Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 17 luglio 2022

Intervista a Dom Alcuin Reid sulla sua ordinazione, la sua comunità, la diocesi di Fréjus-Toulon e Desiderio desideravi

Nella nostra traduzione da Rorate caeli una interessante intervista a Dom Alcuin Reid che ci offre la sua personale testimonianza di quanto ha determinato la sofferta vicenda dell'ordinazione clandestina (qui - qui - qui - qui) e delle incresciose conseguenze per il monastero e per la diocesi; anche se non esclusivamente determinanti per quest'ultima (qui). Scritti di Dom Alcuin Reid qui- qui
Qui l'indice degli articoli su Traditionis custodes, sui Responsa ad Dubia e Desiderio desideravi.

Intervista a Dom Alcuin Reid sulla sua ordinazione, la sua comunità, la diocesi di Fréjus-Toulon e Desiderio desideravi

A maggio è arrivata la notizia che due monaci del Monastero Saint-Benoît nella diocesi di Fréjus-Toulon, in Francia, un'Associazione pubblica di fedeli che celebra esclusivamente la liturgia tradizionale e che vive una osservanza benedettina tradizionale, avevano ricevuto l'ordinazione da un anonimo “alto prelato in piena comunione con la Santa Sede” dopo che il suo stesso vescovo, mons. Dominique Rey, aveva più volte affermato di non potergliela conferire. Il monastero sostiene che queste ordinazioni erano necessarie per la sua sopravvivenza di fronte all'inerzia causata dal timore del vescovo nei confronti della Santa Sede. Il vescovo ha reagito sospendendo i monaci.

All'inizio di giugno è emerso che monsignor Rey e la sua diocesi erano stati recentemente oggetto di una “visita fraterna” del proprio arcivescovo metropolita e che, alla luce di ciò, la Santa Sede aveva proibito a mons. Rey di procedere a qualunque ordinazione per il prossimo futuro. (Le ordinazioni annuali erano state fissate per il 26 giugno e altre erano programmate successivamente.) Il 10 giugno il vescovo ha decretato la soppressione dell'Associazione dei fedeli del monastero.

Il Priore fondatore del Monastero, Dom Alcuin Reid, noto negli ambienti tradizionali come esperto liturgista, ha accettato di rilasciare questa intervista esclusiva a Rorate Caeli.

RC: Dom Alcuin, molte persone nel mondo sono sbalordite dal suo disattendere le norme canoniche sulla ricezione degli Ordini sacri che ha causato la sua sospensione e la soppressione dell'Associazione di fedeli del suo monastero. Perché questa linea di condotta sua e dei suoi monaci?

In breve: per poter vivere fedelmente le nostre vocazioni monastiche e per poter sopravvivere alla tempesta che infuria intorno a noi e ora con particolare ferocia nella nostra diocesi. Se non avessimo accettato l'offerta di ordinazioni al di fuori delle norme canoniche saremmo ora una comunità monastica senza sacerdoti e quindi senza messa alla mercé della Santa Sede – e sappiamo quanta simpatia avrebbero per un monastero tradizionale!

Come spiega la nostra dichiarazione del 13 maggio ( link ), abbiamo preso una decisione in coscienza col passare del tempo, dopo molte preghiere, digiuni e consultazioni, di affrontare una disobbedienza materiale che credevamo fermamente allora, e crediamo ora, si sia resa necessaria con la dovuta prudenza per poter continuare a vivere le nostre vocazioni secondo i voti che abbiamo fatto a Dio Onnipotente.

La nostra "sospensione", cui è stato dato ampio scalpore, è stata una parodia canonica. Infatti il vescovo ha dichiarato che eravamo automaticamente incorsi nella pena della sospensione. L'unico problema era che, come abbiamo spiegato nel nostro comunicato, la sospensione era stata canonicamente condonata (e quindi non esisteva più). Una volta recepito questo dalla Cancelleria diocesana, è stata imposta una seconda sospensione, ma per lo stesso delitto (delitto canonico). È difficile comprendere come si possa incorrere in una seconda sospensione per lo stesso delitto per il quale è già stata rimessa la pena. Ma immagino che la nostra Cancelleria sia attualmente sotto pressione.

