Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

sabato 11 maggio 2013

L’ecumenismo della sofferenza nel saluto prudente del Papa ai copti

Inserisco l'articolo tratto da Il Foglio Quotidiano di oggi sull'incontro tra il Papa Copto Tawadros II e Francesco, preceduto da una nota di cronaca tratta dall'AGI, buttata lì in termini ormai entrati nel linguaggio comune, che segna, sia  nelle parole usate che nel gesto di cui dà notizia, una ulteriore desistenza dall'esercizio dell'Autorità petrina. Non si può non notare, nell'immagine a lato, più eloquente di molte parole, la figura dimessa del Papa-regnante e quella dignitosa e solenne del Papa Copto. C'è da dire che, rispetto alle sofferenze che i cristiani copti subiscono a causa delle persecuzioni in Egitto e quelle analoghe dei nostri fratelli nella fede in molti altri luoghi, le nostre non sono paragonabili. Esse tuttavia appartengono all'ordine morale e spirituale.
AGI CdV 10 maggio - Il patriarca dei Copti in Egitto è chiamato "Papa", esattamente come il vescovo di Roma nel mondo intero. E in questi giorni, Sua Santità Tawadros II, successore del recentemente scomparso Papa Shenouda III, si trova in Vaticano dove ha pregato nella Cappella Redemptoris Mater insieme a Papa Francesco, il quale - anche se aveva indossato la stola per la benedizione comune - alla fine di una breve liturgia ha lasciato che fosse il solo patriarca a benedire, mentre egli stesso come tutti i presenti si è fatto il segno della croce. Un gesto di umiltà molto significativo.(!?)
Sul "saluto prudente" inserisco come premessa un eloquente e centrato commento di Raffaella :
E dire che non una pedina è cambiata in curia e parliamo della stessa segreteria di stato di Benedetto XVI. Improvvisamente è diventata diplomatica? Strano... solo tre mesi fa la si accusava di non esserlo. Ricordo ancora quando Papa Ratzinger venne accusato di essere stato troppo "prudente" nel discorso agli Ortodossi a Cipro. Altri tempi... altro Papa...

“Vengo dal paese del Nilo”, ha detto il Papa copto Tawadros II salutando il Papa cattolico Francesco, ieri nel Palazzo apostolico, momento più significativo di una visita che comprende numerosi incontri con i vertici della curia romana. Erano quarant’anni che i capi delle due chiese non si incontravano a Roma, nelle stanze del Vaticano. L’ultima volta accadde nel maggio del 1973, quando Paolo VI e Shenouda III firmarono la “Dichiarazione comune” che ha posto quella che Bergoglio ha definito “la pietra miliare” del dialogo ecumenico bilaterale copto-cattolico. Allora si trattava di dar seguito alla spinta ecumenica sorta nel Concilio, di riprendere il dialogo con le chiese separate, superando contrasti e antichi dissapori.

Ci teneva tanto, il capo della chiesa di Alessandria, a incontrare il successore di Benedetto XVI. Già subito dopo l’elezione del gesuita argentino al Soglio di Pietro, Tawadros II aveva chiesto discretamente un incontro. Ieri, nel corso dell’udienza (seguita poi da una preghiera comune e dalla cena a Santa Marta), ha rilanciato, proponendo che il 10 maggio di ogni anno si celebri la festa dell’amore fraterno fra la chiesa cattolica e quella copto-ortodossa. Francesco ha sottolineato come il legame tra Alessandria e Roma (pur controverso e accidentato) non si sia mai interrotto: il sangue dei martiri – ha detto Bergoglio – ha avvicinato le due chiese. “Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme. Questa è una legge della vita cristiana, e in questo senso possiamo dire che esiste anche un ecumenismo della sofferenza: come il sangue dei martiri è stato seme di forza e di fertilità per la chiesa, così la condivisione delle sofferenze quotidiane può divenire strumento efficace di unità”. La speranza, ha aggiunto il Pontefice, è di “comunicare un giorno all’unico calice”, anche se “il cammino che ci attende è forse ancora lungo”.

