso Dio. Solo Lui può santificare infatti il suo nome, attuare il suo regno, realizzare la sua volontà. L'espressione è una richiesta che la santità di Dio sia resa manifesta[49].

Va detto, con Padre A. Apollonio, che il senso di αγιάζω nel NT è «su un livello superiore» rispetto a quello che ha nell'AT, «poiché in esso (nel NT) si manifesta pienamente la consacrazione di Cristo, l'unto del Signore per antonomasia. Infatti, tutte le consacrazioni antico testamentarie erano prefigurazioni dell'unica vera consacrazione realizzatasi pienamente in Cristo, dalla quale e in vista della quale tutte le altre consacrazioni prendono consistenza»[50].

Cristo è stato santificato/consacrato dal Padre e partecipa, a sua volta, la sua consacrazione ai discepoli. In Gv 10,36 si dice: ὃν ὁ πατὴρ ἡγίασεν καὶ ἀπέστειλεν εἰς τὸν κόσμον «colui che il Padre ha santificato e ha mandato nel mondo»: così traduce l'edizione italiana delle Paoline (IEP), mentre la CEI 2008 ha: «colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo». Questa santificazione del Cristo «dimostra la sua divinità, e lo stesso vale per lo Spirito Santo (Rm 15,16)»[51]. Perciò Gesù può santificare, ossia riconciliare con Dio, i suoi discepoli, perché è il "Santo di Dio", altra espressione che indica la sua divinità[52]. Il noto brano della "preghiera sacerdotale" di Gesù di Gv 17,15-19 è reso così dalla CEI 2008: «15Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. 16Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. 18Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; 19per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità». La Vulgata ha: «15 non rogo ut tollas eos de mundo sed ut serves eos ex malo 16de mundo non sunt sicut et ego non sum de mundo 17sanctifica eos in veritate sermo tuus veritas est 18sicut me misisti in mundum et ego misi eos in mundum 19et pro eis ego sanctifico me ipsum ut sint et ipsi sanctificati in veritate». Il testo greco ha: οὐκ ἐρωτῶ ἵνα ἄρῃς αὐτοὺς ἐκ τοῦ κόσμου ἀλλ’ ἵνα τηρήσῃς αὐτοὺς ἐκ τοῦ πονηροῦ. 16ἐκ τοῦ κόσμου οὐκ εἰσὶν καθὼς ἐγὼ οὐκ εἰμὶ ἐκ τοῦ κόσμου . 17ἁγίασον αὐτοὺς ἐν τῇ ἀληθείᾳ· ὁ λόγος ὁ σὸς ἀλήθειά ἐστιν. 18καθὼς ἐμὲ ἀπέστειλας εἰς τὸν κόσμον, κἀγὼ ἀπέστειλα αὐτοὺς εἰς τὸν κόσμον· 19καὶ ὑπὲρ αὐτῶν ἐγὼ ἁγιάζω ἐμαυτόν, ἵνα ὦσιν καὶ αὐτοὶ ἡγιασμένοι ἐν ἀληθείᾳ.

Gesù santifica i suoi mediante il sacrificio espiatorio di se stesso. Il suo Sangue diventa lo strumento di riconciliazione dei santificati (cf. Eb 2,11; 10,29; 13,12). Dunque espiazione e santificazione sono in stretto rapporto[53].

In san Paolo il verbo ἁγιάζω è usato soprattutto in senso passivo, ed è più evidente il collegamento della santificazione con la giustificazione, piuttosto che come atto divino, avvicinandosi ancora al concetto di sacrificio. Perciò si parla spesso di coloro che sono stati santificati. Il fondamento della santificazione e della giustificazione va individuato nella «comunione battesimale con il Cristo (Rm 6,4; Col 2,12)»[54]. La santificazione è uno stato. Ciò si vede bene in 1Cor 7,14, dove leggiamo che il coniuge santo santifica l'altro coniuge pagano.

In altri testi paolini, più tardivi, il concetto di santità è vicino a quello di purità (Ef 1,4; 5,26; Col 1,22; lTm 4,5; 2Tm 2,21).

In 1Pt 3,15 l'apostolo invita i cristiani a santificare Cristo «in quanto essi come ἅγιοι. (1,16) costituiscono il Tempio immacolato in cui dimora il Signore. Anche qui la purezza di cuore è vista come la condizione necessaria della santificazione»[55].

Dunque la Vulgata non traduce mai ἁγιάζω con consecro ma con sanctifico. Riserva il termine consecro all'AT. Ciò potrebbe essere indizio di una scelta mirata. Se per consacrazione si intende l'azione di riservare qualcosa all'uso divino escludendola dall'uso profano, allora si potrebbe supporre che, secondo il NT della Vulgata, i cristiani non sono più solo consacrati a Dio, cioè tolti dal mondo profano e inseriti in una condizione "sacra", ma santificati nell'intimo da Dio in Cristo, mediante l'effusione dello Spirito santificatore.