La “soppressione” della nostra Associazione Pubblica di Fedeli è stata debitamente contestata: il decreto si basa anche su falsità verosimilmente messe insieme in fretta e furia. Francamente, sono canonicamente imbarazzanti.

Nonostante i decreti emanati dalla Cancelleria, la nostra vita quotidiana, con le sue otto ore dell'Ufficio divino e della Messa, il lavoro manuale e intellettuale, l'accoglienza degli ospiti, ecc., continua senza sosta, con grande gioia e pace pur tra le spine. Sapevamo che all'orizzonte potevano esserci sospensioni e soppressioni, ma la nostra proprietà appartiene a noi, non alla diocesi, quindi non possiamo essere sfrattati.

RC: Quindi il monastero continuerà a prescindere?

Questa è la nostra vocazione e il nostro dovere a cui siamo votati davanti a Dio Onnipotente. Dobbiamo essere fedeli a questo. Non possiamo far altro per non diventare semplici mercenari che fuggono con l'arrivo dei lupi (cfr Gv 10,23).

Se dobbiamo essere canonicamente indipendenti per un po', così sia. Non lo desideriamo, ovviamente. Ci assicureremo di mantenere buoni rapporti con gli altri monaci e inviteremo monaci adeguatamente esperti a visitarci ogni tre anni, e così via. Se dobbiamo essere indipendenti, non dobbiamo isolarci. Col tempo, nella divina Provvidenza, le autorità giungeranno a riconoscere l'integrità della nostra vita e a concederci l'appropriata autorizzazione, come è avvenuto in un passato non troppo lontano.

RC: A cosa si riferisce?

Il parallelo più evidente è quello dei primi due decenni di storia dell'Abbazia di Le Barroux: il suo fondatore, Dom Gerard Calvet, fu sospeso ed espulso dall'ordine benedettino per aver fatto ordinare i suoi monaci senza permesso (anche quelli ordinati furono sospesi) — solo per essere benedetto come abate da un cardinale inviato dal Vaticano circa quindici anni dopo.

Non dimentichiamo le origini della Fraternità San Pietro o dell'Istituto del Buon Pastore: non esisterebbero oggi se non fosse per la disobbedienza secondo coscienza di diversi decenni fa, che fece sì che la Fraternità San Pio X continuasse dopo la soppressione canonica negli anni '70.

Le persone che oggi beneficiano del buon lavoro di questi Istituti, o che addirittura ammirano l'Abbazia di Le Barroux, non dovrebbero dimenticare il fatto che esistono oggi perché storicamente i loro fondatori hanno preso decisioni secondo coscienza di ignorare parti del diritto canonico e decreti di soppressione che altrimenti avrebbero provocato la loro fine. I nostri tempi, purtroppo, sembrano diventare straordinari come lo erano i loro e potrebbero richiedere azioni simili.

RC: Ma come sopravviverà in modo indipendente?

Se intende finanziariamente, allora siamo nelle mani della divina Provvidenza. Ma sono ottime mani in cui mettersi! Lo scalpore delle ultime settimane ha portato una marea di messaggi di sostegno, di generose donazioni, di richieste di visite e di richieste vocazionali: i giovani non si lasciano scoraggiare da atteggiamenti autoritari. Le “sanzioni” imposteci, infatti, non hanno impedito ai fedeli, o al clero e ai seminaristi di continuare a venire da noi. Nella temperie ecclesiale attuale queste cose si riconoscono prive di valore quali sono. Le persone che ci conoscono sanno che abbiamo veramente agito con la dovuta prudenza.

Siamo fiduciosi che, se saremo fedeli alle nostre vocazioni, vivremo la vita benedettina tradizionale con integrità e carità e saremo fedeli alla liturgia tradizionale celebrata pienamente e con integrità, tutto andrà bene. Certamente stiamo correndo un rischio, ma è un rischio che giudichiamo proporzionato alle circostanze in cui ci troviamo. Siamo nelle mani di Dio, e questo è il posto migliore dove stare!