Un discorso diplomatico ed equilibrato, quello di Papa Francesco, di certo passato al vaglio degli uffici della segreteria di stato. Parole misurate, nessun accenno all’odierna situazione politica egiziana. Nel fragile equilibrio del Cairo post Mubarak, la Santa Sede ha fatto in modo di evitare ogni possibile incidente che potesse mettere ancor più in pericolo la comunità copta. I temi più controversi e delicati sono stati affrontati prima, durante l’udienza privata a porte chiuse. L’intesa tra Francesco e Tawadros è stata immediata: il capo della chiesa di Alessandria ha anche invitato Bergoglio a recarsi presto in Egitto, sulle orme del pellegrinaggio che fece nel febbraio del 2000 Giovanni Paolo II. Era l’anno del Giubileo, e Karol Wojtyla volle recarsi al Cairo e sul monte Sinai, prime tappe della visita che il mese successivo avrebbe compiuto in Terra Santa. Un viaggio che, dodici anni dopo il crollo delle Torri gemelle e l’esperienza delle primavere arabe, avrebbe tutt’altro significato.

Matteo Matzuzzi 

28 commenti:

Anonimo ha detto...

Parlavo delle nostre sofferenze morali e spirituali causate anche da aspetti di questo pontificato che hanno le loro scaturigini nella chiesa post-conciliare e nelle distorsioni che ne sono scaturite (che di certo non eliminano la nostra gioia Pasquale e la nostra Speranza) . Devo tuttavia riportare queste parole appena lette: il solito "cristianesimo in pillole" del Papa a S.Marta:

"Alcune volte" i cristiani sono "malinconici" e per questo "hanno più una faccia da peperoncini all'aceto che proprio di gioiosi che hanno una vita bella". Lo ha detto Papa Francesco nell'omelia della messa celebrata oggi [ieri] alla Domus Santa Marta, dedicata al tema della gioia cristiana. E, poi:

"In questi giorni in modo speciale, perché la Chiesa si invita, la Chiesa ci invita a chiedere la gioia e anche il desiderio: quello che porta avanti la vita del cristiano è il desiderio". "Quanto più grande è il tuo desiderio - ha concluso - tanto più grande verrà la gioia".

Mi pare il solito refrain sentimental-pop.
La "volontà" ben orientata no, eh?

Credo che questo discorso del "desiderio" faccia il paio con lo "stupore" di cui abbiamo parlato in un articolo precedente...

RIC ha detto...

C’è una domanda (una delle tante..) alle quali non riesco a trovare una risposta.
Qualche giorno fa dicevo ad un amico che in Vaticano vive un uomo scelto dal Conclave come Capo Supremo di Santa Romana Chiesa. Veste di bianco: ma rifugge i simboli esterni del Sommo Pontefice (nella cornice e nell’abbigliamento, ai quali eravamo abituati da secoli), non si autodefinisce Papa e vive in un albergo… (a poche centinaia di metri, invece, c’è un vecchio sacerdote, anch’egli vestito di bianco, non più Sommo Pontefice ma che continua a farsi chiamare Papa -seppur emerito - e che vive un monastero).
L’attuale Vescovo di Roma ha l’abitudine di esternare quotidianamente con un linguaggio che a volte sembra ricercare volutamente l’attenzione dei media (Dio non è spray, le suore non devono essere zitelle, la chiesa non deve essere una ONG); a volte, invece, risulta impreciso a causa di una buona ma non perfetta conoscenza dell’italiano. In entrambi i casi si è di fronte a testi scritti di proprio pugno ed evidentemente non rivisti (non solo nei contenuti, ma neppure nella forma) da parte dei collaboratori più diretti.
La domanda è la seguente L’understatement (scusate l’anglismo) con il quale Bergoglio porta avanti il proprio ministero è effettivamente voluto? Cioè l’affrontare il terribile compito di essere Vicario di Cristo in terra nei modi sopra descritti, nasce da una visione post-conciliare del papato o da una non chiara percezione di ciò che significa essere Sommo Pontefice? E’ possibile in altri termini che l’aver vissuto la propria vita alla “periferia del mondo” sia all’origine di questo modo di fare “sciatto” che caratterizza le prime settimane del suo pontificato? Fino a che punto Francesco si rende conto che essere Papa è qualcosa di più di essere Vescovo di una grande diocesi? Fino a che punto si rende conto che ciò dice (e soprattutto, almeno sino ad oggi, ciò che non dice) ha una portata planetaria, che trascende quella di una diocesi? Fino a che punto un uomo che è stato sempre lontano dal centro della cattolicità, vivendo – se mi passa il termine - una cattolicità periferica, è all’altezza del compito per il quale è stato chiamato?
Quali che siano le motivazioni, in assenza di una rapida “raddrizzata”, rischiamo la definitiva distruzione di quanto resta della gloriosa tradizione della Chiesa e di quelle forme che nel corso dei secoli sono state codificate per trasmettere il messaggio di Cristo. Forme plasmate per esaltare nel modo umanamente più elevato ciò che dovevano esplicare e che – a differenza di quanto avvenuto negli ultimi cinquant’anni – sono state capaci di convincere l’anima e il cuore di generazioni e generazioni, indipendentemente dalla cultura, dall’etnia, dalla lingua.
Qui poi si apre, naturalmente, il secondo grande e più importante capitolo della questione. Saprà o vorrà Francesco confermare il messaggio eterno della nostra Chiesa, in linea con la tradizione? Al momento brancoliamo ancora nel buio. Ma, a dir la verità, non si intravvedono segnali che inducano all’ottimismo.


