Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

sabato 9 aprile 2022

Lo sguardo sub specie æternitatis nella Dottrina sociale della Chiesa

Nelle cose, allora, bisogna riconoscere l’eternità, non perché le cose siano eterne o coincidano con la sostanza di Dio, come sosteneva Spinoza, ma perché l’essenza delle cose è null’altro che l’eternidea delle cose in Dio, le quali hanno un’esistenza transitoria – e, per questo, sono contingenti – ma un’essenza universale e rimandano necessariamente al Dio eterno che le ha create.

Lo sguardo sub specie æternitatis
nella Dottrina sociale della Chiesa


Qual è lo sguardo introspettivo, richiesto per conoscere la realtà? È semplicemente il vedere le cose sotto l’aspetto dell’eternità, sub specie æternitatis, come dicevano gli scolastici medievali. E, al contrario, una mente appiattita sul mondano e sul transitorio ha la visione limitata all’aspetto temporale – sub specie temporis. Non coglie il tutto dell’esistenza, ma solo quello che appare (cioè un fantasma) nel «qui ed ora» – hic et nunc.

La filosofia moderna ha cercato inutilmente di fondare i propri sistemi su qualcosa di assoluto ma, nell’atto stesso di negare il Dio della Rivelazione, è tornata ad impantanarsi in una visione terrena e limitata del cosmo. Eppure lo stesso Spinoza, pur nel suo equivoco su Dio, sostenne la necessità perlomeno filosofica di un riferimento universale per spiegare il mondo: la ragione, cioè, non può fare a meno di guardare all’eternità e all’essenza universale delle cose, le quali «debbono essere pensate al di fuori di qualsiasi relazione temporale, e sotto una specie – per così dire – di eternità (sub specie æternitatis)»[1].

Per Spinoza le cose sono necessarie, eterne, non contingenti, nonostante esse siano soggette al tempo e alla distruzione. E, anzi, nonostante il tempo e la distruzione, «percepire le cose secondo verità» significa riconoscerle «nella loro peculiare eternità»[2]. Ovviamente il filosofo intendeva dimostrare che le cose sono eterne quanto Dio e, dunque, della sua stessa sostanza (panteismo). Ma, panteismo a parte, è innegabile che nelle cose vi sia una certa forma di «eternità», almeno nel senso che l’essenza è da ritenersi immutabile e immune al passare delle cose. La distruzione di cose belle, ad esempio, non significa la fine della bellezza.

Itinerario della sapienza
Nelle cose, allora, bisogna riconoscere l’eternità, non perché le cose siano eterne o coincidano con la sostanza di Dio, come sosteneva Spinoza, ma perché l’essenza delle cose è null’altro che l’eternidea delle cose in Dio, le quali hanno un’esistenza transitoria – e, per questo, sono contingenti – ma un’essenza universale e rimandano necessariamente al Dio eterno che le ha create.

Il fatto che le cose e gli avvenimenti si succedano nel tempo (diacronia) non significa che non debbano essere valutate anche sotto l’aspetto unitario (sincronia). Uno dei principi ermeneutici dell’ebraismo e, successivamente, del cattolicesimo è proprio la valutazione sincronica: «nella Torah non c’è né un prima né un dopo»[3], dicono da sempre i rabbini, nell’interpretare il testo sacro. Il criterio cronologico, pure importante, può anche essere abbandonato, in vista di una trascendenza che supera il tempo. Tra i quattro sensi o significati delle Scrittura – letterale, analogico, morale a anagogico – il più profondo è l’anagogico[4], che è legato strettamente all’aspetto dell’eternità. Lo sguardo sub specie æternitatis «è la prospettiva anagogica, cioè la visione dal punto di vista dell’eterno»[5].