Gesù è definito "Santo" dall'Angelo («Colui che nascerà sarà dunque Santo»); dagli indemoniati (che ho a che fare con te? Io so chi tu sei, il Santo di Dio). Da Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna, 69e noi abbiamo creduto e abbiamo riconosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6,68-69). Proprio perché Gesù è Santo, santifica anche coloro che credono in Lui. Sempre in Gv è detto che Gesù santifica se stesso e santifica nella verità i suoi. Questo potrebbe stare a significare che secondo la Vulgata i cristiani sono santificati da Dio (con il Battesimo) e che tale partecipazione è più profonda di quella che avveniva nell'AT con la consacrazione a Dio. Con la santificazione operata da Cristo mediante la sua Incarnazione (lettera agli Ebrei) e la sua offerta sacrificale l'uomo è condotto a vivere ad un livello di unione con Dio che non era possibile raggiungere prima (nell'AT).

San Paolo scrivendo ai Corinti li saluta così: ἡγιασμένοις ἐν Χριστῷ Ἰησοῦ, τῇ οὔσῃ ἐν Κορίνθῳ, κλητοῖς ἁγίοις, «ai santificati in Cristo Gesù, chiamati [ad essere] santi» (ICor 1,2). Poco più avanti nella medesima Lettera san Paolo ricorda ai Corinti che da pagani sono diventati cristiani e dunque sono stati santificati: καὶ ταῦτά τινες ἦτε· ἀλλὰ ἀπελούσασθε, ἀλλὰ ἡγιάσθητε, ἀλλὰ ἐδικαιώθητε ἐν τῷ ὀνόματι τοῦ κυρίου Ἰησοῦ καὶ ἐν τῷ πνεύματι τοῦ θεοῦ ἡμῶν. 12Πάντα μοι ἔξεστιν· ἀλλ’ οὐ πάντα συμφέρει. πάντα μοι ἔξεστιν· ἀλλ’ οὐκ ἐγὼ ἐξουσιασθήσομαι ὑπό τινος, «E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio!».

Per questo nel cap. 7 san Paolo insegnerà che i cristiani diventano fonte loro stessi di santificazione per quelli della loro famiglia: ἡγίασται γὰρ ὁ ἀνὴρ ὁ ἄπιστος ἐν τῇ γυναικί, καὶ ἡγίασται ἡ γυνὴ ἡ ἄπιστος ἐν τῷ ἀδελφῷ· ἐπεὶ ἄρα τὰ τέκνα ὑμῶν ἀκάθαρτά ἐστιν, νῦν δὲ ἅγιά ἐστιν., «sanctificatus est enim vir infidelis in muliere fideli et sanctificata est mulier infidelis per virum fidelem alioquin filii vestri immundi essent nunc autem sancti sunt». In questo senso si inserisce l'attività di Maria nella nostra santificazione.

Il sostantivo ἁγιασμός, è un nomen actionis derivante da ἁγιάζω. Nell'AT LXX è raro. Ricorre 9 volte, con il senso di santità o santificazione, quasi sempre in relazione al culto. Assume il senso di consacrazione nel codice "A" di Gdc 17,3: la madre di un certo Mica decide di consacrare al Signore una somma ingente di denaro presagli di nascosto dal figlio e da lui stesso restituitagli dopo la maledizione lanciata dalla madre contro il ladro. Interessante notare che in 17,5 la vulgata non traduce, come spesso nell'AT, la formula tecnica che indica la consacrazione dei sacerdoti ("riempire le mani") con il verbo consecrare, ma traduce alla lettera: Mica «implevitque unius filiorum suorum», e riempì le mani di un suo figlio, perché gli facesse da sacerdote. In Am 2,11 εἰς ἁγιασμόν traduce לִנְזִרִ֑ים, a nazirei, tradotto nazarenos dalla Vulgata.

All'interno del NT ἁγιασμός, non compare mai nei Vangeli e negli Atti. Compare 9 volte nel corpus paulinum e in lPt 1,2. Non ha alcuna corrispondenza con il sostantivo consacrazione. In tutti i casi significa santificazione o, a volte, santità. In esso assume un forte rilievo il momento etico. È usato spesso con le preposizioni evij e evn. «L'azione espressa ἁγιασμός; e dal verbo ἁγιάζειν può partire soltanto da una persona santa, sicché può santificare se stesso soltanto chi, avendo acquistato con l'espiazione l'amicizia di Dio, si trova nello stato di santità secondo il principio formulato in Ap 22,11: ὁ ἅγιος ἁγιασθήτω ἔτι. L' ἁγιασμός. presuppone tutto un processo interiore, all'origine del quale sta il dato eminentemente religioso della riconciliazione con Dio»[56].

Possiamo ritenere, perciò, che la radice terminologica italiana consacrare corrisponda, anche se solo in parte, al concetto di ἁγιάζω - ἁγιασμός, del NT.