RC: Qual è la sua opinione sul futuro di Mons. Rey e della diocesi di Fréjus-Toulon? Il vostro monastero è responsabile delle misure prese contro di lui?

Supporre che fossimo direttamente responsabili delle misure prese contro di lui significa darci troppa importanza. Sono sicuro che figuriamo negli elenchi delle comunità da lui fondate che erano fonte di inquietudine per la Santa Sede, non a causa di problemi nella nostra comunità (abbiamo avuto visite regolari con buoni rapporti) ma perché esistiamo e siamo abbastanza conosciuti. Le nostre ordinazioni di aprile sono arrivate troppo tardi per causare qualcosa: la Santa Sede è col fiato sul collo di mons. Rey da più di due anni, ed era già avvenuta la “visita fraterna” della diocesi da parte dell'arcivescovo metropolita (noi non siamo mai stati visitati).

Il futuro? È difficile prevedere esattamente. Diversi seminaristi e alcuni sacerdoti hanno già fatto le valigie e hanno lasciato la diocesi. Il vescovo si è scusato pubblicamente per i suoi errori passati e ha promesso (pur dicendo che aspetta ulteriori decisioni da Roma) di cercare di far meglio, un po' come uno studente errante che supplica il preside di poter continuare i suoi studi per un altro anno. Dubito che ora sia libero di fare qualcosa di importante senza l'approvazione della Santa Sede. C'è certamente un grande disagio nella diocesi tra i seminaristi e nelle diverse comunità, in particolare quelle di orientamento tradizionale. Molte delle comunità sono semplici Associazioni e vivono in proprietà diocesane: possono essere sciolte e sfrattate come e quando l'autorità lo desideri.

Certo, sappiamo da altre diocesi che sono state oggetto di visite richieste dalla Santa Sede che i vescovi possono “essere dimissionati” o essere messi da parte molto facilmente in altro modo. È già successo fin troppo spesso. Ciò sarebbe un grande dispiacere per mons. Rey che dovrebbe celebrare giustamente il suo giubileo d'argento come vescovo tra tre anni. Temo, però, che ora non avrà questa opportunità.

RC: Sembra che l'annuncio del 2 giugno dell'intervento di Roma nella diocesi che vieta le ordinazioni abbia alla fine giustificato le sue azioni. È d'accordo?

Sì. Certamente ha dimostrato che i nostri timori, articolati nella nostra dichiarazione del 13 maggio, erano molto fondati. Tuttavia mi ha molto sconvolto e rattristato: molte buone vocazioni ora sono a rischio. Assolutamente non ci piace essere giustificati in questo modo. Quanto vorremmo che le nostre azioni non fossero state veramente necessarie e che Roma non avesse ridotto monsignor Rey a un accolito spaventato!

RC: Sembra avere un grande affetto per il Vescovo, anche dopo le sanzioni che ha imposto?

Sì, naturalmente. È lui che mi ha invitato nella sua diocesi (non ho mai chiesto di venire). Ho lavorato a stretto contatto con lui su vari progetti per più di un decennio. È un uomo molto buono e di profonda fede che, come sacerdote e vescovo, cerca veramente di concepire e promuovere iniziative per il bene della Chiesa. Lui è dalla parte della soluzione della crisi nella Chiesa, non del problema. Se solo più vescovi fossero come lui!

Ma quando il migliore dei vescovi è paralizzato dal timore della Santa Sede e non è libero di dare alle comunità da lui fondate le ordinazioni di cui hanno bisogno; quando la politica e il potere più che la salvezza delle anime sono i criteri determinanti dell'azione, vuol dire che la crisi è davvero molto grave.

Non lo biasimo per le sanzioni che ci ha imposto: può anche darsi che la Santa Sede tenga le fila anche di questo. Ma mi spiace che abbia rifiutato diverse richieste di incontro a tu per tu. Non ha nulla da temere da me, anche se non siamo d'accordo. Se dipendesse da noi due, potremmo probabilmente trovare una via da seguire per la riconciliazione e la regolarizzazione, ma sospetto che altri stiano manovrando per impedirlo.

