Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 6 giugno 2017

Seppellire Benedetto... I precedenti nello scontro Kasper-Woijtyla, con lo zampino di Ratzinger

Da First Things del 22 maggio scorso, a firma di Matthew Schmitz, mi segnalano l'articolo che segue, del quale La Bussola quotidiana ha pubblicato alcuni stralci. L'ho affidato al nostro traduttore, che ci invia la versione integrale che potete leggere di seguito. Emergono punti di divaricazione tra Benedetto e il suo successore. Tornano alla mente le esternazioni recenti (30 maggio) in Santa Marta: sul “pastore che non impara a congedarsi”. “Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita”: non è “il centro della storia, della storia grande o della storia piccola”, non è il centro, è “un servitore”. Francesco cita un detto popolare: “Come si vive, si muore; come si vive, ci si congeda”. E Paolo si congeda con una “libertà senza compromessi” e in cammino. “Così si congeda un pastore”. Si è diffusa l'impressione che Bergoglio si riferisse a Sua Santità il Papa Benedetto XVI per il suo assist al card. Sarah sulla Liturgia [qui - qui]. Socci lo ha commentato [qui]. Di seguito emerge un'altra seria divaricazione.

Nonostante Benedetto sia ancora vivo, Francesco sta cercando di seppellirlo. A partire dalla sua elezione nel 2013, Francesco ha cominciato a seguire un’agenda cui Joseph Ratzinger si è sempre opposto in tutta la sua carriera. L’enfasi sulla pastorale piuttosto che sulla dottrina, la promozione di approcci disciplinari e dottrinali diversi nelle chiese locali, l’ammissione alla comunione dei divorziati e risposati: tutte queste proposte erano già state soppesate e respinte più di dieci anni fa da Ratzinger in un acceso dibattito con Walter Kasper. Che lo si voglia o no, Francesco adesso sta cercando di rovesciare Ratzinger.

Il conflitto è cominciato nel 1992 con una lettera sugli “elementi fondamentali da considerarsi già stabiliti” quando i teologi cattolici si mettono al lavoro. Alcuni di loro hanno insinuato che la dottrina, pur essendo universale e immutabile, potrebbe essere adattata alle realtà pastorali concrete consentendo per esempio un approccio progressista in Europa Occidentale e uno più conservatore in Africa.   

Per sventare questa idea, Papa Giovanni Paolo II e Ratzinger, all’epoca prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, insistettero sul fatto che la Chiesa universale è “una realtà ontologicamente e cronologicamente anteriore a ogni Chiesa individuale particolare”. Non può esistere nessuna diversità nello stile anglicano – o per lo meno non poteva sotto il pontificato di Giovanni Paolo.

Dietro a questo dibattito – apparentemente solo accademico – tra la Chiesa locale e quella universale è emerso un disaccordo sui divorziati e i risposati. Nel 1993, Kasper sfidò Giovanni Paolo II proponendo che fosse responsabilità dei vari vescovi quella di decidere se dare o no la comunione ai divorziati e risposati. Ben lungi dall’invocare un cambiamento della dottrina, egli rivendicò la necessità di uno “spazio di flessibilità pastorale in casi complessi e individuali”[vedi].

Nel 1994 il Vaticano respinse la proposta di Kasper con una lettera firmata da Ratzinger.
“Se i divorziati si sposano di nuovo col rito civile, si trovano in una situazione che contraddice oggettivamente la legge di Dio. Di conseguenza, non possono ricevere la Santa Comunione finché sussiste tale situazione”. 
Ma Kasper non era disposto a fare marcia indietro. In una collezione di scritti pubblicata nel 1999 egli criticò la lettera del Vaticano del 1992 e insistette col tema della legittima indipendenza delle chiese locali.

Ratzinger rispose l’anno dopo in uno scritto personale. Fu grazie a scritti del genere che si guadagnò la fama di rigido sostenitore della dottrina, anche se siffatta descrizione non è corretta. Benedetto è sempre stato un poeta della Chiesa, un uomo in cui il romanticismo tedesco fiorisce all’interno dell’ortodossia. In questo caso possiamo vedere una difesa dell’unità cristiana da parte sua. Egli descrive la Chiesa come “una storia d’amore tra Dio e l’umanità” che tende all’unità. Interpreta il vangelo come una sorta di nona sinfonia teologica in cui tutta l’umanità viene assemblata in un corpo unico:
L’idea di fondo della storia sacra è quella del riunire, dell’unire tutti gli esseri umani nell’unico Corpo di Cristo, l’unione degli esseri umani e di tutta la creazione con Dio. Vi è solo una sposa, un unico Corpo di Cristo, non varie spose e vari corpi. La Chiesa non è “semplicemente una struttura che possa essere cambiata o demolita a volontà, che non abbia niente a che fare con la fede in sé”. La “Chiesa stessa possiede una certa forma di incorporeità”. Tale forma, tale corpo dev’essere amato e rispettato, non messo in questione.
Qui cominciamo a vedere come la questione dell’universalità della Chiesa influenzi questioni apparentemente non vincolate tra di loro, come per esempio la comunione, il divorzio e il risposarsi. Ratzinger citò la prima epistola ai Corinzi, in cui Paolo descrive l’unità della Chiesa rapportandola ai sacramenti della comunione e del matrimonio. Così come nel matrimonio due persone diventano una sola carne, anche nell’Eucarestia molte persone diventano un solo corpo. “Poiché noi siamo un solo pane e un solo corpo, mangiamo tutti dello stesso pane”.

