Un blog da conoscere dal titolo emblematico: Canone Occidentale. Un angolo di rete in cui incontrare perle di sapienza e di cultura, quella che edifica la persona.
Oggi propongo questo testo che apre uno spiraglio significativo su una delle componenti della spiritualità cristiana che non appartengono solo ad un remoto passato, ma che fanno parte anche dell'oggi e che possiamo riscoprire e contribuire a mantener vive e operanti persino nel nostro quotidiano, nella forma di atteggiamenti che si traducono nello specifico «in preghiera, studio, amore per la propria vocazione». Il resto è conseguente, perché è la grazia che opera.
Come riassumere in poche righe due millenni di storia? Come lasciare intravvedere il fondo delle proprie motivazioni personali?
La spiritualità monastica è semplice e molto complessa al tempo stesso. Rimanendo all’interno della tradizione cristiana, che è quella che mi interessa, la spiritualità monastica affonda le proprie radici nella primissima comunità cristiana formatasi a Gerusalemme attorno a Maria e agli apostoli. Si tratta di un modo radicale e comunitario di vivere il messaggio di Cristo. In Egitto e in Palestina abbiamo notizie sin dai primi secoli di eremiti e di comunità (cenobi) menanti una vita di rinunce e mortificazione, di preghiera (specialmente i Salmi, che venivano appresi a memoria anche dagli analfabeti e recitati ad ore fisse) e digiuno in vista del Regno dei Cieli.
Nelle Vite e detti dai padri del deserto conosciamo numerose figure di uomini santi, ritirati nel deserto per decenni, ne apprendiamo gli insegnamenti e le azioni miracolose, assistiamo alla loro lotta col maligno e alla vittoria dello spirito sulla carne. Per quanto affascinanti, queste prime comunità recano l’impronta del carattere particolare di ciascuno di quei santi uomini. In parte le cose si evolvono con san Pacomio, in parte hanno uno sviluppo nel monachesimo orientale con san Basilio di Cesarea, nel quarto secolo. Ancora oggi il monachesimo orientale segue una regola ispirata a san Basilio, il quale fa parte anche delle fonti ispiratrici della Regola occidentale per antonomasia, quella di san Benedetto.
Nelle Vite e detti dai padri del deserto conosciamo numerose figure di uomini santi, ritirati nel deserto per decenni, ne apprendiamo gli insegnamenti e le azioni miracolose, assistiamo alla loro lotta col maligno e alla vittoria dello spirito sulla carne. Per quanto affascinanti, queste prime comunità recano l’impronta del carattere particolare di ciascuno di quei santi uomini. In parte le cose si evolvono con san Pacomio, in parte hanno uno sviluppo nel monachesimo orientale con san Basilio di Cesarea, nel quarto secolo. Ancora oggi il monachesimo orientale segue una regola ispirata a san Basilio, il quale fa parte anche delle fonti ispiratrici della Regola occidentale per antonomasia, quella di san Benedetto.
In realtà la regola di san Benedetto non è la prima d’Occidente, preceduta almeno dalle regole leriniane (dall’abbazia presente nell’isola di Lérins, di fronte alla Costa Azzurra) e dalla Regola del Maestro. Certamente quella benedettina è la regola che ha cambiato il volto dell’Europa. In pieno sesto secolo, nella decadenza culturale dell’Impero Romano, nel bel mezzo di numerose invasioni barbariche, si erge una figura di santo che sarà il germe di un nuovo inizio. Della figura storica di san Benedetto sappiamo pochissimo, di fatto abbiamo solo i dati riportati da san Gregorio Magno nei suoi Dialoghi. Del suo lascito possiamo vedere gli effetti camminando in ogni paese d’Europa. [Ne abbiamo una sapiente illustrazione del discorso di Benedetto XVI al Collège des Bernardins nel settembre 2008. Era solo 5 anni fa. ma sembra un'altra epoca. Facciamo in modo che non sia oltrepassata.]
Non solo monasteri, ma rinascita dell’agricoltura, non solo preghiera, ma canto gregoriano, notazione musicale, studio e trasmissione della Bibbia e dei classici, non soltanto chiostri, ma opere architettoniche che ancora segnano tanti punti del nostro paesaggio, scultura, pittura. Possiamo dire che se l’Europa della fine dell’Impero Romano non cadde nella barbarie, ma riuscì a trasmettere alle generazioni successive non solo i testi dell’antichità, ma la stessa scrittura, lo dobbiamo ai monaci. Eppure non abbiamo a che fare con abili operatori culturali, né con un’élite di artisti, non si tratta di filologi né di imprenditori agricoli, anche se i monaci sono di volta in volta un po’ di tutto questo. Abbiamo a che fare con uomini che prima e sopra ogni cosa cercano Dio. Nel cercare Dio, nel rimanere al Suo servizio, quasi incidentalmente, si occupano di tutto il resto. Perché la Regola di san Benedetto ha come primo e unico fine la santificazione di chi milita sotto di essa, vuole cioè istituire una “Dominici schola servitii”, una “scuola del servizio del Signore”. Ma questa scuola è così equilibrata, così intrinsecamente civilizzatrice, che contiene in sé il germe di tutte quelle attività che ho sopra elencato.