Riassumendo tutta questa analisi, con S. De Fiores possiamo dire che nel cristianesimo il sacro è «imperniato sulla persona di Gesù Cristo, il "Nato-santo" (Lc 1,35: τὸ γεννώμενον ἅγιον), il "Santo di Dio" (Lc 4,3-4; Mc 1,24; Gv 6,69; lGv 2,20), che rende vicino il Dio santo e fa entrare in comunione con lui. Egli è il Tempio vivo del Dio vivo (Gv 2,19.21), l'unico mediatore dell'accesso al Padre nello Spirito (1Tm 2,5; Ef 2,18). È il consacrato dallo Spirito (Lc 4,18), che si consacra al "Padre santo" (Gv 17,2) perché a loro volta i fedeli siano consacrati (Gv 17,19)... La Chiesa è il popolo santo, consacrato e partecipe alla santità di Cristo (lPt 2,9; Ef 5,26). Tempio di Dio è ormai l'assemblea dei battezzati e ogni singolo fedele (1Cor 3,16; 6,19; 2Cor6,16; Ef2,21)»[57].
[...] (continua)
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1 Il Santo Padre Benedetto XVI lo ha ricordato al Sinodo sulla Parola di Dio, in un suo memorabile intervento in cui esorta gli esegeti a non separare mai l'esegesi dalla teologia perché l'esegesi vera e utile alla salvezza è quella teologica (cf. L'Osservatore Romano del 19 ottobre 2008, p. 1). Il padre A. Apollonio, nel suo studio sulla consacrazione mariana da parte sua scrive in proposito: «La Vergine Maria occupa un posto centrale nella Storia della Salvezza. Tuttavia, la singolarità e l'eccellenza della Vergine non si desume né dalla quantità dei riferimenti biblico- mariologici espliciti, né da un'analisi puramente filologica dei testi, bensì da una lettura teologica delle fonti, la quale rilevi la singolarità della funzione che Maria di Nazareth svolse nell'Opera della Redenzione, al fianco del suo Figlio Gesù» (A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, in Immaculata Mediatrix 1 (2001/3) 60).
2 La legittimità dell'uso di questo termine in senso analogico viene confermata dal frequente uso fattone dai Sommi pontefici. Ricordiamo l'atto di consacrazione di tutti i sacerdoti al Cuore Immacolato di Maria fatto dal papa Benedetto XVI il 12 maggio 2010 a Fatima.
3 Cf. A. APOLLONIO La consacrazione a Maria, passim.
4 Cf. A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, pp. 60-62.
5 S. M. Perrella nota che Pio XII volle che la consacrazione a Maria, da lui fatta il 31 ottobre 1942, «fosse ripetuta in occasione della festa di "Maria Regina", da lui istituita e fissata al 31 maggio, confermando con questo gesto che la consacrazione mariana è legata alla sua Regalità e alla sua Mediazione» (La Madre di Gesù nella coscienza ecclesiale contemporanea. Saggi di Teologia (Studi Mariologici 4) PAMI, Città del Vaticano 2005, p. 283, nota 477, che cita: cf. G. M. MORREALE, La consacrazione al Cuore Immacolato di Maria nella dottrina di Pio XII, Desclée, Roma 1964).
La Lumen Gentium afferma infatti: «La funzione Materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l'efficacia. Ogni salutare influsso della beata Vergine verso gli uomini non nasce da una necessità oggettiva, ma da una disposizione puramente gratuita di Dio, e sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo; pertanto si fonda sulla mediazione di questi, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia, e non impedisce minimamente l'unione immediata dei credenti con Cristo, anzi la facilita» (n. 60). E ancora: «Ciò però va inteso in modo che nulla sia detratto o aggiunto alla dignità e alla efficacia di Cristo, unico Mediatore. Nessuna creatura infatti può mai essere paragonata col Verbo Incarnato e Redentore. Ma come il sacerdozio di Cristo è in vari modi partecipato, tanto dai sacri ministri, quanto dal popolo fedele, e come l'unica bontà di Dio è realmente diffusa in vari modi nelle creature, così anche l'unica mediazione del Redentore non esclude, bensì suscita nelle creature una varia cooperazione partecipata da un'unica fonte. La Chiesa non dubita di riconoscerla apertamente; essa non cessa di farne l'esperienza e la raccomanda all'amore dei fedeli, perché, sostenuti da questo materno aiuto, siano più intimamente congiunti col Mediatore e Salvatore» (n. 62).
6 In quest'atto il Santo Padre usa una volta il verbo consacrare e una volta il sostantivo affidamento e una volta consacrazione.
7 Così ne dava notizia l'Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice: «Al termine della celebrazione, prima della benedizione conclusiva, il Santo Padre rinnoverà l'atto di affidamento e di consacrazione dei sacerdoti alla Santissima Vergine, secondo la formula usata in occasione del recente pellegrinaggio a Fatima. Tale atto avverrà davanti all'immagine originale della Madonna "Salus populi romani» (tratto da http://www.vatican.va/news_services/liturgy/2010/documents/ns_lit_doc_20100610_conclusione-anno-sac_it.html).
8 San Giovanni DAMASCENO (|749 ca.), Omelia I sulla Dormizione, I, 14, in TMPM, II, p. 519, citato da S. De FlORES, Consacrazione, in Maria. Nuovissimo Dizionario, vol. I, EDB, Bologna 2006, p. 361. Cf. anche PG 96, 719.
9 S. DE FIORES, Consacrazione, p. 400, citato da A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, p. 75.
10 S. De Fiores a proposito riconosce che il Montfort giunge a dichiarare la consacrazione a Maria «non solo inseparabile dalla consacrazione a Cristo ma addirittura a considerarla ad modum unius e a identificarla con essa» (S. De FlORES, Consacrazione, p. 373).
11 Cf. San Luigi M. Grignion da Montfort, Trattato della vera devozione a Maria [=VD], nn. 61-62.
