Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

giovedì 19 marzo 2015

21 e 28 marzo, Messe Tradizionali a Lugano

Le prossime due S.Messe lette del sabato, invece di essere celebrate come di solito nella cappella della Clinica Moncucco, saranno nella Chiesa di S.Carlo in via Nassa a Lugano (dove di solito avviene la celebrazione mensile della S.Messa cantata).
Per quale il motivo?
Subito dopo la S.Messa, don Manfred Hauke, professore presso la facoltà teologica di Lugano, 
terrà una catechesi sulla S.Messa Tridentina. 
Sarà l'occasione propizia per porgli domande di chiarimento su tutti quegli interrogativi che spesso sorgono al riguardo. L'invito è rivolto a tutti, non solo ai laici, ma anche a sacerdoti e religiosi.
Riassumendo:
Le prossime due S.Messe lette nella forma extraordinaria secondo il Messale di S.Giovanni XXIII del 1962:sabati 21 e 28 marzo 2015 - ore 8,00
chiesa di S.Carlo, via Nassa, Lugano

Ubicazione
segue catechesi (nell'ampia sagrestia situata dietro l'altare maggiore).

4 commenti:

mic ha detto...

Nella mia nuova edizione del saggio sulla "la questioen liturgica",

cito Manfred Hauke, in «La Santa Messa, Sacrificio della Nuova Alleanza.»:

« Il sacerdote che celebra la Santa Messa in rito antico accoglie una consapevolezza più intensa della centralità del sacrificio. Per illustrare quest’affermazione, vorrei solamente ricordare le preghiere recitate a bassa voce durante l’offertorio sul pane e sul vino. Secondo la valutazione di Robert Spaemann, si tratta qui dell’intervento più radicale del Novus Ordo nella liturgia romana precedente. Nel rito di Paolo VI, le due preghiere si ispirano a delle formule ebraiche di ringraziamento per i pasti, aggiungendo molto discretamente l’idea dell’“offerta”: “lo presentiamo a te, perché diventi per noi “cibo di vita eterna” rispettivamente “bevanda di salvezza”. Nel testo latino, Paolo VI ha insistito di mettere il verbo offerimus (“offriamo”) contro la maggior parte dei liturgisti, che ritenevano di dover rimuovere l’idea del sacrificio dall’offertorio [es. Bugnini -ndR)]. È vero che il sacrificio vero e proprio si svolge durante la consacrazione, ma nei riti eucaristici l’idea del sacrificio viene già anticipata prima, nel rito di san Giovanni Crisostomo persino sin dalla proscomidia, quando si preparano le ostie all’inizio della Divina Liturgia».

mic ha detto...

e alla fine dle capitolo sull'Offertorio trasformato in berakah ebraica concludo:

L’Offertorio, nella sua primitiva accezione, aveva ben presente il Sacrificio come prolessi, cioè come anticipazione del Sacrificio a venire. Le oblate sono intimamente legate al Sacrificio. L’offertorio fa parte integrante dell’Actio del Canone, nel cuore della Santa Messa.
È innegabile, tuttavia, che la ‘forma’ ordinaria di fatto ha cambiato i connotati alle oblate ed estromesso il loro aspetto sacrificale.

organista ha detto...

Quanto sono vere queste parole di Maria Guarini e di don Manfred Hauke!

Per me esse sono un luminoso approdo dopo un lungo percorso di ricerca.
Ancora non conoscevo la Messa Tridentina e come organista mi urtava una certa spiccata tendenza nel NO a sottovalutare il significato dell’Offertorio: lo è di nome ma non di fatto. Ci viene chiesto di suonare un brevissimo brano che perentoriamente non ecceda la durata di questo “rito”. I preti ce lo richiedono con lo scopo di poter bisbigliare le formule di preghiera, non per maggiore devozione verso Dio, o per incrementare il senso del Mistero, ma perché in tal modo si può semplicemente velocizzare il tutto. Come organista conosco da vicino le loro manie: una molto diffusa è quella di guadagnare manciate di secondi qua e là per stringere i tempi della Messa, soprattutto quando si accorgono di avere ecceduto nella lungaggine della predica. Talvolta a tale scopo arrivano ad omettere l’Orate fratres, che nel NO è ancora quasi l’unico rimasuglio di preghiera in cui appare il concetto di Sacrificio.
Da quando, scoprendo la Messa Tridentina, ho riscoperto il vero senso dell’Offertorio in questo nuovo contesto posso suonare il brano musicale in buona coscienza.
Mi rimane ancora un interrogativo: come mai l’atteggiamento di offerta della propria vita in congiunzione al Sacrificio di Cristo-Vittima non viene sottolineato dalla postura? Infatti si rimane seduti invece che in ginocchio, cosa che sarebbe più consona al significato profondo del momento. Si sa infatti i gesti e gli atteggiamenti esprimono di più di qualsiasi parola.

organista ha detto...

La mia mansione di organista e di preparatore dei canti continua tuttora anche nel NO, -mi son detto- almeno finché lo scisma che sotto sotto è già di fatto non diventerà uno scisma a tutti gli effetti. Nel frattempo ne approfitto per sensibilizzare le persone sul vero significato della Messa invitandole a conoscere la forma cosiddetta extra-ordinaria del rito romano, da intendere -attenzione- come una cosa veramente straordinaria, e non in modo tendenziosamente riduttivo come qualcosa fuori dall’ordinarietà da relegare in situazioni molto particolari.
Sempre riguardo all’Offertorio mi domandavo cosa potrei fare per fare risaltare quello che dovrebbe essere il suo vero senso secondo l’autentica Tradizione cattolica.
Ho riscoperto nell’innario ufficiale della diocesi un canto d’offertorio in italiano che era stato composto al più tardi nel 1953, in cui compaiono parole che riflettono il contenuto dell’Offertorio cattolico di sempre. Le persone del coretto a cui l’ho insegnato sono rimaste stupite di questo. Mentre ordinariamente ci si limita ad offrire il pane ed il vino che poi verrà transubstanziato in Corpo e Sangue di Cristo (detto così sembra quasi che il Signore operi una sorta di magia), in questo canto ci si unisce con la propria vita al Sacrificio di Cristo.
In questo modo -pensate un po’- chi prega nel canto vive un Offertorio perfino più autentico che non il celebrante stesso con le sue formule monche. Non è straordinario?