Solennità del Corpus Domini
+ Giampaolo Crepaldi
Cattedrale di San Giusto, 23.06.2019
Carissimi fratelli e sorelle,
- Con la processione, che da san Giacomo si è snodata fino a giungere alla Cattedrale di san Giusto, abbiamo ravvivato la nostra fede e il nostro amore in Gesù eucaristico. Lungo tutto il tragitto, con gli occhi della fede e con il cuore pieno di gratitudine, nel guardare all’ostensorio abbiamo contemplato il mistero della donazione di Dio. Cristo si è donato a Betlemme, nascendo come Salvatore del mondo; si è donato sul Calvario, spargendo il suo sangue per lavare i peccati del mondo; continua a donarsi ad ognuno di noi nell’Eucaristia, che è il compendio di tutti i doni divini.Sant’Agostino scrisse: «Dio sapientissimo non sapeva fare di più; Dio potentissimo non poteva fare di più». Papa Francesco spiega: «L’Eucaristia costituisce il vertice dell’azione di salvezza di Dio: il Signore Gesù, facendosi pane spezzato per noi, riversa infatti su di noi tutta la sua misericordia e il suo amore, così da rinnovare il nostro cuore, la nostra esistenza e il nostro modo di relazionarci con Lui e con i fratelli. È per questo che comunemente, quando ci si accosta a questo Sacramento, si dice di “ricevere la Comunione”, di “fare la Comunione”: questo significa che nella potenza dello Spirito Santo, la partecipazione alla mensa eucaristica ci conforma in modo unico e profondo a Cristo, facendoci pregustare già ora la piena comunione col Padre che caratterizzerà il banchetto celeste, dove con tutti i Santi avremo la gioia di contemplare Dio faccia a faccia» (Discorso udienza generale, 5 febbraio 2014).
- Carissimi fratelli e sorelle, con la nostra devota processione abbiamo voluto dare espressione ad un’intima convinzione della nostra fede: Gesù Cristo è qui presente realmente, veramente, Dio vero da Dio vero, con il Padre e con lo Spirito Santo. Convinzione che si traduce in obbedienza alla Parola di Dio che ci chiede di professare: «Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto» (Lc 4,8). Professione di fede che riconosce il primato assoluto del Signore Gesù e la sua sovrana regalità: per mezzo di Lui e in Lui sono state create tutte le cose; Lui è prima di tutto e tutto sussiste in Lui (cf Col 1,16.17). Fuori di Lui, tutta la realtà non ha consistenza. Fuori di Lui e lontano da Lui tutto è a rischio, soprattutto l’uomo. Di fatto, al congedo da Dio delle nostre società non può che derivare il congedo dall’uomo. A questo proposito, bisogna seriamente chiedersi se anche noi cristiani, nei tempi tribolati che stiamo vivendo, non ci capiti di sbagliare indirizzo: troppo spesso indugiamo a guardare all’uomo per trovarvi Dio, invece di guardare a Dio per trovarvi l’uomo.