12 Scritti Kolbiani n. 508. In una lettera a padre Antonio Vivoda, scritta da san Massimiliano sulla nave che lo portava da Shangai ad Hong Kong, leggiamo queste parole infuocate d'amore per l'Immacolata: «Noi vogliamo essere cosi e più ancora illimitatamente ossessi da Essa, che Essa stessa pensi, parli, agisca per mezzo di noialtri. Vogliamo essere fino a quel punto dell'Immacolata che non soltanto non rimanga niente in noi che non sia di Essa, ma che diventiamo quasi annientati in Essa, cambiati in Essa, transustanziati in Essa, che rimanga Essa stessa. Che siamo così di Essa, come Essa è di Dio» (Scritti di Massimiliano Kolbe, Centro Nazionale Milizia dell'Immacolata, ENMI Editrice Nazionale M.I., Roma 1997).
13 Scrive padre A. Apollonio: «Nella prospettiva di san Massimiliano, Gesù è l'esemplare della consacrazione a Maria: "Rivolgiamo lo sguardo verso Gesù, il nostro modello più perfetto. Egli, Dio, la santità stessa, si dona all'Immacolata senza alcuna riserva, diviene suo figlio, vuole che Ella lo guidi a proprio piacere per ben trent'anni della sua vita terrena. Abbiamo forse bisogno di un incoraggiamento migliore?» (San Massimiliano M. KOLBE, Volontà di Dio e volontà dell'Immacolata, in Informator Rycerstwa Niepokalanej, IX 1938, p. 34).
14 Cf. A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, p. 93.
15 J. De FINANCE, La consécration à la Sainte Vierge, Ed. Unions mariales, Paris 1946.
16 A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, p. 93.
17 Ivi, v. 68.
18 S. DE FIORES, Maria nella teologia contemporanea, Centro di Cultura Mariana "Maria Madre della Chiesa", Roma 1991, p. 330.
19 Affidamento, secondo lo Zingarelli 2010 (s.v.), significa: «1) L'affidare. 2) Fiducia, garanzia: una persona non dà nessun affidamento. Fare affidamento su qlcu. o su qlco., contarci. Sinonimo di Assegnamento. 3) Opinione che si basa sull'apparenza di una determinata situazione di fatto o di diritto. 4) Consegna di un minore a una famiglia, a una singola persona o a un ente di assistenza che ne diventano i responsabili. 5) Concessione di credito da parte di una banca a un cliente». Affidare significa: «Dare, consegnare alla cura, alla custodia, alla capacità di una persona fidata: affidare le chiavi ad un amico; affidare la propria salute ad un bravo medico; Assegnare: gli hanno affidato un alto incarico. 2) Rendere fiducioso, sicuro. 3) Concedere fido a una persona» (idem, s.v.). Affidarsi significa: «Mettersi con fiducia nelle mani di qualcuno o confidare in qualcuno: affidarsi a un buon medico; affidarsi all'altrui discrezione, alla sorte» (idem).
20 Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2002. Cf. http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccdds/documents/rc _con_ccdds_doc_200-20513_vers-direttorio_it.html.
21 Vedi l'Atto di affidamento alla Beata Vergine Maria pronunciato da GIOVANNI PAOLO II la domenica 8 ottobre 2000, in comunione con i Vescovi raccolti a Roma per il Grande Giubileo.
22 S.M. Perrella, valutando l’intervento del Direttorio sulla “consacrazione a Maria”, stranamente salta a piè pari questo paragrafo. In realtà esso è fondamentale, come abbiamo visto, perché spiega l’alto valore teologico di questa pratica. Il nostro autore passa invece direttamente al paragrafo successivo, che mette in guardia dal reale pericolo di scambiare la consacrazione con un semplice sentimento di fiducia nella Vergine. Per questo egli crede di poter accusare di mancanza di senso ecclesiale e di arretratezza teologica coloro che ancora propongono la pratica della consacrazione, secondo lui, con «forme ed espressioni obsolete», di cui però non dà alcuna esemplificazione (Maria nel post-concilio, 291).
23 Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Lettera circolare Orientamenti e proposte per la celebrazione dell'Anno mariano, p. 86.
24 Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Direttorio su Pietà popolare e Liturgia. Principi e orientamenti, Città del Vaticano 2002.
25 II Direttorio però tace la differenza reale e sostanziale tra i termini consacrazione e affidamento. In effetti, il secondo dice molto di meno rispetto al primo.
26 Cf. L'Osservatore Romano del 14-15 maggio 2010, p. 7: «Madre amabilissima, tu conosci ciascuno per il suo nome, con il suo volto e la sua storia, e a tutti vuoi bene con la benevolenza materna che sgorga dal cuore stesso di Dio Amore. Tutti affido e consacro a te, Maria Santissima, Madre di Dio e nostra Madre» (tratto il 1 luglio 2010 dal sito: http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/prayers/documents/M_benxvi_20100512_prayer-fatìma_ it.html).
27 Atto di affidamento e consacrazione dei sacerdoti al Cuore Immacolato di Maria. Preghiera del papa Benedetto XVI. Chiesa Santissima Trinità - Fatima Mercoledì, 12 maggio 2010. Cf. http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/prayers/documents/hf_benxvi_20l00512_affidamento- fatima_it.html.
28 Nelle comunità di fedeli, sia tra le persone più dotte come tra quelle dalla fede semplice e spontanea, dove vi sia una solida formazione dogmatica, biblica, mariologica e liturgica non si vede assolutamente il pericolo di una perdita del sommo valore del sacramento del Battesimo e dei suoi effetti nella vita, a causa di devoti atti di consacrazione alla Madonna. Il pericolo esiste dove non vi sia questa solida formazione cattolica, che sicuramente deve essere colmata.