Dante Alighieri e san Bonaventura da Bagnoregio, in particolare, sono testimoni di quell’ itinerarium della mente a Dio (o in Dio, poiché Dio è anche all’inizio del percorso) fatto per gradi di ascensione, che corrispondono al passaggio dalla specie al genere[6] e, dunque, dall’individuato all’universale[7]. Non si tratta solo di un’ascesa conoscitiva, di tipo gnostico, ma innanzi tutto sapienziale, perché la via anagogica è lo svelamento del mistero nel grado più alto che una creatura può raggiungere. Il fenomeno è, quindi, importante e posto a fondamento di ogni verità, ma «è necessario trascendere il mondo della materia» e dei fenomeni: nessuna cosa, infatti, «può avere valore metafisico se non “sub specie æternitatis”»[8].

Credere, fare, desiderare
E così ogni disciplina – tra cui la Dottrina sociale della Chiesa –, che sia fondata in modo peculiare sul Testo sacro, troverà nell’anagogia il senso più profondo del contenuto da proporre. La Dottrina sociale, nel significato di disciplina teologica, è un «patrimonio dottrinale», che «ha le sue radici nella Sacra Scrittura, specialmente nel Vangelo e negli scritti apostolici, ed ha preso forma e corpo a partire dai Padri della Chiesa e dai grandi Dottori del Medio Evo, costituendo una dottrina in cui, pur senza espliciti e diretti interventi a livello magisteriale, la Chiesa si è via via riconosciuta»[9].

Sono molti i riferimenti alla sapienza nei testi della Dottrina sociale, poiché la Sapienza – il Cristo, per appropriazione trinitaria[10] – è il centro di questa disciplina, come anche di ogni altra scienza teologica. Solo con il riferimento a Cristo è possibile guardare alle realtà sociali sub specie æternitatis, ovvero nel loro significato mistico e misterico, che è null’altro della verità su una certa cosa e di quella stessa cosa rispetto al tutto. La Dottrina sociale insegna le esigenze della giustizia e della pace, ma solo se «conformi alla sapienza divina»[11]. Gli stessi principi della Dottrina sociale sono tratti dalla Chiesa medesima che, durante la storia, ha saputo riflettere «sapientemente all’interno della propria tradizione di fede»[12].

Sarebbe del tutto errato ritenere che la sapienza diffusa dalla Rivelazione si trasformi, nell’uomo, in una sorta di attività speculativa o intellettuale. La conoscenza e la gnosi fine a se stessa non solo non salvano l’uomo, ma lo portano alla cecità. I significati stessi della Scrittura, secondo san Bonaventura[13], vanno ben oltre la teoresi e l’intelletto. Significato letterale: cosa si deve intendere. Significato allegorico: cosa si deve credere. Significato morale: cosa si deve fare. Significato anagogico: cosa si deve desiderare. La Dottrina sociale, così come la teologia morale, si estende dunque ben oltre il contenuto testuale e coinvolge ogni facoltà e capacità dell’uomo, che ha un’azione individuale e associata. Nella famiglia, prima e fondante tra le realtà sociali, «i figli apprendono le prime e più decisive lezioni della sapienza pratica a cui sono collegate le virtù»[14].

Pertanto, la Dottrina sociale dovrebbe essere una scuola di sapienza per ogni ordine sociale, a partire dalla famiglia, che si riversa sull’atto morale (pratico) e sulla coltivazione delle virtù. Solo attraverso questa modalità mistica, dove intelletto, volontà, preghiera, azione e desiderio sono un tutt’uno, i corpi sociali e la singola persona vanno a perfezione e si aprono alla beatitudine del Cielo, già nel secolo presente.

Sapienza sociale e metafisica
La virtù stessa richiede una modalità d’azione continua e perseverante orientata al bene, che diventa un habitus (abitudine) nel tempo, con le caratteristiche della stabilità. Ma per comporre un habitus, per cui diventa più facile (o meno faticoso) fare il bene, è necessario l’accordo costante e attivo di volontà e intelletto, sorretti dalla grazia. La Dottrina sociale raccomanda spesso la coltivazione delle «virtù morali e sociali», specialmente nel periodo scolastico e della giovinezza, quando la formazione di un habitus virtuoso è più semplice che non in età matura.