Sant’Antonio di Padova, di cui abbiamo celebrato la memoria alcuni giorni orsono, ci invita invece a partire da Cristo e a porre sempre Gesù Cristo alcentro di tutto. «Il centro – egli scrive – è il posto che compete a Gesù: in cielo, nel grembo della Vergine, nella mangiatoia del gregge e sul patibolo della Croce … Sta al centro di ogni cuore; sta al centro perché da Lui, come dal centro, tutti i raggi della grazia si irradino verso di noi che camminiamo all’intorno e ci agitiamo alla periferia» (Sermone dell’Ottava di Pasqua 6; in S. Antonio da Padova. I Sermoni, ed. Messaggero, Padova 1996, pag. 229-230). Carissimi fratelli e sorelle, porre Cristo al centro comporta che tutto il resto venga dopo. Non solo. Comporta soprattutto che quello che contrasta con quel centro debba essere rimosso. Tutto questo ha delle importanti implicazioni per la nostra vita cristiana. Se si pone Cristo al centro è necessario, prima di tutto, partecipare con gioiosa disponibilità all’Eucaristia domenicale e ricevere spesso la comunione. In secondo luogo, è bene ricordare che, per ricevere fruttuosamente la Comunione, bisogna essere in grazia di Dio. Quindi, se siamo consapevoli di trovarci in situazione di peccato mortale, bisogna prima confessarsi. Molti ritengono che questa sapiente disposizione della Chiesa sia oggi o decaduta, o aggirabile, o interpretabile a proprio piacimento. Non è così. A dircelo con chiarezza è il Catechismo della Chiesa Cattolica con queste parole: «Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il Sacramento della Riconciliazione, prima di accedere alla Comunione» (n. 1385). Questa lungimirante disposizione della Chiesa ha come obiettivo di prepararci al meglio al momento, grande e santo, della Comunione ed è, in definitiva, l’eco fedele di una precisa esortazione di san Paolo: «Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga. Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (1Cor11,26-29). Carissimi fratelli e sorelle, l’Eucaristia è un dono meraviglioso che rigenera e ricrea le nostre anime e le nostre vite, incamminandole sulle strade della santità: dove sono operanti le tante divisioni che affliggono le nostre esistenze, essa fa fiorire la vera unità; dove è presente il tarlo dell’inimicizia, della violenza e dell’estraneità, essa edifica la vera fraternità; dove si consumano egoismi distruttivi della convivenza sociale e civile, essa partorisce il dono dell’amicizia. Unità, fraternità, amicizia: questi sono i frutti dell’Eucaristia, necessari per vivere in maniera sana e santa. E questi frutti vogliamo che si diffondano e siano a disposizione anche per la nostra Città, per la nostra Chiesa e per ogni persona: per chi è chiamato ad amministrare, perché prosegua sempre, con sapiente dedizione, il bene comune; per gli sposi, perché siano consapevoli che il loro amore coniugale, fedele e fecondo, è una meravigliosa strada di santità; per i fedeli laici, pronti e generosi nell’incontrare il volto del Signore Gesù nel povero ed nell’oppresso e lo sappiano onorare con un’operosa carità; per i nostri giovani, perché la misura dei loro desideri sia tarata sui vasti orizzonti del bene e del bello; per i religiosi e le religiose, perché con la loro consacrazione riscaldino ed illuminino le giornate faticose che ci sono anche nella nostra Chiesa diocesana; per noi sacerdoti, chiamati ad essere chicchi di frumento macinati e grani d’uva spremuti nell’amore incondizionato a Gesù eucaristico, il nostro Tutto, il nostro tesoro. In questa feconda e rigenerante prospettiva, sono lieto di annunciare che il prossimo anno, dopo che sarà giunta a conclusione la Visita pastorale, la nostra Chiesa celebrerà un Congresso Eucaristico Diocesano. Mettiamo questa scelta nelle mani di Maria che, nell’accettare liberamente la sua divina maternità, divenne la dimora del pane della vita, la terra immacolata che produsse la spiga che nutre l’universo, il paradiso spirituale nel cui mezzo germogliò l’albero della vita, la cui dolcezza vivifica coloro che ne partecipano.
10 commenti:
Non ho memoria che in passato il pontefice fosse citato nelle omelie ed in tutte le omelie come avviene oggi, quando inoltre sarebbe bene non citarlo affatto per non far perdere l'occasione di immergersi nel Signore in completo abbandono. Così facendo invece è facile suscitare non l'immersione, non l'abbandono, giammai l'emulazione ma, ben altro che richiama l'emersione della resistenza dovuta a chi sta dando compimento alla distruzione finale e totale della fu Chiesa Cattolica. Quindi, nel migliore dei casi, si esce di chiesa in silenzio, con il pianto nel cuore.
Per motivi personali, ho anticipato la partecipazione alla S. Messa del Corpus Domini alla sera di sabato 22. E non nella mia parrocchia, ma in una vicina dove è parroco un sacerdote che, a vista, dovrebbe avere una settantina d'anni.
Riassumo la sua omelia in tre punti, così per semplificazione:
1 - Irridente richiamo alla vecchia abitudine de fare la processione per le vie del paese. 'Noi vogliamo volare basso' (sic!), ha detto.