RC: Alcune domande difficili: Primo, chi ha conferito le ordinazioni?
Ovviamente, non posso rispondere a questa domanda. Il prelato interessato merita l'anonimato per evitare sanzioni. Siamo stati criticati per aver mantenuto questo segreto, ma così sia. La cosa interessante è che nessuno ha seriamente messo in dubbio che siano avvenute ordinazioni valide: immagino che la gente non pensi che mentiremmo su una questione come questa, e hanno ragione!

Alcune voci sono state divertenti: una persona ha persino suggerito che fosse il cardinale Bartolucci. Il problema è che oltre ad essere attualmente morto, non è mai stato vescovo!

Un giorno sarà possibile rispondere a questa domanda, ma non ora.

RC: Secondo punto: alcuni giornali e blog hanno sollevato domande sul suo passato. Ha qualcosa da dire in proposito?

Gli attacchi ad hominem costano poco e sono facili da realizzare e si tratta si giornalisti o blogger che non vogliono affrontare i problemi che si presentano (o addirittura non li capiscono) oppure chi ha altri obiettivi spesso ricorre ad essi. Devono anche fare attenzione: siamo stati informati da chi ne ha competenza che parte di ciò che hanno scritto potrebbe finire per loro e per i loro editori a dare contributi sostanziali al nostro fondo per l'edilizia e il restauro!

Per quanto mi riguarda, il mese scorso la diocesi ha pubblicamente confermato che quando mons. Rey mi aveva invitato in diocesi nel 2009 erano state fatte tutte le dovute indagini e che non c'era alcun impedimento alla mia incardinazione. Fu seguita tutta la dovuta diligenza e l'arcivescovo di Melbourne dell'epoca fu consultato e diede la sua approvazione. Da parte mia, non ho nascosto nulla ai miei superiori: sono loro che hanno dato i giudizi sui fatti loro sottoposti. (Sono stato confermato superiore del monastero dal vescovo solo nel gennaio di quest'anno.)

Certo, la formazione in seminario degli anni '80 ha fatto i suoi danni per tutti noi - si potrebbe anche dire che ci ha abusati, e un giorno sarebbe bene scriverne di più - e io sono tutt'altro che perfetto. Ma per il dono della grazia di Dio e con la perseveranza, quel danno è guarito da tempo. La vita monastica, con al centro la conversione della propria vita, è insieme balsamo risanatore e mezzo per crescere in virtù e diventare ciò che Dio chiama ad essere.

Ci sono alcuni troll e commentatori di Internet, tra cui un abate inglese e un giornalista, che non perdono l'opportunità di rimestare nel fango, piuttosto patologicamente. Provo compassione per queste persone e prego per loro: non capiscono né il Vangelo, né la vita monastica, né quello che loro stessi stanno facendo, per non parlare dei problemi emergenti. Le loro iniziative dicono su loro stessi più di quanto potrebbe farlo chiunque altro.

RC: Che cosa dice a coloro che affermano che tutto quel che ha fatto era semplicemente per farsi ordinare sacerdote?

Non ci si “ordina” – e io/noi certamente non abbiamo fatto niente del genere! Se avessi voluto farlo probabilmente avrei potuto farlo altre volte nel corso degli anni.

No, si deve essere chiamati all'ordinazione dalla Chiesa nella persona del Vescovo. Il nostro vescovo ha ricevuto la raccomandazione di fare non meno di tre visite, l'ultima nel dicembre 2021, ma di non procedere a ordinare nessuno nella nostra comunità per paura di Roma, e non, come ha affermato spesso, perché pensava che fossimo in qualche modo inadeguati. Discutendo questa situazione impossibile all'inizio dell'anno con i prelati anziani, ho sottolineato la necessità che il nostro giovane monaco professo solenne, che era in ritardo con il suddiaconato e si avvicinava al momento del diaconato, potesse andare avanti normalmente. Un prelato si è offerto di ordinarlo e poi ha insistito sul fatto che, per il bene del monastero, dovevo accettare l'ordinazione sacerdotale. Non l'ho richiesta, né l'ho cercata. Dopo aver adeguatamente pregato e meditato, e per espresso desiderio dei miei confratelli, ho accettato questa come una legittima chiamata agli ordini nelle circostanze davvero straordinarie in cui viviamo.

