Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

giovedì 20 novembre 2025

Perché è sbagliato ricevere la Santa Comunione in mano /Gesti e simboli sacri dimenticati

Nella nostra traduzione da Substack.com
Perché è sbagliato ricevere la Santa Comunione in mano
Gesti e simboli sacri dimenticati

Nell'immagine: Giusto di Gent (c.1460–1480), Comunione degli apostoli.

Peccato originale e cecità spirituale
Una delle conseguenze più drammatiche del peccato originale commesso da Adamo ed Eva nell'Eden è la cecità. Meditando su questa situazione che si verificò dopo la caduta, Santa Ildegarda di Bingen parla della perdita degli "occhi spirituali", avvenuta contemporaneamente all'apertura dei nostri occhi fisici.(1) In altre parole, sebbene abbiamo conoscenza del mondo sensibile, materiale, fisico che ci circonda, non abbiamo conoscenza diretta del mondo spirituale. L'uomo è diventato incapace di vedere il mondo di Dio, la patria degli angeli e dei santi che vi vivono in eterno. Questa cecità è sempre stata alla radice del vizio più grave che possa affliggere l'uomo: l'incredulità. Perché è molto semplice negare ciò che non si vede mai durante questa vita terrena.

Pur conoscendo perfettamente questa grave mancanza derivante dal peccato originale, Dio ha sempre cercato di lasciarci dei segni che ci ricordassero la Sua esistenza e il Regno dei Cieli. Nel primo capitolo della sua Lettera ai Romani, San Paolo Apostolo parla del fatto che, attraverso l'atto della riflessione intellettuale, possiamo dedurre l'esistenza del Creatore dalle Sue creature. Sulla base di questo insegnamento, i santi hanno spesso parlato di vestigia Dei, le tracce lasciate da Dio nella creazione. Persino alcuni saggi pagani, come Pitagora, Socrate e Platone, hanno meditato sistematicamente sul significato di alcuni elementi della creazione che dimostrano l'esistenza di un intelletto divino che ha progettato tutto ciò che esiste. Eppure, nonostante queste tracce, non vediamo ancora direttamente il mondo invisibile.

Il linguaggio sacro dei simboli
Il modo più elaborato in cui Dio ha affrontato questa deficienza della nostra natura decaduta si può trovare, tuttavia, nei testi sacri della Sacra Scrittura. Qui, l'Autore e ispiratore dei profeti e degli evangelisti ha racchiuso, come mostra magistralmente San Dionigi l'Areopagita nei suoi scritti, un vero e proprio linguaggio di simboli sacri. Questo linguaggio si ritrova nella sua interezza nei contenuti della Santa Liturgia. Attraverso di essa, il mondo invisibile ci viene reso noto, nonostante il fatto che, per ora, esperienze concrete di ascensioni estatiche al Cielo e la conoscenza diretta della Gerusalemme celeste rimangano rare. Tuttavia, i simboli biblici e liturgici ci rendono accessibile il mondo dello spirito. Non dimentico di sottolineare che questa conoscenza implica necessariamente una vera iniziazione dei cristiani battezzati: la catechesi mistagogica (cioè, catechesi sui significati mistici dei Sacramenti, della Bibbia e della Liturgia).

Contro gli insegnamenti errati promossi dai rivoluzionari liturgici, dobbiamo sempre insistere sul fatto che nessun elemento della Santa Liturgia è autoesplicativo. L'idea di rendere intelligibile la liturgia della Chiesa da sola, semplificando o addirittura eliminando i simboli sacri, è allo stesso tempo assurda e distruttiva. Senza un'adeguata formazione, nessun credente, che sia un semplice laico, un sacerdote, un vescovo o un Papa, può comprendere i misteri che è invitato a contemplare nelle sacre cerimonie. Purtroppo, però, se la catechesi fondamentale (il Credo, i Sacramenti, la Legge e la Preghiera) è stata quasi completamente abbandonata negli ultimi decenni, la catechesi mistagogica è stata e rimane praticamente inesistente.(2) Per questo abbiamo un urgente bisogno di colmare il vuoto lasciato dalla distruzione della catechesi tradizionale in generale, e in particolare della catechesi mistagogico-liturgica.