Benedetto XVI, commentando la «sapienza cristiana» di cui scriveva Leone XIII[15], disse che «ogni Pastore è chiamato a trasmettere al Popolo di Dio non delle verità astratte, ma una “sapienza”, cioè un messaggio che coniuga fede e vita, verità e realtà concreta»[16]. Cioè un dire accompagnato ad un fare. Mons. Giampaolo Crepaldi aveva del resto affermato che per la «sapienza sociale» è fondamentale la metafisica[17], ovvero l’osservazione sub specie æternitatis. La sapienza, infatti, «è quel sapere supremamente critico e sintetico che ci permette di ordinare la nostra vita personale e comunitaria con riguardo ai principi primi e ai fini ultimi». L’uomo – osserva Crepaldi – «vive di molte verità, ma solo la verità metafisica del fondamento è l’ultima verità, capace di dare consistenza a tutte le altre», anche perché «senza metafisica l’unica dimensione dell’essere rimane quella che vediamo e tocchiamo». Per questo «la Dottrina sociale della Chiesa, che è sapienza sociale, ha quindi bisogno della metafisica».
Silvio Brachetta - Fonte
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[1] Baruch Spinoza, Ethica more geometrico demonstrata, II, prop. 44.
[2] Ibidem.
[3] Formula della tradizione talmudica.
[4] L’anagogia (ἀναγωγή), nella logica aristotelica, è quel processo induttivo che dall’esperienza del particolare ricava principi universali.
[5] G. Barzaghi, Lo sguardo di Dio. Nuovi saggi di teologia anagogica, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2012, p. 131.
[6] Inductio (induzione), reductio (riduzione).
[7] Cfr. C. A. Mastrorilli, Quo tendas anagogia: l’anagogia nel cammino spirituale secondo San Bonaventura, «Divus Thomas», Edizioni Studio Domenicano, 2021, vol. 124, f. 1, pp. 319-344.
[8] A. Livi, Dal senso comune alla dialettica. Una storia della filosofia, Casa editrice Leonardo da Vinci, Roma 2004-2005.
[9] Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace (a cura), Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, 2005, n. 87. Abbrev. Compendio DSC.
[10] In teologia, l’«appropriazione» è il «riferimento a una determinata persona della Trinità di attributi che sono in realtà comuni anche alle altre due persone, in quanto proprî dell’essenza divina (per es., al Padre si attribuisce la potenza e l’eternità; al Figlio la sapienza e la verità; allo Spirito Santo l’amore)». Enciclopedia Treccani, Vocabolario on line: https://www.treccani.it/vocabolario/appropriazione/.
[11] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2419.
[12] Compendio DSC, n. 160.
[13] Cfr. Bonaventura da Bagnoregio, Breviloquium, prol. 4, 35. [14] Compendio DSC, n. 210.
[15] Leone XIII, Lett. Enc. Sapientiæ Christianæ, 10 gennaio 1890.
[16] Benedetto XVI, Omelia a Carpineto Romano, 5 settembre 2010.
[17] G. Crepaldi, Importanza della metafisica per la sapienza sociale: 10 anni dalla pubblicazione della Fides et Ratio, sito dell’Osservatorio Cardinale Van Thuân, 30 settembre 2008. Anche per le citazioni successive.

18 commenti:

Anonimo ha detto...

Da quello che vedo nei cattolici migliori risulta una sfasamento, una distorsione dell'insegnamento ricevuto e della azione agita; i cattolici mi sembrano 'mosci' a tutto tondo, forse la visione eterna ha oscurato quella temporale, forse il temporale ha oscurato l'eterno. Non so. Quello che vedo è la 'mosceria', detta anche 'tiepidezza'. Bisognerebbe approfondire questi due ultimi concetti, che a mio parere sono il male oscuro del popolo cattolico italiano, zerbino, oggi come non mai, di autorità senza autorevolezza alcuna.

Anonimo ha detto...

Grazie per queste somministrazioni di aria fresca per lo spirito assediato da una cappa di miasmi sulfurei. Grazie di cuore.

tralcio ha detto...

