Cosa costruisce la vita di un uomo?
Perché i media ignorano il potere del Bene?
La medaglia d'oro olimpica Sydney McLaughlin Levrone alla conferenza stampa "Tutto quello che faccio lo devo a Dio".
L’articolo di LifeSiteNews che riporta le dichiarazioni della campionessa olimpica Sydney McLaughlin-Levrone offre una opportunità preziosa per riflettere su come i media, nella loro narrazione quotidiana, focalizzano la propria attenzione esclusivamente sugli eventi negativi, notizie del tutto catastrofiche (ma anche frivole e persino morbose), inducendo le persone a credere che il motore della storia siano gli eventi di cronaca nera, le guerre e mai il bene.
Questo modo di accendere i riflettori su certi eventi e filtrare le notizie in modo così selettivo genera una falsa percezione della realtà, facendo sembrare che quella rappresentata dai media sia la più importante verità, quella che merita il diritto di cronaca. In questo processo, il giudizio critico e le considerazioni profonde vengono quasi del tutto estromessi dal discorso pubblico.
In effetti, la storia sembra essere cambiata dalle guerre; i più importanti avvenimenti che hanno segnato il corso della storia sembrano essere le guerre, i re e le élite che prendono decisioni per tutti, influenzando con armi di distrazione di massa le coscienze dei popoli. Tuttavia, episodi come quello riferito da LIFE SITE NEWS, che a volte emergono con forza, dimostrano che il cuore umano aspira all’eternità, all’immenso, a Dio, alla spiritualità.
Questo episodio mi riporta alla mente una domanda che mi pongo spesso: perché i media tendono a precludere l’impatto positivo sulla nostra coscienza?
In un mondo in cui i media sono costantemente guidati dalla necessità di proporre notizie catastrofiche, fatti come quelli raccontati in questo articolo ci ricordano che il cuore umano aspira a qualcosa di più grande. McLaughlin-Levrone, con il suo sguardo realistico e profondo sulla realtà, dimostra che c’è un motore più profondo e positivo nella storia dell’umanità, uno che non trova spesso spazio nei titoli dei giornali, ma che è altrettanto potente: il desiderio di elevare il proprio spirito verso l’eternità, Dio nella storia e la spiritualità.
Come la stessa McLaughlin-Levrone afferma, “Attribuisco tutto quello che faccio a Dio. Mi ha dato un dono, mi ha dato una spinta. Voglio solo continuare a migliorare me stessa. Ho una piattaforma e voglio usarla per glorificarLo”. Le sue parole non sono solo una testimonianza personale di fede, ma anche un richiamo a considerare quanto poco spazio venga dato nei media mainstream a queste storie positive e ispiratrici.
La storia, così come viene comunemente raccontata, sembra essere dominata dai conflitti e dalle decisioni delle élite, mentre gli atti di benevolenza, le manifestazioni di fede e gli sforzi per glorificare il bene rimangono in ombra. Eppure, la percezione di sé stessi – della propria vita come qualcosa di altro di sé a cui partecipo – in questo senso, ci ricordano che l’umanità non è solo definita dai suoi fallimenti, ma soprattutto dalle sue aspirazioni più elevate, quelle indirizzate alla costruzione di sé stessi, in un cammino di comprensione che dura tutta la vita.
Allora, insisto, la domanda che sorge spontanea è: perché i media scelgono di oscurare l’impatto positivo di queste storie?
McLaughlin-Levrone continua a portare la sua testimonianza dicendo: “È solo libertà nel sapere che, indipendentemente da ciò che accade, Lui otterrà la lode tramite me. Ed è per questo che faccio quello che faccio”. In un mondo che spesso sembra perdere la bussola morale, il suo esempio è una luce che ci guida verso un maggiore riconoscimento delle virtù e delle azioni ispirate da un senso profondo di spiritualità e fede.
Va anche considerato che il pubblico mondiale è ormai assuefatto allo stato attuale delle cose e, come i fatti dimostrano, tende a scegliere la stabilità e la protezione del potere costituito. A sua volta, il potere costituito, per legittimarsi e ottenere un maggiore controllo sulle persone, nonché per avere ‘carta bianca’ nel rimodellare il proprio ambito vitale secondo la propria visione, mantiene la popolazione – o meglio, la propria comunità, poiché il concetto di popolo sembra essere oggi quasi del tutto dimenticato – nell’incertezza, nell’ignoranza e nella percezione di un pericolo costante, proponendosi sistematicamente come il risolutore dei problemi che esso stesso contribuisce a creare.
