8 novembre: " Il fuoco che fa Dio"
dal cap. XI–XIV del Trattato del Purgatorio: Il fuoco che divinizza, la gioia e il dolore perfetti, e l’esortazione ai viventi
L’ultimo passo dell’Ottavario è una contemplazione luminosa: l’amore di Dio che purifica è lo stesso che divinizza. Caterina, ormai totalmente trasformata dal fuoco interiore, comprende che la pena non è altro che un atto d’amore spinto fino alla fine. Nel Purgatorio, l’anima non solo viene mondata da ogni imperfezione, ma diventa conforme a Dio, partecipando del suo stesso modo di amare. È il compimento della beatitudine preparata dal Sangue di Cristo, che “lava e trasfigura”. In queste pagine, la Santa si fa voce della speranza universale: nulla di ciò che è toccato da Dio resta imperfetto.
Caterina scrive: «Vedo sì gran conformità di Dio con l’anima, che quando la vede in quella purità nella quale Sua Maestà le creò, le dà un certo modo attrattivo d’affocato amore... Dio la tiene tanto al fuoco, che le consuma ogni imperfezione e la conduce alla perfezione di ventiquattro carati. Quando è purificata resta tutta in Dio, senza alcuna cosa in sé propria, e il suo essere è Dio. [...] Le anime in Purgatorio hanno contento grandissimo e pena grandissima, e l’una cosa non impedisce l’altra.» (Trattato del Purgatorio, cap. XI–XIV).
Qui Caterina tocca il punto più alto della dottrina cattolica sulla santificazione. Il fine del Purgatorio non è soltanto la purificazione, ma la deiformazione, cioè la partecipazione reale alla vita divina. La Santa riprende in linguaggio mistico ciò che la teologia afferma con rigore: “Finis purgatorii est gloria” (Sant’Anselmo). L’anima, resa trasparente, non ha più nulla di suo: la sua volontà è quella di Dio, la sua luce è la Sua luce. San Tommaso lo dice in termini filosofici: “In patria voluntas beatorum est immutabiliter conformis divinae voluntati” (Summa theologiae, I-II, q. 5, a. 4). Santa Caterina, invece, lo canta come esperienza viva: “Il suo essere è Dio”. Nel Purgatorio si compie ciò che la grazia aveva iniziato: la carità diventa sostanza dell’anima. È per questo che in esso convivono pena e gioia: il dolore è il segno che l’amore lavora, la gioia è la certezza che l’amore vincerà.
Le parole di Caterina sono come una finestra spalancata sull’eterno. Il fuoco di Dio non brucia per vendicare, ma per unire. Le anime del Purgatorio non subiscono: si lasciano trasformare. E mentre la fiamma consuma, nasce in esse la pace: perché il dolore accettato nell’amore diventa somiglianza con Cristo Crocifisso. Caterina parla anche a noi: “Quello che l’uomo giudica perfezione, davanti a Dio è difetto” (cap. XIV). Ci ricorda che la santità non è opera nostra, ma di Dio in noi. Solo quando smettiamo di resistere al fuoco dell’amore, comincia la vera vita spirituale. Così, il Purgatorio diventa figura dell’anima che si lascia amare fino a diventare amore.
Concludendo l’Ottavario, la Santa lancia un grido che attraversa i secoli: “O miseri, perché vi lasciate accecare da questo mondo?” (cap. XVII). Il suo invito è un atto di misericordia: non aspettare il Purgatorio per lasciarti purificare, ma vivilo già ora, nel quotidiano. Ogni confessione sincera, ogni atto di umiltà, ogni dolore offerto in unione a Cristo è un frammento di fuoco purgativo che libera e divinizza. Pregare per i defunti significa riconoscere che anche noi abbiamo bisogno della stessa misericordia. E mentre loro si avvicinano al volto di Dio, noi impariamo a vivere da risorti: con un cuore che arde, ma non si consuma. Il Purgatorio non è un abisso da temere, è la fucina dove l’Amore di Dio plasma i santi. Alla fine del cammino, resta solo una parola: Dio tutto in tutti (1 Cor 15,28).
Preghiera per offrire l’indulgenza plenaria per i defunti
Signore Gesù Cristo,
Redentore dell’uomo e vincitore della morte,
nel mistero del tuo Sangue prezioso
hai purificato ogni colpa e aperto le porte del cielo.
Oggi, unito alla Chiesa militante,
ti offro l’indulgenza che la tua Sposa concede
nel tuo Nome e per la potenza del tuo Amore.
