Riporto integralmente l'articolo, pubblicato oggi da Tornielli su Vatican Insider, nel quale viene illustrato lo status questionis ancora interlocutorio, sulla regolarizzazione canonica della Fraternità di San Pio X.
Come si era ben intuito il focus della questione era sulla "Professione di Fede" che include anche le questioni controverse, messe in discussione non solo dalla Fraternità, ma da tutti coloro che si riconoscono cattolici fedeli al 'Depositum fidei' Apostolico trasmesso dalla Tradizione perenne. I punti in discussione, infatti, o per la loro ambiguità o per la loro difformità con la Tradizione, pur costituendo Magistero autentico, non appartengono al Magistero infallibile che, solo, richiede «religioso ossequio della volontà e dell’intelletto».
Si è rivelata quindi esatta l'intuizione che tutto si giocasse sull'asse delle due diverse interpretazioni Ocáriz--Gleize poste sul tappeto [vedi anche - e anche]; ma ogni decisione dovrebbe essere nelle mani del Papa. In fondo le critiche sui punti controversi, finché non interverrà una chiarificazione definitoria che solo il Papa può dare, sono le stesse di ogni Cattolico Tradizionista.
Il fatto che - come ricorda Tornielli - il Papa (discorso alla Curia del 2005) ha insistito sulla necessità di interpretare il Vaticano II secondo l’ermeneutica della «riforma» nella «continuità», non cambia i termini del discorso e non risolve i problemi alla radice, dal momento che si tratta di una proclamazione senza alcuna dimostrazione.
Avevamo già letto e condiviso che il Magistero che si è presa l'abitudine di qualificare "autentico", cioè magistero non infallibile, secondo una certa linea curiale in realtà non è discutibile. Esiste certamente un diritto di interpretazione, ma a condizione di dire che è in continuità col magistero precedente. In breve, pur non essendo infallibile, tuttavia lo è. Di per sé è assurdo (a cosa serve la distinzione: infallibile non discutibile / non infallibile riformabile?).
Se malauguratamente - in questi tempi di totale anarchia - dovesse venire applicata l'opinione sostenuta da Levada e Ocáriz, ciò rappresenterebbe una vera tirannia intellettuale negli ambiti della teologia.
Non possiamo in questa temperie distogliere l'attenzione anche da ciò che sta accadendo in questi giorni a proposito di un certo movimento, che appare inquietante oltre che desolante. Che il Signore non voglia sottoporre la sua Chiesa ad una prova ancora più dura...
Si è rivelata quindi esatta l'intuizione che tutto si giocasse sull'asse delle due diverse interpretazioni Ocáriz--Gleize poste sul tappeto [vedi anche - e anche]; ma ogni decisione dovrebbe essere nelle mani del Papa. In fondo le critiche sui punti controversi, finché non interverrà una chiarificazione definitoria che solo il Papa può dare, sono le stesse di ogni Cattolico Tradizionista.
Il fatto che - come ricorda Tornielli - il Papa (discorso alla Curia del 2005) ha insistito sulla necessità di interpretare il Vaticano II secondo l’ermeneutica della «riforma» nella «continuità», non cambia i termini del discorso e non risolve i problemi alla radice, dal momento che si tratta di una proclamazione senza alcuna dimostrazione.
Avevamo già letto e condiviso che il Magistero che si è presa l'abitudine di qualificare "autentico", cioè magistero non infallibile, secondo una certa linea curiale in realtà non è discutibile. Esiste certamente un diritto di interpretazione, ma a condizione di dire che è in continuità col magistero precedente. In breve, pur non essendo infallibile, tuttavia lo è. Di per sé è assurdo (a cosa serve la distinzione: infallibile non discutibile / non infallibile riformabile?).
Se malauguratamente - in questi tempi di totale anarchia - dovesse venire applicata l'opinione sostenuta da Levada e Ocáriz, ciò rappresenterebbe una vera tirannia intellettuale negli ambiti della teologia.
Non possiamo in questa temperie distogliere l'attenzione anche da ciò che sta accadendo in questi giorni a proposito di un certo movimento, che appare inquietante oltre che desolante. Che il Signore non voglia sottoporre la sua Chiesa ad una prova ancora più dura...