Per contribuire a colmare questa lacuna, non c'è argomento più adatto della meditazione sui simboli liturgici. Come breve riassunto, ricordo che la nozione greca di "simbolo" (che in Sant'Agostino e nella tradizione latina del Catechismo Romano era equiparata a quella di "segno") indica una cosa visibile che trasmette un contenuto invisibile, la grazia, avente significati legati all'ordine del Regno eterno di Dio. Quindi, attraverso questi segni/simboli visibili, il Creatore ci parla in un linguaggio intelligibile degli esseri e delle cose del mondo invisibile. Come maestro perfetto, Egli adatta le cose del mondo fisico alla nostra comprensione carente. Così, una pietra, un albero (ad esempio, il fico), un essere (ad esempio, la colomba), le pietre preziose, sono dotati, nel contesto dei testi sacri o del tempio, di significati simbolici di grande importanza. Tenendo presenti queste idee, accostiamoci ora alla Santa Liturgia.

La prima cosa di cui dobbiamo prendere consapevolezza è il fatto che nella liturgia, ogni dettaglio, ogni elemento è un simbolo. Come ho già accennato in un altro articolo, nella Chiesa di Cristo Salvatore, tutto è un simbolo sacro:

L'architettura della chiesa, i gesti religiosi dei sacerdoti e dei fedeli, le parole delle preghiere, la musica sacra gregoriana o bizantina, i paramenti liturgici e così via.

Di questa molteplicità di aspetti del vasto universo simbolico della Chiesa, in questo articolo mi riferirò solo a quello dei gesti sacri. La ragione di questa scelta è legata a una delle più gravi deviazioni liturgiche e sacramentali in cui possiamo imbatterci: l'autocomunione mediante la ricezione del Santissimo Sacramento sulla mano.

L'importanza cruciale dei gesti, della sacra liturgia e della mente moderna
Prima di capire perché un simile cambiamento sia estremamente grave, fornirò un esempio che, spero, possa aiutarci a comprendere l'importanza dei gesti. In una monografia intitolata La raison des gestes dans l'Occident médiéval (Il significato dei gesti nell'Occidente medievale),(3) il professor Jean-Claude Schmitt riassume una storia riportata negli annali della città di Reims da un monaco, Richer, dell'abbazia di Saint-Remi.

Ciò che racconta si riferisce all'ascesa della dinastia Robertiana e di Ugo Capeto (c. 940-996), il primo re della Casa Capetingia alla fine del X secolo. Mentre era ancora duca, durante un incontro con l'imperatore Ottone II, quest'ultimo gli chiese di portargli la spada. Il duca Ugo si chinò per prenderla e porgerla educatamente al sovrano. Comprendendo il pericolo, il saggio vescovo presente prese per primo la spada e la porse al re. Se Ugo fosse riuscito a farlo, avrebbe significato che da quel momento era diventato "uomo" dell'imperatore. Un semplice gesto, quindi, avrebbe significato agli occhi dei presenti un vassallaggio a Ottone II. Il vescovo, appartenendo alla Chiesa la cui giurisdizione era distinta da quella (laica) dell'impero, non correva alcun pericolo. Ma il duca sarebbe stato per sempre vincolato da un rapporto di subordinazione, che forse avrebbe persino impedito la sua ascesa al trono.

Per noi moderni, queste cose non significano più nulla. Tuttavia, per il popolo medievale, le cui menti erano addestrate a decifrare i significati spirituali nascosti di ogni cosa, un semplice gesto poteva avere implicazioni di vasta portata. Se questo valeva per le questioni di potere secolare, quanto più lo era per il potere sacro dei riti della Chiesa!

La Santa Liturgia è una summa di simboli religiosi. In tale contesto, ogni gesto del sacerdote porta con sé significati profondi, che derivano dal fatto che egli stesso è un simbolo vivente che agisce in persona Christi caput (nella persona di Cristo Capo). In altre parole, il sacerdote è colui che rende realmente presente il Signore Cristo stesso. Una straordinaria testimonianza sulla funzione sacerdotale mi è stata data da Padre Cassian Folsom OSB, il quale, quasi dieci anni fa, mi ha spiegato una delle cose più significative che abbia mai sentito sull'esercizio della funzione sacerdotale.