Perché per prima cosa i monaci pregano, e pregano soprattutto in coro, cantando l’Ufficio liturgico nelle varie ore canoniche. E questo canto si sviluppa e prende forma di bellezza celeste, forgiato non da un semplice sentimentalismo, ma dalla grandezza e profondità di veduta della nostra patria divina. Il canto dei monaci, nella liturgia tradizionale, è quanto di più simile al Paradiso possa trovarsi in terra. Poiché pregano, ovviamente i monaci conoscono e meditano i Salmi e la Bibbia, e nel meditarli si avvalgono dello studio delle lingue, delle conoscenze storiche a loro disposizione, dell’opera di grammatici e filosofi… nasce la biblioteca collegata al monastero, vero cuore di trasmissione della cultura, una trasmissione lenta, meditata, lontana un abisso di secoli dal flusso continuo di informazione dell’era di Internet, una trasmissione che passa dalla testa e dal cuore.
Poiché lavorano, i monaci sanno di doversi mantenere col proprio lavoro, si occupano di raccolti, di bestiame, di artigianato. Fanno l’umile lavoro manuale, senza perdere il contatto con la terra e con i cicli cosmici della natura, in cui ravvisano la potente mano del loro Creatore. Lavorano e creano lavoro per altri, attorno ai monasteri fioriscono i paesi, prosperano le fattorie, la vita perde un po’ della propria asprezza, regolata dalla natura ma anche del calendario liturgico, che prevede mediamente un giorno festivo o di riposo su tre.
Poiché i monaci sono casti, obbediscono e digiunano, seguendo uno alla volta tutti i gradi dell’umiltà, sono capaci di una profondità di cuore data solo a chi si fa “eunuco per il regno dei Cieli”, e il loro cuore converte le rudi popolazioni barbariche con cui vengono a contatto, piegandole sotto il dolce giogo di Cristo e riportando un’unità culturale, morale e – brevemente – anche politica nel nostro continente ormai dilaniato.
Ma cosa ha a che fare tutto questo con me?
In primo luogo, molto semplicemente, nell’ufficio liturgico anche a me è capitato di vedere un anticipo di Paradiso, una promessa della Bellezza a cui siamo destinati da sempre e da questa visione non voglio separarmi.
In secondo luogo, credo che la forza civilizzatrice della Regola sia ancora enorme, ha solo bisogno di uomini e donne per incarnarsi. In questi tempi in cui vige la “dittatura del relativismo”, secondo un’espressione di sua santità Benedetto XVI, tempi cioè in cui l’ultimo dogma a cui il mondo vuole credere in modo assoluto è che non esiste alcuna verità, disconoscendo un fatto logico prima che ontologico: l’esistenza della verità non dipende dal fatto che qualcuno ci creda o meno, in questi tempi -dicevo – io preferirei conformarmi alla Verità con sforzo e rinuncia, cercare il Bene e il Bello con fatica, piuttosto che crearmi la mia personale verità domestica, e farmela calzare come un pennello. Anch’io, con le mie deboli forze, vorrei cercare Dio prima di ogni altra cosa.
In secondo luogo, credo che la forza civilizzatrice della Regola sia ancora enorme, ha solo bisogno di uomini e donne per incarnarsi. In questi tempi in cui vige la “dittatura del relativismo”, secondo un’espressione di sua santità Benedetto XVI, tempi cioè in cui l’ultimo dogma a cui il mondo vuole credere in modo assoluto è che non esiste alcuna verità, disconoscendo un fatto logico prima che ontologico: l’esistenza della verità non dipende dal fatto che qualcuno ci creda o meno, in questi tempi -dicevo – io preferirei conformarmi alla Verità con sforzo e rinuncia, cercare il Bene e il Bello con fatica, piuttosto che crearmi la mia personale verità domestica, e farmela calzare come un pennello. Anch’io, con le mie deboli forze, vorrei cercare Dio prima di ogni altra cosa.
Infine, la spiritualità monastica, scaturisce dal Vangelo (su questo punto, fondamentale è l’opera di Adalbert de Vogüe, La Regola di S. Benedetto. Commento dottrinale e spirituale, Abbazia di Praglia 1988), e il Vangelo di Cristo è quanto ci è stato dato per la nostra salvezza.
Come si incarna la spiritualità monastica nella mia vita di donna sposata e mamma?