Andrea Tornielli. La seconda risposta di Mons. Fellay
Un primo testo era giunto Oltretevere in dicembre, ma era stato considerato inadeguato: così la Santa Sede ha sollecitato un nuovo documento, appena arrivato, che ora viene esaminato
La risposta vera e propria del superiore della Fraternità San Pio X Bernard Fellay, formulata secondo le richieste della Santa Sede, è arrivata in Vaticano soltanto la settimana scorsa. La prima risposta, giunta Oltretevere lo scorso 21 dicembre, non era stata considerata adeguata da parte delle autorità vaticane, che hanno invitato il responsabile dei lefebvriani di riformularla, considerando quel primo invio più una «documentazione» che una risposta. Il vescovo Fellay ha dunque preparato un secondo testo, più stringato, relativo al preambolo dottrinale che la Congregazione per la dottrina della fede gli aveva consegnato lo scorso settembre. Questo secondo testo viene ora attentamente esaminato dai consultori della Commissione Ecclesia Dei che seguono il dossier lefebrviani e ci potrebbero volere del tempo.
La prossima settimana si riunisce nel palazzo del Sant’Uffizio la plenaria della Congregazione per la dottrina della fede. All’ordine del giorno c’è la possibilità di una comunicazione riguardante i rapporti con la Fraternità San Pio X, ma è difficile che la riunione possa essere decisiva, in quanto la seconda risposta di Fellay, che accetta delle parti del preambolo dottrinale mettendone in discussione altre, richiede tempo per essere esaminata. È probabile che una decisione più precisa sul da farsi venga presa non ora, ma in febbraio, nel corso di una «Feria IV», come vengono definite le congregazioni ordinarie dell’ex Sant’Uffizio.
Come si ricorderà, nel preambolo dottrinale proposto dalla Commissione Ecclesia Dei presieduta dal cardinale William Levada e guidata da monsignor Guido Pozzo, si chiedeva ai lefebvriani di sottoscrivere la professione di fede, ciò che è considerato indispensabile per essere cattolici. La professione prevede tre gradi diversi di assenso richiesti e distingue tra verità rivelate, dichiarazioni dogmatiche e magistero ordinario. A proposito di quest’ultimo, afferma che il cattolico è chiamato ad assicurare un «religioso ossequio della volontà e dell’intelletto» agli insegnamenti che il Papa e il collegio dei vescovi «propongono quando esercitano il loro magistero autentico», anche se non sono proclamati in modo dogmatico, come nel caso della maggior parte dei documenti del magistero.
Nel consegnare il preambolo, le autorità vaticane avevano precisato che questo testo non veniva reso pubblico perché non ancora definitivo, cioè passibile di cambiamenti – non sostanziali – o di eventuali integrazioni. Da settembre a dicembre si sono rincorse voci sul dissenso interno alla Fraternità, da parte di coloro che non ritengono possibile un accordo con Roma. Lo stesso Fellay aveva parlato più volte dell’argomento. In un primo momento aveva affermato che il preambolo rappresenta un grande passo avanti. Poi, dopo un’importante riunione con i capi dei distretti della Fraternità, pur ribadendo l’importanza del dialogo intrapreso, aveva affermato di non poter accogliere il preambolo così com’è, aggiungendo: «Se Roma ci chiede di accettare in ogni caso, noi non possiamo». Fellay ha quindi inviato la prima risposta, che non è stata considerata tale dal Vaticano. E ora ha spedito la seconda.
Il fatto che la nuova e più adeguata risposta – che è stata considerata nei sacri palazzi «un passo in avanti» - abbia bisogno di essere attentamente studiata e approfondita, sta a significare che non è né un «sì» né un «no» definitivo al testo del preambolo. Ma accoglie alcune parti del testo vaticano, esprimendo invece riserve su altre. E soprattutto chiede ulteriori chiarificazioni e integrazioni. I lefebvriani non intendono infatti dare il loro assenso ai testi conciliari che riguardano la collegialità, l’ecumenismo, il dialogo interreligioso e la libertà religiosa perché li ritengono in contrasto con la tradizione. Proprio il concetto di tradizione, «Traditio», e il suo valore, rappresenta il punto nodale del dibattito che ha caratterizzato i colloqui tra la Fraternità e la Santa Sede. I lefebvriani criticano alcuni passaggi conciliari ritenendoli in contrasto con la tradizione della Chiesa.