29 C'è invece chi propone di sostituire il termine consacrazione con affidamento non tanto in nome di una maggiore aderenza al dato biblico, quanto in nome della mutata mentalità e sensibilità dell'uomo moderno (?!). Secondo S. M. Perrella si deve evitare di parlare di consacrazione a Maria. Il termine consacrazione va riservato solo a Dio. Questa sarebbe una esigenza scaturita dalla riforma liturgica, che viene da una rinnovata teologia (ci domandiamo: cosa significa "rinnovata teologia"? Una Teologia "rinnovata" deve necessariamente essere "in rotta" con la Tradizione?). Perrella alla fine però ammette che il popolo di Dio che si vuole consacrare a Maria deve essere ben istruito, in particolare deve saper che la consacrazione a Maria è in analogia con quella fondamentale a Dio (cf. Id., La consacrazione alla Madre del Signore: un atto martiriale per il Regno. La testimonianza di San Massimiliano M. Kolbe, in Miles Immaculatae 35 (1999/1) 147-228, citazione a p. 206). A noi basti pensare invece che il Papa di recente ha consacrato tutti i sacerdoti del mondo al Cuore Immacolato di Maria. Inoltre, il Direttorio, come abbiamo appena visto, fa, sì, quell'osservazione sull'improprietà con cui a volte è usato il termine consacrazione, tuttavia dà solo un'indicazione pastorale, senza dare una direttiva definitiva sull'abolizione del termine consacrazione in riferimento a Maria. Anzi, dà delle indicazioni pratiche per coloro che hanno cura pastorale, esortando a «istruire i fedeli sulla sua natura...» (Direttorio, n. 204).
30 Cf. opere specifiche: articoli di padre Stefano M. Manelli su Maria nella storia della salvezza, pubblicati in vari numeri di Immaculata Mediatrix; S. M. RAGAZZINI, Maria vita dell'anima. Itinerario mariano alla Santissima Trinità, Casa Mariana Editrice, Frigento 1984; S. De FlORES, Storia della Mariologia.
31 Cf. articolo di A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, in cui l'Autore fa una sintetica ma densa storia della consacrazione alla Madonna.
32 Scrive perciò bene B. MORlCONI: «La consacrazione è un concetto comune a tutte le espressioni religiose e può riguardare cose, luoghi e persone che hanno una relazione speciale con la divinità (con il sacro), nel senso di "separate" per essa o ad essa "dedicate". Nell'Antico Testamento riguarda, di fatto, oggetti, luoghi e persone scelti e dedicati a Yahweh per mezzo di un rito di unzione»: Maria modello di consacrazione nel Nuovo Testamento, in La Vergine Maria e la vita consacrata (Convegni mariani, n° 15), Centro di Cultura Mariana, Roma 1995, p. 30.
33 B. MORICONI, Maria modello di consacrazione, p. 31.
34 Curata da san Girolamo alla fine del IV secolo e agli inizi del V per ordine di papa san Damaso allo scopo di evitare la confusione creata dalle numerose versioni latine esistenti. Fu un vero punto di riferimento per la Chiesa. Durante il Concilio di Trento venne proclamata testo giuridicamente autentico (8 aprile 1856), e da Pio XII nella Divino afflante Spiritu testo da usare nelle catechesi e nelle dispute teologiche: «Questa preminente autorità, ovvero, come suol dirsi, autenticità della Volgata fu dal Concilio decretata non già principalmente per motivi di critica, ma piuttosto per l'uso legittimo che se ne fece nelle Chiese lungo il corso di tanti secoli: il quale uso dimostra che essa, nel senso in cui la intese e intende la Chiesa, va affatto immune da errore in tutto ciò che tocca la fede ed i costumi. Da questa immunità, di cui la Chiesa fa testimonianza e dà conferma, proviene che nelle dispute, lezioni e prediche si possa citare la Volgata in tutta sicurezza e senza pericolo di sbagliare. Perciò quell'autenticità va detta non critica, in prima linea, ma piuttosto giuridica» (Pio XII, Divino afflante Spiritu, cap. II, § 1).
35 Scrive F. Ciardi: «I Padri e i teologi conciliari hanno utilizzato il verbo "consacrare" per indicare l’azione di Dio e il verbo "devovere" o "mancipare" per indicare l’azione o la risposta dell’uomo. Il testo chiave è Lumen Gentium 44: il religioso con la professione dei consigli evangelici "divino obsequio intimius consecratur". Ad un Padre che chiedeva di esplicitare ulteriormente quel "consecratur" la Commissione teologica rispondeva – dando così una interpretazione autorevole al testo – che "consecratur" è "sub forma passiva. subintelligendo ‘a Dio’… consacrare indicat actionem divinam; pro actione umana dicendum est devovere vel mancipare". Per altri testi cf. Perfectae Caritatis 5 e 11». Tratto il 9 maggio 2011 da: http://www.christusrex.org/www1 /omi/qdv4.htm.
36 Cf. N. Zingarelli, Lo Zingarelli 2010. Vocabolario della lingua italiana, Ed. Zanichelli 2009, s.v. Cf. anche A. Apollonio, La consacrazione a Maria, 49-51, dove cita 8 significati su 16 che vengono dati al termine consacrare da S. Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana, vol. III, UTET, Torino 1971, s.v., 580.
37 Secondo altri potrebbe derivare dalla radice sanscrita sac-ate, che significa seguire, accompagnare e a volte adorare, dunque servire, onorare la divinità (cf. http://www.etimo.it/?term=sacro&find=Cerca).
38 Mueller, col. 532.
39 Mueller, col. 533.
40 H.-P. Mueller, קּﬢשׁ, in E. JENNI-C. Westermann, Dizionario Teologico dell'Antico Testamento, Marietti, Casale Monferrato 1982, col. 532.
41 Mueller, col. 531.
[...]
45 Non sembra tuttavia corretto assimilare sic et simpliciter il termine consecro con sanctifico. Non sempre i due termini vanno considerati sinonimi. Infatti, nell'AT sono, sì, presenti tutte e due le terminologie, ma non sempre hanno lo stesso significato e non sempre traducono gli stessi termini ebraici o greci.
46 O. PROCKSCH, ἁγιάζω, in GLNT, Paideia, Brescia 1965, col. 299.
47 Ivi, col. 300.
48 H. BALZ, ἅγιος;, in H. BALZ-G. SCHNEIDER (a curadi), Dizionario Esegetico del Nuovo Testamento, vol. I, Paideia, Brescia 1995, col. 45.
49 Cf. Idem.
50 A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, p. 53.
51 H. BALZ, ἅγιος, p. 45.
52 Cf. O. PROCKSCH, ἅγιος, pp. 272-273.
53 Cf. O. PROCKSCH, ἁγιάζω, pp. 301-302.
54 Ivi, p. 303.
55 Ivi, p. 304.
56 O. PROCKSCH, ἁγιασμός, p. 305.
57 S. De FlORES, Consacrazione, p. 382.