Rc: Grazie. Su un altro argomento, come liturgista, ha qualche commento sulla lettera di papa Francesco sulla formazione liturgica?

Sono stato piacevolmente sorpreso nel leggere alcuni passaggi buoni, se non belli, in Desiderio Desideravi : la descrizione della formazione di un bambino piccolo nel farsi il segno della croce (n. 47) è molto commovente. Vorrei, tuttavia, che fosse stato più chiaro sul fatto che lo scopo principale della Sacra Liturgia è dare a Dio Onnipotente il culto che gli è dovuto, e che questo è il nostro primo vero dovere di cristiani.

Naturalmente, il fondamento su cui poggia questa lettera è il presupposto che i moderni riti liturgici promulgati dopo il Concilio Vaticano II siano pienamente conformi ai desideri del Concilio stesso. Storicamente, questo è un completo non sequitur, come decenni di studi seri hanno ora più che adeguatamente dimostrato. Che la Santa Sede scelga di ripetere più e più volte questa colossale menzogna non cambia i fatti in predicato e non convincerà nessuno che la studi. Ma questa è l'indiscutibile super-dottrina del potere egemone: chiunque la metta in dubbio è persona non grata. Tali politiche e giochi di potere dietro le quinte non hanno nulla a che fare con la liturgia o con la storia e sono semplicemente indegne.

La ripetizione del conseguente richiamo a ristabilire un'unità (probabilmente ciò che si intende realmente è uniformità) nel rito romano attorno ai libri liturgici moderni è niente meno che incendiaria e porterà a ulteriori divisioni. Generazioni di clero e laici (tra cui addirittura un papa emerito) sanno fin troppo bene che il Concilio ha chiesto qualcosa di diverso da quello che è stato prodotto dopo, e sanno che i riti liturgici più antichi hanno oggi un grande valore spirituale e pastorale. Infatti, come ho già detto molte volte, si può molto facilmente parteciparvi pienamente, attivamente, consapevolmente e fruttuosamente proprio come ha voluto il Concilio, come attestano tante fiorenti comunità usus antiquior, seminari e istituti religiosi. I riti moderni non sono di per sé necessari per questo.

Il Santo Padre ha ragione a sottolineare l'urgenza della formazione liturgica, e del fatto che è qualcosa di più da assimilare, piuttosto che da studiare o insegnare. Ma tale formazione deve essere fondata sulla verità, non infarcita di menzogne, e deve essere aperta a tutto ciò che è vero, buono e bello nella ricca tradizione liturgica della Chiesa, non rinchiusa nelle malmesse stamberghe liturgiche frettolosamente costruite dopo il Concilio, promulgata da Paolo VI e difesa ideologicamente dai loro devoti.

Il Cardinale Sarah ha recentemente parlato della Formazione liturgica presso la Conferenza sulla Sacra Liturgia di San Francisco. La sua presentazione avrà senza dubbio qualcosa da offrire quando sarà pubblicata.

RC: Non aveva in programma di parlare alla Sacra Liturgia a San Francisco? È rimasto deluso di non esserci?

Certamente, ma ovviamente nelle circostanze attuali la mia presenza sarebbe stata una distrazione per il buon lavoro dell'arcivescovo Cordileone e del suo team nel mettere insieme un'altra conferenza internazionale della Sacra Liturgia di grande successo con un'eccellente schiera di relatori. Certamente non avrei voluto sminuirla.
Per inciso, i progetti sulla Sacra Liturgia sono un frutto diretto dell'invito di Mons. Rey nella sua diocesi, della sua paternità e fiducia. Non avrei mai potuto fondarla altrimenti. Incoraggio tutti coloro che hanno beneficiato in qualsiasi modo della Sacra Liturgia a pregare per lui in particolare in questo tempo: una croce molto pesante è stata posta sulle sue spalle.

RC: Infine, cosa riserva il futuro del Monastère Saint-Benoît? Come possono aiutare i nostri lettori?

