Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

giovedì 15 dicembre 2011

I giovani hanno bisogno di verità. E non solo loro... Il "peso" delle parole.

Mi sono imbattuta in questa definizione che molto mi ha interpellata sulla situazione di degenerazione e di crisi che stiamo vivendo in tutti gli ambiti del nostro vivere che non possono non essere tra loro concatenati.


“La gioventù non necessita di pietà, ma di verità. Esistono molti giovani che chiedono aiuto là dove non c'è aiuto possibile, perché nessuno può vivere la loro vita al loro posto, risalire alle sorgenti dell’essere. Perché la poesia è la perpetua ricerca di queste acque. Quando non è così, è un’inutile cantilena con la quale si dondolano le ore, con la quale alcuni spiriti superficiali illudono la vita. In un tempo degradato come il nostro, tutte le sorgenti sono occultate. Il compito del poeta è svelarle. Tutto quel che uscirà della nostre mani senza questo sapore originale saranno sono parole a mascherare la parola, miseria che impedisce pure di sentire la magnifica e alta musica del silenzio.”
Eugênio de Andrade
Il compito di svelare le sorgenti non è solo del Poeta ma anche del Testimone.

Dice il filologo: "La parola è come l'acqua di fonte, un'acqua che ha in sé i sapori della roccia dalla quale sgorga e dei terreni per i quali è passata". Le parole hanno il loro peso e incidono nella comunicazione nella misura in cui sono portatrici e veicolano tutto lo spessore della realtà che significano. Nella nostra epoca oscura e caratterizzata da confusione e disorientamento anche le parole hanno perso la loro pregnanza, non sono più feconde luminose e incandescenti del fuoco originario della Verità, ma diffondono il pallido chiarore lunare di un significato originario attenuato, diluito o spesso addirittura sovvertito. Molte di esse addirittura sono sparite dall'orizzonte della fede annunciata e trasmessa alle nuove generazioni. Basti pensare a termini come espiazione, vittima, sacrificio.

Tutto ciò è potuto accadere per il prevalere di una realtà virtuale costruita dall'uomo sulla Realtà, ritenuta non conoscibile dai filosofi del sospetto che hanno fatto il primo passo verso le paludi del relativismo ed, infine del nichilismo; esiti che, purtroppo, non hanno risparmiato la Chiesa docente che se ne è lasciata contaminare. Da qui, l'eclissi del munus dogmatico che, deformato dall'ispirazione 'pastorale', ha introdotto novità persino nel munus sanctificandi del Novus Ordo Missae, non più Sacrificio del Signore ri-presentato al Padre e Sua Presenza in e per credenti Adoranti partecipi e accoglienti ai piedi di un Altare, ma convivio fraterno di commensali festanti intorno ad un 'mensa'. Si sottolinea la "gioia" e la "festa", che si vuole indurre anche attraverso la gestualità, esteriorizzando anziché interiorizzare, dimenticando che la gioia è dono e conseguenza di ciò che si conosce e sperimenta adorando, frutto dell'atto di volontà che conosce sceglie e partecipa e non del sentimento che crea e alimenta l'esaltazione indotta dalle danze intorno al "vitello d'oro" delle nuove costruzioni umane. Sono proprio queste, per dirla col card. Ratzinger, che hanno "fatto a pezzi l'antico edificio", conservandone solo dei brandelli che più passa il tempo più perderanno la residua saporosa sapienza strettamente legata all'armoniosa e insostituibile sintesi propria di una 'forma' liturgica extraordinaria perché autenticamente portatrice del fuoco del dogma e della Presenza di Colui che si è consegnato alla Sua Chiesa sino alla fine dei tempi. Dimenticando che primaria funzione della liturgia è lo ius divino al culto autentico che diventa, poi, il 'luogo' privilegiato in cui l'Actio teandrica ed eterna del Figlio opera sul credente e feconda la vita di fede e quella quotidiana. Le corrispondenti definizioni della Sacrosanctum Concilium e del Catechismo, de voce, smentiscono questa affermazione; ma, de facto, essa risulta drammaticamente e inequivocabilmente confermata dai molti raffronti tra le due diverse ecclesiologie e teologie inopinatamente compresenti nonché dai frutti raccolti nell'ultimo cinquantennio.

La studiata ma colpevole strategia modernista ha usato la dichiarata non-dogmaticità del Concilio Vaticano II come varco per introdurre nella Chiesa novità dottrinali attraverso la 'pastorale'; con l'accortezza, quindi, di non intaccare de voce il Depositum fidei, ma operando de facto la sua mutazione attraverso un linguaggio affascinante e coinvolgente, sentimentale e soggettivista, centrato sull'uomo e sulla sua "nuova consapevolezza" della Chiesa, fondata sul personalismo e non più sulla Rivelazione. Un linguaggio non definitorio per scelta perché solo rimanendo in bilico sul dire e non dire si possono veicolare alcune interpretazioni piuttosto che altre.