Il vincolo che Paolo stabilisce tra il matrimonio, l’Eucarestia e l’unità della Chiesa dovrebbe servire da ammonizione per chiunque voglia minare una qualsiasi delle tre realtà. Se il corpo unico della Chiesa universale non può essere diviso, non lo può essere nemmeno l’“unica carne” di una coppia di sposi. E la comunione – il simbolo dell’unione tra fede ed opere – può trasformarsi in disunione se le persone che vi accedono con condividono la stessa fede.

La replica di Kasper è apparsa in un saggio pubblicato in inglese da America: si tratta dell’espressione anticipata e succinta di quello che sarebbe stato un giorno il programma di Papa Francesco. Comincia con una distinzione fondamentale: “Non sono arrivato a queste conclusioni col ragionamento astratto ma per mezzo dell’esperienza pastorale”. Kasper denuncia poi il “rifiuto lampante della comunione a tutte le persone divorziate e risposate e le regole altamente restrittive per l’accoglienza all’Eucarestia”. Le controversie dell’era di Francesco le troviamo riassunte tutte qui, un decennio prima della sua elezione.
(È bene notare che termini esagerati come ‘lampante’ e ‘altamente restrittive’, per i quali Kasper è stato a volte criticato, sono stati introdotti dal traduttore e non sono presenti nel testo tedesco originale.)

Sullo sfondo di questa disputa – e di molte altre – si cela il tema della liturgia. Ratzinger era già noto come sostenitore della “riforma della riforma”, un programma che evitasse la discontinuità liturgica riportando lentamente la liturgia stessa nell’alveo della continuità con le sue forme storiche. Kasper, al contrario, utilizza la discontinuità scaturita dal Concilio Vaticano II per giustificare ulteriori cambiamenti all’interno della vita cattolica: “I nostri fedeli sono ben coscienti della flessibilità delle leggi e delle norme; ne hanno avuto una vasta esperienza negli scorsi decenni. Hanno sperimentato cambiamenti che nessuno aveva previsto o considerato possibili”. Evelyn Waugh ha documentato come i cattolici, all’epoca del Concilio, hanno sperimentato “una rivoluzione superficiale su temi che sembravano permanenti”. Kasper abbraccia questa rivoluzione superficiale nella speranza che essa possa giustificarne un’altra, più profonda.

Biasima il fatto che Ratzinger non veda le cose allo stesso modo: “Sfortunatamente, il Cardinal Ratzinger ha affrontato la questione delle relazioni tra la Chiesa universale e le chiese locali da un punto di vista puramente astratto e teoretico, senza prendere in considerazione le situazioni e le esperienze pastorali concrete”. Ratzinger non sarebbe quindi riuscito a consultare quelli che Kasper definisce i “dati” dell’esperienza: “Pertanto, per fare della sana teologia dobbiamo rivolgerci alla storia”, all’interno della quale possiamo trovare molti esempi di “diversità” illuminante.

Il linguaggio di Kasper, nonostante sia infarcito di cliché (“dati”, “diversità”, “esperienza”), è dotato di una genuina seduzione retorica. Tutti noi speriamo che ci possa essere pace, anche se non c’è pace tra la Chiesa e il mondo. Siamo tutti suscettibili di essere sedotti da visioni di unità e da promesse confortevoli. Il contrasto tra queste due personalità è quinti tanto retorico quanto dottrinale: Ratzinger ispira, Kasper dà sollievo.

Gli editori di America hanno invitato Ratzinger a rispondere, cosa che egli ha accettato con riluttanza. La sua replica fa notare che il battesimo è realmente un evento trinitario; non solo siamo battezzati nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, ma anche in loro nome. In tal modo non diventiamo membri di una delle varie associazioni cristiane locali, ma siamo uniti a Dio. Per questo motivo, “tutti quelli che sono battezzati in una chiesa di Berlino si trovano a casa loro in qualsiasi chiesa di Roma, di New York, di Kinshasa, di Bangalore o di qualsiasi altro luogo del mondo, come se fossero stati battezzati lì”. Non c’è bisogno di redigere documenti burocratici per un cambio di residenza: si tratta dell’unica e della stessa Chiesa”.

