Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 31 agosto 2025

Don Alberto Secci. Cosa è Stato per me il Vaticano II

In questo contributo della rubrica: “Portiamo la Messa antica in ogni Diocesi”, gli Alleati di Biella ci riportano il pensiero che don Alberto Secci espresse a Seregno nell’ ottobre 2011, nella Conferenza promossa dal Centro Culturale “J. H. Newman, circa la vera sostanza e applicazione del Concilio Vaticano II. Il sacerdote – anche appassionato di pittura – presso la città di Vocogno (Verbania) celebra la Santa Messa esclusivamente in rito romano antico, ritenendo il biritualismo una scelta abbastanza incomprensibile e pericolosa. Conclude l’articolo il consueto appello per il reclutamento di nuovi fedeli per la Messa Antica, a Biella [vedi].

Don Alberto Secci. Cosa è Stato per me il Vaticano II

Afferma don Alberto:
Mi sono chiesto: “Che cosa è stato per me il Concilio?” Sono nato nel 1963 e la mia formazione l’ho vissuta immediatamente dopo il Concilio. Sono diventato sacerdote nel 1988, dunque sono immerso in questa epoca.
Il Concilio è sicuramente stato una presenza fortissima. In ogni momento se ne sentiva parlare, ma si trattava di una presenza tanto forte quanto indefinita, cioè: tutti parlavano di Concilio e pochissimi dicevano che cosa fosse.

• Nei primi anni la vita delle parrocchie, tutto sommato, continuava come prima, ma con un grande cambiamento: quello della Messa. Si è trattato quindi di fare quello che si faceva prima, ma con l’obbligo violento di una Messa nuova.

Domenica XII dopo la Pentecoste (“Deus, in adiutorium”)

Le parole dell' Introito della Messa di oggi formano la preghiera introduttiva alle Ore dei Breviari romani, ambrosiani e monastici, recitata mentre si fa il segno della Croce.  Ad esclusione del Triduo Pasquale e nell’Ufficio dei Defunti. Secondo la tradizione è stata introdotta nell'ufficio monastico da san Benedetto da Norcia, fortemente influenzato dagli scritti di san Giovanni Cassiano. San Gregorio Magno l'ha estesa a tutte le chiese romane. Nell'immagine: il Buon Samaritano della parabola evangelica di oggi (miniatura dal Codex purpureus rossanensis sec. VI). Secondo un'interpretazione allegorica, il samaritano è Cristo, l'uomo mezzo morto è l'umanità caduta, e la locanda è la Santa Madre Chiesa, LA Catholica, luogo di rifugio e di guarigione, di salvezza. Abbandonare la Chiesa, turbati dalla terribile crisi che stiamo attraversando, esporrebbe al rischio della morte spirituale...
Domenica XII dopo la Pentecoste
(“Deus, in adiutorium”)

Intróitus
Ps. 69, 2-3
- Deus, in adiutórium meum inténde: Dómine, ad adiuvándum me festína: confundántur et revereántur inimíci mei, qui quǽrunt ánimam meam.
Ps. 69, 4
- Avertántur retrórsum, et erubéscant: qui cógitant mihi mala. Glória Patri…
Ps. 69, 2-3
- Deus, in adiutórium meum inténde…
Introito
Sal. 69, 2-3
- O Dio, vieni in mio aiuto: o Signore, affrettati ad aiutarmi: siano confusi e svergognati i miei nemici, che attentano alla mia vita.
Sal. 69, 4
- Vadano delusi e scornati coloro che tramano contro di me. Gloria al Padre…
Sal. 69, 2-3
- O Dio, vieni in mio aiuto…

Messa
L'Introito inizia con il magnifico versetto del Salmo 69: O Dio vieni in mio aiuto; Signore, affrettati a soccorrermi! Nella sua decima Conferenza, Cassiano mostra come questo grido dell'anima si addica a tutti gli stati e risponda a tutti i sentimenti (Collat. 10,10). Durando di Mende lo applica nella presente circostanza a Giobbe, poiché le lezioni dell'Ufficio della notte tratte dal Libro in cui sono narrate le sue prove combinano talvolta, benché di rado, con questa Domenica (Razionale 6,126). Ruperto vi vede di preferenza gli accenti del sordomuto la cui misteriosa guarigione formava otto giorni fa l'oggetto delle nostre meditazioni. "Il genere umano nella persona dei nostri progenitori - egli dice - era divenuto sordo per ascoltare i comandamenti del Creatore, e muto per cantare le sue lodi; il primo moto della sua lingua sciolta dal Signore è per invocare Dio" (Dei Divini Uffici 12,12). È pure ogni mattina il primo slancio della Chiesa, come la sua prima parola ad ognuna delle Ore del giorno e della notte.

sabato 30 agosto 2025

Recensione: Gesù e le radici ebraiche di Maria

Il nostro traduttore propone - e volentieri la riprendo - una sua rapida ma efficace recensione di un testo recente sulla Vergine Maria alla luce delle Scritture ebraiche e della tradizione giudaica antica. Purtroppo non disponiamo ancora della traduzione italiana di cui lui stesso potrebbe farsi carico d'intesa con l'autore; ma per chi legge l'inglese ho trovato, e inserito, un link col testo in pdf. "Un testo consigliato a chi vuole comprendere non solo perché la Chiesa ha sempre venerato la Madre di Dio, ma anche come le sue prerogative si radicano nella Scrittura e nella fede apostolica".  Anche per chi non leggerà il testo sono edificanti le osservazioni che seguono.

Recensione di Jesus and the Jewish Roots of Mary 

Il libro di Brant Pitre, “Jesus and the Jewish Roots of Mary – Unveiling the Mother of God” [Gesù e le radici ebraiche di Maria qui in pdf], si propone di illuminare la figura di Maria alla luce delle Scritture ebraiche e della tradizione giudaica antica. È un testo che, pur scritto con stile accessibile, offre al lettore una ricca trama di riferimenti biblici, rabbinici e patristici, invitando a rileggere la Madre di Dio non come semplice aggiunta devozionale, ma come parte integrante della Rivelazione.

Pregi e metodo
Il merito maggiore del volume è il metodo: Pitre mostra come molti tratti mariani – dalla verginità perpetua alla funzione di Nuova Eva, dal titolo di Arca dell’Alleanza alla regalità come Regina Madre – non siano invenzioni posteriori, ma abbiano radici profonde nell’Antico Testamento e nella fede giudaica del Secondo Tempio.

Maria come Nuova Eva: Pitre riprende la lettura patristica di Genesi 3,15, sottolineando come la donna promessa nel Protoevangelium trovi il suo compimento in Maria. Così come Eva, pur senza peccato all’inizio, collaborò con Adamo alla caduta, Maria – piena di grazia – collabora con Cristo, il nuovo Adamo, alla redenzione.

L' ''Hanc igitur'

Conosciamo più a fondo le sublimi formule della Messa dei secoli e gli elementi che ne fanno un unicum irreformabile. Ogni semplice sfumatura è densa di significati per nulla scontati a prima vista. Minuzie, patrimonio del passato, da custodire. Conoscerle non è ininfluente per una fede sempre più profonda e radicata. Grande gratitudine a chi ce le offre con tanta generosa puntualità. Nelle nostre traduzioni da New Liturgical Movement. Qui l'indice dei precedenti.

