Pubblico questo interessante articolo di Don Curzio Nitoglia Fine del liberismo ed elogio della frugalità che ci induce a riflettere sulla temperie spirituale, politica, culturale - in una parola esistenziale - che caratterizza questo nostro tempo, indubbiamente di crisi e con forti segnali si svolta epocale: declino di una civiltà che ci ha 'portati' fin qui, della quale dobbiamo incarnare le forze vive e vitali per poter fecondare il futuro e per sperare di non cadere nelle schiavitù ideologiche - che sono sempre dietro l'angolo e che non risparmiano neppure la Chiesa - e rimanere ben saldi nella "libertà dei figli di Dio".
È uscito recentemente un interessante libro - non condivisibile in tutto - dell’economista Serge Latouche (Per un’abbondanza frugale, Milano, Bollati & Boringhieri, 2012) il quale prende atto che la Società liberal/liberista e consumistica, sta finendo sotto i colpi sempre più duri della crisi economico/finanziaria mondiale.
Egli propone come rimedio possibile a tanto sfacelo l’unica via che si deve e si può – con un bel po’ di buona volontà – ancora percorrere: la Frugalità.
Il Liberalismo nasce dall’illusione prometeica e luciferina del “Progresso e sviluppo all’infinito”. Pio IX nella sua Enciclica Quanta cura e nel Syllabus (entrambi dell’8 dicembre 1864) aveva condannato sia l’illusione social/comunista che quella liberal/liberista, e particolarmente la loro conclusione del “Progresso all’infinito” o del “Sol dell’Avvenire”.
L’ultima ed 80ma proposizione del Syllabus condanna la proposizione secondo cui “il Papa può e deve venire a patti col Liberalismo, col Progresso e colla Modernità”, ove per “Progresso” s’intende il Progresso costante, incessante e tendente all’infinito, e, per Modernità la filosofia moderna (da Cartesio ad Hegel), che è soggettivista e relativista e distrugge la conoscenza oggettiva della realtà da parte dell’uomo (Cartesio) e il valore immutabile ed assoluto dei primi princìpi filosofici (Hegel), sociali/politici (Rousseau) e dei dogmi religiosi (Lutero). Latouche paragona il Progressismo e il Consumismo alla malattia chiamata “bulimia”. Certamente non bisogna cadere nel difetto opposto, verso la quale tende l’Autore, che è l’anoressia o “l’insano archeologismo” (come lo chiamava Pio XII), ovvero il “tribalismo” dello ‘Strutturalismo francese’ (Lévy-Strauss, Sartre, Lacan, Ricoeur), che riprende il tema del “buon selvaggio” di Jean Jacques Rousseau e lo porta alle estreme conseguenze del “Pensiero selvaggio” e dell’uomo non più “animale razionale e sociale” (Aristotele e S. Tommaso), ma “bestia istintiva e asociale” (Lévy-Strauss).
Secondo il buon senso (economia come ‘Virtù della Prudenza applicata al focolare domestico’, Aristotele/S. Tommaso) e Latouche per essere nell’abbondanza basta avere solo pochi, essenziali bisogni, che possono essere soddisfatti normalmente e da tutti. L’economista francese ammette che la vita dell’uomo (e di sua moglie) non può e non deve essere assorbita al 60% dal lavoro. Essi debbono essere presenti in se stessi, tra loro e con i figli nella famiglia, nella Società civile e nella Società religiosa, poiché l’uomo ha un’anima spirituale e deve nutrire pure e soprattutto anch’essa.
Il Consumismo liberista vive e si regge sull’insoddisfazione dell’uomo borghese o “ricco”, proprio come il Social/Comunismo che si fondava sul proletario o povero. Senza povero, che odia il ricco, e senza borghese, che si sente insoddisfatto e cerca di ingozzarsi di beni consumistici del tutto superflui, scomparirebbero il Social/Comunismo e il Liberal/Liberismo.
La “Pubblicità” è un’arma di ossessione mentale che crea bisogni inesistenti nella mente del borghese, come la “Propaganda” bolscevica creava l’odio di classe nella mente del povero. Sia il borghese liberale che il proletario socialista si sentono scontenti di ciò che sono ed hanno e desiderano essere ciò che non sono e possedere ciò che non è necessario. Essi sono perennemente frustrati. In più, non avendo la Fede, poiché sia il liberalismo che il socialismo sono materialisti e atei o agnostici, non hanno la Speranza soprannaturale che li aiuterebbe ad affrontare serenamente le difficoltà intrinseche alla vita umana.
Conclusione: bisogna liberarsi della schiavitù della legge del “mercato” di destra (Liberismo) e anche di sinistra (Socialismo), per poter tornare ad essere veramente uomo, ossia “animale razionale” che conosce e ama, e “animale sociale”, che dona, riceve e ricambia. Chi lo desidera può studiare la “Dottrina sociale della Chiesa” e specialmente l’Enciclica di Leone XIII Rerum novarum cupiditas (1891) e quella di Pio XI Quadragesimo anno (1931).
Il Liberalismo nasce dall’illusione prometeica e luciferina del “Progresso e sviluppo all’infinito”. Pio IX nella sua Enciclica Quanta cura e nel Syllabus (entrambi dell’8 dicembre 1864) aveva condannato sia l’illusione social/comunista che quella liberal/liberista, e particolarmente la loro conclusione del “Progresso all’infinito” o del “Sol dell’Avvenire”.