Ed è così che la Tradizione da viva perché evolutiva è diventata "vivente", nel senso storicistico di cangiante a seconda delle contingenze che attraversa nel tempo. Il rischio, terribile, è che si usino le stesse parole per veicolare significati totalmente diversi: basti pensare al concetto di redenzione ad esempio... Se non si parla nemmeno più del peccato originale da che cosa da chi e in che modo avviene la nostra redenzione? Come possiamo conoscere e vivere che siamo stati riscattati a caro prezzo se persino dei vescovi possono affermare che "Cristo è morto solo per un grande atto di solidarietà" o che dobbiamo oltrepassare la concezione "doloristica" vista come eredità del Tridentino o della mistica medioevale; il che significa rinnegare la Croce e la sua dirompente forza, l'unica che scardina il Male dalle radici perché nasce da un "fiat" totalmente e liberamente orientato alla Volontà del Padre?

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Da un recente scritto di don Curzio Nitoglia, a proposito del linguaggio non definitorio frutto delle filosofie moderniste.

Allontanarsi dalla metafisica dell’essere come actus ultimus omnium essentiarum comporta un grave pericolo di conclusioni disastrose. «Il più piccolo errore intorno alle prime nozioni di essere ecc., produce conseguenze incalcolabili, come ricordava San Pio X, citando queste parole di S. Tommaso: “Parvus error in principio, magnus est in fine”. Se si rigetta la prima della XXIV Tesi, tutte le altre perdono il loro valore»[R. Garrigou-Lagrange, La sintesi tomistica, Brescia, Queriniana, 1953, p. 408].
Si capisce allora perché San Pio X insegna nella Pascendi (8 settembre 1907) e nel Giuramento anti-modernista Sacrorum Antistitum (1° settembre 1910): “Ammoniamo i maestri di filosofia e teologia che facciano bene attenzione a ciò: allontanarsi anche solo un po’ dall’Aquinate, specialmente in metafisica, comporta un grave pericolo”.
Il tomismo è la dottrina preferita dalla Chiesa e S. Tommaso è il Dottore Comune o Ufficiale di Essa, ma la Chiesa non impedisce che si insegnino altri sistemi filosofici non esplicitamente eterodossi (lo scotismo e il suarezismo), anche se mette in guardia dalle conclusioni pericolose che se ne possono trarre: “Al di sopra di tutti gli infruttuosi esperimenti (di apertura alla modernità) la Chiesa segue la sua strada e ci ricorda via via quello che realmente ci aiuta a non allontanarcene. Questo ha fatto approvando le XXIV Tesi. Se i problemi del momento (la nouvelle théologie) si van facendo sempre più gravi, questa è una ragione per ritornare a studiare e capire la vera dottrina di S. Tommaso intorno all’essere, alla verità, al valore dei primi princìpi dai quali si risale con certezza all’esistenza di Dio. [...]. Si tratta dei princìpi direttivi del pensiero e della vita morale, tanto più necessari quanto più le condizioni dell’esistenza umana si fanno maggiormente difficili e richiedono certezze più ferme”[R. Garrigou-Lagrange, La sintesi tomistica, Brescia, Queriniana, 1953, p. 411].

Eruanten ha detto...

La potenza delle parole!Quanti popoli passati (egizi) credevan che aver la conoscenza della lettura e della scrittura li paragonasse a dei creatori?

Dal Vangelo di Giovanni:
4Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece
innanzi e disse loro: «Chi cercate?». 5Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro
Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. 6Appena disse loro
«Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. 7Domandò loro di nuovo: «Chi
cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». 8Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se
dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», 9perché si compisse la parola
che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato».

"Sono io" detto da Gesù è così potente che li fa indietreggiare.

Quando ho comprato il tesoretto antoniano (raccolta di preghiere varie per tutto l'anno con introduzioni tratte dai sermoni di sant'Antonio) ho scoperto dei caratteri della Fede che coincidevano con la mia, derivante dalle parole dure, severe e amorevoli della Mamma Celeste a Fatima.Riporto una piccola parte:"La notte che ti attende potrebbe essere l'ultima e potresti svegliarti al tribunale incorruttibile di Dio. Quindi, prima di coricarti, apri, o mio devoto, il tuo cuore, apri la tua anima alla lode e al ringraziamento, alla contrizione e a un vero dolore dei tuoi mancamenti e delle tue colpe;poichè è grato a Dio l'olocausto di un cuore che, gemendo, implora perdono e si umilia sotto la sua mano potente."

Anonimo ha detto...

«Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato»

chiediamo la grazia, ricevuta nel battesimo, di poter "rimanere" sempre in Lui

Defensor veritatis ha detto...

La situazione della Chiesa e la crisi della verità non è la stessa dappertutto. La crisi dell'Europa non è la stessa del resto del mondo. La civiltà europea (compresi gli Stati Uniti) è in decadenza e solo un miracolo può farla risorgere dalla marea soffocante della laicità. Diversa è la situazione dell'America Latina, del Sud-Est dell'Asia e dell'Africa. Le minacce al cattolicesimo in quelle regioni sono poste dalla crescita del protestantesimo evangelico e missionario e dall'Islam aggressivo, piuttosto che da una secolare ostilità alla religione della cultura. E' vero che il cattolicesimo ha bisogno di riaffermarsi in queste parti del mondo, ma la situazione non appare disperata come in Europa.

Anonimo ha detto...

E' vero che il cattolicesimo ha bisogno di riaffermarsi in queste parti del mondo, ma la situazione non appare disperata come in Europa.

La situazione appare disperata perché sia in Europa che nella altre parti del mondo continuano ad essere 'mandati' ad evangelizzare presbiteri e laici addottrinati da falsi profeti...