Qualche mese fa, a margine di una riunione aziendale dai contenuti molto tecnici, udii uno dei dottori dire questa frase: "la filosofia è proprio una materia inutile, sono solo idee". L'affermazione va contestualizzata (l'importanza del sapere, il valore dell'approccio scientifico, l'oggettività, il supporto sperimentale alle decisioni), ma se rivela ingenuità (specie sul ruolo attuale di una sedicente scienza) non di meno trasuda tutta l'arroganza di un'ignoranza coltivata per anni: la filosofia sono ciance in libertà di chi se le inventa... Perchè la si studia? Vuoi mettere le certezze di un trial della Pfizer sui vaccini, con il rigore di revisori del calibro dell'FDA e dell'EMA e l'avallo autorevole di prestigiose firme all'Istituto Superiore di Sanità? Eh già: lì casca l'asino! Come è inutile studiare le Guerre Puniche, così è inutile la filosofia. In realtà diventano inutili anche la virologia e la farmacologia, se basta un diktat dall'alto e lo stacco di molti e corposi bonifici.

Perciò grazie per questo bell'articolo che è aria fresca per lo spirito assediato da una cappa di miasmi sulfurei. Anche un'idea sbagliata (il panteismo di Spinoza) diventa occasione per un salto in alto verso la Verità, se chi ci si misura sa cogliere le opportune premesse e smascherare le erronee conclusioni. La filosofia sa far usare il cervello con la libertà del cercatore, proprio mentre la tecnica tende a limitare i gradi di libertà in ciò che concedono la rigidità dei programmi e il rispetto di procedure pensate da tecnici per ricondurre ogni deviazione nell'alveo di una correzione rispetto allo schema da salvaguardare. Si capisce che quella non è vita, ma matematica applicata. La natura contiene la matematica, ma la vita la scuote di sempre nuove situazioni. La filosofia ha la flessibilità per misurarle e comprenderle, la tecnica può solo comprimerle nello schema o dichiarare obsoleta la macchina che le misura.

Poverino chi pensa che "la filosofia è proprio una materia inutile, sono solo idee". Poverino chi schifa lo studio delle Guerre Puniche.
Poverino chi ritiene la religione una superstizione e quindi persino più sciocca della filosofia. Poverino chi è disturbato da un Segno della Croce. Crede però alla Pfizer... O al mainstream. Ha studiato!

tralcio ha detto...

Per anonimo delle 7.59

Mosceria, tiepidezza ed azzerbinamento esprimono in modo differente, ma coerente, la rinuncia a far diventare vitale la fede cristiana, che si limita invece ad essere strumentale e appiccicaticcia sul "resto".

Una gerarchia che fa della fede un instrumentum regni, a beneficio prima del suo potere (che va obbedito a prescindere dal tradimento del mandato) e poi del potere mondano con il quale dialoga prostituendovisi.

La vita (questa vita temporanea di noi creature con un'anima immortale) si colora di eterno solo se si innesta nell'eternità di Dio che ci crea, ci si rivela e ci conserva, anche adesso, mentre scrivo o leggo. Questa vita è spumeggiante, regge la croce, sa magnificare ed esultare, si gloria di Dio, Gli rende grazie e lode: pulsa di slanci e ha il coraggio del martirio. Paradossalmente umile, perchè non confida in sè.

Viceversa c'è la mondanità, allineata alla fragilità e alla caducità.
Paradossalmente superba, perchè chiama misericordia l'acquiescenza alla distanza da Dio, non sapendo confidare in altro dalle creature.

L'azzerbinamento al mondo non nemmeno è più un dato necessario o inevitabile: è piuttosto intrinseco, costitutivo e programmatico.

Essere messi male non è il problema peggiore: il Signore non è venuto per i sani, ma per i malati. Il problema è guarire grazie al Preziosissimo Sangue versato in sacrificio, sulla croce.
Ma bisogna adorare quello, non una riedizione in salsa filantropico-massonico-solidal-pacifista, priva di fuoco vivo, balbettante vaghi buoni sentimenti, per quattro ciarle all'ora dello spritz.