Antonio ha detto...

Cara mic, a questo giro ci andrei un attimo più cauto. Ti seguo da tempo e credo di sapere quale è quanta confusione possano generare certe "incongruenze", talvolta palesi talvolta solo apparenti. Ciò detto, non lasciamoci demolire del tutto dalla seppure legittima confusione.

Mi sono già espresso in merito all'argomento «stupore», ma qui ritengo che i termini del discorso siano diversi. Lasciamo un attimo da parte oneri di benedizioni e quant'altro, focalizzandoci su quel termine che ti ha non a torto fatto storcere il naso, ossia «desiderio».

Parto da Sant'Agostino, che è l'unico che al momento mi torna alla mente in merito a tale questione. Cosa ha scritto il Vescovo di Ippona a riguardo?

«Sia dinanzi a lui il tuo desiderio; ed il Padre, che vede nel segreto, lo esaudirà. Il tuo desiderio è la tua preghiera; se continuo è il desiderio, continua è la preghiera. Il desiderio è la preghiera interiore che non conosce interruzione. Qualunque cosa tu faccia, se desideri quel sabato, non smetti mai di pregare ... Il tuo desiderio continuo sarà la tua continua voce. Tacerai se cesserai di amare ... Il gelo della carità è il silenzio del cuore; l'ardore della carità è il grido del cuore. Se sempre permane la carità, tu sempre gridi; se sempre gridi, sempre desideri; e se desideri, ti ricordi della pace ... Se dentro al cuore c'è il desiderio, c'è anche il gemito; non sempre giunge alle orecchie degli uomini, ma mai resta lontano dalle orecchie di Dio (En. in ps. 37, 14).

Noi preghiamo sempre con desiderio continuo sgorgato dalla fede, speranza e carità. Ma a intervalli fissi di ore e in date circostanze preghiamo Dio anche con parole, affinché mediante quei segni delle cose stimoliamo noi stessi e ci rendiamo conto di quanto abbiamo progredito in questo desiderio e ci sproniamo più vivamente ad accrescerlo in noi ... Una cosa è un parlare a lungo, altra cosa un intimo e durevole desiderio. (Ep. 130, 9-10).

Il desiderio è il recesso più intimo del cuore. Quanto più il desiderio dilata il nostro cuore, tanto più diventeremo capaci di accogliere Dio. Ad accendere in noi il desiderio contribuiscono la S. Scrittura, l'assemblea del popolo, la celebrazione dei misteri, il Santo Battesimo, il canto delle lodi a Dio, la nostra stessa predicazione: tutto è destinato a far dilatare sempre più questo desiderio. Vogliate, perciò, amare con me (In Io. Ev. tr. 40, 10)

Qualunque cosa tu faccia, se desideri quel sabato (il riposo eterno), non smetti mai di pregare. Se non vuoi interrompere la preghiera, non cessar mai di desiderare. Il tuo desiderio continuo sarà la tua continua voce. Tacerai se cesserai di amare ... Il gelo della carità è il silenzio del cuore, l'ardore della carità è il grido del cuore. Se sempre permane la carità, tu sempre gridi. Se sempre gridi, sempre desideri; e se desideri, ti ricordi della pace. (En. in ps. 37, 14)