12 commenti:

mic ha detto...

Ricordo a tutti la Preghiera composta da Pio XII alla Vergine Assunta in cielo in occasione della proclamazione del dogma.

O Vergine Immacolata, Madre di Dio e Madre degli uomini.
1. - Noi crediamo con tutto il fervore della nostra fede nella vostra assunzione trionfale in anima e in corpo al cielo, ove siete acclamata Regina da tutti i cori degli Angeli e da tutte le schiere dei Santi; e noi ad essi ci uniamo per lodare e benedire il Signore, che vi ha esaltata sopra tutte le altre pure creature, e per offrirvi l'anelito della nostra devozione e del nostro amore.
2. - Noi sappiamo che il vostro sguardo, che maternamente accarezzava l'umanità umile e sofferente di Gesù in terra, si sazia in cielo alla vista della umanità gloriosa della Sapienza increata, e che la letizia dell'anima vostra nel contemplare faccia a faccia l'adorabile Trinità fa sussultare il vostro cuore di beatificante tenerezza; e noi, poveri peccatori, noi a cui il corpo appesantisce il volo dell'anima, vi supplichiamo di purificare i nostri sensi, affinché apprendiamo, fin da quaggiù, a gustare Iddio, Iddio solo, nell'incanto delle creature.
3. Noi confidiamo che le vostre pupille misericordiose si abbassino sulle nostre miserie e sulle nostre angosce, sulle nostre lotte e sulle nostre debolezze; che le vostre labbra sorridano alle nostre gioie e alle nostre vittorie; che voi sentiate la voce di Gesù dirvi di ognuno di noi, come già del suo discepolo amato: Ecco il tuo figlio; e noi, che vi invochiamo nostra Madre, noi vi prendiamo, come Giovanni, per guida, forza e consolazione della nostra vita mortale.
4. - Noi abbiamo la vivificante certezza che i vostri occhi, i quali hanno pianto sulla terra irrigata dal sangue di Gesù, si volgono ancora verso questo mondo in preda alle guerre, alle persecuzioni, alla oppressione dei giusti e dei deboli ; e noi, fra le tenebre di questa valle di lacrime, attendiamo dal vostro celeste lume e dalla vostra dolce pietà sollievo alle pene dei nostri cuori, alle prove della Chiesa e della nostra Patria.
5. - Noi crediamo infine che nella gloria, ove voi regnate, vestita di sole e coronata di stelle, voi siete; dopo Gesù, la gioia e la letizia di tutti gli Angeli e di tutti i Santi; e noi, da questa terra, ove passiamo pellegrini, confortati dalla fede nella futura risurrezione, guardiamo verso di voi, nostra vita, nostra dolcezza, nostra speranza; attraeteci con la soavità della vostra voce, per mostrarci un giorno, dopo il nostro esilio, Gesų, frutto benedetto del vostro seno, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria.

(Dal prefazio dell'Assunzione)
Dio onnipotente ed eterno, che hai assunto in corpo ed anima alla gloria celeste l'immacolata Vergine Maria, Madre di Cristo, tuo Figlio e nostro Signore. In Lei primizia e immagine della Chiesa, hai rivelato il compimento del mistero di salvezza. Tu non hai voluto che conoscesse la corruzione del sepolcro Colei che ha generato il Signore della vita. TI preghiamo di essere partecipi della sua gloria. Amen

mic ha detto...