Anonimo ha detto...

PERCHÉ IL MONDO VA MALE?

Tutte le moderne spiegazioni, che si danno per trovare la ragione del male, sono false. Gli specialisti in biologia vanno dicendo che il male è dovuto ad un arresto nell'evoluzione. Rispondiamo: se il progresso è inevitabile, perché mai in vent'anni abbiamo avuto due guerre mondiali?

A loro volta gli specialisti in sociologia dicono che il male viene dai sistemi: capitalismo, comunismo, nazismo, fascismo. Rispondiamo: come ha potuto il mondo accettare dei cattivi sistemi, se le menti non erano un terreno adatto per il loro crescere?

Dal momento che il male è tanto universale, esso si deve attribuire a un crollo della legge morale universale. Il mondo è in subbuglio, perché sono io personalmente in subbuglio; perché io non ho fatto ciò che avrei dovuto fare.

Questo precisamente insegna il cristianesimo: Dio discese dal cielo in terra, per raddrizzare il mondo. Il cristianesimo comincia da una catastrofe. Quando un'anima comincia a convincersi che il mondo è guasto, perché ha violato la legge morale di Dio, allora fa i primi passi verso la conversione. Dio e l'anima s'incontrano lungo la strada d'un mondo spezzato e disordinato.

(Fulton J. Sheen, da "Amatevi gli uni gli altri" edizioni Fede e Cultura)

Anonimo ha detto...

https://www.radioradio.it/2022/04/lultima-diavoleria-del-mondo-della-falsita-totale-colpo-di-grazia-ai-fautori-della-verita/

tralcio ha detto...

Chiedo scusa se scrivo ancora, ma questo articolo mi è proprio piaciuto.

In questi giorni l'informazione ci sommerge di cronaca e propaganda bellica, dopo mesi a fare lo stesso su virus e vaccini.
La vera Dottrina Sociale avrebbe permesso alla Chiesa di non ragionare essa stessa sub specie temporis.
Immagino chi può dire che questa Chiesa è povera di dottrina in genere e chi invece può sostenere che il realismo imponeva il criterio seguito.

Il problema in entrambi i casi è l'inconsistenza dell'eternità delle cose, ricondotte solo ala loro immanenza. E' la ragione per la quale (ab intra!) non si sa mettere a tema l'esistenza del male innocente facendone perfino un caposaldo del dialogo (rivolgendosi ad extra).

Se nessun fenomeno può avere valore metafisico se non lo è sub specie aeternitatis, la Chiesa attualmente non sa dare valore metafisico.
Ogni disciplina che si basa sul sacro dovrebbe trovare nell'anagogia il senso profondo del suo contenuto: la Chiesa del moralismo e dell'allegoria è purtroppo platealmente impoverita di sacro.

La Dottrina Sociale è fondata sulla Sapienza e la Verità di Cristo: la Chiesa attuale è priva proprio di Cristo come vero Dio e vero uomo, per riferirglisi solo come uomo-buono, la cui croce lo accomuna agli indifesi e non Lo distingue come Colui che si consegna alla croce per redimere anche chi Lo crocifigge.

Giustizia e Pace traggono senso dalla conformità alla Sapienza e alla Verità: sono l'orientamento della creatura al Creatore, dai principi primi ai fini ultimi... Non sono il frutto di ragionamenti e compromessi umani, frutto di idealità intellettuali e di accordi storici.
Infatti questa Chiesa è in una deriva di una sapienza orizzontale, umana, che non salva ma conduce a cecità.

C'è tanta attualità in questo scritto, la cui perla è nella conclusione, ricordando che la Dottrina Sociale si sostanzia in una virtù come habitus: fedeltà perseverante nell'orientamento al bene, non basata sul consenso, le mode o la propaganda. Solo così chi sceglie il bene non è costretto ogni volta a doverlo preferire tra opzioni paritetiche o rese più accattivanti "dall'aggiornamento". Ritorna la dimensione trascendente, sacrale, così presente nella vita di ogni giorno se non fosse che a non crederlo più sia proprio una certa idea di Chiesa che sinodaleggia per ridefinirsi altro da sé.

