La Lettera 316 di Paix Liturgique porta questo titolo: Riconciliazione tra Roma e la Fraternità San Pio X - Per stabilire la fiducia: nell'ambito tradizionale passare dalla tolleranza parsimoniosa al diritto.
La pubblico per intero perché illustra con dovizia di dettagli una situazione che ci è ben nota. C'è tuttavia la novità di questa presa di posizione netta e franca che effettivamente coglie una realtà difficilmente smentibile: cos'è cambiato, nella sostanza, dall'Ecclesia Dei afflicta al Summorum Pontificum? Il più recente Motu Proprio del 2007 intendeva sancire un diritto, mentre il precedente costituiva una 'concessione'. Nella realtà l'affermazione del diritto sancito dalla volontà del Papa risulta attenuata se non vanificata. Si è reso e si rende quindi necessario intervenire nelle sedi opportune per rimuovere gli ostacoli tuttora esistenti. Paix Liturgique lo ha fatto. Far da risonanza alla riflessione ed all'azione conseguente e diffonderla è il nostro piccolo contributo.
Riconciliazione tra Roma e la Fraternità San Pio X - Per stabilire la fiducia: nell'ambito tradizionale passare dalla tolleranza parsimoniosa al diritto.
Infaticabile pellegrino della pace liturgica, il Santo Padre Benedetto XVI non ha mai smesso fin dall'inizio del suo pontificato di favorire la regolarizzazione della situazione canonica della Fraternità Sacerdotale San Pio X fondata da Monsignor Marcel Lefebvre : rimozione delle scomuniche che colpivano i quattro vescovi consacrati ad Écône nel giugno 1988, che Roma ha dichiarato nel 2009; messa in atto delle discussioni dottrinali con la Congregazione per la Dottrina della Fede.
La pubblico per intero perché illustra con dovizia di dettagli una situazione che ci è ben nota. C'è tuttavia la novità di questa presa di posizione netta e franca che effettivamente coglie una realtà difficilmente smentibile: cos'è cambiato, nella sostanza, dall'Ecclesia Dei afflicta al Summorum Pontificum? Il più recente Motu Proprio del 2007 intendeva sancire un diritto, mentre il precedente costituiva una 'concessione'. Nella realtà l'affermazione del diritto sancito dalla volontà del Papa risulta attenuata se non vanificata. Si è reso e si rende quindi necessario intervenire nelle sedi opportune per rimuovere gli ostacoli tuttora esistenti. Paix Liturgique lo ha fatto. Far da risonanza alla riflessione ed all'azione conseguente e diffonderla è il nostro piccolo contributo.
Riconciliazione tra Roma e la Fraternità San Pio X - Per stabilire la fiducia: nell'ambito tradizionale passare dalla tolleranza parsimoniosa al diritto.
Infaticabile pellegrino della pace liturgica, il Santo Padre Benedetto XVI non ha mai smesso fin dall'inizio del suo pontificato di favorire la regolarizzazione della situazione canonica della Fraternità Sacerdotale San Pio X fondata da Monsignor Marcel Lefebvre : rimozione delle scomuniche che colpivano i quattro vescovi consacrati ad Écône nel giugno 1988, che Roma ha dichiarato nel 2009; messa in atto delle discussioni dottrinali con la Congregazione per la Dottrina della Fede.
Terminate le discussioni, sappiamo che lo scorso 14 settembre, ha avuto inizio una nuova tappa con la consegna di documenti a Mons. Fellay, Superiore della Fraternità San Pio X, da parte del card Levada Prefetto della Congregazione. La soluzione canonica proposta alla Fraternità si ispira allo Statuto dell'Opus Dei, cioè una prelatura personale che gode di grande autonomia.
L'integrazione nel panorama ecclesiale ufficiale dei 550 preti della Fraternità San Pio X, e dei suoi vescovi, dei suoi religiosi e religiose, dei suoi seminari e delle sue scuole, tutti praticanti la liturgia tradizionale e attaccati a ciò che essa rappresenta dal punto di vista della lex credendi sarebbe una opportunità storica per la riconciliazione e l'Unità della Chiesa, e opererebbe un movimento considerevole verso un riequilibrio liturgico e dottrinale. Sono i due grandi motivi per i quali il Papa vuole questa regolarizzazione.