2 - Definizione della 'moltiplicazione dei pani' come semplice 'gesto di condivisione' da parte degli apostoli. E' vero, ora va di moda parlare di quel miracolo come condivisione, così si evita di fare qualsiasi riferimento all'Eucaristia. E poi, perché attribuire trucchi da prestigiatore a Gesù?
3 - Dulcis in fundo: qui, detto parroco, forse, si rendeva conto che stava per dirla grossa!
'Non pensate che sia blasfemo, ma perché passare tanto tempo davanti a quello (indicando il Tabernacolo). Va bene pregare, ma tanta adorazione che si vede a volte da parte di qualcuno non è così necessaria'.
Fine dell'omelia, con buona pace delle poche persone presenti, semplici contadini e operai che forse non si sono nemmeno resi conto delle nefandezze dette dal loro parroco (aggiungo: ex missionario in Brasile e forse intriso fino alle ossa della teologia della liberazione).
Signore Gesù, facendosi pane spezzato per noi, riversa infatti su di noi tutta la sua misericordia e il suo amore, così da rinnovare il nostro cuore, la nostra esistenza e il nostro modo di relazionarci con Lui e con i fratelli.
Lo dice citando Francesco e la sua infelice affermazione... peccato, rovina tutto!
Factus cibus viatorum...
Dipende dal senso in cui si dice ...
E' vero , anche io come il primo commentatore ho notato questo continuo nominare e rinominare il Papa . Voglio dire , devi commentare le due Letture e il Vangelo del giorno ? Beh , fallo con parole tue . L'hai meditato o non l'hai meditato ? In una visita ai seminaristi il predecessore suggerì di non ridursi all'ultimo minuto ma di preparare l'omelìa della Domenica un po' per giorno a partire dal Lunedì ( suscitando sorrisini e sorrisetti di compatimento documentati dalla telecamera ). Perche' senti il bisogno di citare le parole del Papa ? Hai forse paura che fra i presenti ci siano delle spie del Papa ? Che gli riportino le parole tue ?
in generale, credo che sia da un lato la volontà di attestare la propria unione con la Sede di Pietro per evitare fraintendimenti, e dall'altro un modo per cautelarsi da accuse improprie. Anche il card. Sarah, che evita accuratamente di accostare Francesco alle critiche molto forti che espone, usa saltuariamente il "come dice Papa Francesco". Vedasi commenti al recente articolo de LNBQ, all'intervista di Ratzinger che prima di tutto teme lo scisma, eccetera...
La paura di provocare uno scisma è un vecchio cavallo di battaglia
di tutti i pusillanimi nella Chiesa.
Con questa scusa, tengono la bocca chiusa e tutto continua come
prima, peggio di prima.
"Non è questo il momento!" ti dicono sempre. A volte, non è
il momento, è vero...Ma questo "momento" che non c'è mai, non c'e`da
più di 50 anni! Non era mai il momento di criticare il Vaticano
II. Così si è perpetuata la favola di un Postconcilio che avrebbe
indebitamente prevaricato su un Concilio tutto lindo e pulito,
in perfetta continuità (se si guarda bene, certo) con l'insegnamento precedente.
E così siamo arrivati al degrado attuale, con un Papa che rappresenta
il punto d'arrivo, il "collettore di tutte le eresie" infiltrate nel
Concilio e da qui filtrate nella dottrina e nella pastorale della Chiesa.
Le ricapitola tutte o quasi lo Instrumentum laboris per l'assemblea sinodale
sulla Panamazzonia, un condensato del Bergoglio-pensiero, un manifesto panteista
e animista che propone il culto di Maia in funzione della teologia della liberazione.
Bisognerebbe domandarsi perché cita Francesco: cosa vuol raggiungere?
Parroco fa il rabbino e scimmiotta il Pesach
https://gloria.tv/article/YXxdTCLdFWqD1BVYNKbsLP7Ux
Quando uno non ha una chiara distinzione ...
Aveva ragione Mastino fondatore del sito di approfondimento e attualità cattolica Papalepapale.com quando scriveva che il cristianesimo si stava giudaizzando .
Grande amico dei neocatecumenali.
Lupo stanco.
Posta un commento