Mettere d'accordo intelletto, orazione, volontà e desiderio è un'azione della Grazia che riempie chi si dispone a farsene recipiente. Una scuola che dovrebbe essere frequentata da giovani, invece di consegnare i giovani al suo contrario, coccolando la fragilità dell'uomo invece della sua possibile santità.

La Dottrina Sociale è quanto di meno astratto e inattuale possa esserci, potendo consegnarci un gusto di un dire accompagnato all'essere. Un sapere critico e sintetico, metafisico e sociale che è quasi scomparso dalla Chiesa attuale (anche se provvidenzialmente cova sotto le sue ceneri, o meglio in quella bellezza che non finisce anche se vengono distrutte tante cose molto belle). AMEN.

Silvio Brachetta ha detto...

Grazie a Maria per la pubblicazione e ai commenti, molto profondi.

Anonimo ha detto...

Giulio Meotti:
La solita Italia conformista, più solerte di tutti in Europa a cancellare la cultura russa. Nessun altro vanta così tanti annullamenti di grandi autori russi, che in Italia hanno vissuto e composto capolavori. Cosa speriamo di ottenere? La pace in Ucraina? O amputarci un arto della cultura europea? Intanto il nostro ridicolo ministro degli Esteri e cinque università italiane andavano nella capitale dell'Azerbaijan a inaugurare centri culturali, in un paese meno libero della Russia e che ha costruito un museo con i resti degli armeni uccisi...

Anonimo ha detto...

Nella mia vita ho quasi sempre letto saggi ora sto leggendo solo i grandi romanzi russi e altro non voglio sapere. E dei romanzieri russi non pochi nacquero in Ucraina, chi ha usato e sta usando l'Ucraina contro la Russia è semplicemente e profondamente ignorante. Sicuramente Stalin lo era, poco o niente so del dopoguerra del 1946, ma i politici nostri contemporanei per la maggior parte sono ignoranti anch'essi. A me fanno schifo queste potenze USA che dividono i popoli al loro interno e li usano, con lo specchietto della libertà, della democrazia, contro un altro popolo fratello che non hanno la faccia di affrontare a viso aperto perché sono e sanno di essere nel torto. Poi quando sento gli italiani commossi fino all'osso dalla propaganda tivvì, allora devo tacitare la parte di me che urla di rabbia e cerco di spiegare che l'Ucraina, come l'Italia, è stata divisa al suo interno per indebolirla e renderla più facilmente malleabile ed usabile per motivi altri dal bene comune del popolo ucraino. Cerchiamo noi di far tesoro di questa tragedia russo/ucraina e mandiamo via a calci nel sedere chi sta prendendoci per il naso da decenni. Via!

Anonimo ha detto...

A CIASCUNO IL SUO.

Macron in netto vantaggio sulla Le Pen: 28% contro 23%.
Margine enorme superiore alle aspettative che - salvo l’imponderabile - non sarà colmato nemmeno al ballottaggio. Anzi destinato ad aumentare anche perché il comunista Melanchon -terzo col 21% - per scongiurare la “svolta autoritaria” ricorrerà all’abituale e pasoliniano antifascismo in assenza di fascisti e appoggerà il presidente uscente. Ma il dato più importante è un altro: il presidente che disse “la nostra generazione sarà la prima a vedere la bestia”, della liquidazione della cultura francese ivi inclusa la sua religione, della decadenza nichilista e vassallo del mondialismo vincerà in modo pienamente legittimo. Non ci sono brogli, ne’ contestazioni, ne’ dubbi come nel caso dell’elezione di Biden. Macron ha vinto pienamente e limpidamente grazie al voto della gente comune. Voluto e riconfermato dal popolo francese. Questo è il dato che fa più riflettere: un allenatore che sta facendo retrocedere in serie b la squadra viene riconfermato fra l’entusiasmo dei tifosi. Meglio gli italiani che se non altro l’allenatore causa della retrocessione se lo ritrovano tra i piedi senza averlo votato.