Da cardinale Joseph Ratzinger aveva più volte insistito sulla necessità di non considerare il Concilio come un «superdogma». Da Papa, Benedetto XVI, nell’ormai famoso discorso alla curia romana del dicembre 2005, ha insistito sulla necessità di interpretare il Vaticano II secondo l’ermeneutica della «riforma» nella «continuità». Il Catechismo della Chiesa cattolica, di cui nel 2012 si celebra il ventennale con uno speciale Anno della Fede, ha già proposto questa chiave interpretativa su alcuni dei punti che i lefebvriani considerano controversi.
È ancora prematuro ipotizzare quale sarà lo sbocco finale di questo dialogo che in questa fase procede a distanza e per iscritto. Ma nessuna parola definitiva è ancora stata detta: il Papa vuole fare tutto il possibile per sanare la frattura creatasi con i lefebvriani, e Fellay questo lo sa bene.
19 commenti:
il Papa vuole fare tutto il possibile per sanare la frattura creatasi con i lefebvriani, e Fellay questo lo sa bene.
"frattura"? Non è un termine un po' forte che i progressisti amano troppo sottolineare?
La questione dottrinale e' molto importante, dopo il Concilio Vaticano II, la matassa si e' abbastanza ingarbugliata, ma se la Chiesa (il Papa) dialoga con tutte le confessioni e tutte le altre religioni non vedo come non possa, insieme alla FSSPX, non sciogliere per il bene di Cristo e dell'umanita' questa questione. I colloqui sono stati lunghi, ma alla fine saranno chiari, perche' chi e' cattolico dentro poi lo mette in pratica. In fondo da vario tempo sono molti i teologi e gli studiosi del cattolicesimo che stanno trattando punti non chiari del Concilio VII e piu' andiamo avanti e piu' se ne parla, questo e' indice che una questione Concilio esiste veramente, quindi e' giusto ed e' un diritto di ogni cattolico che ogni nodo venga al pettine e si risolva nella chiarezza. E chi puo' farlo meglio del Papa che e' il Successore di Pietro e che deve confermarci nella fede della Chiesa di Cristo?
La presunta "frattura" tendenziosamente tirata in ballo non è niente in confronto con le divisioni portate dagli abusi liturgici e dalla pastorale post-conciliare.
Trovo molto positivo il 'decorso' della questione e il fatto che Mons. Fellay abbia serenamente consegnato la sua seconda risposta, in parte accettanto in parte chiedendo chiarimenti (così vien detto e lo ritengo attendibile).
In fondo ogni sua richiesta di chiarimenti non fa altro che sgombrare nubi dall'orizzonte. Quel che ha ottenuto finora e di cui la Chiesa tutta si sta giovando (liberalizzazione del VO, discussioni 'a cielo aperto') non è poco e speriamo che sia solo un preludio. Attendiamo pregando.
Anonimo - ricordiamoci che le estreme hanno contribuito solo allo sfascio, c'e' bisogno di ritornare al centro del problema, perche' al centro c'e' nostro Signore Salus Animarum. Il Papa ha bisogno dei cattolici in quanto la Chiesa di Cristo e' Cattolica ed Apostolica. Ogni qualvolta ci allontaniamo dalla pura dottrina della Chiesa (ti ricordo che la Chiesa ha 2000 anni ed ha avuto 260 Papi che hanno insegnato sempre la stessa dottrina cattolica) siamo arrivati ai confini dell'abisso, ci siamo avvicinati a satana. Lasciamo lavorare in tranquillita' il Papa per il bene della Chiesa. Forse il domani e' migliore per tutti i cattolici.
Grazie Mic, lo sai che la pensiamo allo stesso modo, magari tutti potessimo aiutare il Papa con la preghiera a risolvere la grande unita' della Chiesa? grazie.
Questa e' la settimana per l'unita' dei Cristiani - serve tanto pregare - che nostro Signore ci ascolti e ci riunisca tutti sotto un solo Pastore di una unica Chiesa.
