Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 30 novembre 2015

Don Elia. A testa alta per umiltà

Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo,
perché la vostra liberazione è vicina
(Lc 21, 28).

Non è un’ossessione di chi parla, ma la convinzione di un autorevole prelato che ha pagato cara la sua parrhesía: stiamo attraversando una prova apocalittica. Più e più volte, nella storia cristiana, cataclismi naturali e pubblici sconvolgimenti sono stati interpretati come segni della fine imminente; ma l’uomo non era ancora in grado di provocare terremoti e maremoti bombardando la ionosfera con radiazioni ad altissima intensità che, riflesse verso il suolo, sviluppassero una potenza devastante, né di fabbricare armi nucleari, chimiche e batteriologiche che, messe in mano a fanatici indemoniati, diventassero un incubo per i popoli del mondo. Più e più volte il dilagare della peste aveva decimato interi Paesi, ma non virus militari creati in laboratorio. Più e più volte conflitti sanguinosi avevano falciato le nuove generazioni, ma mai questo era successo, in una non dichiarata guerra planetaria, negli ospedali pubblici e a spese dei cittadini. Più e più volte i cristiani hanno subìto persecuzioni spaventose, ma i massacri indiscriminati e l’odio pubblico contro la loro fede non avevano raggiunto gli inauditi livelli di oggi.

Forse non vediamo ancora i segni celesti preannunciati da Gesù, ma le manipolazioni climatiche stanno stravolgendo le stagioni e i fenomeni atmosferici, provocando tempeste e uragani di forza mai vista. Forse non siamo ancora in angoscia per il fragore del mare e dei flutti, ma un grosso meteorite potrebbe piombare sulla terra sollevando gli oceani e provocando rovesci torrenziali come al tempo del diluvio. Forse l’ordine del cielo non è ancora sconvolto, ma quello della terra è messo a dura prova; gli angeli stanno saldi ai loro posti, ma gli uomini non sanno più chi sono né che cosa fanno, confusi nella loro stessa identità di genere e incapaci di custodire i vincoli più sacri. La verità divina è in sé immutabile, ma chi la dovrebbe trasmettere la adultera, svuotandola, nelle menti di chi lo ascolta. La dignità della creatura libera, cosciente e responsabile è intangibile in se stessa, ma chi infantilizza le masse, di fatto, gliela toglie. Dopo un’alluvione si può spalare il fango e ricostruire gli edifici, ma rimuovere quello che copre i cuori e restaurare le anime dopo l’inondazione di peccati che risulta da tutto questo… sarà molto più arduo.