Il Signore Dio nostro non desidera che noi gli facciamo conoscere qual è il nostro volere ch'egli non può non conoscere, ma desidera che nelle preghiere si eserciti il nostro desiderio, onde diventiamo capaci di prendere ciò che prepara di darci.
»

Agostino in epoche come questa va saputo somministrare, è vero, basti pensare a quanta "fortuna" abbia recentemente (e non solo) riscosso il suo celebre «ama e fa ciò che vuoi», da tanti citato e quasi da nessuno compreso - essenzialmente e banalmente perché estrapolato dal contesto. (Continua)

Antonio ha detto...

(Continua)

Ma c'è una stretta correlazione tra la facoltà di desiderare e quelle relative all'intelletto ed alla volontà. Prendi gli stralci di scritti sopra riportati: anche se non viene esplicitamente chiarito, è altresì evidente il richiamo a «volere» desiderare. Il desiderio ha davvero poco o nulla a che fare con le sensazioni di cui all'articolo del Gherardini. D'altra parte se si trattasse di una facoltà così spontanea, "naturale" oseremmo dire, Sant'Agostino non avrebbe avuto bisogno di porvi l'accento con così tanta insistenza, spronandoci a coltivarlo.

Potremmo arrivare a concludere, non troppo forzatamente, che per il «desiderio» pure vale la metafora della pianta, nel peggiore dei casi (quello auspicato dai "sentimentalisti religiosi"): da soli non possiamo trarre nulla da una radice, da un seme o chi per loro, essendoci bisogno di un terreno su cui piantare. Ma non basta. Pur non potendo materialmente "costringere" la pianta a crescere, nondimeno è essenziale che noi la si annaffi e ci si prenda cura di lei. Per farlo dobbiamo volerlo, ergo desiderarlo. Solo allora, mediante tale processo unito alla nostra perizia, potrà avvenire ciò che senza quell'insieme di atti volitivi non sarebbe mai accaduto.

Mi rendo conto di aver semplificato il discorso a tal punto da correre il rischio di banalizzarlo, ma il ragionamento ritengo sia salvo. La prova dei fatti dimostra quanto desiderare di per sé sia poco o niente proficuo, perché questa è una "pratica" che comporta e presuppone al tempo stesso un impegno costante, la cui radice giace in quello slancio di volontà senza la quale ogni cosa è vana. Ma la stessa volontà, cosa sarebbe se non fosse direzionata dall'intelletto?

Un'arma oltremodo pericolosa, ecco cosa sarebbe. È torniamo sempre lì: bisogna desiderare di ben ragionare, anche se tale desiderio si sia portati a credere essere frutto esclusivo di un processo intellettivo. Lo è, ma solo in parte. Per questo c'è la meditazione, che si pone su un livello altro e che aiuta ad orientarci specie quando la nostra ragione fa difetto. Perché se desiderare il Bene presupponesse inevitabilmente un sano ragionare, in pochi (troppo pochi) avrebbero chance, vista la natura essenzialmente corrotta dell'uomo. Non esiste a mio parere una gerarchia in tal senso, quanto piuttosto un feedback reciproco. Ma finché ci troviamo nel dominio dell'essere "presenti a sé stessi" e mai in balia di chissà quali «forze», allora siamo in condizione di poter aspirare ad un retto volere, pensare e desiderare. Non è una diretta conseguenza, si badi bene; siamo abili a riuscirci, ma la realtà dei fatti ci costringe a prendere atto che spesso è volentieri ciò non accade.

Ma il principio di tutti questi equivoci e fraintendimenti va scorto in quella tremenda mistificazione di base circa la natura dell'uomo: spostando il peccato originale dall'uomo alla società, o chi per lei, i cosiddetti "lumi" fecero un torto tremendo a quello stesso uomo che dichiaravano ostentatamente di voler «liberare», il quale da quel momento si è scoperto «naturalmente» buono. Il male non viene più da dentro ma da fuori, quindi si deve dispiegare ogni forza al fine di non mescolarsi con l'esterno per non contaminarsi. Nemmeno il cattolicesimo nelle sue forme più "intransigenti" suppongo sia mai giunto a tanto.