L' 'Hanc igitur'

Dopo il Communicantes [qui] il sacerdote recita l' Hanc igitur :
Hanc ígitur oblatiónem servitútis nostrae, sed et cunctae familiae tuae, quaesumus, Dómine, ut placátus accipias: diesque nostros in tua pace dispónas, atque ab aeterna Damnatióne nos éripi, et in elettorum tuórum júbeas grege numerári. Per Christum Dóminum nostrum. Amen.
Che l'edizione ICEL del 2011 traduce come:
Perciò, Signore, ti preghiamo: accetta con benevolenza [inglese graciously. È più giusto tradurre letteralmente placato come nel Messalino italiano. La benevolenza non sottolinea la ragione del sacrificio -ndT] questa oblazione del nostro servizio, quella di tutta la tua famiglia; ordina i nostri giorni nella tua pace e comanda che siamo liberati dalla dannazione eterna e annoverati nel gregge di coloro che hai scelto. (Per Cristo nostro Signore. Amen.) [1]
E che traduco come:
Ti imploriamo pertanto, o Signore, di accettare con benevolenza questa offerta del nostro servizio, ma anche di tutta la tua famiglia; affinché tu possa disporre i nostri giorni nella tua pace e liberarci dalla dannazione eterna, e affinché tu possa ordinarci di essere annoverati nel gregge dei tuoi eletti. Per Cristo nostro Signore. Amen.
L' Hanc igitur, scrive padre Adrian Fortescue, "è forse la preghiera più difficile della Messa". [2] Gli studiosi hanno ipotizzato che si tratti di un frammento di una litania di intercessione recitata dal diacono prima che fosse ripresa dal sacerdote e aggiunta successivamente al Canone, con San Gregorio Magno che ne diede gli ultimi ritocchi prima della sua morte nel 600 d.C. E le varianti della preghiera, sia nelle sue clausole principali che in quelle subordinate, abbondano: nei Messali del 1962, ce ne sono quattro (Giovedì Santo, Pasqua, Pentecoste e all'ordinazione di un vescovo), ma il Sacramentario Gelasiano ne elenca trentotto.

L' Hanc igitur è un elemento riconoscibile della Messa perché le campane vengono suonate all'inizio, mentre il sacerdote stende le mani sull'oblata, formando con il pollice destro il segno della croce sopra il sinistro. Questo gesto imita quello del sacerdote ebreo che stendeva le mani sul capro espiatorio dell'Antico Testamento, che ritualmente si caricava dei peccati del popolo e veniva successivamente sacrificato (cfr. Levitico 16, 11-14). In origine, si tirava a sorte per determinare quale dei due capri sarebbe stato il capro espiatorio e quale sarebbe stato liberato nel deserto. Questa disposizione evoca la folla volubile che scelse Barabba invece di Gesù, sul quale fu posta l'iniquità di tutti noi (cfr. Isaia 53, 6).

L'usanza di stendere le mani su calice e ostia non ebbe origine fino al XV secolo. Una teoria è che i segni di croce originali prima della consacrazione fossero di fatto un'epiclesi o un'invocazione dello Spirito Santo sui doni; dopo che questo significato fu dimenticato nel tempo (e i segni di croce furono aggiunti alle preghiere dopo la consacrazione per modificarne ulteriormente il significato), il gesto del capro espiatorio fu aggiunto per ottenere lo stesso effetto pneumatologico. [3] Qualunque sia la ragione, questo gesto riguardante una capra, come vedremo più avanti, si adatta bene alle parole della preghiera sulle pecore.

E poiché i dibattiti sull'epiclesi (e se il rito romano ne abbia bisogno) continuano a essere irrisolti, rivolgiamo la nostra attenzione al linguaggio del testo: Per la seconda volta, il termine igitur ricorre nel Canone, con il senso di proseguire un pensiero interrotto. Forse l'"interruzione" si soffermava sulla Chiesa Trionfante nel Communicantes; in ogni caso, il sacerdote torna all'"oblazione del nostro servizio". Il servizio in questione è probabilmente quello dei chierici che servono nel presbiterio, motivo per cui è seguito da "quello di tutta la Tua famiglia". A differenza del Te igitur [qui], che menziona "quelli che stanno attorno", il riferimento all'intera famiglia di Dio include coloro che non sono fisicamente presenti alla Messa, ma che comunque uniscono le loro intenzioni al sacrificio dell'altare. Chiunque compia un'Offerta Mattutina che includa la petizione "O mio Gesù... Ti offro le mie preghiere, le mie opere, le mie gioie e le mie sofferenze di questo giorno... in unione con il Santo Sacrificio della Messa in tutto il mondo" rientra in questa categoria.

La preghiera descrive l'oblazione come il prodotto del nostro servitus, che sia l'ICEL che io traduciamo come "servizio". "Servizio" è accurato, ma è forse una parola troppo innocente. Un uomo ricco e potente, ad esempio, può fornire un servizio alla sua comunità finanziando un parco pubblico. Servitus, d'altra parte, denota la condizione di un servus o schiavo. [4] È l'oblazione della nostra servitù o l'oblazione della nostra schiavitù a Gesù Cristo che viene offerta, non quella di un titano dell'economia come Bill Gates o Jeff Bezos. [5]

Infine, come scrive padre Nicholas Gihr, «le stesse petizioni vengono nuovamente presentate, ma ora con accresciuta fiducia ed espressione intensificata». [6] Questa preghiera presuppone che, anche se ci consideriamo parte della famiglia di Dio, non è scontato che facciamo parte del suo gregge eletto. L'aggiunta del gesto del capro espiatorio accresce questo sentimento: proprio come riconosciamo ritualmente che Gesù Cristo è Colui che si è fatto capro per noi prendendo su di sé i nostri peccati ed essendo stato espulso, così preghiamo di poter essere parte del suo ovile, annoverati alla destra del Padre e non contati alla sua sinistra. Ma questa accentuazione viene annullata quando lo stendersi delle mani viene spostata su un'altra preghiera, come avviene nel Novus Ordo sulla Quam oblationem.
Michael P. Foley
____________________
[1] Messale Romano 2011, p. 638.
[2] Adrian Fortescue, La Messa: uno studio della liturgia romana (Longmans, Green, and Co, 1912), p. 333.
[3] Daniel Cardó, La croce e l’Eucaristia nel cristianesimo primitivo: un’indagine teologica e liturgica (Cambridge University Press, 2019).
[4] “Servĭtūs, ūtis,” Lewis e Short Latin Dictionary.
[5] Quasi tutti gli autori di epistole nel Nuovo Testamento si definiscono schiavi di Gesù Cristo: Paolo (Rom. 1, 1), Pietro (2 Pt. 1, 1), Giuda (Giuda 1, 1) e Giovanni (Ap. 1, 1).
[6] Gihr, Il Santo Sacrificio della Messa, p. 6

venerdì 29 agosto 2025

Il Latino come lingua liturgica del Rito Romano

Padre Uwe Michael Lang, C.O., era Officiale della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e Consultore dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice ai tempi di Benedetto XVI. Ora è tornato al suo convento Brompton Oratory di Londra. Lo stesso autore - nel corso del primo Convegno Summorum Pontificum - Una ricchezza spirituale per tutta la Chiesa, Roma 16-18 settembre 2008 - ha pronunciato un notevole intervento dal titolo Il Latino come lingua liturgica del Rito Romano. Ne conservo il testo integrale dal Convegno, pubblicato altrove e che ora riprendo di seguito. Precedenti dello stesso autore quiqui - qui - qui. Qui l'indice degli articoli sul Latino.

Il Latino come lingua liturgica del Rito Romano
di Uwe Michael Lang*

Lingua sacra
Come premessa si ritengono utili alcune riflessioni sul fenomeno della "lingua sacra". La lingua è più che un semplice mezzo di comunicazione; è anche un mezzo di espressione. Questo vuol dire che la lingua non è soltanto uno strumento che serve per comunicare fatti, e deve farlo nel modo più semplice ed efficiente, ma è anche il mezzo per esprimere la nostra mens in un modo che coinvolga tutta la persona.

Di conseguenza, la lingua è anche il mezzo in cui si esprimono i pensieri e le esperienze religiosi. Si è consapevoli della trascendenza del divino e, allo stesso tempo, delle sua presenza, una presenza che è reale a incomprensibile. Ci sono forme estreme per esprimere questa esperienza, "parlare in lingue" e "silenzio mistico". Parlare in lingue o glossolalia è un fenomeno noto a noi dalla Prima Lettera di San Paolo; esso ha avuto una ripresa negli ultimi cento anni nei movimenti carismatici e si trova anche in altre tradizioni religiose, tra cui, per esempio, l'Oracolo di Delfi. La glossolalia rende impossibile la comunicazione umana. La persona che parla "in lingue" può essere compresa solo con l'aiuto di un interprete. Perciò, San Paolo ha riserve sulla glossolalia e preferisce la "profezia", che è nel servizio della Carità ed edifica la Chiesa (1Cor 14). Nel silenzio mistico è esclusa la comunicazione umana ordinaria, come mostra l'esperienza condivisa da Sant'Agostino e da sua madre Santa Monica ad Ostia, descritta nel libro IX delle Confessioni.