Patrizio Ricci, 11 agosto 2024
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7 commenti:
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"Perché i media ignorano il potere del Bene?" : perché? ma è chiaro, chiarissimo, direbbe Monsieur De La Palisse, lapalissiano, perché sono tutti asserviti, venduti o minacciati dai servitori di Satana in persona, quelli dediti al culto del Principe delle tenebre, a cui si sono venduti anima e corpo; nessun media generalista, mainstream, osa ribellarsi(forse solo uno o due), pubblicare pareri anche solo timidamente dissenzienti dal pensiero unico dominante, lo abbiamo visto negli anni della pandemia e della follia vaccinista-suicidaria, periodo che potremmo paragonare al periodo del terrore della rivoluzione francese; lì caddero meno teste, numericamente, dati i più limitati mezzi a dsposizione dei rivoluzionari; oggi invece Satana ha rifornito i suoi nuovi adepti di mezzi tecnologici e finanziari praticamente illimitati, di modo che essi possano dedicarsi proficuamente ad attuare il suo programa di morte, terrore, schiavismo dei sopravvissuti, trasformazine della civiltà umana in una succursale dell'inferno in terra.Concludendo, è inutile illudersi che i media (cartacei, televisivi, laici, ecclesiastici, locali o nazionali che dir si voglia) riprendano a dire la verità, a diffondere le notiize anziché manipolarle e falsificarle, in una sorta di interminabile propaganda, lavaggio del cervello, rana bollita, finestra di Overton...
Un ricordo del pio cappuccino Padre Marco d' Aviano di venerata memoria nell'anniversario della morte (13 agosto 1699)
Grande predicatore del secolo XVII, taumaturgo, artefice della salvezza dell’Europa cristiana dai turchi. Carlo Domenico Cristofori, questo il suo nome da laico, nacque ad Aviano (Pordenone) il 17 novembre 1631 da degni e distinti genitori.
Ricevette una prima istruzione da un precettore del paese e poi giovinetto fu affidato dai genitori al Collegio dei Gesuiti di Gorizia. Di carattere timido ma sognatore, un giorno ancora ragazzo, si lasciò prendere dall’entusiasmo e dopo una uscita dei collegiali, non rientrò, fuggendo per andare a convertire i Turchi.
Dopo due giorni di cammino, bussò stanchissimo alla porta del convento dei Cappuccini di Capodistria, in piena crisi giovanile, che si risolse con la chiamata di Dio per il chiostro francescano. Il 21 novembre 1648 vestì l’abito dei cappuccini nel noviziato di Conegliano, cambiando il nome in Marco; non sembrava portato troppo per i pesanti studi, ma poi con la comprensione del padre Fortunato da Cadore, che divenne poi Ministro Generale, riuscì con soddisfazione a giungere alla meta.
Venne ordinato sacerdote il 18 settembre 1655 dedicandosi quasi subito alla predicazione; nel 1670 venne nominato superiore del convento cappuccino di Belluno e dopo un paio d’anni di quello di Oderzo. La responsabilità della carica, però ostacolava il suo desiderio di solitudine e preghiera, quindi i superiori accogliendo la sua richiesta, lo trasferirono a Padova; ed è in questa città dopo una non programmata predicazione, che si rivelò ai fedeli della dotta Padova per quel grande predicatore che era.
Un prodigio avvenuto il 18 settembre 1676, quando guarì una suora paralizzata da 13 anni, gli cambiò la vita, fino allora tutto sommato tranquilla. Questa ed altre guarigioni, insieme alla crescente fama di predicatore, accrebbe la sua popolarità al punto che vescovi di varie Nazioni europee, iniziarono a richiederlo per le predicazioni; padre Marco d’Aviano divenne un instancabile viaggiatore per il Veneto ed in tutta Europa, accompagnato sempre dalla crescente fama di taumaturgo; ovunque andasse riusciva a radunare folle oceaniche, nelle chiese e nelle piazze di città come Anversa, Augusta, Colonia, Magonza, Salisburgo, Worms, per ascoltare le sue prediche tendenti alla conversione ed alla penitenza fatte in italiano con qualche parola di tedesco.
Usava a favore dei malati e bisognosi, una particolare formula di benedizione che rimase famosa, procurandogli qualche grattacapo da parte delle Autorità ecclesiastiche; i fedeli che lo avvicinavano gli strappavano gli abiti di dosso, con scene di fanatismo, per avere un suo ricordo come reliquia, tanto era il suo ‘odore di santità’.