In parole povere e molto semplici, ciò che mi ha trasmesso può essere riassunto in una frase: nel contesto liturgico, la persona specifica del sacerdote (cioè tutto ciò che gli conferisce un'identità soggettiva – le sue idee, opinioni, sentimenti) non esiste più. La spiegazione è la seguente: nel contesto delle cerimonie sacre, il sacerdote si limita a conformarsi perfettamente a tutto ciò che deve compiere. Davanti al sacro altare, non fa nulla per mettere in risalto la propria creatività, le proprie opinioni o idee: deve infatti compiere una serie di azioni e gesti, tutti precisamente codificati dalla millenaria Tradizione della Chiesa.

Ripeto: nulla di ciò che il sacerdote deve fare nel contesto liturgico è di sua invenzione/creazione. Tutto è dato, già stabilito. In pratica, deve "svuotarsi" in un atto di perfetta umiltà, lasciando che il Sommo Sacerdote (secondo l'ordine di Melchisedec), Gesù Cristo, compia con la Sua potenza divina, insieme allo Spirito Santo, il sacrificio eucaristico offerto a Dio Padre per il nostro perdono e il ripristino dell'armonia tra noi e l'Essere Supremo.

Nel contesto della Sacra Tradizione, i gesti liturgici sono stati codificati con precisione, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, dagli Apostoli e dai Santi della Chiesa. Non è un caso che le liturgie più note siano associate ad alcuni dei più grandi santi della Chiesa: Gregorio Magno, Giovanni Crisostomo, Basilio Magno, Pio V. Il fatto che un cardinale empio come Annibale Bugnini abbia osato "riformare" la Sacra Liturgia con l'approvazione papale è uno degli eventi più dolorosi della storia della Chiesa.

Perché i laici non comunicano autonomamente
Non è un caso che i laici non si comunichino da soli. Innanzitutto, secondo le sante regole perenni, non è loro permesso toccare oggetti sacri se non in situazioni straordinarie (ad esempio, se il santo sacramento dell'altare è minacciato di profanazione in tempo di guerra, un laico può maneggiare il ciborio per nasconderlo ai profanatori). Tuttavia, come insegna San Tommaso d'Aquino (Summa Theologica III, q. 82, a. 3), (4) in circostanze normali, i laici non dovrebbero mai toccare oggetti sacri. Il Dottore Angelico ci dice che solo coloro che hanno mani sante – i sacerdoti – possono farlo. Questa è una forte enfasi sulla gerarchia – la distinzione tra gli ordini sacri e i semplici laici nella Chiesa.

D'altra parte, l'aspetto più significativo è il simbolismo del gesto con cui il cristiano riceve la Santa Eucaristia dalle mani del sacerdote: concretamente, è Cristo Salvatore stesso che nutre i fedeli, così come è Lui che si dona a noi. Questo gesto riassume in modo molto significativo l'intera dottrina della Chiesa, che ci dice che, per quanto riguarda la nostra salvezza, l'iniziativa e il suo compimento appartengono a Dio.

Possiamo desiderare questa cosa preziosa, ma la sua realizzazione appartiene esclusivamente a Dio, che, attraverso la Sua grazia, ci aiuta a raggiungerla. Pur riconoscendo il valore delle nostre azioni meritorie (a differenza dei protestanti che lo negano), accettiamo allo stesso tempo che senza l'aiuto di Dio tali azioni siano impossibili. Sia la chiamata alla fede sia l'offerta dei mezzi necessari per la salvezza delle nostre anime appartengono esclusivamente al Creatore. Come bambini, siamo nutriti da Lui per crescere e diventare adulti, ma questo si compirà veramente solo quando raggiungeremo la fine del cammino, in Paradiso.

Il più delle volte, le argomentazioni contro la ricezione della Santa Eucaristia in mano e l'autocomunione fanno riferimento ai sacrilegi commessi attraverso le piccole particelle che cadono durante tali abomini. Il vescovo Athanasius Schneider, tra gli altri, ha parlato chiaramente di questi sacrilegi. Sebbene perfettamente giustificata, una simile critica a una pratica inaccettabile deve sempre essere accompagnata da una catechesi mistagogica che spieghi il significato del gesto del sacerdote nel distribuire la Santa Comunione. È la scomparsa della cultura mistagogica e della comprensione che essa genera alla radice della distruzione della Santa Liturgia.