Anonimo ha detto...

Caro Antonio,
mi hai preceduta e ti ringrazio, perché ero consapevole della carenza della mia (troppo) sbrigativa sottolineatura.

Del tuo contributo, che ho apprezzato e di cui faccio tesoro, amo sottolineare per grande 'consonanza':

bisogna desiderare di ben ragionare, anche se tale desiderio si sia portati a credere essere frutto esclusivo di un processo intellettivo. Lo è, ma solo in parte. Per questo c'è la meditazione, che si pone su un livello altro e che aiuta ad orientarci specie quando la nostra ragione fa difetto. Perché se desiderare il Bene presupponesse inevitabilmente un sano ragionare, in pochi (troppo pochi) avrebbero chance, vista la natura essenzialmente corrotta dell'uomo. Non esiste a mio parere una gerarchia in tal senso, quanto piuttosto un feedback reciproco. Ma finché ci troviamo nel dominio dell'essere "presenti a sé stessi" e mai in balia di chissà quali «forze», allora siamo in condizione di poter aspirare ad un retto volere, pensare e desiderare. Non è una diretta conseguenza, si badi bene; siamo abili a riuscirci, ma la realtà dei fatti ci costringe a prendere atto che spesso è volentieri ciò non accade.

Aggiungo, consapevole della stretta interconnessione delle facoltà, che se un sano "desiderio" muove la volontà, dobbiamo esser sempre vigili a non confondere il "desiderio" con la "realtà", nel senso di considerare acquisiti dei beni spirituali solo perché vi aderiamo con tutta la nostra intelligenza, perché non diventano "reali" in noi, se non nel momento in cui li "mettiamo in pratica"...

Anonimo ha detto...

l’affrontare il terribile compito di essere Vicario di Cristo in terra nei modi sopra descritti, nasce da una visione post-conciliare del papato o da una non chiara percezione di ciò che significa essere Sommo Pontefice?

Questo è il dilemma. Qualcuno, in Vaticano, ritiene che ancora egli non riesca ad "entrare nel ruolo".
Personalmente, vedo molto l'impronta post-conciliare...
Gli eventi che verranno ci faranno capire meglio.

Anonimo ha detto...

Bello anche il "desiderio come preghiera":
Anch'io sono convinta che il desiderio di Bene che custodiamo nel cuore, sia un richiamo continuo al Signore, che lo inclina ad intervenire, così come è Bello il richiamo:

Il Signore Dio nostro non desidera che noi gli facciamo conoscere qual è il nostro volere ch'egli non può non conoscere, ma desidera che nelle preghiere si eserciti il nostro desiderio, onde diventiamo capaci di prendere ciò che prepara di darci

Il che significa che il desiderio richiede e implica anche la consapevolezza e il dialogo (Tu a tu) col Signore alimentato continuamente dalla preghiera.
A parte, poi, i gemiti inesprimibili, o quant'altro (più che di pre-razionale, di meta-razionale) può lampeggiare nel mostro intimo, come dicevamo a proposito di un certo tipo di sano stupore.

Anonimo ha detto...

Ottima e pertinente anche la tua conclusione, Antonio :)

Amicus ha detto...

Dopo l'elezione del card. Bergoglio alla Sede di Pietro, sia Bartolomeo I che Tawadros II si sono precipitati a Roma.
Credo che gli scismatici abbiano buon fiuto, hanno capito che questa è per loro l'occasione d'oro per contribuire a fare a pezzi la Chiesa Cattolica Romana, e ridurre il Vicario di Cristo ad un loro collega di pari - o magari anche inferiore - dignità.

E voi, tradizionalisti lefebvriani testardi e lenti di cuore, piantatela di fare drammi. Perché ostinarvi ad essere come peperoncini all'aceto, come la Chiesa di cinquant'anni fa che erigeva muri anziché ponti? Date retta al 'Vescovo di Roma' Bergoglio: la vita è bella, specie tra una Messa con pupazzoni disneyani e una festicciola interreligiosa con chanukkà incorporata.
Senza dimenticare che potete anche iscrivervi al Rotary Club: e allora, vedrete, sarete al top dell'allegria conciliare, pieni di bontà e tenerezza.