Le richieste dei governanti per averlo, arrivavano ai suoi superiori ed anche al papa; nel 1680 era nel Tirolo, la Baviera e Austria, l’imperatore Leopoldo I d’Asburgo lo volle come suo consigliere a Vienna.
Ritornato a Venezia nel 1681 partì poi per le Fiandre attraversando la Francia, anche se per motivi pretestuosi re Luigi XIV non permise, a padre Marco d’Aviano di passare per Parigi; ritornò in Italia attraverso la Germania e la Svizzera.
Intanto i Turchi in quel periodo d’invasione, erano giunti fino a Vienna, papa Innocenzo XI di fronte al pericolo della caduta della città, in mano dei musulmani, forti di un esercito di 150.000 turchi e giannizzeri, comandati da Mustafà “il Nero”, generalissimo di Maometto IV, inviò padre Marco d’Aviano a riappacificare i rissosi comandanti degli eserciti cristiani, riportando l’unità e una forte alleanza, capitanata dal coraggioso Giovanni Sobieski e incitando i soldati a chiedere l’aiuto divino, così il 12 settembre 1683 Vienna fu liberata dall’assedio ed i Turchi sconfitti.
Se la città fosse caduta si sarebbe aperta la strada agli islamici, per arrivare fino a Roma, che era il fine di Mustafà IV.
Segue
Marco d’Aviano per questo divenne il “Salvatore dell’Europa”; con il suo prestigio e volontà, continuò a spingere, suggerire, riunire ed organizzare i cristiani, provocando la sconfitta definitiva dell’Islam in Europa, con le battaglie di Budapest (1684-1686), Neuhäusel (1685), Mohacz (1687), Belgrado (1688) e con la pace di Karlowitz (1689).
Non fu solo un uomo di battaglie e alfiere della cristianità contro gli ottomani, ma anche uomo di carità e proprio a lui si rivolsero ottocento turchi che nel 1688 a Belgrado, erano rimasti asserragliati in un castello, oramai temevano per la loro vita, in pochi giorni erano stati uccisi 12.000 di loro e frate Marco si prodigò per la loro salvezza.
Terminate le guerre Marco d’Aviano riprese instancabile la sua opera pastorale, scotendo le coscienze, combattendo il peccato, diventando operatore di pace e di unione. Nel 1699, ripartì ormai a 68 anni, di nuovo per Vienna, diceva “non ne posso più, ma il papa comanda”, era afflitto da un tumore che lo consumava.
Il 25 luglio fu costretto a letto e assistito dall’imperatore Leopoldo I, morì il 13 agosto 1699; dopo solenni funerali venne sepolto nella cripta dei Cappuccini di Vienna, accanto alle tombe degli imperatori asburgici; il suo sepolcro divenne subito visitatissimo dai fedeli.
La sua figura poco ricordata in Italia, invece si studia a scuola in Austria e nell’Europa dell’Est. Papa Pio X firmò il decreto d’introduzione della causa di beatificazione.(Antonio Borrelli)
Il suo commento è da sottoscrivere.
Vogliamo avere il coraggio di dire quello che la maggioranza pensa (ed ha ragione)?
Diciamolo: il mondo è impazzito e qualcuno chiama questa follia "progresso" e chi si oppone a questa deriva "fascista".
In queste vacanze caratterizzate da camminate in quota, luce radiosa e panorami paradisiaci, incontrando bella gente e famiglie con i bimbi, mi sono accorto. che il bello chiama il bello e che il bene trova il bene.
L’ho proprio constatato e non è un caso.
Il Signore mi ha fatto sudare le proverbiali sette magliette, ma tra un dolore al piede è uno alla spalla ho potuto percepire l’armonia del bello e del buono. Se in città la gente è più triste è brutta è perché la città non è creata da Dio, ma gronda di peccato. Scendendo sono entrato in un celebre santuario. Il sole entrava di traverso mentre sull’altare veniva asperso l’incenso: si è formata una strana nube luminosa attorno al tabernacolo, mossa da un leggero alito di vento. Profumo di Cristo… ma ci vogliono la luce, il vento , l’incenso e il gusto educato al bello e al bene. L’ho portato giù dopo averlo ricevuto in dono più in alto. Spero di non smarrirlo, perché in città i sensi di fanno meno delicati, più esasperati da un mondo costruito da chi l’uomo lo odia e lo trasforma in un criceto in gabbia che corre sulla ruota.
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