Pessimismo radicale? Catastrofismo ottuso? No, è solo uno sguardo realistico sulla realtà odierna alla luce di quelle parole che non passeranno mai, a differenza di cielo e terra. Quelle medesime parole ci invitano paradossalmente ad alzare la testa, quando cominceremo a veder accadere queste cose: sarà segno che il Regno di Dio – e la conseguente liberazione di chi lo attende con sincerità operosa – è alle porte. «In verità vi dico: non passerà questa generazione finché tutto ciò sia avvenuto» (Lc 21, 32). La generazione a cui Gesù parlava lo vide avverarsi nella distruzione del Tempio, che segnò la fine di un’epoca. Ogni generazione – ci ammonisce sant’Efrem Siro – deve altresì considerarsi quella indicata dal Signore perché la profezia potrebbe adempiersi nel suo tempo. Ma la nostra generazione, indubbiamente, ha speciali motivi per candidarsi. Suona più che mai opportuna e urgente, di conseguenza, l’esortazione di san Bernardo:
«Fate oggetto di contemplazione la doppia visita del Cristo, riflettendo su quanto ci ha donato nella prima e su quanto ci ha promesso per la seconda. “È giunto infatti il momento”, fratelli, “in cui ha inizio il giudizio a partire dalla casa di Dio” (1 Pt 4, 17). Ma quale sarà la sorte di coloro che, attualmente, rifiutano questo giudizio? Chi infatti si sottrae al giudizio presente, in cui il principe di questo mondo viene cacciato fuori, aspetti, o piuttosto tema il Giudice futuro, dal quale sarà cacciato fuori insieme al suo principe. Se invece noi ci sottomettiamo già ora ad un giusto giudizio, siamo sicuri e “aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al Suo corpo glorioso” (Fil 3, 20-21). “Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro” (Mt 13, 43). Il Salvatore trasfigurerà con la Sua venuta il nostro misero corpo per conformarlo al Suo corpo glorioso solo se già prima troverà rinnovato e conformato nell’umiltà al Suo il nostro cuore. Per questo dice: “Imparate da me, che sono mite e umile di cuore” (Mt 11, 29)».
Il santo Dottore distingue a questo punto tra due specie di umiltà: quella di conoscenza, che ci fa riconoscere il nostro nulla, e quella di volontà, che ci fa rifuggire i vani successi del mondo (i quali non procurano altro che quegli affanni e dissipazioni di cui dobbiamo guardarci dall’appesantirci). La seconda si impara imitando Colui che, pur essendo Dio, esinanì Se stesso assumendo la forma di servo (cf. Fil 2, 6-7) e che, sottrattosi alla folla che voleva farlo re, si presentò spontaneamente a quelli che lo avrebbero crocifisso (cf. Gv 6, 14-15; 18, 3-4). La prima – possiamo soggiungere – non possiamo impararla da Lui, nel quale «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» (Col 2, 9); allora, oltre che negativamente, cioè dal limite della nostra debolezza e delle nostre cadute, apprendiamola anche in positivo dal purissimo cuore di Colei che, riconoscendo davanti a Dio la propria povertà di creatura, meritò di diventarne Madre. Solo così quel giorno terribile, piuttosto che abbattersi su di noi come un laccio, ci troverà pronti ad entrare nel Regno eterno di Colui che tra poco, sotto il velo del pane e del vino, si donerà a noi come soprasostanziale cibo del cammino e fin d’ora regna con il Padre e lo Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.

11 commenti:

irina ha detto...

Un primo passo verso la vita è riappropriarsi del proprio pensiero. Il libero pensiero tanto sbandierato non è altro che il pensiero di chi vuol rendere schiavo l'uomo. Questo pensiero altrui,che entra subdolamente in noi attraverso mille rigagnoli, alla fine si sostituisce quasi totalmente al nostro e nostro appare a noi stessi. L'unica strada per liberarsi di tutti questi pensieri violentatori dei nostri pensieri è accompagnarli all'uscita. Questo è possibile solo avendo come Maestro e modello Gesù Cristo. Gli uomini hanno inventato meditazioni,iniziazioni ma sempre entro la terra e alla sua placenta sono rimasti impigliati. Il Signore nulla ci chiede che di aver fiducia in Lui e seguirlo. Seguirlo nelle piccolissime azioni quotidiane, mettere alla prova noi stessi in quello che ci è più familiare. Il famoso esame di coscienza serale, per esempio, aiuta ad affinarci sul particolare nostro e del mondo in cui siamo. E' in questo piccolo esercizio quotidiano che i nostri sensi si purificano e si affinano mentre migliora la nostra capacità di discernimento e la volontà si rafforza e sceglie sempre più naturalmente il Bene:i pensieri veri, le azioni buone.Essere fedeli nel piccolo. Solo NSGC sceglierà tra questi fedeli, nel poco, quello o quelli a cui affidare compiti più impegnativi, nel luogo e nel tempo e nel modo, per la salvezza di molti.
Grazie Don Elia.

"Esaminate tutto e ritenete ciò che è buono" (San Paolo) ha detto...

https://it.wikipedia.org/wiki/Survivalismo

berni ha detto...

scusate l'O.T.: pongo una domanda a Don Elia, in quanto sento sempre più spesso sacerdoti post./conciliari che dicono che la SS.ma Eucarestia è un simbolo e non il Corpo e Sangue di Cristo, poiche qualunque sacerdote validamente ordinato, celebrando la S.Messa omette la formula consacratoria e omette la volontà di celebrare la transustanziazione, quindi tutto è invalido.
domanda: quindi quando vado in chiesa ed ha celebrato uno di questi cosa c'è nel tabernacolo? un simbolo? e se mi comunico, cosa prendo un simbolo oppure la Santa Comunione.
Pertanto la certezza di comunicarmi col Corpo e Sangue di Cristo dove e quando l'avrò.? dovrò cercarmi un sacerdote di mia conoscenza e fiducia per avere i veri Sacramenti elargiti dalla Chiesa?
Dove finisce la Chiesa Cattolica e comincia il protestantesimo? e dove cominciano le certezze?
La domanda viene fuore anche per come si pone la nuova chiesa di fronte a Cristo -
comunione sulle mani, oppure prime comunioni su piattini di plastica ecc. ecc.

mic ha detto...