Se ha consegnato la sua proposta è perchè "Qualcuno" l'ha chiesa calorosamente.
Da un'intervista di mons. Rifan a ITEM del 14 gennaio 2004:
Mons. Rifan :
"Noi conserviamo la stessa posizione cattolica, la nostra posizione di sempre. Siamo per la regalità sociale di Cristo Re, siamo contro la libertà religiosa in quanto relativismo dottrinale, laicismo dello Stato, indifferentismo e sincretismo religioso, uguaglianza di tutte le religioni davanti alla legge; in una parola siamo contro la libertà religiosa condannata da Gregorio XVI, Pio IX e Pio XII. Noi siamo contro l’ecumenismo di complementarietà, o l’irenismo, e siamo per il ritorno o la conversione dei separati. Siamo contro la democratizzazione della Chiesa a tutti i livelli. Evidentemente, noi abbiamo il diritto di criticare gli errori e di presentare le nostre critiche costruttive, nel rispetto delle persone, alle autorità della Chiesa! Io mantengo la stessa analisi che fece Mons. De Castro Mayer, nelle sue Lettere Pastorali, nei confronti dei testi del Vaticano II."
Non so quali effetti abbian avuto eventuali incontri chiarificatori e quali risultati abbian sortito queste posizioni in quel di Campos ed in tutto il Brasile. Quali problemi sono stati risolti in questi anni?
Dalla dichiarazione di mons. Rifan che ho sopra trascritta, risalta la facoltà di discutere, ed anche di non ritener accettabili, alcune dottrine del Vaticano II, sino a che esse non siano studiate a fondo e dimostrate in linea con la Tradizione.
Dispiace naturalmente, che al di là delle parole, mons. Rifan non sia andato e non abbia messo al corrente tutti i cattolici degli esiti di eventuali discussioni con Roma. Sembra invece ch'egli ed i sacerdoti della amministrazione apostolica di Campos continuino, senza incontrar ostacoli, nel trasmetter la dottrina come l'hanno sempre insegnata mons. de Castro Mayer e mons. Lefebvre.
Il problema, dunque, di un definitivo chiarimento sul livello magisteriale dei documenti conciliari, e dell'assenso che è dovuto, è sempre aperto, ma Rifan testimonia che si può dissentire da certi contenuti anche in situazione canonica regolare.
Quanto alla S. Pio X era chiaro che lo studio teologico trasmesso a Roma non poteva considerarsi una risposta esauriente per la S. Sede. Esso rappresentava la base su cui reimpostare o correggere o meglio articolare il "preambolo".
La seconda "risposta" di mons. Fellay, certamente richiesta dalla S. Sede ma non so in quali termini, era necessaria. Da questa risposta e dai successivi incontri, magari solo epistolari, dovrà scaturire l'esito dei colloqui dottrinali, che speriamo sia positivo.
Resta comunque indiscutibile che se chiarimento dottrinale avremo una buona volta sarà merito della S.Pio X.
rifan chi?
quello che ha benedetto a madrid i giovani neocatecumenali che partivano pr i loro seminari?
Una benedizione non fa mai male. Da qualche parte, nelle campagne, benedicono ancora le bestie.
Cara Mic,
non ci sta con l'argomento, ma secondo "la Cigona" non ci sarà approvazione della liturgia kika. Restiamo a vedere:
http://www.intereconomia.com/blog/cigueena-torre/papa-dicho-no-20120118
Un caro saluto!
Un saluto a tutti.
Sto leggendo il "Concilio Vaticano II Il discorso mancato" di mons. Gherardini e devo dire che è davvero un ottimo testo. L'autore riconosce il carattere di Magistero conciliare e solenne, tuttavia questo non vuol dire che è del tutto immune da errori. Il cosiddetto contro-Spirito, il "gegen" si annida nelle formulazioni degli stessi testi del Concilio. Mons. Gherardini afferma che non solo ci sono espressioni ambigue, ma dei veri e propri errori nelle frasi. Errori non di forma o di formulazione, ma di contenuto vero e proprio, frasi chiaramente errate ed in qualche caso addirittura blasfeme (nota 3 di pagina 36) , che non possono essere interpretate in accordo con la Tradizione.