Tramite il legame spirituale con un monastero, sono cioè un’oblata, una laica legata a un monastero particolare (tutti i monaci fanno voto di stabilità, cioè si legano non all’Ordine benedettino o a un’organizzazione, ma a un particolare monastero), considerandomi una specie di monaco in viaggio, che gode del frutto delle preghiere dei propri fratelli e deve adempiere a obblighi particolari, sebbene in parte diversi da quelli che vigono all’interno del monastero. Ciò significa nello specifico preghiera, studio, amore per la propria vocazione (di moglie, di madre, di oblata).
18 commenti:
Mic, un'altra donna che parla dalla sua vocazione. Lo fa rendendo ragioni che ci insegnano molto e ci richiamano ad origini ancora vive e da riattualizzare.
Grazie per averlo collegato al discorso di Benedetto ai Bernardins, una pietra miliare sulla identità e su quello che dovrebbe essere il futuro dell'Europa.
'Monaci nella città' se non ricordo male è il titolo di un libro che potrebbe essere in tema.
Rimanendo all’interno della tradizione cristiana, che è quella che mi interessa, la spiritualità monastica...
Dunque si ammette spiritualità monastica anche in altre tradizioni/religioni (anche se all'Autore non interessano). Esiste anche un tradizionalismo macrocefalo, grazie a Dio.
Che senso ha non ammettere ciò che è reale.
Non sapevo che esistesse un tradizionalismo microcefalo: credo che sia un appellativo che può riguardare qualunque ambito, che non sempre è un unicum indifferenziato.
In ogni caso sia a questo articolo, come del resto a molte altre nostre espressioni e testimonianze, non credo sia il caso di appioppare un'etichetta, tanto meno quella di tradizional-ismo, che in quanto -ismo credo proprio non ci appartenga.
'Monaci nella città' se non ricordo male è il titolo di un libro che potrebbe essere in tema.
Non ricordi male. Ho fatto ricerche e ho visto si riferisce ad un "Fraternità di Gerusalemme" che non conosco.
Comunque era un tema caro ad uno dei miei maestri, un grande sacerdote che nell'alveo degli insegnamenti Paolini aveva trovato una formula di "contemplativi nell'azione", che gli appariva adatta per una spiritualità cristiana calata nelle esigenze del tempo presente.
Gli devo molto.
Bellissimo post.
Canone Occidentale e il breve sunto presentato ci indicano che "parole e simboli del passato"
sono ben lungi dal "non poter mai comunicare qualcosa alla gente del Ventunesimo secolo",
anzi ispirano spiritualità, scelte, azione concreta, come tutto ciò che è costruito nello Spirito: non invecchia, non è sottoposto all'usura dei tempi perchè appartiene a una dimensione eterna.
Dal momento che ultimamente si dice siano vacanti scelte e azioni concrete,
questa è una delle espressioni più alte in tal senso e viene proprio dai secoli incriminati come quelli che sarebbero vecchi rispetto a noi del 21esimo secolo:
"S.Benedetto e....Non solo monasteri, ma rinascita dell’agricoltura, non solo preghiera, ma canto gregoriano, notazione musicale, studio e trasmissione della Bibbia e dei classici, non soltanto chiostri, ma opere architettoniche che ancora segnano tanti punti del nostro paesaggio, scultura, pittura. Possiamo dire che se l’Europa della fine dell’Impero Romano non cadde nella barbarie, ma riuscì a trasmettere alle generazioni successive non solo i testi dell’antichità, ma la stessa scrittura, lo dobbiamo ai monaci."
Molto bello. Grazie. Vorrei solo precisare che, oltre alla regola di Lerins, cosiddetta Regola dei quattro padri, anche la regola agostiniana ha preceduto quella di Benedetto.
Forse i miei commenti finiscono sempre nello spam?
No Angelo. La 'barzelletta' sulla Vergine Maria, già pronunciata da diverso tempo ad Albano, oltre a non essere divertente, non mi sembrava un argomento da mettere in campo.
E non sto certo lì a raccogliere di tutto di più....
No Angelo. La 'barzelletta' sulla Vergine Maria, già pronunciata da diverso tempo ad Albano, oltre a non essere divertente, non mi sembrava un argomento da mettere in campo.
E non sto certo lì a raccogliere di tutto di più....
Forse non hai capito. Quelle sono parole del papa: altro che barzellette! Chiedevo solo una conferma, perchè mi pareva assurdo che Francesco avesse pronunciato quelle parole. Forse farò bene ad alontanarmi da certi ambienti, definitivamente. Ciao
Qui chiudo. Grazie, comunque, per l'educazione. Ho spedito una mail per sapere come stavi. Non mi hai risposto. Ho spedito innumerevoli mail a sacerdoti tradizionalisti. Nessuna risposta. Ho anche pregato per te, e continuerò a farlo. Forse tradizionalismo e maleducazione vanno a braccetto. A me, quando fanno domande, rispondo.