Lettera aperta al cardinale Arborelius in risposta alle dichiarazioni del 15 agosto 2025

Un'eccellente risposta della SSPX alla pretesa del cardinale Arborelius secondo cui i loro sacramenti sono "validi ma illeciti". Nella nostra traduzione dal sito piusx.org

Lettera aperta al cardinale Arborelius
in risposta alle dichiarazioni del 15 agosto 2025


Eminenza,
Abbiamo preso atto delle due dichiarazioni riguardanti la nostra fraternità sacerdotale, rese pubbliche da Vostra Eminenza in occasione della festa dell'Assunzione della Beata Vergine Maria.

Animati dallo zelo per la salvezza delle anime e nello spirito di filiale devozione alla nostra Santa Madre Chiesa e alle sue istituzioni, vorremmo rendere noti i nostri pensieri e le nostre intenzioni sotto forma di una lettera aperta che speriamo possa favorire una maggiore comprensione della natura del nostro lavoro e giovare a molti fedeli cattolici in Svezia.

giovedì 28 agosto 2025

Preghiamo con Sant'Agostino

Preghiamo con Sant'Agostino, la cui festa ricorre oggi. Precedente qui.
Preghiamo con Sant'Agostino

O Dio, creatore dell'universo, concedimi prima di tutto che io ti preghi bene, quindi che mi renda degno di essere esaudito, ed infine di ottenere da te la redenzione.
O Dio, per la cui potenza tutte le cose che da sé non sarebbero, si muovono verso l'essere; o Dio, il quale non permetti che cessi d'essere neanche quella realtà i cui elementi hanno in sé le condizioni di distruggersi a vicenda; o Dio, che hai creato dal n
ulla questo mondo di cui gli occhi di tutti avvertono l'alta armonia; o Dio, che non fai il male ma lo permetti perché non avvenga il male peggiore; o Dio, che manifesti a pochi, i quali si rivolgono a ciò che veramente è, che il male non è reale.
O Dio, per la cui potenza l'universo, nonostante la parte non adatta al fine, è perfetto; o Dio, dal quale la dissimilitudine non produce l'estrema dissoluzione poiché le cose peggiori si armonizzano con le migliori; o Dio, che sei amato da ogni essere che può amare, ne sia esso cosciente o no; o Dio, nel quale sono tutte le cose ma che la deformità esistente nell'universo non rende deforme né il male meno perfetto né l'errore meno vero; o Dio, il quale hai voluto che soltanto gli spiriti puri conoscessero il vero; o Dio, padre della verità, padre della sapienza, padre della vera e somma vita, padre della beatitudine, padre del bene e del bello, padre della luce intelligibile, padre del nostro risveglio e della nostra illuminazione, padre della caparra mediante la quale siamo ammoniti di ritornare a te: ti invoco.

Il 'Communicantes'

Conosciamo più a fondo le sublimi formule della Messa dei secoli e gli elementi che ne fanno un unicum irreformabile. Ogni semplice sfumatura è densa di significati per nulla scontati a prima vista. Minuzie, patrimonio del passato, da custodire. Conoscerle non è ininfluente per una fede sempre più profonda e radicata. Grande gratitudine a chi ce le offre con tanta generosa puntualità. Nella nostra traduzione da New Liturgical Movement. Qui l'indice dei precedenti.

Il 'Communicantes'

Dopo il Memento, Domine [qui], il sacerdote recita il Communicantes :
Communicantes, et memoriam venerantes, in primis gloriósae semper Vírginis Maríae, Genitrícis Dei et Dómini nostri Jesu Christi: sed et beáti Joseph, ejusdem Vírginis Sponsi, et beatórum Apostolórum ac Mártyrum tuórum, Petri et Pauli, Andréae, Jacóbi, Joannis, Thomae, Jacóbi, Philippi, Bartholomaei, Matthaei, Simónis, et Thaddaei: Lini, Cleti, Clementis, Xysti, Cornelii, Cypriáni, Laurentii, Chrysógoni, Joannis et Pauli, Cosmae et Damiáni: et omnium Sanctórum tuórum; quorum meritis precibusque concédas, ut in ómnibus protectediónis tuae muniámur auxilio. Per eundem Christum Dóminum nostrum. Amen.
Che l'edizione ICEL del 2011 traduce come:
In comunione con coloro di cui veneriamo la memoria, in particolare la gloriosa sempre Vergine Maria, Madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo, e il beato Giuseppe, suo Sposo, i tuoi beati Apostoli e Martiri, Pietro e Paolo, Andrea, (Giacomo, Giovanni, Tommaso, Giacomo, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Simone e Giuda; Lino, Cleto, Clemente, Sisto, Cornelio, Cipriano, Lorenzo, Crisogono, Giovanni e Paolo, Cosma e Damiano) e tutti i tuoi Santi; ti preghiamo che, per i loro meriti e le loro preghiere, in ogni cosa possiamo essere difesi dal tuo aiuto protettivo. (Per Cristo nostro Signore. Amen.) [1]
E che traduco come:
Comunichiamo e veneriamo in primo luogo la memoria della gloriosa sempre Vergine Maria, Madre di Dio e del Signore nostro Gesù Cristo; ma anche del beato Giuseppe, sposo della stessa Vergine; e così pure dei tuoi beati Apostoli e Martiri Pietro e Paolo, Andrea, Giacomo, Giovanni, Tommaso, Giacomo, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Simone e Taddeo: Lino, Cleto, Clemente, Sisto, Cornelio, Cipriano, Lorenzo, Crisogono, Giovanni e Paolo, Cosma e Damiano, e di tutti i tuoi Santi, per i cui meriti e preghiere, concedici di essere in ogni cosa difesi dall'aiuto della tua protezione. Per Cristo nostro Signore. Amen.
La traduzione di "communicantes" dell'ICEL come "in comunione con" cattura l'essenza del sentimento meglio della mia traduzione letterale di "comunicare", poiché è la comunione con i Santi e non un mero scambio di parole a essere simboleggiata.

Come scrive Padre Nicholas Gihr:
La parola Communicantes … denota che siamo figli della Chiesa, sudditi del regno di Cristo, membri della grande famiglia di Dio, in una parola, che apparteniamo «alla Comunione dei Santi».[2] D'altro canto, “comunicare” ha il vantaggio di ricordarci che parliamo ai santi come ai nostri amici celesti e che a volte loro ci rispondono.
Non sorprende che, per una preghiera fondata sul comando "Fate questo in memoria di Me", la memoria sia un tema ricorrente in tutto il Canone. Nella frase precedente (il Memento qui), il sacerdote chiedeva a Dio di ricordarsi di lui e del resto della Chiesa (Militante); qui, egli afferma che ricordiamo e veneriamo tutti i Santi (la Chiesa Trionfante). Il Sacrificio della Messa rende presente non solo l'Agnello immolato, ma anche le molteplici voci che risuonano attorno al Suo trono. (cfr. Ap 5, 11-12)

Di queste numerose voci, il sacerdote ne individua ventisei per nome: la Beata Vergine Maria e San Giuseppe, dodici Apostoli e dodici Martiri. Proprio come solo le ossa dei martiri possono essere poste nella pietra dell'altare, così anche nel Canone vengono menzionati solo i nomi dei martiri, poiché, come dice Sant'Agostino, sono gli imitatori della Passione del Signore. [3] L'Apostolo Giovanni è considerato un "martire per volontà", anche se si pensa che sia morto di cause naturali perché fu attentato alla sua vita quando l'imperatore ordinò che fosse immerso in una vasca di olio bollente, solo per emergerne più fresco che mai; la Beata Vergine è considerata la Regina dei Martiri e colei che ha sofferto un martirio per la sua compassione, quando ha visto morire suo Figlio; e San Giuseppe, spiritualmente unito alla sua sposa, ha condiviso il suo precedente martirio (i primi tre dei suoi Sette Dolori).
Qui, Maria è chiamata Genitrix Dei, l'equivalente latino del greco Theotokos o Portatrice di Dio, il titolo che le fu conferito durante il Concilio di Efeso nel 431. Genitrix è letteralmente una generatrice, ma è ragionevole tradurre Genitrix Dei come "Madre di Dio". (Meno difendibile è il termine "Madre del nostro Dio" dell'ICEL, che offusca il titolo efesino). È anche chiamata gloriosa perché è una delle pochissime sante che ora gode del suo corpo glorificato in Cielo, come celebriamo nella festa della sua Assunzione. Ed è onorata "in primo luogo" ( imprimis ) prima di tutti gli altri santi perché la sua santità unica e il suo ruolo nella storia della salvezza le accordano non solo dulia (venerazione) ma anche iperdulia (iper venerazione, per così dire).