Anonimo ha detto...

Amicus,
mi pare che siamo in diversi "testardi e lenti di cuore"... forse non siamo abbastanza o non siamo abbastanza incisivi! Ma ci penserà il Signore.

Louis Martin ha detto...


Chissà, magari un giorno vedremo il primi convegno cattolico di "chiesa e postconcilio" ...

Anonimo ha detto...

Caro Louis,
non lo avevo in mente scrivendo. E forse la tua è semplicemente una battuta ;)
Ma non ti nascondo che sono consapevole che è importante creare sinetgie e l'impegno allargato e condiviso.
Però, mentre i convegni, i seminari, sono utili per il confronto, la condivisione, l'approfondimento, credo che sia arrivato il momento di uscire dal piano accademico e occuparsi della 'pastorale' tradizionale che è pressocché inesistente.
Personalmente ho più volte cercato di rendermi disponibile per collaborare in contesti già attestati; ma mi sono accorta che rischiavo di essere strumentalizzata o dovevo "allinearmi" su questioni che non condividevo.
E allora sono ancora qui e, nel mio piccolo, faccio quel che posso non solo sul web.
Per ora. Il resto, davvero è nelle mani del Signore...

Antonio ha detto...

«Aggiungo, consapevole della stretta interconnessione delle facoltà, che se un sano "desiderio" muove la volontà, dobbiamo esser sempre vigili a non confondere il "desiderio" con la "realtà", nel senso di considerare acquisiti dei beni spirituali solo perché vi aderiamo con tutta la nostra intelligenza, perché non diventano "reali" in noi, se non nel momento in cui li "mettiamo in pratica"...»

E questo è senz'altro uno dei pericoli da cui guardarsi con maggiore scrupolo. Vale per qualunque cosa: perdere il contatto con la realtà può sempre rivelarsi una tragedia, specie in ambito spirituale.

Louis Martin ha detto...

Cara Mic,
va già benissimo qual che fai.

Si legge nella Regola del Santo Patriarca Benedetto:

"ciascuno conservi il proprio posto, perché, sia il servo che il libero, tutti siamo una cosa sola in Cristo e, militando sotto uno stesso Signore, prestiamo un eguale servizio"

e ancora

"dappertutto si serve il medesimo Signore e si milita sotto lo stesso Re"

Anonimo ha detto...

Andando avanti nella riflessione indotta dalla battuta di Louis, ho sempre pensato che i convegni da organizzare dovrebbero essere misti, per non fare come fino ad oggi convegni a compartimenti 'separati' nei quali la critica al 'fronte' contrapposto (perché è di questo che si tratta) resta in un orizzonte interno e anche per questo non ha effetti. Infatti, fino ad ora, almeno secondo la mia esperienza, pullulano convegni della parte egemone che vanno dritti per la tangente secondo i parametri conciliari irriducibili e indiscutibili e, dall'altro lato, quelli della Tradizione (vi comprendo anche i diversi, interessantissimi, promossi dalla FSSPX). Ma sono come le rette parallele, che non si incontrano mai...
Una sola esperienza abbastanza recente ha visto relatori dei due fronti (l'ultimo Convegno Summorum Pontificum); ma non c'è stato confronto tra i relatori e si sono ascoltate affermazioni tra loro contraddittorie (faccio solo alcuni nomi appaiati Kock-Bux Canizares-Schneider). Ne ho parlato qui.

Tuttavia, se pensiamo all'esito dei famosi "colloqui" tra la Fraternità e la Santa Sede, dobbiamo pensare ad una ormai consolidata sfasatura dei "linguaggi" per cui, alla fine, si rischia il classico dialogo tra sordi...

Francamente, sembra umanamente impossibile venirne fuori. O la sto facendo troppo drammatica?

Anonimo ha detto...

INTERESSANTE LIBRO IN USCITA: La croce e il compasso... Da leggere, si troveranno tante risposte a questa pace e a questa prudenza...

Anonimo ha detto...

Ottime le tue citazioni, Louis.

Conosco i miei limiti, anche se a volte mi vanno un po' stretti; specie quelli della situazione attuale (non solo quella generale)... ma mi affido e vado avanti :)

Anonimo ha detto...

http://ilblogdiraffaella.blogspot.it/2013/05/la-croce-e-il-compasso-la-massoneria-ed.html

Anonimo ha detto...