Mi accorgo ora, leggendo dal cell., che alcuni termini ebraici risultano visibili con le lettere invertite. Nella prima versione non me lo faceva. Cercherò di correggere appena sarò di nuovo al pc.

Alba ha detto...

Grazie per questo bel dono . Sicuramente la Mamma Celeste , avra' gia' menzionato questa sua bella fatica
nel libro della sua vita , dedicandole una intera pagina ! Ricordiamo Fatima : “Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato”. Con la Benedizione di Santa Chiara , Dio benedica lei , i FFI , i Sacerdoti consacrati all'Immacolata e tutti quelli che saranno invogliati a farlo magari transitando qui anche solo per curiosare :
Affrettiamoci !

“Vi benedico nella mia vita e dopo la mia morte, come posso e più di quanto posso, con tutte le benedizioni con le quali il Padre delle misericordie benedisse e benedirà in cielo e in terra i figli e le figlie, e con le quali un padre e una madre spirituale benedisse e benedirà i suoi figli e le sue figlie spirituali. Amen” (S.Chiara ).

Arnaldo S. ha detto...

Grazie per la segnalazione. Ho scaricato il pdf; lo leggerò non prima di averlo stampato.

Anonimo ha detto...

Oggi è San Massimiliano Kolbe. A lui si è ispirato il padre Manelli per il "Quarto voto mariano".
Chiediamo la sua intercessione per noi, per i FI e per la Chiesa tutta.

C'è chi lo ricorda così:
... Ci sarebbe davvero molto da dire, insomma, sull’intensa ed appassionata esistenza di padre Kolbe. Eppure il culmine del suo viaggio terreno si verificò indubbiamente là, nel campo di concentramento di Auschwitz dove, a partire dal maggio del 1941, si trovava dopo essere stato arrestato per la seconda volta dai nazisti (era stato rimesso in libertà nel dicembre del ’39, dopo un primo arresto seguito da due mesi di prigionia). Un luogo infernale dunque, che avrebbe azzerato l’ottimismo di chiunque ma che, incredibilmente, non spense la speranza del frate il quale trovò pure, laggiù, la forza di scrivere ricordando alla madre che «Dio c’è in ogni luogo e con grande amore pensa a tutto e a tutti». Già questo dovrebbe bastare a comprendere la notevole statura del francescano. L’apice della sua grandezza, però, doveva ancora emergere.

Ed emerse di lì a poco, precisamente quando, dopo la fuga di un detenuto, i nazisti presero dieci prigionieri per spedirli nel “bunker della fame” e padre Kolbe si offrì al posto di uno di loro che, piangendo, disse di avere una famiglia. Senza acqua né cibo per quindici giorni, molti morirono ma il frate, coi superstiti, tenne duro cantando e pregando la Madonna. E quando, increduli, gli uomini delle SS decisero di eliminarlo iniettandogli acido fenico, costui fissò il medico nazista e, prima di spirare col nome di Maria sulle labbra, gli disse: «Lei non ha capito nulla della vita…l’odio non serve a niente. Solo l’Amore crea!». Aveva ragione: quasi nulla sappiamo dei suoi carnefici, mentre oggi, settantaquattro anni dopo quel 14 agosto 1941, padre Kolbe è santo. L’odio con cui venne eliminato s’è disperso come cenere nelle periferie della storia, lui vive. Di più: giganteggia e illumina chiunque venga a conoscenza del suo sacrificio.

mic ha detto...

Visto che si ricorda, proprio oggi, San Massimiliano Kolbe, propongo in anteprima questi impegni, riguardanti l'apostolato, che i FI hanno ereditato da lui (domani leggerete l'intero lavoro di padre Stefano Manelli)

* "Noi siamo per l'offensiva"
Questo era il motto di san Massimiliano, e questo deve esser il motto del Voto mariano, poiché «difendere la religione è per noi troppo poco» (SK 206), vedendo il male che ci circonda e che avanza «Di fronte agli attacchi tanto duri dei nemici della Chiesa di Dio è lecito rimanere inattivi? Ci è forse lecito lamentarci e versare lacrime soltanto? No affatto - afferma con vigore san Massimiliano -. Ricordiamoci che al giudizio di Dio renderemo stretto conto non solamente delle azioni compiute, ma Dio includerà nel bilancio anche tutte le buone azioni che avremmo potuto fare, ma che in realtà avremo trascurato. Su ciascuno di noi pesa i sacrosanto dovere di metterci in trincea e di respingere gli attacchi del nemico con il nostro petto» (SK 1023).

* La scelta dei mass-media
Una "scelta di campo" per l'apostolato fu la decisione, presa da san Massimiliano, di adoperare anche i mezzi più moderni di apostolato per un'evangelizzazione di massa attraverso la stampa e la radio (e oggi possiamo aggiungere: la Televisione, Satelliti, l'Internet...). Davvero "febbrile" doveva essere l'ardore di san Massimiliano quando scriveva, ad esempio, che lo scopo apostolico non deve essere soltanto «difendere la fede e contribuire, alla salvezza delle anime, ma con un attacco ardito, non badando a se stessi, conquistare all'Immacolata un'anima dopo l'altra, un avamposto dietro l'altro, inalberare il suo vessillo sulle case editoriali dei quotidiani, della stampa periodica e non periodica, delle agenzie di stampa; sulle antenne radiofoniche, sugli istituti artistici e letterari, sui teatri; sulle sale cinematografiche, sui parlamenti, sui senati, in una parola dappertutto su tutta la terra; inoltre vigilare affinché nessuno riesca a rimuovere questi vessilli» (SK 199).