Invece di usare "e" per continuare l'elenco dei Santi, il Canone usa la costruzione un po' curiosa "ma anche" ( sed et ), come a dire: "Ma non dimentichiamo...". Sed et ricorre quattro volte nel Canone:  nell'Hanc Igitur [qui], e due volte nell'Unde et Memores. Al di fuori del Canone, l'unica altra volta che viene usato nella Messa è nel Suscipe Sancte Pater durante l'Offertorio [qui].

Le due coppie di Apostoli e Martiri danno ventiquattro, il numero degli Anziani menzionati in Apocalisse 4,4. A partire da San Tommaso, gli Apostoli sono organizzati in base alle loro feste a Roma. [4] Segue poi un elenco di cinque papi (da Lino a Cornelio), un vescovo (Cipriano), un diacono (Lorenzo) e cinque laici (Crisogono, i fratelli Giovanni e Paolo e i fratelli medici Cosma e Damiano). Cornelio è l'unico papa fuori sequenza cronologica, così da poter essere nominato insieme al suo amico Cipriano, il vescovo di Cartagine che lo accompagnò nella lotta contro Novaziano e che condivide con lui la festa il 16 settembre.

L'elenco dei Santi nei Communicantes è uno dei due esempi nel Canone di retorica enumerativa (un espediente antico quanto Omero), l'altro è l'elenco nel Nobis quoque peccatoribus. La migliore spiegazione, a mio parere, di questi due diversi elenchi è offerta da Padre Neil Roy, che vede in essi un adattamento letterario di un'antica tradizione iconica chiamata "deesis", una sorta di trittico che pone Cristo al centro, Sua Madre da un lato e Giovanni Battista dall'altro. [5] Il primo gruppo di Santi nel Canone sottolinea la natura gerarchica della Chiesa. Inizia con la Regina dei Martiri e organizza il resto secondo lo status ecclesiastico discendente. Il secondo gruppo di Santi sottolinea la natura carismatica della Chiesa. Inizia con San Giovanni Battista, che non ricoprì mai una carica ecclesiastica ma ebbe certamente un carisma di profeta dell'Altissimo, e continua con sette martiri maschi e sette martiri femmine, la maggior parte dei quali non ricoprì una posizione importante nella Chiesa. Mentre il primo gruppo pone l'accento sulla struttura della Chiesa, il secondo gruppo si concentra maggiormente sul soffio dello Spirito, che è profetico ed escatologico. Mentre il primo gruppo di santi sono giudici, il secondo gruppo è difensore della misericordia.
Michael P. Foley
____________________________
[1] Messale Romano 2011 , p. 636.
[2] Gihr, Il Santo Sacrificio della Messa, p. 606.
[3] «E la comunione del Corpo del Signore fu celebrata là dove i martiri erano stati immolati e incoronati a somiglianza della sua Passione». ( Conf . 6.2.2.)
[4] Barthe, La foresta dei simboli, p. 109.
[5] Vedi Rev. Neil J. Roy, “Il Canone Romano: deëis in forma eucologica”, in Benedetto XVI e la Sacra Liturgia, a cura di Neil J. Roy e Janet E. Rutherford (Four Courts Press, 2008), 181-199.

La rinuncia di San Tommaso d'Aquino

Nella nostra traduzione da Substack.com questo testo ci mostra come la conoscenza solo razionale – per quanto alta e piena di dati – non sia sufficiente per una vita cristiana autentica. Tuttavia io credo che – anche in mancanza di una esperienza mistica, attiva o passiva che sia – la preghiera costante e una risposta viva alla volontà di Dio, fanno assaporare la gioia e la Speranza cristiana, segno di una Presenza, anche nelle situazioni più dure.

La rinuncia di San Tommaso d'Aquino
Verso il Dio infinito e oltre la teologia speculativa razionale

La storia
Pochi mesi prima della sua morte, nell'autunno del 1273, San Tommaso d'Aquino rinunciò a scrivere la sua opera magna : la Summa Theologiae. E non solo vi rinunciò, ma sembra che l'idea stessa di toccare strumenti di scrittura divenne, per lui, inaccettabile. La storia ci viene dal suo più stretto collaboratore, Fra Reginaldo di Piperno (c. 1230–c. 1290), che la raccontò ad altri frati, e loro la trasmisero a noi così come la conosciamo. Nella sua più recente monografia dedicata al Dottore Angelico, Anatomia della Trascendenza: Eccesso mentale ed estasi nel pensiero e nella vita di Tommaso d'Aquino(2025),(1) il Dr. Peter Kwasniewski ha dedicato un brillante capitolo ("Incompletezza iconografica e paglia d'oro") a questo evento cruciale nella biografia di uno dei più importanti teologi della tradizione cristiana.

mercoledì 27 agosto 2025

I frutti del modernismo conciliare

I frutti del modernismo conciliare

Questa è una follia assoluta. A Panama City l'arcidiocesi ha sponsorizzato una "Settimana delle Chiese aperte" intorno all'Assunta, in cui i cattolici sono stati incoraggiati a visitare i "templi" di altre religioni per conoscerli e partecipare ai loro servizi. I cattolici della diocesi hanno giustamente protestato denunciando l'appello apertamente promosso dal vescovo José Domingo Ulloa, insieme ai leader di altre fedi che hanno aderito a questa celebrazione sincretista. I laici firmatari panamensi fanno appello alla Sacra Scrittura e al Magistero per mettere in guardia contro l'indifferenza religiosa, esprimere lo scandalo causato tra i fedeli e chiedere pubblica riparazione, chiedendo il ripristino del primato della catechesi e della fedeltà alla tradizione.  Fonte


Colligite Fragmenta/ XI Domenica dopo Pentecoste

Nella nostra traduzione da OnePeterFive a meditazione settimanale di p. John Zuhlsdorf, sempre nutriente e illuminante, che ci consente di approfondire, durante l'ottava, i doni spirituali della domenica precedente qui.

Colligite Fragmenta/ XI Domenica dopo Pentecoste

Pio Parsch notò che l'undicesima, la dodicesima e la tredicesima domenica dopo Pentecoste formano una triade sulla grazia sacramentale: battesimo, guarigione e gratitudine per la purificazione. Il contesto estivo, con i suoi raccolti, fornisce la naturale analogia. Proprio come le zucchine traboccano di comica abbondanza nei giardini, così la grazia sovrabbonda. Il ciclo delle domeniche dopo Pentecoste è come un vasto giardino verdeggiante in cui i fedeli sono nutriti dai frutti della parola e della grazia di Dio. La Santa Chiesa, Mater et Magistra, offre in questa stagione verde non solo misteri sublimi, ma anche la loro applicazione pratica, guidando i suoi figli nel quotidiano lavoro di santificazione.

Misteri della Bibbia: l'altare di pietra di Dio e la tecnologia

Nella nostra traduzione da Remnant. L'altare cristiano è il successore e la sintesi degli altari ebrei e la sua sublimità deriva dalla sua conformazione al suo archetipo celeste, l' Altare della Gerusalemme celeste in cui giace «fin dalla fondazione del mondo [...] l'Agnello immolato» (Ap 13,8). Il centro da cui tutto si sprigiona e verso cui tutto converge è l'Altare. L'altare è l'oggetto più sacro del tempio, la ragione della sua esistenza e la sua stessa essenza, perché in caso di necessità si può celebrare la divina liturgia fuori dalla chiesa, ma è assolutamente impossibile fare questo senza un altare di pietra: la "pietra angolare". Precedente qui.

Misteri della Bibbia:
l'altare di pietra di Dio e la tecnologia


Per la maggior parte dei "riformatori" conciliari e postconciliari, sia la Sacra Liturgia – che si tratti del rito romano di Papa Gregorio Magno, dei riti bizantini di San Giovanni Crisostomo e Basilio Magno, o di qualsiasi altro – sia i canoni dell'arte sacra sono considerati nient'altro che creazioni umane – un'idea profondamente errata. Al contrario, sia la Sacra Scrittura che la Sacra Tradizione hanno sempre affermato che la loro origine risiede nella Rivelazione Divina, essendo state sviluppate da persone divinamente ispirate come Mosè, i profeti e gli Apostoli.