Anonimo ha detto...

Non è politicamente corretto dirlo, ma è sarebbe stupido ignorarlo: la grande faglia elettorale è tra francesi bianchi e tra francesi di altre origini, diretto prodotto del colonialismo prima e del globalismo poi.

Anonimo ha detto...

Francia, adieu! Francistan, salam! A parte il solito scontro Macron-Le Pen, la sconfitta di Zemmour e la scomparsa di Socialisti e Gollisti che hanno governato il paese per 50 anni, la vera notizia è il successo della sinistra di Mélenchon, che vince in tutte le grandi città: Marsiglia, Lione, Tolosa, Nantes, Montpellier, Strasburgo, Lilla e Rennes, ovvero la seconda, la terza, la quarta, la sesta, la settima, l’ottava, la nona e la decima città francese. In tutta l'Île-de-France, il dipartimento più grande del paese, quello di Parigi, Mélenchon ha sconfitto Macron. Numeri "bulgari" (Macron per vincere ne avrà bisogno e dovrà fare un accordo), sostenuta dagli imam che hanno fatto campagna per la sinistra, dai Fratelli Musulmani, dalla demografia esplosa (il 69 per cento dei musulmani ha votato per Mélenchon) e dall'ideologia della "diversità". Città come Montpellier, dove "l'Islam è la religione più praticata in città e ci sono più musulmani praticanti che cristiani praticanti". Storia di un patto scellerato: voti in cambio di sostegno ideologico e religioso. E nel 2027 scenario alla Houellebecq?

Anonimo ha detto...

Preghiera di san Bonaventura

Oh Gesù, Tu solo sii sempre la mia speranza, la mia fiducia, la mia ricchezza, il mio diletto, la mia allegrezza, la mia gioia, il mio riposo e la mia tranquillità, la mia pace, la mia soavità, la mia dolcezza, il mio cibo, la mia refezione, il mio rifugio, il mio aiuto, la mia sapienza, la mia parte di eredità, il mio possesso, il mio tesoro, a cui siano sempre fissati, saldi ed inamovibili, la mia mente e il mio cuore.

Jesu Christe, ut tu sis solus semper spes mea, tota fidúcia mea, divítiæ meæ, delectátio mea, iucúnditas mea, gáudium meum, quies et tran­quíllitas mea, pax mea, suávitas mea, odor meus, dulcédo mea, cibus meus, reféctio mea, refúgium meum, auxílium meum, sapiéntia mea, pórtio mea, posséssio mea, thesáurus meus, in quo fixa et firma et immobíliter semper sit radicáta mens mea et cor meum. Amen.

Anonimo ha detto...


"Sicuramente Stalin lo era, ignorante.." E invece no.

In una delle sue residenze private Stalin aveva un biblioteca di circa 25.000 volumi, biblioteca sua personale.
Aveva una cultura da autodidatta ma, secondo lo stile marxista di allora, leggeva molto perché il rivoluzionario di professione doveva essere intellettualmente e dottrinalmente preparato.
Su diversi libri ci sono sue notazioni a margine.
Leggeva soprattutto opere di storia e politica. La letteratura russa doveva conoscerla abbastanza bene. Seguiva anche la musica e il teatro.
Bulgakov, il grande autore de "Il maestro e Margherita" (non pubblicato sotto Stalin), piaceva a Stalin nonostante il suo taglio anticonformista. Il dittatore andava a vedere le commedie di Bulgakov.
Fu lui stesso a salvarlo dalla repressione dei suoi scherani. Altri autori invece Stalin li ha fatti sparire nel Gulag.
Non si può dire che fosse colto nel senso profondo del termine, ma certamente non si può dire che fosse un ignorante.
H.