Credo che la domanda richieda una precisazione.
Non mi risulta che ci siano sacerdoti che omettono la formula consacratoria. Mi risulta (per certo) piuttosto che ci sono molti sacerdoti post-conciliari che la pronunciano ma senza credere nella "transustanziazione".
E' questo, credo, il dilemma che molti fedeli si pongono.
Ad esempio, il nostro sacerdote celebra la Messa VO su un "altare in prestito" e spesso, finite le Ostie consacrate, se il numero dei fedeli è più alto del previsto, per la distribuzione della Santa Comunione le prende dal Tabernacolo.
Ebbene, se mi capita di ricevere quelle Ostie non consacrate da lui, il mio dubbio resta e mi affido al Signore, cercando ogni volta di essere tra i primi a comunicarmi.
Mi ero ripromessa di confessarmi per questo...

Luisa ha detto...

Segnalo la lettera agli amici e benefattori di Mons. Fellay, è in francese, spero che verrà pubblicata dal sito italiano della Fraternità:

http://www.dici.org/documents/lettre-aux-amis-et-bienfaiteurs-n85/

E ne approffitto per ridare il link al sito su Mons. Lefebvre, sperando che ci sarà presto anche la versione italiana accanto a quelle francese, spagnola, inglese e tedesca:

http://marcellefebvre.info/fr

ilfocohadaardere ha detto...

Il Concilio di Trento definì il 3 marzo 1547 contro Lutero che i sacramenti conferiscono la grazia ex opere operato (can. 8), per ciò che dipende da Dio (can. 7):« Se alcuno dirà che i sacramenti della nuova legge non conferiscono la grazia per propria ed intima efficacia (ex opere operato) ma che per conseguire la grazia basta la fiducia nelle divine promesse, sia scomunicato.»(Sess. VII, ca. 8; Denz 851)
Ho letto che "ex opere operato"-ciò si dedurrebbe dalle discussioni dei padri di Trento,non vuol dire "automaticamente",ma "indipendentemente dalle intenzioni non manifestate del ministro",a cui si richiede di porre esattamente il segno "almeno con l'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa"(can. 11),cioè almeno con l'intenzione di compiere un rito sacro; e che lo scopo di questa precisazione, voluta dal concilio,era di togliere ai fedeli ogni dubbio di coscienza sulla validità di un sacramento nel caso di un ministro che"facesse finta"di amministrarlo,ma con l'intenzione,non manifestata,di non amministrarlo.Il Concilio dice:se il ministro ha compiuto correttamente il rito(ex opere operato),Dio si è impegnato e perciò ex parte Dei(="per ciò che dipende da Dio")il sacramento è completo.Per l'efficacia del sacramento può invece mancare la parte che dipende dal cristiano,ma delle proprie eventuali cattive disposizioni che renderebbero inefficace il sacramento, egli non può non avere coscienza.
CCC 1983,n.1128:"È questo il significato dell'affermazione della Chiesa[2]:i sacramenti agiscono ex opere operato(lett.«per il fatto stesso che l'azione viene compiuta»),cioè in virtù dell'opera salvifica di Cristo,compiuta una volta per tutte.Ne consegue che«il sacramento non è realizzato dalla giustizia dell'uomo che lo conferisce o lo riceve, ma dalla potenza di Dio»[3].Quando un sacramento viene celebrato in conformità all'intenzione della Chiesa,la potenza di Cristo e del suo Spirito agisce in esso e per mezzo di esso,indipendentemente dalla santità personale del ministro.Tuttavia i frutti dei sacramenti dipendono anche dalle disposizioni di colui che li riceve.».Da quel che riesco a trarre dal combinato disposto di Trento e dell'attuale CCC,sembrerebbe di capire che l'intenzione recondita,nascosta,NON MANIFESTATA,del celebrante,di "non consacrare" (per volontà perversa o mancanza di fede),non impedisse la consacrazione stessa.Ed almeno per ciò che riguarda il caso della mancanza o dubbio di fede nella transusustanziazione,i miracoli eucaristici(Bolsena,Lanciano)sembrerebbero senz'altro confermarlo.Sarebbe bello un approfondimento teologico sul sito.

ilfocohadaardere ha detto...

errata corrige: "non impedisca"....chiedo scusa

tralcio ha detto...