Ma perché questo processo voluto dal Papa e da coloro che gli sono più vicini non fallisca, non ci si può risparmiare l'instaurazione di un serio clima di fiducia. E ciò dalle due parti. I torti, da questo punto di vista, esistono sicuramente dal lato della Fraternità. Ma noi non parleremo qui che della fiducia che la Chiesa ufficiale deve stabilire per ottenere il risultato voluto dal Santo Padre. In effetti, la nostra esperienza in un campo prossimo, quello dell'applicazione del Motu Proprio, ci permette di misurare gli ostacoli all'instaurarsi di questa fiducia. Essi si situano a due livelli:
- quello dei prelati ostili a tutto ciò che è tradizionale;
- e quello dei prelati di buona volontà.
- e quello dei prelati di buona volontà.
Su questi due livelli pesa, in modo differente ma reale, un fardello ideologico che può così riassumersi: il Concilio Vaticano II ha fatto dei « perdenti » che si deve, o mantenere nell'emarginazione (1° livello) oppure si deve lasciar loro un posto ma accantonandoli in uno statuto secondario (2° livello). Essendo il maggior criterio quello della liturgia, questi « perdenti » non accettano lo sconvolgimento che essa ha subito alla fine degli anni 60, in altre parole, non accettano di essere perdenti, cattivi o gentili, ma perdenti.
I – L'opposizione frontale o insidiosa a tutto ciò che è tradizionale
La realtà delle nostre diocesi delle nostre parrocchie la mentalità dei portavoce ufficiosi o ufficiali della Chiesa di Francia non ci spingono all'ottimismo. Basta leggere la « grande stampa cattolica » per rendersene conto. E' certo che se intervenisse l'annuncio di una regolarizzazione della FSSPX, si scatenerebbe una nuova e violenta campagna contro il Papa.
La grande difficoltà della riconciliazione tra Roma e la FSSPX è legata certamente al fallimento liturgico, dottrinale ed umano ed alla pseudo-intelligentsia che detiene il potere nella schiacciante maggioranza delle diocesi e delle parrocchie in Francia e nel mondo. Psicologicamente, questa dura realtà non facilita affatto il ritorno all'ovile della Fraternità San Pio X e fa temere che essa alimenti, come avvenne nel 1988, dei blocchi all'interno della Fraternità e delle comunità religiose amiche. In altri termini, sia il Papa che Mons. Fellay hanno un margine di manovra che può apparire ridotto. Dunque, se a causa di questi blocchi, la regolarizzazione fosse oggi dilazionata, lo sarebbe per un tempo molto lungo (per Benedetto XVI non ci sarebbe più un'altra possibilità di ritirare una tale proposta, e la FSSPX tenderebbe allora, volente o nolente, verso uno stato di comunità definitivamente autocefala)... ciò con gran gioia dei nemici dell'unità e della pace nell'unica Chiesa di Cristo.
Da parte nostra, comprendiamo bene che, nel contesto che conosciamo bene di opposizione militante della maggior parte dei vescovi al Motu Proprio di Benedetto XVI, un certo numero di membri della Fraternità possa non aver fiducia e pensare che il suo ritorno divenga una vera trappola popolata di inganni e di promesse menzognere. Salvo il fatto che, a differenza dei fedeli che chiedono l'applicazione del Motu Proprio, i membri della FSSPX, proprio dopo una ufficializzazione del suo statuto, restino indipendenti dai vescovi.
Ma il clima generale di cattiva volontà episcopale di fronte alla liturgia straordinaria alimenta inevitabilmente le prevenzioni di un certo numero di membri della FSSPX e della comunità religiose amiche, che da questo valutano come « prematuro » (il che equivale a dire impossibile) il loro avvicinamento e lo fanno fortemente presente ad intra. Essi fanno valere il fatto che i vescovi già non applicano il Motu Proprio del 2007 per i fedeli e i preti rimasti nella piena comunione della Chiesa: perché dovrebbero mostrarsi generosi domani con la fraternità? Ancora una volta significa dimenticare che la situazione proposta alla FSSPX non dipenderà dai vescovi diocesani, né per la celebrazione delle messe nei suoi priorati, scuole, centri di messa, né per somministrare « ufficialmente » i sacramenti (battesimi, matrimoni, cresime e soprattutto ordinazioni).