Forse non hai capito. Quelle sono parole del papa: altro che barzellette! Chiedevo solo una conferma, perchè mi pareva assurdo che Francesco avesse pronunciato quelle parole. Forse farò bene ad alontanarmi da certi ambienti, definitivamente. Ciao
Hai voluto farmelo dire. E' ovvio che sono parole del papa riprese e pubblicate. Mi pare, da quel che ricordo, che lo abbia detto a mo' di barzelletta. Ma tant'è...
Chiudiamola qui.
Forse tradizionalismo e maleducazione vanno a braccetto. A me, quando fanno domande, rispondo.
Ti chiedo scusa pubblicamente per la mancata risposta, che evidentemente è dovuta al fatto che non volevo cavarmela con due parole e non sono riuscita a darmene il tempo.
Te ne devo un'altra ancor più impegnativa. Devo articoli e scritti vari, che non riesco ancora a produrre...
Devo, devo... ;)
Dai, penso che puoi perdonarmi, anche se ho mancato pur non essendo tradizional-ista.
Ovviamente, accetto le scuse. L'unica cosa che non capisco è perchè i sacerdoti tradizionalisti non rispondono alle mail, di fronte a richieste significative di una persona che conoscono e che sanno sta soffrendo le pene dell'inferno.
Per quanto riguarda le parole del papa, anche se fossero barzellette, a Oropa ne parlavano come dottrina.
Ciao
di fronte a richieste significative di una persona che conoscono e che sanno sta soffrendo le pene dell'inferno.
Mi spiace di questo che dici. E' doloroso non trovare risposte, soprattutto in certi momenti. Non penso ovviamente tu voglia parlarne qui. Ti scrivo.
Vorrei sapere se Francesco recita la liturgia delle ore.
Angelo,
magari mentre scrivo queste 2 righe non ti colleghi più da queste parti e non leggerai.
Mi spiace per il periodo che stai attraversando.
Però, dai, ragioniamo, non si può dire che Mic non risponda alla caterva di mail che arrivano, lo fa ma un po' per volta, visto che la vita è per tutti piena e complicata.
"tradizione e maleducazione..."
a volte sei tranchant, parecchio, questo allontana le persone che non capiscono...magari ci si sbaglia, ma sembra di avere a che fare con te con uno spirito bulldozer e incontenibile (intendo dal tuo modo di fare, che sembra trasparire).
Consentimi: leggo della tua difficoltà e scontentezza, ma dobbiamo (tutti) trovare pace in Dio, a maggior ragione se diciamo di avere fede.
Anche nelle condizioni più difficili, spirituali, fisiche, materiali, affettive,
esiste e può essere conquistata quella "pace che sopravanza le intelligenze", che viene dall'alto, che vince anche la nostra emotività più scossa, anche quando si tingesse di nero, anche se non avessimo/o non ci pare di trovare appigli esterni.
Ricordi anche solo qualche parola dalla vita di qualche Santo? Nota bene quanto spesso la loro stessa ascesi è stata messa in dubbio e osteggiata di continuo da prove ma anche dagli stessi loro fratelli.
Ma "Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? (....) Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di Colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore."
Hoc sufficit. Questo sì sufficit, non altro.
Sul dove esercitarlo: ovunque e in ogni condizione.
Sul dove celebrarlo: beh...:) questa come sai è una questione di coscienza individuale, e richiede un percorso guidato da Dio, e scelte fatte in piena convinzione. A volte si tratta di aspettare con pazienza per avere chiarezza, senza forzature.
Grazie per queste riflessioni, Mic. Abbiamo un gran bisogno di riscoprire l'importanza di San Benedetto. Nella preghiera liturgica e nei canti in un monastero ci si sente in comunione con la Tradizione della Chiesa e con tutti i suoi santi. Quel silenzio ti fa sentire umile e con i piedi per terra, facendoti percepire la tua piccolezza all'interno del creato. Inorridisco solo a pensare ai tanti abusi liturgici presenti nelle parrocchie e che ti disturbano la pace interiore; non mi riferisco solo ai neocatecumenali (che sono un caso a parte, con Kiko che, leggevo poc'anzi, si improvvisa pure esorcista, mah), ma anche alla gente che entra in chiesa con i cagnolini, donne svestite che vanno disinvoltamente all'ambone a proclamare la Parola, fotografi che immortalano la celebrazione come se si fosse in un teatro. E poi urla, schiamazzi, telefonini mai spenti, chitarre acustiche, elettriche, flauti, oboe, e chi più ne ha, più ne metta. Aggiungiamo l'immancabile vendita di "Famiglia Cristiana", giornale politicizzato e per niente cristiano, gli ex drogati che chiedono fondi, i cesti di viveri (rigorosamente dentro la Chiesa) per i poveri.
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