Le radici della mentalità “riformista”
Ho avuto diverse occasioni di parlare con "specialisti" in teologia liturgica. Un sacerdote cattolico di questa categoria mi ha raccontato di come la Liturgia dei secoli fosse stata "fabbricata" e di quante cose, a suo avviso, avrebbero bisogno di cambiamenti sostanziali per renderla chiara e coerente. Sì, avete capito bene: questo sacerdote era convinto che la secolare Liturgia tradizionale cattolica romana fosse stata "fabbricata dagli uomini" e che, per certi aspetti, questi ultimi avessero commesso degli errori. Secondo tali convinzioni, la Sacra Liturgia tradizionale non solo può essere modificata dagli uomini, ma deve essere cambiata per "correggere" gli errori dei padri. Per questi "teologi", la liturgia è una sorta di artefatto sofisticato che, come ogni cosa umana, può essere alterato, modificato, trasformato. (In realtà, pensano la stessa cosa della Sacra Scrittura, no? Questo è il metodo "storico-critico".)

martedì 26 agosto 2025

Dichiarazione congiunta del Patriarcato latino e di quello greco scismatico di Gerusalemme

Dichiarazione congiunta
del Patriarcato latino e di quello greco scismatico di Gerusalemme
diffusa questa mattina, 26 agosto 2025.

"Dallo scoppio della guerra, il complesso greco-ortodosso di San Porfirio e quello latino della Sacra Famiglia sono stati un rifugio per centinaia di civili. Tra loro ci sono anziani, donne e bambini. Nel complesso latino ospitiamo da molti anni persone con disabilità, assistite dalle Suore Missionarie della Carità. Come gli altri abitanti della città di Gaza, anche i rifugiati che vivono nella struttura dovranno decidere secondo coscienza cosa fare. Tra coloro che hanno cercato riparo all’interno delle mura dei complessi, molti sono indeboliti e malnutriti a causa delle difficoltà degli ultimi mesi. Lasciare Gaza City e cercare di fuggire verso sud equivarrebbe a una condanna a morte. Per questo motivo, i sacerdoti e le suore hanno deciso di rimanere e continuare a prendersi cura di tutti coloro che si troveranno nei due complessi." Fonte

Il Memento, Domine

Conosciamo più a fondo le sublimi formule della Messa dei secoli e gli elementi che ne fanno un unicum irreformabile. Ogni semplice sfumatura è densa di significati per nulla scontati a prima vista. Minuzie, patrimonio del passato, da custodire. Conoscerle non è ininfluente per una fede sempre più profonda e radicata. Grande gratitudine a chi ce le offre con tanta generosa puntualità. Nelle nostre traduzioni da New Liturgical Movement. Vedi l'indice dei precedenti.

Il Memento, Domine
Michael P. Foley

(Precedente qui)
La frase successiva del Canone Romano è:
Memento, Dómine, famulórum famularumque tuarum N., et N., et omnium circumstantium, quorum tibi fides cógnita est et nota devotio, pro quibus tibi offfermus: vel qui tibi ófferunt hoc sacrificium laudis, pro se suisque ómnibus: pro redemptióne animárum suárum, pro spe salútis et incolumitátis suae: tibíque reddunt vota sua aeterno Deo, vivo et vero.
Che nell'Ordinario della Santa Messa è tradotto come:
Ricordati, o Signore, dei tuoi servi e delle tue serve N…… e N…… e di tutti i circostanti, di cui conosci la fede e la devozione, pei quali ti offriamo (o che ti offrono) questo sacrificio di lode, per sé e per tutti i loro cari, a redenzione delle loro anime, per la sperata salute e incolumità; e rendono i loro voti a Te, o eterno Iddio vivo e vero. [1]

Non solo per i monaci medievali: saggezza per tutti noi dalla Regola di San Benedetto

Nella nostra traduzione da Via Mediaevalis
Non solo per i monaci medievali:
saggezza per tutti noi dalla Regola di San Benedetto

Lezioni su denaro, preghiera e silenzio da uno dei documenti fondanti della civiltà occidentale
Vogliamo fondare una scuola per il servizio del Signore. Nel fondarla speriamo di non introdurre nulla di duro o gravoso.
—Prologo alla Regola di San Benedetto
Non sorprende, infatti, che la Regola di San Benedetto sia un capolavoro di saggezza e consiglio spirituale per i laici comuni: fu scritta per i laici comuni. Nel comporre la sua Regola e nel formare le sue comunità monastiche, San Benedetto non stava fondando un'istituzione clericale, né dava per scontato che i suoi monaci si sarebbero occupati di doveri ecclesiastici. Anzi, uno studioso ha affermato che la sua Regola "è alquanto diffidente nei confronti dei sacerdoti", e devo ammettere che il capitolo 60 dà proprio questa impressione:
Se qualcuno dell'ordine sacerdotale chiede di essere accolto nel monastero, il permesso non gli sarà concesso troppo facilmente. Se insiste molto nella sua richiesta, sappia che dovrà osservare tutta la disciplina della Regola e che nulla gli sarà concesso...

Gli sarà concesso, tuttavia, di stare subito dopo l'abate e di impartire benedizioni o celebrare la messa, ma solo per ordine dell'abate. Senza tale ordine non osi fare nulla...

Se qualche chierico … desidera unirsi al monastero, venga collocato in un rango intermedio, e solo se promette l'osservanza della Regola e la propria stabilità.

lunedì 25 agosto 2025

Indice degli articoli sulle varie formule della Messa antiquior

Indice degli articoli sulle varie formule della Messa antiquior
seguendo il Missale Romanum

Conosciamo più a fondo le sublimi formule della Messa dei secoli e gli elementi che ne fanno un unicum irreformabile. Ogni semplice sfumatura è densa di significati per nulla scontati a prima vista. Minuzie, patrimonio del passato, da custodire. Conoscerle non è ininfluente per una fede sempre più profonda e radicata. Grande gratitudine a chi ce le offre con tanta generosa puntualità. Nelle nostre traduzioni da New Liturgical Movement.
  • Il quam oblationem     (in corso traduzione)
  • L' Hanc igitur [qui]         
  • Il Communicantes [qui]             
  • Il Memento Domine [qui]         
  • La "T" del Te igitur [qui]
  • Il Sanctus [qui]
  • Il dialogo introduttivo al Prefatio [qui]
  • La Secreta [qui]
  • L'Orate fratres e Suscipiat [qui]
  • Il Suscipe Sancta Trinitas [qui]
  • Il Lavabo [qui]
  • In spiritu humilitatis [qui]
  • L'offerimus tibi Domine [qui]
  • Il Deus qui Humanae substantiae   in corso trduzione
  • Il Suscipe sancte Pater [qui - qui]

Imparare il latino liturgico, lezione 7

Nella nostra traduzione da Via Mediaevalis continuiamo ad approfittare del lavoro di uno dei tanti appassionati studiosi d'oltreoceano. Per chi fosse completamente digiuno di latino e abbia interesse a colmare questa lacuna, così diffusa nelle ultime generazioni — e purtroppo anche tra i sacerdoti —, può trovare i rudimenti indispensabili per comprendere il latino ecclesiastico e porre le basi di un maggiore approfondimento in genere favorito dalla frequentazione della liturgia dei secoli. Un piccolo inconveniente è dato dalla taratura per lettori anglofoni, ad esempio riguardo alla pronuncia; ma penso agevolmente colmabile dall'efficacia del metodo. Qui l'indice degli articoli dedicati alla Latina Lingua.