Tuttavia è vero che l'atteggiamento dei vescovi diocesani funge da potente freno e che se, teoricamente, essi non potranno più rifiutare a un prete della FSSPX regolarizzato di venire a celebrare una certa cerimonia in una parrocchia, essi non mancheranno di mettervi ostacoli. I preti della FSSPX ci interrogano: quanti vescovi, dopo il Motu Proprio del 2007, hanno celebrato pubblicamente la forma straordinaria del rito romano nelle loro cattedrali? Quanti danno l'esempio? Quanti vescovi hanno lasciato i loro parroci applicare liberamente il Motu Proprio? Ciò che li colpisce è la scarsa eco delle misure pacificatrici di Benedetto XVI, la sorda o militante opposizione che esse generano fin negli ambienti più prossimi al Santo Padre.
Quattro anni e mezzo dopo la promulgazione del Motu Proprio, i fatti sono questi. La Fraternità San Pio X non ha cessato di attrarre la nostra attenzione su questa dolorosa realtà e specialmente su tre punti:
A/ Una mentalità negazionista
alla nostra osservazione relativa alla pubblicazione di 15 sondaggi concordanti nel tempo e nello spazio, che dimostrano l'esistenza potenziale d'un vasto pubblico per la messa straordinaria, ciò che dovrebbe far molto gioire le comunità Ecclesia Dei e la FSSPX, alcuni preti della FSSPX rispondono: tutto ciò probabilmente domani interesserà gli storici, ma dopo 40 anni, la Chiesa attraversa una crisi di negazione della realtà. Al di là dei risultati dei nostri sondaggi che rivelano che più di un terzo dei cattolici praticanti assisterebbe alla messa tradizionale se fosse celebrata nelle loro parrocchie, questi preti ritengono che nessun vescovo (o quasi) ha preso il toro per le corna proponendo, di propria iniziativa, innanzitutto per carità e per una preoccupazione di Pace, questo tesoro liturgico ai suoi fedeli.
B/ Diffidenza di fronte al Papa
una Chiesa o le guide intellettuali conoscono la situazione meglio del papa: qualunque cosa faccia dica o scriva il Papa, si trovano sempre delle "autorità" che spiegano che una certa cosa non si applica per il caso di specie perché "noi abbiamo anticipato la domanda", o perché "non si sa veramente ciò che vuole il Santo Padre".. Ahimè, certi comportamenti sleali si basano molto spesso sul fatto erroneo che il papa stesso non avrebbe mai celebrato pubblicamente la forma straordinaria del rito romano.
C/ E soprattutto il fatto che la stragrande maggioranze dei fedeli che hanno chiesto l'applicazione del Motu Proprio nello loro parrocchie si è fatta « prendere in giro » da un clero ostile al Motu Proprio. I preti della FSSPX che ci interrogano in maniera disincantata notano che si preferisce oggi applicare il Motu Proprio... del 1988 piuttosto che quello del 2007. Così è ancora il vescovo che quasi ovunque decide che la messa tradizionale sarà celebrata - quando lo è nella sua diocesi - nel tale o tal'altro luogo, con tale o tal'altra frequenza. Non resta gran che della libertà data ufficialmente ai parroci nel testo del Motu Proprio di Benedetto XVI, dopo che il rullo compressore episcopale è passato di là. Interdizioni, pressioni, ricatti al cambiamento... di numerosi preti diocesani che si affidassero regolarmente in questo senso a preti della Fraternità.
La cosa peggiore è che non c'è bisogno di essere degli esperti per immaginare come tali vescovi, che si oppongono al Motu Proprio, approfittano della regolarizzazione della FSSPX, se essa di realizza, dirottando verso essa i fedeli che domanderanno l'applicazione del Motu Proprio: meglio un St-Nicolas-du-Chardonnet « riconciliato » che venti celebrazioni straordinarie domenicali nelle parrocchie di Parigi.