Ci provo...

I sacramenti sono segni efficaci della grazia divina, attraverso i quali ci viene elargita la vita divina. Essi portano frutto in coloro che li ricevono con le disposizioni richieste. I sacramenti manifestano e comunicano agli uomini, soprattutto nell'Eucaristia, il Mistero della comunione del Dio Amore, Uno in tre Persone. I sacramenti sono ordinati alla santificazione degli uomini, all'edificazione del Corpo di Cristo e a rendere culto a Dio; in quanto segni, hanno poi anche la funzione di istruire. Non solo suppongono la fede, ma con le parole e gli elementi rituali la nutrono, la irrobustiscono e la esprimono.La fede della Chiesa precede la fede del credente, che è invitato ad aderirvi.
Quando la Chiesa celebra i sacramenti, confessa la fede ricevuta dagli Apostoli.

Accontentandoci di queste poche righe, prese da documenti conciliari, emerge che il credente nel sacramento, celebrato nella Chiesa, RICEVE la grazia di Dio specifica di ogni "segno". La condizione è la "disposizione" del cuore credente a ricevere la grazia. Questa condizione è importante (eppure non ancora decisiva: pensiamo al battesimo di un neonato che è appoggiato alla fede degli adulti che lo nutrono, crescono ed educano), mentre non lo è ciò che crede (o non crede) chi pone in essere il segno.

Tuttavia il ricevente non può eludere l'operatività e l'efficacia del segno, limitandosi a desiderarlo senza riceverlo (la "comunione spirituale" introduce un'interessante articolazione dello schema: suppone infatti un sincero desiderio di ricevere il "segno", al quale si partecipa realmente e spiritualmente, nell'impossibilità di accedervi "fisicamente"). Se la Chiesa, che amministra il sacramento, equiparasse la comunione spirituale a quella sacramentale, commetterebbe due errori indipendenti: o impedirebbe la comunione spirituale anche a chi ne trarrebbe beneficio, oppure dispenserebbe la comunione sacramentale a chi non potrebbe riceverla.

Il sacramento è "completo" se il segno viene posto correttamente dal ministro che lo amministra, secondo l'intenzione della Chiesa: Dio vi agisce.
Il sacramento è "efficace" se il cuore del ricevente è aperto alla grazia. Non c'è mai alcun automatismo con Dio: la Sua libertà chiede la nostra libertà. Se Gli diciamo di no, Lui non impone nulla! Perciò il sacramento nutre la fede: la accresce per renderci più protesi alla grazia e meno indifferenti ad essa.

Attenzione al sottile distinguo: è ammessa l'efficacia del desiderio (per esempio il "battesimo di desiderio" o la stessa "comunione spirituale"), mentre il limitarsi ad affermare una generica "fiducia" nelle promesse divine per considerare efficace il sacramento -rendendo di fatto "inutile" il sacramento, ridotto a puro simbolismo- è passibile addirittura di scomunica (così Trento).

In tutti i casi il sacramento non è realizzato dalla giustizia dell'uomo che lo conferisce o lo riceve, ma dalla potenza di Dio. Noi siamo suoi inutili servi, ma coscienti di un sì!

Per favore, qualcuno può correggere/integrare queste righe tutto ciò in cui sono lacunose?

mic ha detto...

Importante quel che dice tralcio sull'efficacia dei Sacramenti ex opere operato.
Sul mio dubbio espresso in maniera rapida e senza approfondimenti devo specificare che, pur consapevole che non è la fede del Sacerdote che opera, ma il Signore, avevo il timore che in certi casi potesse venir meno anche "l'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa".
Dunque, non è la fede o lo stato di grazia del Sacerdote a determinare l'efficacia della Consacrazione, ma è il Signore che opera ogni volta che un Sacerdote regolarmente ordinato celebra con l'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa. Il problema sorgerebbe solo in caso di un atto di volontà di un ipotetico celebrante che escludesse questa intenzione.
Effettivamente, purtroppo, sono andati esponenzialmente aumentando i casi di "diversamente credenti" sia tra i sacerdoti che tra i laici; ma, a ben riflettere, è difficile arrivare alla conclusione di trovarsi di fronte a casi di volontà difforme....

seraafino ha detto...