Imparare il latino liturgico, lezione 7
Exsultate Deo adjutori nostro
  • Lezione 1 : pronuncia | vocabolario affine | casi nominali [qui]
  • Lezione 2 : vocali lunghe e brevi, accento sillabico | le otto parti del discorso (latino) con panoramica grammaticale | commenti sul vocabolario e primo elenco di vocaboli [qui]
  • Lezione 3 : nomi di prima declinazione | esercizi/esempi sui nomi | vocabolario [qui]
  • Lezione 4 : imparare una lingua con testi autentici | grammatica nel Gloria Patri | vocabolario [qui]
  • Lezione 5 : riscaldamento con testo autentico | pratica del vocabolario [qui]
  • Lezione 6 : introduzione ai verbi latini | esempi di identificazione dei verbi | vocabolario [qui]
Il verbo “essere”
Una delle prime cose che si studia quando si impara una nuova lingua è la "copula" primaria, un modo elegante per riferirsi a un verbo che ci permette di dire "qualcosa è qualcosa". La copula in inglese è il verbo "essere", che ha le forme del presente "am", "is" e "are". La copula primaria in francese è "être", e in italiano è "essere" . Lo spagnolo ha due parole, "ser" ed "estar", che potrebbero essere considerate verbi copulativi altrettanto importanti.

Scrittori e api. Un simbolo meraviglioso e un messaggio per i miei lettori

Nella nostra traduzione da Substack.com. 

Scrittori e api. Un simbolo meraviglioso e un messaggio per i miei lettori
Robert Lazu Kmita
19 agosto

Un messaggio ai miei lettori

In un certo senso, gli scrittori sono come le api. Raccolgono dai fiori delle proprie letture, meditazioni e conversazioni il polline di pensieri e idee, che poi trascrivono. A mio parere, la parte più difficile dell'atto creativo non è la scrittura in sé, ma l'autovalutazione. A differenza di qualsiasi attività pratica, la scrittura non può essere "misurata" allo stesso modo in cui si valuta una macchina, un'installazione o un manufatto: o funziona o non funziona.

Ogni testo contiene un potenziale di pensieri – o di fantasie – che difficilmente può essere misurato, soppesato o valutato. Certo, se abbiamo a che fare con testi basati su idee (ad esempio, saggi e studi), possiamo decidere quanto "cibo per la mente" ci abbiano offerto. Abbiamo scoperto, imparato o approfondito qualcosa di importante? In realtà, lo scrittore stesso deve chiedersi, ancor prima di iniziare a scrivere: cosa scopriranno, impareranno o approfondiranno i miei lettori? Questo atto di responsabilità dell'autore mi sembra essenziale in una cultura in cui l'inflazione delle parole ha raggiunto proporzioni cosmiche.

domenica 24 agosto 2025

I misteri dell’Altare della Cattedra di San Pietro

I misteri dell’Altare della Cattedra di San Pietro
da Memorie d’Oriente in Roma del Cardinale Vincenzo Vannutelli (1836-1930)

Si giunge quindi all’ altare della Cattedra di S. Pietro. Questo altare sorge grandiosissimo al fondo della immensa Basilica, ed è con ragione dedicato allo Spirito Santo, che manda i suoi raggi sulla Tiara e sulla Cattedra di S. Pietro. Se nella confessione si venera il corpo del Santo Apostolo, qui invece si adora veramente l’anima della Chiesa, cioè lo Spirito Paracleto, di cui l’assistenza è assicurata alla Cattedra Romana, e al Triregno che regge i destini del mondo. Intorno all’aureola trasparente in cui si vede lo Spirito Santo, vi è un circuito confuso di raggi e di angeli, che si muovono in un modo forse un po’ troppo umano. Ciò non impedisce, che i raggi di luce del Santo Spirito, arrivino diretti e puri al popolo fedele, che trovasi nella Chiesa. Né il moto artificioso di quegli angeli porta la minima alterazione ai lumi che si comunicano alla Cattedra, al Triregno, e alla Cristianità. Appunto come qualche umano difetto che possa trovarsi all’intorno della suprema autorità, o nella corte non diminuisce in nulla la purità e santità del Magistero infallibile, di dottrina e di morale, che si spande su tutta la Chiesa. L’Oriente peccò contro lo Spirito Santo, col ricusarne la processione dal Padre e dal Figlio, e con ciò lo pose troppo in alto per poterne ricevere l’influsso e i lumi necessari. Ma se il peccato dell’Oriente fu un mero pretesto politico da parte di qualche ambizioso prelato, per sottrarsi alla dipendenza della Santa Sede; non perciò i fedeli, vittime infelici di un simile intrigo, furono egualmente colpevoli; anzi son degni di tanto maggior compassione e simpatia, in quanto sono meno responsabili della loro sciagura. Si rivolgano essi alla Catedra di S. Pietro, e cosi potranno partecipare ai lumi ed alla assistenza dello Spirito Santo, che è assicurata solo alla Chiesa Cattolica, la quale perciò diventa indefettibile ed eterna.

Domenica XI dopo la Pentecoste (Deus in loco)

Nella nota aggiunta, troviamo l'Angelus di Benedetto XVI sul miracolo del Sordomuto. Emerge la distinzione tra l'apertura delle orecchie e della bocca, importante per parlare e quindi comunicare; ma ancor più importante è l'apertura dell'uomo interiore, del cuore. Un conto è ascoltare le parole della Messa - che rendono presenti i misteri che significano -  e archiviarle. Un altro conto è tendere le orecchie del cuore per accoglierle. Un conto è dare le conseguenti risposte, quelle personali, come una routine. Un altro è farlo aperti alla grazia, nello spirito del sacerdozio battesimale suggellato in noi, che diventa vita, per veder sempre più rivelata l'immagine del Figlio diletto impressa dal Padre al momento del Battesimo e che rappresenta la vocazione peculiare di ognuno.

Domenica XI dopo la Pentecoste 

Questa Domenica, l'undicesima di san Matteo, prende il suo nome presso i Greci dalla parabola del re che impone la resa dei conti ai suoi servi (Mt 18,23-35). Viene chiamata in Occidente la Domenica del Sordomuto[1], da quando il Vangelo del Fariseo è stato spostato a otto giorni prima. La messa attuale conserva ancora tuttavia - sarà facile costatarlo - parecchi ricordi dell'antica disposizione. Negli anni in cui la Pasqua si avvicina maggiormente al 21 marzo, la lettura dei libri dei Re continua fino a questa settimana, che non sorpassa mai. È la malattia di Ezechia e la guarigione miracolosa ottenuta dalle preghiere del santo re che formano allora l'argomento delle prime lezioni dell'Ufficio della notte (4Re, 20).

Introitus
Ps. 67, 6-7 et 36
- Deus in loco sancto suo: Deus qui inhabitáre facit unánimes in domo: ipse dabit virtútem, et fortitúdinem plebi suæ.
Ps. 67, 2
- Exsúrgat, Deus, et dissipéntur inimíci eius: et fúgiant, qui odérunt eum, a fácie eius. Glória Patri…
Ps. 67, 6-7 et 36
- Deus in loco sancto suo,…

Oratio
Omnípotens sempitérne Deus, qui abundántia pietátis tuæ, et mérita súpplicum excédis et vota: effúnde super nos misericórdiam tuam: ut, dimíttas quæ consciéntia métuit, et adiícias quod orátio non præsúmit. Per Dóminum nostrum Iesum Christum, Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. M. - Amen.
Introito
Sal. 67, 6-7 e 36
- Dio abita nel luogo santo: Dio che fa abitare nella sua casa coloro che hanno lo stesso spirito: Egli darà al suo popolo virtú e potenza.
Sal. 67, 2
- Sorga Iddio, e siano dispersi i suoi nemici: fuggano dal suo cospetto quanti lo odiano . Gloria al Padre…
Sal. 67, 6-7 e 36
- Dio abita nel luogo santo,…

Preghiamo
O Dio onnipotente ed eterno che, per l’abbondanza della tua pietà, sopravanzi i meriti e i desideri di coloro che Ti invocano, effondi su di noi la tua misericordia, perdonando ciò che la coscienza teme e concedendo quanto la preghiera non osa sperare. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con Te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i sécoli dei sécoli. M. - Amen.

sabato 23 agosto 2025

Retorica della crisi, deserto della politica: Il vuoto discorso di Mario Draghi al Meeting di Rimini

Scrive Davide Lovat: "Puntuale come la morte, Mario Draghi, il principale portavoce europeo dell'élite globalista apolide comunica - nel suo intervento, a Rimini, al tradizionale Meeting di Comunione e Liberazione - che l'Unione Europea così com'è non basta più e che bisogna aumentare il processo d'integrazione, facendo Debito Pubblico comune, un Esercito comune, nuove istituzioni con procedure decisionali più snelle e slegate dai veti degli Stati Membri. In pratica e tradotto: gli Stati Uniti d'Europa (USE) al posto dell'UE e degli Stati sovrani. Come volevasi dimostrare... Poi, di fronte ai ciellini plaudenti (ma capiscono qualcosa, ancora, costoro?) non ha mancato di mettere la firma con la frase in codice, per chi la sa capire: "Dove c'è il deserto costruiremo con mattoni nuovi". E i "mattoni nuovi" sono già in fabbricazione, nei luoghi dove viene plasmata la classe dirigente globalista...
Aggiungo: che senso ha questa sorta di NATO Europea, senza basi giuridiche, strutture logistiche, catene di comando e oltretutto in contrapposizione alle condizioni russe per le trattative della pace? Per quanto ci riguarda contrarietà su tutta la linea. Non resta che provare a RESISTERE; ma chi pone in essere una resistenza consapevole e ben congegnata?"