Cattolico ha detto...

Verrebbe naturale, letto questo, pensare a Radio Maria come a una grande realizzazione nello spirito di Padre Kolbe ma, dopo il voltafaccia, l'inversione a U di Padre Livo Fanzaga (a difesa di un magistero e di una prassi palesemente moderniste ed anticattoliche, se non addirittura anticristiche) possiamo ancora pensarla così ? Forse dovemmo ripiegare su Radio Mater ? non so, sono un poco perplesso; certo è che non riesco più ad ascoltare Radio Maria senza che mi ritornino alla mente le epurazioni di Gnocchi e Palmaro, di De Mattei, di Socci, di Barra e le parole decisamente maleducate pronunciate da Padre Livio alla radio nei loro confronti. Se si apre una fessura, il diavolo dilaga, il Fanzaga lo sa bene questo, quindi avrebbe dovuto mordersi la lingua ed avere più rispetto, almeno, in particolare, nel congedare questi valentissimi scrittori cattolici.

Alba ha detto...

Gliene suggerisco due da alternare ai programmi di RadioMaria che piu' la arricchiscono :

http://www.radiobuonconsiglio.it/

http://www.stellamatutina.eu/

Mazzarino ha detto...

Oggi è S. Massimiliano Kolbe, è la vigilia dell'Assunta. E' la giornata di chi va all'attacco in nome della testimonianza a Cristo Dio. L'assunta è una grande festività per l'alto Adriatico da prima del riconoscimento dogmatico di PIO XII. E' il coraggio de la salvezza dei naviganti in mezzo alla tempesta. Non c'è pescatore bestemmiatore Adriatico che non si inchini alla aua immagine. Nelle campagne di Romagna è sempre stata festa di popolo. Nella principale abbazia che si affaccia al mare dai colli interminabile era la processione di coloro che alla vigila andava a confessarsi. Decine e decine erano i confessori che non riuscivano a smaltire i penitenti. Di questo ho memoria diretta. Oggi due soli confessori, uno solo con un fedele anziano in confessione,l'altro per evitare l'immagine di desolazione dopo un pò se ne è andato, nessuna fila. Nessuno si confessa più, lo si era visto anche a Pasqua e Natale. Dopotutto Chi è la Chiesa per giudicare? Addio Trinità, il sacerdozio cattolico, indissolubilità matrimoniale.. ora addio sacramento della Confessione. Finalmente siamo protestanti. Siamo finalmente pronti per beatificare Lutero e riabilitare Enrico VIII. Resta solo da far fuori Santa Madre di Dio. Qui le cose si fanno pericolose il popolo potrebbe non gradire. Così porte aperte alla devozione della Madre di Gesù, ma pulizia delle superfetazioni di Immacolata ed Assunta. E così nel giorno di S. Massimiliano Kolbe ringrazio di cuore quel sacerdote,vero. amico che fra poco, celebrerà per noi lanciati oltre le linee, una Messa VO in onore dell'Assunta.

Catholicus ha detto...

Bravo Mazzarino, mi associo anch'io nel ringraziare quel bravo e santo sacerdote: ce ne fossero tanti come lui, ma la ghestapo" del VdR li farebbe fare a pezzi appena si mostrassero come sono;
- così come ha fatto fare le epurazioni da Radio Maria al suo caro Padre Livio;
- così come ha fatto fare ai FF I da un altro suo fidato esecutore;
- così come ha fatto con Padre Livières (R.I.P.);
- ed ora anche intromettendosi nell'agone politico, con gli insulti del suo braccio destro Galantino a Luca Zaia, ai leghisti ed al loro elettorato (nel quale mi vanto di essere anch'io).
Se ad ottobre, al sinodo, Bergoglio consacrasse la distruzione di 3 sacramenti (matrimonio, confessione e comunione), dimostrandosi così inequivocabilmente apostata, addio bello mio, traslocherei subito, armi e bagagli, nella FSSPX, o nell'I.M.B.C. (nel caso la Fraternità si lasciasse "normalizzare"). Abbasso i protestanti, abbasso i modernisti, abbasso gli ecumenisti (sostanzialmente atei). Viva Cristo Re ! Viva Maria SS.ma Regina delle Vittorie "

Anonimo ha detto...

Molte grazie! Testo per me molto coinvolgente. Da rileggere. Peccato per la mia conoscenza insufficiente o completamente deficitaria di alcune lingue morte. Non penso ci sia molto tempo per rimediare. Saluti a tralcio (e a tutti).

Anonimo ha detto...

Un piccolo rilievo di ordine tecnico:

alcune lettere ebraiche non sono leggibili, adoperando entrambi i browesr di cui dispongo (Firefox e Chrome). Non so se sia un mio problema. Credo però che più banalmente sia un problema di font, che chi ha postato aveva nel suo PC, ma non chi leggeva. Sarebbe risolvibile, come ho visto fare in alcuni siti che trattano di Lettere classiche, linkando un sito dove è possibile scaricare i font. Il lavoro di scansione dev'essere stato una gran fatica, ma ne valeva la pena. Comunque ho ovviato tramite la versione pdf. Grazie.