La cosa peggiore è che non c'è bisogno di essere degli esperti per immaginare come tali vescovi, che si oppongono al Motu Proprio, approfittano della regolarizzazione della FSSPX, se essa di realizza, dirottando verso essa i fedeli che domanderanno l'applicazione del Motu Proprio: meglio un St-Nicolas-du-Chardonnet « riconciliato » che venti celebrazioni straordinarie domenicali nelle parrocchie di Parigi.
II – Una « generosità » precauzionale
S'intende che l'ostacolo alla fiducia che abbiamo appena descritto - e che è soprattutto psicologico, del fatto della grande indipendenza di cui godrebbe una Fraternità riconosciuta - non esiste da parte dei vescovi e responsabili che augurano questa riconciliazione e specialmente da parte dei prelati romani che hanno la responsabilità di realizzarla.
Ma c'è anche da parte loro un ostacolo alla fiducia, del quale la nostra esperienza del Motu Proprio ci ha largamente dimostrato la pregnanza. Ci sia permesso di osservare che questi responsabili incaricati di organizzare il riconoscimento della FSSPX sono gli stessi che sono incaricati di imporre il Motu Proprio presso i vescovi recalcitranti e che lo fanno, diciamo, con una sollecitudine moderata? O ancora che i vescovi favorevoli a un riconoscimento della FSSPX sono gli stessi che, nella loro diocesi, hanno ancora reticenze a proporre sia nelle loro cattedrali che nelle principali parrocchie della loro diocesi la celebrazione straordinaria, o non accettano i seminaristi « straordinari » se non a prezzo di condizioni che sembra vogliano scoraggiarli.
Ma c'è anche da parte loro un ostacolo alla fiducia, del quale la nostra esperienza del Motu Proprio ci ha largamente dimostrato la pregnanza. Ci sia permesso di osservare che questi responsabili incaricati di organizzare il riconoscimento della FSSPX sono gli stessi che sono incaricati di imporre il Motu Proprio presso i vescovi recalcitranti e che lo fanno, diciamo, con una sollecitudine moderata? O ancora che i vescovi favorevoli a un riconoscimento della FSSPX sono gli stessi che, nella loro diocesi, hanno ancora reticenze a proporre sia nelle loro cattedrali che nelle principali parrocchie della loro diocesi la celebrazione straordinaria, o non accettano i seminaristi « straordinari » se non a prezzo di condizioni che sembra vogliano scoraggiarli.
Gli uni e gli altri (a Roma e nelle diocesi) sono pieni di buona volontà. Ma dire che sono « generosi » come si fa volentieri, sembra indicare che essi accordano qualcosa che non sarebbe di diritto. Certo, li ringraziamo profondamente, perché c'è giustizia, ogni volta che essi agiscono in favore della liturgia tradizionale, ma non accettiamo che i cattolici che chiedono di vivere secondo la liturgia tradizionale e tutto ciò che vi è connesso siano trattati, secondo l'espressione corrente, come cattolici di serie B ai quali si concede « generosamente » un privilegio. Quando si assegna una parrocchia ad una comunità carismatica, nessuno si sogna di parlare di « generosità ». Quando la Santa Sede riconosce comunità nuove, fa valere la sua « generosità » ? Perché un vescovo dovrebbe essere considerato « generoso » quando permette la celebrazione di una messa straordinaria, mentre nessuno si sogna di fargli complimenti quando permette al Cammino Neocatecumenale di celebrare (se così può dirsi!) in una certa chiesa, o ad un gruppo ecumenico di dedicarsi alle sue attività in un'altra?
Il terzo dei cattolici praticanti che vorrebbero praticare la liturgia tradizionale (e almeno la metà, se ciò diventasse davvero possibile, senza parlare della riduzione ineluttabile del numero degli altri praticanti) sono dunque dei semi-paria perché si debba loro concedere con « generosità » ciò che in realtà è loro diritto? Perché è necessario che un cattolico, un prete, o un seminarista, che vuol vivere e pregare tradizionalmente sia sempre obbligato ad assoggettarsi ad una marea di condizioni, passare per ogni sorta di prove, subire il peso di un continuo sospetto?