L’ultima ed 80ma proposizione del Syllabus condanna la proposizione secondo cui “il Papa può e deve venire a patti col Liberalismo, col Progresso e colla Modernità”, ove per “Progresso” s’intende il Progresso costante, incessante e tendente all’infinito, e, per Modernità la filosofia moderna (da Cartesio ad Hegel), che è soggettivista e relativista e distrugge la conoscenza oggettiva della realtà da parte dell’uomo (Cartesio) e il valore immutabile ed assoluto dei primi princìpi filosofici (Hegel), sociali/politici (Rousseau) e dei dogmi religiosi (Lutero). Latouche paragona il Progressismo e il Consumismo alla malattia chiamata “bulimia”. Certamente non bisogna cadere nel difetto opposto, verso la quale tende l’Autore, che è l’anoressia o “l’insano archeologismo” (come lo chiamava Pio XII), ovvero il “tribalismo” dello ‘Strutturalismo francese’ (Lévy-Strauss, Sartre, Lacan, Ricoeur), che riprende il tema del “buon selvaggio” di Jean Jacques Rousseau e lo porta alle estreme conseguenze del “Pensiero selvaggio” e dell’uomo non più “animale razionale e sociale” (Aristotele e S. Tommaso), ma “bestia istintiva e asociale” (Lévy-Strauss).
Secondo il buon senso (economia come ‘Virtù della Prudenza applicata al focolare domestico’, Aristotele/S. Tommaso) e Latouche per essere nell’abbondanza basta avere solo pochi, essenziali bisogni, che possono essere soddisfatti normalmente e da tutti. L’economista francese ammette che la vita dell’uomo (e di sua moglie) non può e non deve essere assorbita al 60% dal lavoro. Essi debbono essere presenti in se stessi, tra loro e con i figli nella famiglia, nella Società civile e nella Società religiosa, poiché l’uomo ha un’anima spirituale e deve nutrire pure e soprattutto anch’essa.
Il Consumismo liberista vive e si regge sull’insoddisfazione dell’uomo borghese o “ricco”, proprio come il Social/Comunismo che si fondava sul proletario o povero. Senza povero, che odia il ricco, e senza borghese, che si sente insoddisfatto e cerca di ingozzarsi di beni consumistici del tutto superflui, scomparirebbero il Social/Comunismo e il Liberal/Liberismo.
La “Pubblicità” è un’arma di ossessione mentale che crea bisogni inesistenti nella mente del borghese, come la “Propaganda” bolscevica creava l’odio di classe nella mente del povero. Sia il borghese liberale che il proletario socialista si sentono scontenti di ciò che sono ed hanno e desiderano essere ciò che non sono e possedere ciò che non è necessario. Essi sono perennemente frustrati. In più, non avendo la Fede, poiché sia il liberalismo che il socialismo sono materialisti e atei o agnostici, non hanno la Speranza soprannaturale che li aiuterebbe ad affrontare serenamente le difficoltà intrinseche alla vita umana.
Conclusione: bisogna liberarsi della schiavitù della legge del “mercato” di destra (Liberismo) e anche di sinistra (Socialismo), per poter tornare ad essere veramente uomo, ossia “animale razionale” che conosce e ama, e “animale sociale”, che dona, riceve e ricambia. Chi lo desidera può studiare la “Dottrina sociale della Chiesa” e specialmente l’Enciclica di Leone XIII Rerum novarum cupiditas (1891) e quella di Pio XI Quadragesimo anno (1931).
d. CURZIO NITOGLIA
23 gennaio 2012
23 gennaio 2012
3 commenti:
Bisogna stare attenti a non fare di tutte le erbe un fascio, specie si capisce poco di economia. In realta`, assistiamo alla crisi di un sistema che non e` certo il libero mercato, ma e` un mercato assoggettato ai grandi potentanti finanziari e alle banche centrali da essi controllati.
Per chi vuole impare un po' di economia di scuola austriaca (che e` basata su principi primi irrefutabili e da logiche deduzioni da queste) consiglio
Woods Thomas E. jr. - La Chiesa e il mercato
ma e` un mercato assoggettato ai grandi potentanti finanziari e alle banche centrali da essi controllati.
che ha generato un meccanismo perverso per uscire dal quale occorrono non solo buona volontà e competenza, ma anche un contesto che consenta di trovare soluzioni alternative all'attuale inesorabile deriva gestita cinicamente da centri di potere ormai sovranazionali. Certo non si può pensare a dagli effetti a breve termine, ma almeno tali da rompere il circolo vizioso e promuovere ripresa e sviluppo.
E' stato perso di vista ciò che una volta si chiamava "bene comune"; è scomparsa l'etica e agli indirizzi indirizzi politici si è sostituito il predominio dei dinamismi economico-finanziari con leggi proprie inesorabilmente applicate e subite da cittadini privati ormai di ogni diritto di scelta, ma soprattutto delle risorse formative che costruiscono persone dotate di capacità critica e non pedissequi esecutori.
Per come stanno le cose, solo un fattore di 'rottura', sembrerebbe capace di innescare il cambiamento. Dio non voglia che non debba essere qualcosa di tragico.
L'esempio della Cina come potremmo definirlo? Capitalcomunismo? I due sistemi apparentemente diversi si uniscono e stritolano l'uomo e la sua spiritualità.
Consumatori di tutto il mondo, unitevi!
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