Naturalmente, i primi a doverne prendere coscienza sono i sacerdoti, educandoci con il loro esempio a realizzare l'ideale espresso da San Paolo Apostolo:
Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me (Galati 2:20).
Il sacerdote lo vive al massimo grado ogni volta che celebra la Santa Liturgia. Se oggi, nella Chiesa postconciliare, vediamo clown, ballerini di tango e showmen di ogni genere (oltre alle miriadi di fedeli che si servono da soli come nei ristoranti self-service), è dovuto al culto dedicato a quel “dio” giustamente chiamato dal Dr. Edward Feser “l’idolo dell’io”.(5) Se egli parlava dell’intronizzazione di questo idolo “al centro dell’ordine politico e sociale, usurpando il posto che spetta di diritto a Dio”, temo che la stessa cosa si stia verificando anche nella Chiesa, che negli ultimi decenni è arrivata ad assomigliare sempre di più al mondo decaduto, diventandone una mera appendice e sempre meno un’icona del regno celeste di Dio.

Sancta Maria Mater Ecclesiae, Ora Pro Nobis!
Robert Lazu Kmita, 18 novembre
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1. Ho descritto un po' questa situazione, includendo alcune citazioni significative, in un articolo intitolato "L'uomo che perse la sua ombra: il corpo umano prima e dopo il peccato originale":
https://remnantnewspaper.com/web/index.php/fetzen-fliegen/item/7305-the-man-who-lost-his-shadow-the-human-body-before-and-after-original-sin [Consultato il: 18 novembre 2025].
2. Questo è uno dei commenti più significativi che abbia mai ricevuto sulla mancanza di catechesi mistagogica:
La catechesi mistagogica è gravemente carente in tutta la Chiesa, per quanto ne so, e lo è da molto, molto tempo. Quando fui accolto nella Chiesa cattolica nel 1972, non ricevetti quasi nulla. Quasi una cosa pro forma un sabato. La mattina dopo ricevetti la Prima Comunione senza (e dico proprio senza!) alcuna guida spirituale o preparazione. Solo qualcosa da fare. Tutto qui. Qualunque spiritualità ci fosse nella vita cristiana cattolica, dovevo cercare di decifrarla da solo leggendo. Non dovrebbe sorprendere che alla fine me ne sia andato.
3. Jean-Claude Schmitt, La Raison des gestes dans l'Occident médiéval, Gallimard, 1990, Introduzione.
4. Summa Theologica III, q. 82, a. 3:
Non è lecito a nessun altro toccarla (cioè la Santa Comunione) se non in caso di necessità, ad esempio se dovesse cadere a terra, o in qualche altro caso di urgenza.
5. Qui: https://x.com/FeserEdward/status/1817321999594897906 [Consultato il: 18 novembre 2025].

3 commenti:

by Tripudio ha detto...

Suggeriamo ai lettori anche l'agevole testo Comunione sulla mano? NO! diffuso a Roma in concomitanza con la decisione della Conferenza Episcopale Italiana - che era passata per un solo voto in più sulla maggioranza minima richiesta, e che era passato solo perché il cardinal Siri (principale oppositore) era morto pochi mesi prima.

Ricordiamo infine che la "comunione sulla mano" è giuridicamente un indulto (cioè un permesso temporaneo sospendibile o abolibile senza dover dare spiegazioni) non è parte integrante della liturgia. Ma provateci voi a spiegarlo ai vaticansecondisti...

Anonimo ha detto...

La COSA più grave che, anche in molte chiese giubilari, i confessionali sono vuoti senza sacerdoti (vogliosi solo di concelebrare), quasi tutti si comunicano e nessuno si confessa! E i preti che fanno? Si preoccupano solo di indicare in quale fila devono andare i fedeli per comunicarsi, come fossero vigili che dirigono il traffico!!

Anonimo ha detto...

Speriamo che le generazioni ante,durante e subito post II guerra mondiale resistano alla decadenza degli anni, sono le ultime che possono testimoniare come erano allora la Chiesa Cattolica e la società. Anche se bambini e ragazzini capivano e bene.