"Francamente, sembra umanamente impossibile venirne fuori. O la sto facendo troppo drammatica?"

Si la situazione è drammatica, ma la valutazione è realistica.
Non sappiamo quando potrà finire questa tremenda crisi della Chiesa causata dalle stesse autorità, una delle più gravi della storia. Possiamo solo attenderlo per fede e fare ciò che possiamo ognuno nel suo.

Anonimo ha detto...

http://ilblogdiraffaella.blogspot.it/2013/05/la-croce-e-il-compasso-la-massoneria-ed.html

Se il libro citato è degno di fede il senso di 'estraneità' rispetto alla chiesa conciliare non può che aumentare.

Su blog di Raffaella serpeggia diffidenza nei confronti degli autori: Galeazzi&Pinotti, ma c'é un'ipotesi nell'articolo che appare verosimile anche agli occhi dei "profani": c'è convergenza nel riconoscere la guerra, da parte della massoneria e suoi alleati consapevoli e non, alle linee di "restaurazione" dottrinale, etica e disciplinare che Benedetto XVI aveva fatto proprie e che vengono attribuite con molti pregiudizi ai tradizionalisti, tacciandoli di "integralismo".

Un lettore vede nella recensione - e attendibilmente anche nel libro - una raccolta di messaggi trasversali di difficile decifrazione, forse sintetizzabili, cito lui, in un grande avvertimento anche riguardo alla pax mediatica finora accordata (e di fatto già rotta da questa stessa iniziativa editoriale): attento Francesco, puoi dire "ai cattolici" quello che vuoi, accarezzali pure e mandali nelle periferie, ma non ti azzardare a continuare nella demolizione di teologia ed etica libertarie; lasciaci fare altrimenti ti scateniamo contro un nuovo vatileaks all'ennesima potenza. Il grido di dolore delle "suore" americane ha trovato un'eco.
Da questa convinzione il lettore tira però fuori una grande fiducia nel papa che, dice, Li infilzerà quando meno se l'aspettano.

Beh, io ho i miei dubbi. Perché papa Benedetto ci aveva provato e abbiamo visto cos'è successo. Però, staremo a vedere...

Certo che di 'complottismo' saremmo saturi, se non fosse che la situazione è davvero ingarbugliata come non mai.

Anonimo ha detto...

Si la situazione è drammatica, ma la valutazione è realistica.


Penso con grande speranza ai laici, ai seminaristi e ai giovani sacerdoti della generazione postsessantottina che sta tramontando.

Anonimo ha detto...

"Francamente, sembra umanamente impossibile venirne fuori."


Non lo aveva detto anche mons. Fellay?

Luisa ha detto...


Vicinanza reciproca?
A che prezzo?
Dialogo ecumenico fai da te?
E quando è un cardinale a farsene promotore, aprendo vie vertiginose?
Oggi, il card. Barbarin in un discorso pronunciato in occasione della celebrazione inaugurale del primo sinodo della chiesa protestante unita, ha evocato la sua riflessione sulle condizioni dell`...ospitalità eucaristica!
Il che ha suscitato una certa emozione.
Ha detto:
"Quali condizioni riunire in una Chiesa per accogliere alla Comunione tutti coloro che rispettano la sua fede( quella della Chiesa) e che agiscono in comunione spirituale con la propria Chiesa?
Talvolta, il mio spirito immagina uno scenario talmente inatteso che verrebbe da Dio, bruciando le tappe per ristabilire l` unità tanto desiderata".


Frase che evidentemente non è sfuggita al primo presidente della chiesa protestante unita di Francia che ha dichiarato che il card. Barbarin ha proposto l`ospitalità eucaristica e che, siccome è il card. Barbarin a farlo, è una grande avanzata.
Per esempio ad un protestante basterebbe per comunicarsi di rispettare che i cattolici credono nella Presenza Reale di N.S.G.C., gli sarebbe richiesto solo di rispettare la comunità insomma!
Ma ci rendiamo conto, o meglio, si rende conto il cardinale delle conseguenze delle sue parole, parole in libertà, ancorate solo nei suoi sogni ma contrarie a ciò che insegna la Chiesa?
Dov`è finita la prudenza, e l`ortodossia di chi dovrebbe esserne un garante?