Retorica della crisi, deserto della politica:
Il vuoto discorso di Mario Draghi al Meeting di Rimini


Il discorso pronunciato al Meeting di Rimini, da parte dell'ex Presidente del Consiglio dei Ministri ed ex Presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, si è offerto come paradigma della sostituzione della politica con la retorica, della decisione con la rappresentazione. La parola non si è dispiegata come atto ordinatore, capace di generare forme istituzionali e percorsi normativi, bensì come liturgia del declino, costruita per rafforzare l’immagine di chi parla piuttosto che per edificare il contenuto di ciò che viene detto.

La diagnosi di un’Europa che si sarebbe illusa di trasformare la propria forza economica in potere politico non è il risultato di un’analisi strutturale dei rapporti tra economia e istituzioni, tra mercato e decisione, tra produttività e sovranità. È, piuttosto, la riduzione semplificata di un processo complesso, la narrazione moralistica che sostituisce la comprensione della causa con la spettacolarizzazione dell’effetto. La crisi diventa parabola, non oggetto di riforma. Nell’evocazione delle tragedie internazionali, il discorso si è arrestato alla dimensione del patetico.

Il cardinale Burke denuncia il trattamento riservato ai cristiani di Gaza e loda il lavoro "inestimabile" di Pizzaballa

Ieri il card. Burke è stato ricevuto in udienza particolare dal papa. Speriamo di conoscerne presto gli esiti. Di seguito la nostra traduzione da Lifesitenews della sua denuncia della situazione di Gaza: "Il cardinale Pizzaballa «rende testimonianza di fede in modo concreto, indicando alle persone coinvolte le possibili soluzioni offerte dalla fede», ha affermato di recente il cardinale Raymond Burke".
Il cardinale Burke denuncia il trattamento riservato ai cristiani
di Gaza e loda il lavoro "inestimabile" di Pizzaballa


Il cardinale Raymond Burke ha fatto eco alla condanna di Papa Leone XIV sulla situazione a Gaza, affermando che è “ingiusto” che i cristiani siano “costretti a lasciare la loro patria”.

“Il lavoro svolto nella Striscia (di Gaza) dal cardinale Pierbattista Pizzaballa è inestimabile, poiché egli testimonia la fede in modo concreto, indicando alle persone coinvolte le possibili soluzioni offerte dalla fede”, ha affermato recentemente Burke. Il cardinale Pizzaballa è in Terra Santa da 30 anni, prima come studente poi, per 12 anni, come Custode di Terra Santa quindi, per quattro anni, come Amministratore Apostolico del Patriarcato Latino e ora, dal 2020, Patriarca Latino di Gerusalemme.

Da quando, nel settembre 2023, è stato nominato cardinale da Papa Francesco, in concomitanza con la ripresa delle ostilità tra Israele e Hamas, la sua voce è diventata una presenza fissa sulla scena internazionale, invocando la pace.

La luce imperitura dei 'monaci neri' / Con riflessioni sullo spettro cromatico medievale

Nella nostra traduzione da Via Mediaevalis
La luce imperitura dei monaci neri
Con riflessioni sullo spettro cromatico medievale
Tantot il bêchait la terre dans son jardin, tantot il lisait et écrivait. Il n'avait qu'un mot pour ces deux sortes de travail; l'appelait cela jardiner. “L'esprit est un jardin”, disait-il.

(A volte rivoltava la terra nel suo giardino, a volte leggeva e scriveva. Aveva una sola parola per questi due tipi di lavoro: lo chiamava giardinaggio. "Lo spirito è un giardino", diceva.)
—Victor Hugo, I Miserabili
Ultimamente abbiamo parlato del colore nel Medioevo, e quello che mi viene in mente oggi è il "colore" che in realtà è l' assenza di colore, perché è l'assenza di luce, e colore e luce sono una cosa sola.

Nell'Alto Medioevo e nell'Alto Medioevo, i monaci benedettini erano conosciuti come Monaci Neri, dal colore del loro abito. A quei tempi il termine "Benedettini" non era necessario e non aveva molto senso, perché i Benedettini non costituivano un ordine religioso chiaramente definito. In effetti, ci fu un tempo in cui il concetto stesso di ordine religioso era estraneo alla cultura spirituale dell'Occidente medievale; questo metodo di organizzazione delle comunità monastiche emerse nel XII secolo. Prima di allora, essere monaco significava, in generale, essere un monaco benedettino, non perché tutti i monaci appartenessero a un ordine, ma perché costruivano la loro vita attorno alla Regola di San Benedetto. Ogni monastero era una comunità a sé stante, unita e governata dall'autorità dell'abate. Gli ordini – Francescani, Domenicani, ecc. – utilizzavano una struttura diversa: un superiore generale aveva autorità su più comunità.

venerdì 22 agosto 2025

Preghiera per la consacrazione della Chiesa e del genere umano al Cuore Immacolato di Maria

Oggi è una giornata del tutto mariana. Mentre nel rito tradizionale si celebra la festa del Cuore Immacolato di Maria, nel rito riformato invece si celebra la regalità di Maria Santissima. Nell'occasione ripubblichiamo, rinnovando le nostre suppliche alla Madre del Signore e nostra per la sua particolare intercessione in questi momenti bui che attraversiamo  su tutti i fronti. Qui l'indice degli articoli dedicati a Pio XII.

Pio XII. Preghiera per la consacrazione della Chiesa e
del genere umano al Cuore Immacolato di Maria


Regina del Santissimo Rosario, ausilio dei cristiani, rifugio del genere umano, vincitrice di tutte le battaglie di Dio! supplici ci prostriamo al vostro trono, sicuri di impetrare misericordia e di ricevere grazie e opportuno aiuto e difesa nelle presenti calamità, non per i nostri meriti, dei quali non presumiamo, ma unicamente per l'immensa bontà del vostro materno Cuore.

A Voi, al vostro Cuore Immacolato, in quest'ora tragica della storia umana, ci affidiamo e ci consacriamo, non solo in unione con la Santa Chiesa, corpo mistico del vostro Gesù, che soffre e sanguina in tante parti e in tanti modi tribola, ma anche con tutto il mondo straziato da feroci discordie, riarso in un incendio di odio, vittima della propria iniquità.

La crisi della Chiesa e l'opzione mistagogica

Nella nostra traduzione da Substc.com.
La crisi della Chiesa e l'opzione mistagogica

Immagine: Cristo, la vera vite. Dipinto a olio dell'inizio del XVII secolo, chiesa collegiata di San Castore a Karden sulla Mosella.

Questo è il terzo e ultimo articolo della serie dedicata alla crisi attuale e alle possibili soluzioni. Gli altri due erano, nell'ordine:
  • Il Principio Mistico e l'attuale crisi della Chiesa e del mondo. Come recuperare la dimensione mistagogica della formazione cristiana? [qui]
  • I pericoli nascosti del razionalismo: la profezia di San Bonaventura. Una diagnosi per i nostri tempi e l'eresia del modernismo [qui]
Questi articoli sono solo abbozzi che necessitano di uno sviluppo molto più ampio e dettagliato. Commenti e suggerimenti sono benvenuti. Condividete questi post e diffondeteli. Grazie!