Il futuro custodisce una osservanza monastica tradizionale della preghiera e del lavoro, con ogni giorno che ruota attorno alle otto ore canoniche dell'Ufficio divino e della Santa Messa. Conserva un'integrità di vita liturgica e sacramentale secondo le forme più antiche del rito romano (usiamo il messale del 1953 per la Settimana Santa), compresi i riti di ordinazione minore e maggiore. Conserva il lavoro manuale e intellettuale secondo la tradizione monastica, e il lavoro pastorale che può essere necessario per servire le persone che vengono da noi nel bisogno se vogliamo entrare in un'altra epoca di persecuzione.

Vale a dire, non ha nulla di insolito per noi "monaci-monaci" che cerchiamo di vivere la tradizionale vita benedettina (non cerchiamo di distinguerci secondo una particolare devozione o spiritualità non monastica: basta la Regola!) Probabilmente il futuro riserva un buon investimento nella formazione degli aderenti in modo che possano portare essi stessi la fiaccola della vita benedettina tradizionale nei prossimi decenni: stiamo lavorando duramente al restauro dei nostri edifici medievali in modo da accoglierli.

I suoi lettori possono aiutare con le loro preghiere e il loro sostegno : l'unico motivo per cui possiamo andare avanti è l'indipendenza fiscale che abbiamo attraverso l'aiuto provvidenziale dei nostri oblati, amici e benefattori. Certamente, continueremo a cantare l'Ufficio e offrire il Santo Sacrificio della Messa e accogliere gli ospiti e formare e coltivare vocazioni e offrire la pastorale come meglio possiamo, ma per farlo confidiamo nella divina Provvidenza. Siamo fiduciosi che non verrà meno.

RC: Grazie Dom Alcuin. Dio protegga lei e il suo monastero!

Grazie. Dio benedica lei, la sua squadra e i suoi lettori.
________________________ 
(Visita il sito web del monastero per omelie, notizie, negozio di articoli da regalo e opportunità di aiuto.)
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono situazioni difficili, complesse, delle quali solo il tempo dirà la verità. Oggi la prima a non essere affidabile è l'autorità massima.

Ricordo una visita a Bose, dove andammo per toccare con mano il meglio del meglio; malgrado tutte le eccellenti presentazioni ricevute, ne venni via con una grande delusione. Mai più me ne informai e mai più vi tornai.

E' un fatto, oggi, che molti sacerdoti, monaci, vivono nella clandestinità la loro autentica vocazione. Questa prova terribile sta forgiandoli per un domani, non lontano, quando questo grande inganno si dissolverà al lieve/possente soffio dello Spirito Santo.

Anonimo ha detto...

Quando la disobbedienza è necessaria per sopravvivere alla feroce tempesta misericordiosa, fedeli a Cristo....

Da Lo spigolatore romano ha detto...