Luisa ha detto...

Il profilo del Papa secondo Jorge Bergoglio, disegnato in una conversazione con Padre Angel Strada, tre giorni prima di partire per il conclave:

-Per primo deve essere un uomo di preghiera, profondamente unito a Dio.
-In secondo luogo deve essere profondamente convinto che Gesù è il Signore della storia.
-In terzo luogo deve essere un buon vescovo, capace di accogliere, tenero con le persone e capace anche di creare comunione.
-Infine deve essere capace di riformare la Curia».


Confermare nella fede i fratelli no?

Anonimo ha detto...

Dov`è finita la prudenza, e l`ortodossia di chi dovrebbe esserne un garante?

Luisa,
lo stavo traducendo prima di leggerti, sono oltre la metà e mi ci sto sentendo letteralmente male...
Avevo perfino deciso di smetterla lì e di non non pubblicarlo, perché tanto che cosa cambia?
Questi stanno corrodendo giorno dopo giorno i fondamenti della Fede senza che nessuno riesca ad opporsi.
Qualcuno è intervenuto su Piero Marini, Paglia et alii? Credi che qualcuno interverrà su questi deliri falso-ecumenici?
Siamo passati dallo 'stupore' al 'sogno'... vedrete quando avrò finito... linguaggio approssimativo, approccio sentimentale, null'altro!
Il Papa ha già raccomandato l'ecumenismo (e sappiamo che è quello falso, purtroppo) ai vescovi europei che lamentano la scristianizzazione... sembra sia quello l'unico rimedio!
Servirà a ripopolare le Chiese? QUALI Chiese? E di cosa?

rosa ha detto...

Non vorrei sembrare cinica, ma ho l'impressione che stiano facendo tra se' e se' questo ragionamento:le chiese si svuotano, i templi luteran-riformati si svuotano, le casse sono vuote...mettiamoci insieme, cosi' voi venite da noi, noi da voi, mettiamo insieme i fondi, e chiese e templi sembreranno piene, perche' riempite con gli uni e gli altri. Questa e' almeno l' impressione che ho ricavato dalla lettura sul Le Figaro dell' intervista al capo di quest' unione luteran-riformata ( che per altro non comprende quella alsaziana, non ho capito perche', ne' tantomeno gli evangelici).
Rosa

giuseppe ha detto...

prendo da Luisa: Per esempio ad un protestante basterebbe per comunicarsi di rispettare che i cattolici credono nella Presenza Reale di N.S.G.C., gli sarebbe richiesto solo di rispettare la comunità insomma!
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Uno scenario di questo tipo è stato previsto dall'Abate Claude Barthe, una delle menti più lucide in questo tempi, in uno scritto di qualche tempo fa che non riesco a trovare. Se ci si riuscisse potrebbe essere illuminante, e se ci riesco ve lo comunico.

Ricordo solo che prevedeva esattamente questo: che lo scontro dei tempi che vengono sarà non più tra chi crede nelle Verità di Fede e chi no, ma piuttosto tra chi ritiene che per stare nella Chiesa sia necessario credere in tutte le Verità di Fede e chi, invece, ritiene che facciano parte dell'unica Chiesa tanto i credenti come i non credenti.

In fondo non è un dissidio nuova all'interno della Chiesa Cattolica dopo l'infiltrazione del fumo si satana. Ma, attraverso il discorso di Barbarin e del suo (omologo?) protestante sembra trovare una prima espressione formale e dichiarata a livello di Gerarchia.
E' un colpo di acceleratore. Non nascondo che mi prende un ottimismo simile a quello di don Camillo, anche se a partire da posizioni credo diverse (per me di incondizionata fiducia nella guida del Papa).

Tutto questo è stato preparato in profondità da BXVI e la forza "gesuitica" di Francesco sembra capace di realizzarlo.
La Chiesa sta per liberarsi del cancro modernista?

Anonimo ha detto...

Ho paura che questo papa, quando parla di ecumenismo, non intenda minimamente il reditus, ma l'inclusivismo alla Barbarin.
Comunque vedremo...