Anonimo ha detto...


La situazione demografico-politico-spirituale della Francia volge sempre al peggio, come quella dell'Italia.
Come liberarsi di queste classi dirigenti che stanno conducendo antichi popoli dell'Europa al suicidio, morale, economico, etnico?
Con le elezioni, si dovrebbe. Ma la maggioranza necessaria non c'è, non ci sarà. Forse in Italia, c'è una timida speranza per le prossime elezioni. Ma un centrodestra al potere non verrebbe subito ricattato con lo spread, i Mercati etc, per costringerlo a rigare dritto da subito?
Non si vede via d'uscita. Non è da credere alle minacce di guerra civile, i popoli occidentali sono troppo molli, rammolliti, corrotti.
Anche per fare la guerra civile ci vogliono ideali, fegato.

Le preghiere o i carri armati di PUtin?
Dobbiamo affidarci amaramente al "tanto peggio tanto meglio" ossia ad un'invasione russa dell'Europa, che farebbe piazza pulita?
Sarebbe l'invasione non di liberatori ma di occupanti e anche duri. Anche loro ci odiano e disprezzano.
Ma per lo meno farebbero piazza pulita della canaglia che sta distruggendo i nostri popoli, no? O forse no?
Però i russi in Ucraina stanno trovando notevoli difficoltà sul piano militare.
Prepararsi alla persecuzione e alla morte, individualmente, dopo aver testimoniato per bene la fede in Cristo e nella Patria italiana come dovrebbe essere.
Potius mori quam foedari.

Anonimo ha detto...

Avere una grande biblioteca non significa aver letto molti di quei libri e leggere molti libri non significa averne tirato fuori un gran succo. Leggere e rileggere, per esempio, la Bibbia e la Divina Commedia sarebbe per noi più che sufficiente per disporre di cibo spirituale/culturale doc con cui nutrirci a vita.

Purtroppo siamo anche nel pieno consumismo pseudo culturale che comprende la lettura di libri che escono sul mercato a valanga. Nei fatti poi si resta più o meno ignoranti come prima e come tanti autori del momento che si leggono sull'onda di emozioni.

Il troppo stroppia, sia nel poco che nel molto, bisognerebbe leggere libri sani adatti all'età, poesia e/o prosa, eppoi i saggi seri, onesti nel campo di interesse personale e/o di lavoro. Credo sia importante avere sul comodino 'quel libro', che nutre l'anima di ciascuno, di cui si legge anche solo una riga sul far della notte o di primo mattino.

Anonimo ha detto...


# anonimo 08.16

D'accordo. Ma l'accusa di ignoranza a Stalin era diretta e senza sfumature, lo presentava come un analfabeta.
Si trattava solo di ristabilire le giuste proporzioni.
Non era un incolto, aveva una cultura adatta ad un uomo politico.
I politici marxisti di una volta, in particolare, ci tenevano a
leggere, "studiare", pretendendo di fare delle analisi politiche
della realtà sempre "scientifiche", grazie al supposto valore assoluto
del Verbo marxiano. Anche Lenin, una volta al potere, nella sua dacia aveva una ricca biblioteca, pare di 10.000 volumi.
Non erano nemici della cultura anche se poi la piegavano spietatamente al loro verbo politico, finendo col soffocarla e degradarla.
Non è che nelle università sovietiche non ci fossero accademici capaci di studi approfonditi o scienziati di valore. Il fatto è che poi dovevano sempre piegarsi ad una verità ufficiale, prestabilita, mortificando la loro preparazione e il loro ingegno.
Alla fine le dottrine ufficiali imposte nell'URSS ad ogni manifestazione della cultura portarono al trionfo di una incultura di Stato, il c.d. "volgarmarxismo", roba da sezione rionale del PCI di una volta.
Tuttavia, l'attuale incultura che sta devastando l'Occidente, sino al movimento "cancel culture", è persino peggiore. Qui siamo proprio al ritorno alla jungla, al regno della foresta, tra scimmie e scimmioni.
H