La storia poco conosciuta del blu: un colore medievale e mariano

Nella nostra traduzione da Via Mediaevalis
La storia poco conosciuta di un colore medievale e mariano
Il blu è tornato nella cultura occidentale attraverso Maria

William Gladstone (m. 1898) fu sia primo ministro britannico che studioso della letteratura omerica, una combinazione che difficilmente si rivedrà presto. Studiò ogni riferimento al colore nell'Odissea e nell'Iliade , e nel farlo scoprì qualcosa di notevole: nell'antica Grecia, il blu non esisteva.

In realtà, non è così semplice. Il colore stesso è problematico nei testi di Omero: Gladstone concluse che l'arancione, il verde e il viola non erano stati considerati, e la parola che potrebbe essere interpretata come "indaco" (kyaneos) è così generica che può riferirsi anche al marrone o persino al nero. In effetti, per Gladstone, il quadro generale del colore nei poemi omerici è confuso e piuttosto desolante. Egli notò i seguenti problemi:
  • “l’uso della stessa parola per indicare non solo diverse tonalità o tinte dello stesso colore, ma colori che, secondo noi, sono essenzialmente diversi”
  • “la vasta predominanza delle forme più grezze ed elementari di colore, il bianco e il nero, su ogni altro”
  • “il leggero uso del colore in Omero … allo scopo di ottenere un effetto poetico”
Ma il blu è un caso speciale, perché i personaggi di Omero sono circondati dai mari e dai cieli azzurri del Mediterraneo, eppure Omero sembra inconsapevole o disinteressato al loro blu. I mari sono in qualche modo scuri come il vino, e questo è ciò che Gladstone dice dei cieli omerici:

giovedì 21 agosto 2025

Oltre la menzogna della scienza ufficiale: difesa della libertà come ultima verità

È nell'affermare la verità che l’uomo, fragile e mortale, ritrova la sua dignità: resistere all’oppressione con la forza mite della parola. Perché la libertà, quando tutto crolla, resta l’ultima verità che non può essere revocata da nessun decreto. Qui l'indice degli articoli sulla realtà distopica.
Oltre la menzogna della scienza ufficiale:
difesa della libertà come ultima verità


Il decreto di revoca del NITAG, adottato dal Ministro della Salute pro tempore, prof. Orazio Schillaci, non è soltanto un atto amministrativo. È un simbolo, una parabola del nostro tempo: in esso si rivela la frattura insanabile tra il potere e la verità, tra la pretesa di governare l’uomo attraverso l’uniformità e l’esigenza insopprimibile della coscienza di affermarsi nella libertà.
Le vergognose polemiche, suscitate dall’inclusione di personalità come Eugenio Serravalle e Paolo Bellavite, celano un’insofferenza più profonda: l’incapacità di sopportare la differenza, il rifiuto di tollerare la voce dissonante. Non si trattava di difendere una neutralità tecnica, ma di riaffermare l’egemonia di una scienza ridotta a religione civile, che non si legittima con la forza degli argomenti, quanto con la cancellazione dei critici.
La violenza verbale e mediatica che colpisce Serravalle e Bellavite non è soltanto ingiusta: è ingiustificabile. Essi non sono che segni visibili di ciò che accade quando la libertà intellettuale viene immolata sull’altare del consenso politico-mediatico. L’idea che la scienza non ammetta voci diverse, che l’autorità possa decidere chi sia "vero" e chi "falso" scienziato, è la negazione stessa della scienza.
Omero paragonava la vita degli uomini alle foglie che cadono e rinascono: tuttavia, qui è la scienza stessa che viene recisa come un albero sterile, privato delle sue radici critiche.

A Charlotte, i cattolici potrebbero dover abbandonare le vecchie abitudini

Nella nostra traduzione da The Assembly la cronaca dell'ennesima restrizione della messa tradizionale ripresa da una fonte che la registra da osservatore imparziale e chiama in causa l'ineludibile decisione del papa regnante. Precedenti qui - qui e rispettivi link.

A Charlotte, i cattolici potrebbero dover  abbandonare le vecchie abitudini
Una controversia sulla messa in latino tradizionale nella diocesi di Charlotte sfida il neoeletto Papa Leone XIV a stabilire una rotta per la Chiesa cattolica in tutto il mondo.
Non è domenica mattina, ma il reverendo Matthew Buettner procede comunque lungo la navata della chiesa cattolica romana di San Giovanni Battista a Tryon, nella Carolina del Nord, accompagnato da 15 chierichetti in paramenti bianchi e neri. Sotto archi di legno marrone scuro brunito e piastrelle del soffitto decorate con conchiglie e gigli, il sacerdote gira intorno all'altare in marmo italiano, agitando un turibolo di incenso aromatico per benedire il santuario.

Oltre 50 persone si riuniscono tra i banchi per la tradizionale messa in latino del martedì, in onore del santo patrono della chiesa. La celebrazione si svolge più o meno come 500 anni fa.

Buettner offre quasi tutte le preghiere voltando le spalle ai fedeli, che ascoltano in attento silenzio. Quando c'è musica, si tratta delle melodie vocali essenziali del canto gregoriano; l'unica parte in inglese è l'omelia.

Questa modalità di culto è un'eccezione nella diocesi di Charlotte, che copre la metà occidentale della Carolina del Nord e conta circa 565.000 cattolici. La stragrande maggioranza delle congregazioni qui e in tutto il mondo usa la Messa " Novus Ordo ", termine latino che significa "nuovo ordine", adottata nel 1969 dopo il Concilio Vaticano II. All'epoca, i leader della Chiesa, tra cui Papa Paolo VI, ritenevano che la liturgia dovesse essere aggiornata per l'era moderna, con un'enfasi sulla partecipazione attiva e sull'uso delle lingue vernacolari come l'inglese.

Negli ultimi decenni, tuttavia, un numero esiguo ma crescente di cattolici ha iniziato a praticare la Messa antica. Charlotte si è dimostrata un focolaio particolare di entusiasmo per la tradizione dal 2013, quando la chiesa cattolica di Sant'Anna ha iniziato a ospitare la prima Messa domenicale in latino della zona dagli anni '60. La Charlotte Latin Mass Community, un gruppo online dedicato alla liturgia, è passata da 50 famiglie a circa 1.200; quattro parrocchie ora celebrano regolarmente Messe antiche.

Molti di loro sono rimasti sconcertati quando il vescovo di Charlotte, Michael Martin, ha pubblicato una lettera il 23 maggio in cui delineava i piani per ridurre drasticamente la liturgia tradizionale. Invece di chiedere al Vaticano di prorogare i permessi ottenuti dal suo predecessore nel 2023, Martin ha pianificato di revocarli a luglio, tre mesi prima della loro scadenza. La liturgia tradizionale sarebbe stata consentita solo in una cappella a Mooresville, attualmente in fase di importanti lavori di ristrutturazione.

Martin ha citato l'ex Papa Francesco, che in un documento del 2021 aveva espresso preoccupazione per il fatto che il movimento per la Messa in latino stesse causando divisioni all'interno della Chiesa. "È mio sincero desiderio e preghiera che questa attuazione [dell'ordinanza di Francesco] possa ulteriormente 'promuovere la concordia e l'unità della Chiesa' tra il Popolo di Dio nella Diocesi di Charlotte, affinché, come Gesù pregò il Padre, 'possiamo essere tutti una cosa sola'", ha scritto il vescovo.

Ma per i cattolici tradizionalisti come Brian Williams, parrocchiano di St. Ann e membro fondatore della Charlotte Latin Mass Community, il piano di Martin sembrava concepito per soffocare un movimento vivace.

"È semplicemente la cosa più ironica di sempre: per il bene dell'unità, dovete andarvene tutti ora", ha scherzato Williams. Crede che il cambiamento distruggerà comunità fiorenti e potrebbe spingere i fedeli più devoti ad abbandonare la diocesi.

Innumerevoli commentatori cattolici hanno rapidamente ripreso il tema di Williams, spesso con un linguaggio ancora più stridente. "Michael Martin di Charlotte ha aperto un nuovo capitolo di confusione per la Chiesa cattolica in America", ha scritto l'autore Taylor Marshall a oltre 214.000 follower su X. Le pubblicazioni cattoliche The Remnant, National Catholic Register, The Pillar e Catholic News Agency hanno riportato la storia; persino National Review l'ha pubblicata in un articolo intitolato "Charlotte e il fantasma di Papa Francesco".