Due hanno catturato la mia attenzione:
G.S. 24:
Questa similitudine manifesta che l'uomo, il quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stesso, non possa ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé (44).
G.S 22:
Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo.
Pensavo che la prima volesse semplicemente affermare che tutte le creature materiali come animali, vegetali, materiali inanimati fossero stati creati per l'uomo, per la sua utilità, in modo che l'uomo potesse dare gloria al loro Creatore. L'uomo invece non è stato creato per un'altra creatura materiale e neanche per gli Angeli, ma direttamente per Dio. Tutto è stato creato per Dio.
Ovvero pensavo che si potesse intendere quel "per sé stesso", non escludendo Dio, ma escludendo la servitù ad un'altra creatura.
E' il concetto espresso da mons. Landucci nel suo libro "Prima che Abramo fosse Io sono" pag. 216.
"L'universo sgorgato da Dio ha per solo scopo Dio. Sgorgato da Lui, è fatto essenzialmente per ritornare a lui". Tuttavia "lo spirito divino non può essere raggiunto dalla materia. Lo può raggiungere solo un altro spirito". "Anche l'universo materiale possa indirettamente sollevarsi e tornare a Dio, adempiendo a suo modo la legge della creazione: servendo all'uomo per fargli raggiungere Dio".
Per quanto riguarda la seconda affermazione pensavo che l'unione di Cristo con gli uomini riguardasse la solidarietà di Cristo con tutti gli uomini. Così come per parallelo siamo solidali in Adamo per la colpa, siamo solidali il Cristo nelle Redenzione. Afferma il Bartmann nel suo Manuale di Teologia Dogmatica pag. 135,136:
"Cristo è il secondo Adamo. Come nella disobbedienza del primo tutti eravamo rappresentati per l'unione con lui, così nell'obbedienza del secondo, che si offre al Padre in sacrificio, tutti siamo rappresentati. La rappresentanza di Cristo è vera e reale; trova spiegazione nella misteriosa unione degli uomini con Cristo, unione sì intima che non riusciamo mai a concepirla adeguatamente. Crf. Pio XI Miserentissimus Redmptor; e Pio XII, Mystici Corporis".
Penso proprio di ordinare il "Discorso da fare". Questo è il punto centrale tra la FSSPX e Roma. Forse si arriverà all'accordo quando davvero si comincerà a prendere sul serio l'appello di mons. Gherardini.
Marco Marchesini
Sarebbe una grande grazia, PETER! Ma io in simili circostanze son come S. Tommaso: non credo se non vedo.
Caro Marco, l'appello di mons. Gherardini non è stato degnato d'una risposta. Il volume che stai leggendo sull'Osservatore Romano da Inos Biffi è stato definito addirittura denigratorio.
E' chiaro che ha toccato, e più volte, molti nervi scoperti.
Caro Marco,
vai a leggere qui su GS 12,24
e qui su Gs 22
Sono riflessioni che andrebbero ulteriormente sviluppate. Ma c'è tutto quello che ho a suo tempo elaborato su questi temi
Per quanto riguarda la seconda affermazione pensavo che l'unione di Cristo con gli uomini riguardasse la solidarietà di Cristo con tutti gli uomini.
Cristo Signore si è incarnato ed ha espiato ed è risorto asceso al cielo ed ha inviato il Suo Spirito per TUTTI.
Ma non agisce in automatico: occorre accoglierla e viverla la sua salvezza. Ed è per questo motivo che nella S. Messa, nella formula di consacrazione si dice del suo Sangue versato "pro multis" e non "pro omnibus"... del resto l'originale greco parla di "oi polloi", la moltitudine, che potrebbe anche essere un semitismo... non dice però "pantes".
Le anafore dei vari riti orientali, in greco, in siriaco, in armeno, nelle lingue slave, ecc., nelle loro rispettive lingue contengono parole equivalenti al latino pro multis.
Esatto mic,
Dio vuole tutti salvi con la sua volontà antecedente e non efficace. Di fatto si salvano gli eletti per volontà conseguente ed efficace di Dio.
Il "pro multis" è rimasto nella Liturgia attuale in lingua latina. E' tradotto correttamente solo in alcune lingue (per molti o per la moltitudine) e purtroppo non la nostra.
Marco Marchesini
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