E dunque, come indurre fiducia nelle persone i cui pastori, anche i più bendisposti, a Roma e nelle diocesi, non possono impedirsi di considerare con una evidente e offensiva diffidenza? Si domanda forse a fedeli de l'Emmanuel di costituire un « gruppo stabile », con liste di nomi e indirizzi prima di concedere loro un luogo di preghiera? Si esige da parte di un'organizzazione universitaria che si dice cattolica di firmare un « Preambolo dottrinale » prima di ricevere il diritto di diffondere il suo insegnamento (più spesso tutt'altro che cattolico, secondo quanto tutti sanno)? Non è forse che in fondo ogni difficoltà dell'applicazione del Motu Proprio (e similmente la difficoltà di riconoscere la FSSPX), è quella di considerare come cattolici a priori un po' sospetti e potenzialmente dannosi coloro che si richiamano ad una concezione liturgica e catechetica tradizionale?
« Dannosi », essi lo sono in effetti per una Chiesa estenuata dallo « Spirito del Concilio », se si considera la loro età media, la prosperità delle loro opere, il successo del loro catechismo, l'aumento dei seminari delle comunità votate a questa concezione liturgica e dottrinale. Sì, dannosi, come un medicamento un po' energico e « dannosi » per la tranquillità di un malato. Il rischio di aiutarlo a guarire...
III - Cosa ci auguriamo:
La questione della FSSPX ci dà occasione di sottolinearlo: è fondamentale per l'instaurazione di una vera e feconda Pace della Chiesa - che innanzitutto è una Pace liturgica - stabilire la piena fiducia tra i Pastori di buona volontà e i cattolici allergici allo « Spirito del Concilio », specialmente in materia liturgica, concretamente passando nei loro riguardi dalla tolleranza al diritto. Queste riflessioni ci permettono di far parte di una supplica inviata al Santo Padre in occasione dei nostri auguri per il 2012:
« Come vorremmo, Santo Padre, che, per manifestare di esser passati da questo stato di tolleranza che resta affidato alla storia della Commissione Ecclesia Dei, lei istituisca una Commissione Summorum Pontificum per la cura e la protezione di milioni di cattolici nel mondo intero che desiderano vivere in pace la loro fede cattolica al ritmo della forma straordinaria nelle loro parrocchie in perfetta comunione con la Chiesa. con l'uguaglianza di diritti che ancora si mercanteggiano in ragione del peso dell'ideologia e di ogni sorta di timori irragionevoli?Tali sono i nostri auguri per questo nuovo anno che, lo speriamo, vedrà la Chiesa e i suoi fedeli avanzare sul cammino della Pace, dell'Unità e della riconciliazione.
E la supplichiamo anche, Santo Padre, nello stesso spirito - perché sia manifestato il diritto della Città dei cattolici sempre più numerosi attaccati alle cose tradizionali - di celebrare lei stesso pubblicamente la messa nella sua forma straordinaria. Per testimoniare che, se la liturgia romana è unica, essa si vive al ritmo delle sue due forme, e che il nostro Padre comune afferma che la messa tradizionale è uno straordinario tesoro spirituale per tutta la Chiesa e decine di milioni di cattolici attraverso i 5 continenti ».
2 commenti:
E' una analisi concreta dei fatti.
Faccio mia la supplica finale.
Oh Santo Padre, respingi lontano da te le forze oscure che non ti permettono di celebrare pubblicamente la messa tradizionale.
Speriamo che il Santo Padre ci ascolti e istituisca una Commissione per il Motu Proprio Summorum Pontificum che in qualche modo ci possa far riavere la Messa Gregoriana per tutti e senza richieste specifiche come c'e' per tutti la S.Messa del N.O. per tutti senza richieste. E Vescovi e sacerdoti non si possano mettere di travers, disobbedendo al Papa. Che dio ci ascolti!.
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