Quando Leone XIII dichiarò invalide ed inefficaci le consacrazioni episcopali anglicane (atto INFALLIBILE, checché se ne dica oggi), PER DIFETTO D'INTENZIONE non si pose certo il problema "Cosa passa per la testa del vescovo anglicano, quando mette le mani in testa al consacrando"? Il problema che si pose (e che già si erano posti altri studiosi cattolici prima, infatti la tesi era oggetto di dibattito e dialogo, mica li ha inventati il Vat.II!) era molto più oggettivo e verificabile:"IL Rito usato dagli Anglicani, per consacrare i vescovi esprime in modo chiaro l'INTENZIONE di consacrare un vescovo, intendendo per vescovo ciò che la Chiesa ha sempre inteso per tale e stabilito che è un vescovo"? Risposta:NO!
Inoltre c'era anche un precedente storico. Durante il regno di Maria Tudor, la Chiesa come si comportò con i vescovi che erano stati consacrati dopo lo scisma? Quelli consacrati con i riti medievali, dovettero solo essere assolti dal peccato di scisma e gli fu riconosciuta la validità dell'episcopato. Quelli consacrati con il rito di Crammer, dovettero essere anche riconsacrati.Però il precedente storico fu la "ciliegina sulla torta". Lo studio teologico del testo anglicano era bastato. Morale: come diceva Mons.Lefebvre, un prete anche che abbia perso la fede, se, quando celebra, per l'intenzione si affida ad un rito certamente gradito a Dio, consacra validamente (Es. Bolsena). Ora, quando la formazione dei futuri preti sarà tutta Vat.II, chi si dovesse affidare al N.O., per vedere garantita almeno la validità, siamo certi che funzionerà? L'assurdo del N.O. che, in un campo così importante, come l'essenza EX OPERE OPERATA dei Sacramenti, ha introdotto delle note soggettiviste.

Cesare Baronio ha detto...

Scrivevo pochi giorni di quanto ho saputo da un confratello. Padre Cantalamessa insegna ai giovani sacerdoti che le parole "Questo è il mio corpo" si riferiscono all'assemblea che egli ha davanti, intendendo che il Corpo di Cristo sia la comunità dei fedeli, unita dalla partecipazione al banchetto eucaristico. Il Predicatore della Casa Pontificia giunge a raccomandare ai sacerdoti di enfatizzare questo concetto con un gesto della mano, che indichi appunto l'assemblea. E mi diceva questo confratello che molti sacerdoti hanno fatto propria questa deviazione, peraltro di matrice carismatica. Costoro ritengono che nelle specie eucaristiche vi sia una presenza simbolica di Cristo che dura solo il tempo della cena: transfinalizzazione o transsignificazione, quindi.

L'abolizione del sacrificio di cui parla Daniele può essere intesa quindi non solo come proibizione di celebrarlo - ad esempio vietando la Messa cattolica - ma anche, in modo più subdolo ma non meno terribile, come un suo annullamento, ottenuto pervertendo l'intenzione del celebrante.

La cosa è gravissima. E quando si sente Bergoglio che, parlando dei poveri, li chiama "carne e corpo di Cristo", non si può non sentire l'eco di questa concezione, mutuata dai movimenti carismatici di cui egli, assieme a Cantalamessa, è sostenitore. Parole che trovano inquietante conferma anche nel discorso che ha tenuto al tempio luterano di Roma:

Ma mi diceva un pastore amico: Noi crediamo che il Signore è presente lì. È presente. Voi credete che il Signore è presente. E qual è la differenza? – Eh, sono le spiegazioni, le interpretazioni… Lascio la domanda ai teologi, a quelli che capiscono. Soprattutto davanti a un teologo come il cardinale Kasper.

La presenza di Cantalamessa al sinodo anglicano - i cui ministri negano la presenza reale e il valore sacrificale della Messa - non è quindi casuale.