Accoglila, ti prego,
per l’anima di (dire il nome), o per quella che più desideri tu liberare,
o per quella più dimenticata e sola,
perché possa contemplare il tuo volto nella pace.
Accetta, o Padre di misericordia,
questo atto di fede e di carità,
come riparazione dei miei peccati
e come suffragio per i fratelli defunti.
Maria, Madre della speranza,
accompagnali alla gioia eterna;
e fa’ che anche noi, purificati nel tuo Figlio,
viviamo in questa vita con cuore penitente
e giungiamo un giorno, insieme a loro,
alla luce che non tramonta. Amen.
Recita e rammenta questa Giaculatoria: «Vita breve, morte certa, del morire l’ora è incerta, un’anima sola si ha: se si perde che sarà? Se perdi il tempo che adesso hai, alla morte non lo avrai, Dio ti vede, Dio ti giudicherà, Paradiso o Inferno ti toccherà. Finisce tutto, finisce presto, l’eternità non finisce mai.»
Conclusione – “Quando il fuoco diventa luce”
Durante questi otto giorni abbiamo attraversato, passo dopo passo, il mistero del Purgatorio con la guida luminosa di Santa Caterina da Genova. Abbiamo imparato che il Purgatorio non è un castigo, ma una grazia; non è un tribunale, ma un laboratorio d’amore; non è una sosta forzata, ma un cammino verso l’unione perfetta con Dio. Tutta la dottrina della Santa si può riassumere in una frase: “Il fuoco del Purgatorio è Dio stesso, che arde nell’anima e la trasforma nel suo Amore.”
Il suo linguaggio mistico, così immediato e semplice, restituisce al cristiano la visione autentica di questa verità di fede. Il Purgatorio è la stanza del cuore dove la misericordia di Dio ripara le ultime ferite della libertà umana, per poterla rivestire della gloria. In esso, la giustizia e la misericordia non si oppongono: si abbracciano.
Ogni tappa dell’Ottavario ci ha mostrato un volto di questo mistero:
– la pace delle anime conformi alla volontà divina;
– la gioia crescente della purificazione;
– la pena d’amore della separazione da Dio;
– la differenza tra il fuoco che salva e il fuoco che distrugge;
– la bontà divina che non si ritira;
– il desiderio ardente che incendia il cielo;
– la libertà che sceglie di purificarsi;
– la divinizzazione finale, dove l’anima, ormai pura, diventa “tutta in Dio”.
È un cammino che passa attraverso la croce, ma conduce alla comunione. Santa Caterina ci insegna che la sofferenza più grande è quella di chi ama e non può ancora possedere ciò che ama. Eppure, proprio questa sofferenza è la medicina che guarisce. Nel Purgatorio si compie la promessa di Cristo: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt 5,8).
Per noi, che camminiamo ancora nel tempo, la meditazione di questi giorni è un invito a vivere la purificazione già qui, nelle scelte, nei sacrifici, nella fedeltà quotidiana. Il Purgatorio non è lontano da noi: si apre ogni volta che l’anima si lascia amare fino a cambiare. Ogni atto di carità, ogni perdono, ogni umiliazione accolta per amore, è un passo in quella luce.
E le anime purganti, pur invisibili, restano nostre compagne. Le preghiere, le indulgenze, le Messe offerte per loro sono gesti di comunione reale: mentre noi chiediamo per loro la pace, esse chiedono per noi la perseveranza. Nell’economia della grazia, nulla si perde: tutto passa attraverso il Sangue di Cristo, che unisce la Chiesa militante, purgante e trionfante in un’unica sinfonia d’amore.
Alla fine di questo Ottavario, comprendiamo che la santità non è una vetta riservata ai pochi, ma il destino promesso a tutti. Il fuoco che ci purifica è lo stesso che illumina i santi, perché Dio non cambia mai: è sempre Amore. Quando quel fuoco avrà consumato ogni scoria, resterà soltanto la luce, la luce che non tramonta.
Preghiera conclusiva
Signore Gesù,
fuoco eterno della carità,
purifica i nostri cuori come purifichi le anime del Purgatorio.
Fa’ che non temiamo il tuo giudizio,
ma desideriamo la tua luce.
Accogli nel tuo Regno i nostri fratelli defunti
e rendi anche noi, giorno dopo giorno,
più degni della tua misericordia.
Che ogni dolore diventi amore,
ogni attesa speranza,
ogni purificazione incontro.
Amen.

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