"L’occidente cattolico non ha bisogno di volgersi indietro, né verso l’oriente, ma verso la proprio profondità e la genialità del suo spirito interiore, antico e sempre nuovo. Perché la tradizione occidentale è altrettanto antica, apostolica, patristica e venerabile quanto qualsiasi altra tradizione orientale." ( R. Taft, gesuita e liturgista). Quando noi diciamo che il rito romano antico è una grandiosa e preziosa ricchezza, non lo facciamo per auto convincercene, ma perché profondamente convinti che sia realmente così. Il rito romano antico è quello, fra tutti i riti liturgici cristiani, ad aver maggiormente conservato le forme dell'originaria semplicità. Ed anche laddove certi aspetti sono stati mutati dal tempo e col tempo, ad esempio nel canto detto gregoriano, la semplicità è rimasta, sublimata e potremmo ben dire perfezionata, innalzata a vette eccelse di spiritualità e misticismo che, forse, nessun altro canto cristiano eguaglia. Siamo realmente i proprietari di un patrimonio anche culturale, di inestimabile valore. Il rito antico lo si dovrebbe conservare anche solo per il suo immenso valore culturale, oltre che liturgico e spirituale. Ecco perché la sciagurata strada intrapresa da Roma, da circa sessant'anni, di voler cioè far sparire tanta ricchezza è destinata a fallire. Anzi, è già fallita. Tale fallimento, è stato più volte certificato, seppur indirettamente, dai papi stessi che hanno cercato di contenere sempre più la diffusione di tale rito. Da ultimo Francesco che nel 2021 arriva a dire che il nuovo rito è "unica espressione della lex orandi del Rito Romano". Se si sente il bisogno di ribadire questo concetto, insieme all'altro secondo il quale "la riforma è irreversibile" significa che è vero il contrario. Il rito romano antico, lo abbiamo detto infinite volte, è il discendente diretto, unico e legittimo della liturgia che san Pietro apostolo celebrava a Roma. Tutti gli altri sono pretendenti abusivi e illegittimi. Quello che colpisce nell'odio diabolico contro il rito antico è la cecità: i papi e i vescovi non vedono che non riescono ad estirpare tale rito, non ne vedono il valore e neppure vedono la loro impotenza. Perché accecati dall'ideologia. Quando l'ubriacatura neomodernistica sarà passata, come passò quella iconoclasta, i successori di questi ultimi papi e vescovi sconfesseranno pubblicamente la ferocia pantoclastica e suicida dei loro predecessori che da un lato lodavano le liturgie orientali, la loro bellezza e l'attaccamento ad esse degli orientali e dall'altro lato perseguitavano i fedeli occidentali che volevano fare lo stesso col rito romano che può vantarsi di avere una tradizione "altrettanto antica, apostolica, patristica e venerabile quanto qualsiasi altra tradizione orientale". Donfi.
. Noi ringraziamo Iddio di averci permesso di non essere accecati da tale infame ideologia.

Anonimo ha detto...

Dom Alcuin - che nome impegnativo! - è un po' troppo indulgente,vo forse diplomatico, verso il suo Vescovo.

Anonimo ha detto...

Li avrà ordinati Sarah…

Anonimo ha detto...

"... Noi ringraziamo Iddio di averci permesso di non essere accecati da tale infame ideologia."

Pensiero giustissimo e verissimo anche nel contesto del momento storico che stiamo vivendo. Se guardiamo quante persone sono accecate dall'infame ideologia oggi in voga, si capisce che è veramente e solamente Grazia non esserne stati accecati.

Questo privilegio che ci è stato concesso crea doveri verso Dio e verso chi non vede, capire quali siano e quando e come attuare questi doveri è tutto da comprendere da ognuno di noi nella sua vita. E non è facile.

Anonimo ha detto...

Sono i pensieri che legano le persone.
Se non ci si pensa più si è già su strade che conducono altrove.

Anonimo ha detto...

Sono oblata di Le Barroux, ho venerazione per il suo fondatore, dom Gérard Calvet OSB. Ma la frase di dom Alcuin è semplicistica e sbagliata. La più prolifica abbazia di rito antico del mondo, Fontgombault, obbedì all’autorità, pur rimandendo fedele alla propria vocazione tradizionale. La disobbedienza non è né cattolica né benedettina e non c’è motivo di credere che rimanere sulla croce non dia più frutto sovrannaturale che ribellarsi ad essa.
Daniela Bovolenta

Anonimo ha detto...

La falsa obbedienza non è né virtuosa né cattolica.
Quando l'autorità si ideologizza contro la fede non è possibile obbedire.
Ricordiamoci di Sant'Atanasio...inoltre la situazione attuale è molto più grave di quella di allora.
Mons. Rey era succube della sua paura nei confronti del Vaticano e le sanzioni canoniche che si è affrettato ad infliggere dopo le ordinazioni lo dimostrano ulteriormente.

Matteo ha detto...

Ancora una volta, l'ennesima volta, quando parla qualcuno che ha la Fede, lo fa con una chiarezza disarmante, senza prosopopea. E dal discorso traspare Speranza, e poi la Carità nei confronti di chi in questo momento lo sta perseguitando.
La chiarezza di linguaggio è quella propria del latino, è innegabile. La conoscenza del latino e poi l'uso nella Liturgia, riescono a preservare dal fiume di parole scritte a caso del concilio.

Anonimo ha detto...

Il vincente non è chi non fallisce mai, ma chi non perde mai la giusta tensione volta a raggiungere i propri sacri obbiettivi, nonostante qualche istruttivo fallimento.
RB