Kasper ha chiuso il dibattito nel 2001 con una lettera all’editore in cui sosteneva che “non è completamente senza senso … rivendicare azioni concrete, non nella vita politica ma in quella pastorale”. A questo punto, la controversia sembrò scemare. Ratzinger divenne papa e la proposta di Kasper venne dimenticata.

Dodici anni dopo, il neo-eletto Papa Francesco ha dato nuova vita alla proposta di Kasper. Nel suo primo discorso in occasione dell’Angelus, Francesco ha elogiato Kasper reintroducendolo nella Chiesa universale in qualità di “buon teologo, teologo talentuoso” i cui ultimi libri avevano “giovato tanto” al nuovo papa. Oggi sappiamo che Francesco aveva letto attentamente Kasper per molti anni. Nonostante si dica spesso di lui che sia spontaneo e non ideologico, Francesco ha supportato vigorosamente l’agenda che Kasper ha tracciato più di dieci anni fa.

Di fronte a questa sfida, Benedetto ha mantenuto un silenzio quasi assoluto. C’è ben poco da aggiungere alle parole con le quali egli ha nettamente respinto il programma di Kasper e di Francesco. Eppure rimane una sensazione di perplessità. Nessun papa – a memoria d’uomo – ha mai contraddetto così apertamente il suo predecessore, il quale, a sua volta, risiede a breve distanza da lui. Questo è il motivo per cui i sostenitori dell’agenda di Francesco si inquietano ogni volta che Benedetto parla, come ha fatto recentemente elogiando il Cardinal Sarah. Se questi due uomini fossero veramente d’accordo, i sostenitori di Francesco non avrebbero paura del colto ed educato tedesco che passeggia per i Giardini Vaticani.

Così, i due papi, quello attivo e quello emerito, quello che parla e quello silente, rimangono agli antipodi. In fin dei conti non importa chi parla di più o chi ha l’ultima parola; ciò che importa è sapere quale dei due pensi ancora coi parametri di una Chiesa che è sopravvissuta a moltissime eresie. Quando le parole inebrianti di Benedetto vengono comparate alle ovvietà del suo successore, è impossibile non notare la differenza: un papa riecheggia gli apostoli, l’altro scimmiotta Walter Kasper. Dato che questa differenza di linguaggio riflette una differenza di fede, è possibile fare una previsione: non importa chi morirà per primo, Benedetto sopravvivrà a Francesco.
Matthew Schmitz. direttore responsabile di First Things.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

15 commenti:

Anonimo ha detto...

La differenza c'è anche sui principi non negoziabili e sull'approccio all'immigrazionismo.

A questo proposito interessante:
http://m.asianews.it/index.php?art=40885&l=it

P. Samir: dietro gli attacchi ai Copti, le ambiguità di al-Azhar e la diffusione del fondamentalismo islamico

L’islam continua a vivere nell’ambiguità di un rapporto con Corano, detti e vita di Maometto che dicono tutto e il contrario di tutto. Lo Stato islamico trova lì la giustificazione per i suoi atti più violenti e crudeli. È il pensiero e il sistema giuridico islamico che deve essere riveduto. Separare la politica dalla religione.

irina ha detto...

'In principio erat Verbum...'

Dio, Uno e Trino, giudicherà BXVI. Nessuno può negare che qualsiasi siano, e siano state,le sue colpe in pensieri, parole, opere ed omissioni, la stella polare della sua vita, del suo sacerdozio è stata, ed è, che in principio non era l'azione ma, in principio era il Verbo.

Con buona pace di tutte le pastorali, le prassi, l'andare avanti ed il restare indietro, dei tempi che corrono, dei conflitti, irrisolvibili col dialogo se almeno un dialogante non ha come stella polare il Verbo, la Verità, Gesù Cristo Signore nostro.

Anonimo ha detto...

Socci non è l'unico ad averlo interpretato in quel modo, anche Valli:

http://www.aldomariavalli.it/2017/05/31/peppone-don-camillo-e-le-legnate-dei-misericordiosi/

Luisa ha detto...

Per il momento mi limito a ringraziare mic e il suo traduttore per il prezioso lavoro di traduzione, mi domando se chi legge si rende contro del lavoro che implicano tutte le traduzioni che mic mette a notra disposizione e del tempo che richiedono!

Rr ha detto...

Nero su bianco quanto molti di noi sostengono fin dal primo momento: una scelta pensata, progettata, costruita, voluta a tutti i costi, anche a costo di ricattare un pontefice e di violare le norme stabilite da un altro, fatto pure Santo, per arrivare a ciò che dalla morte di Paolo VI avevano visto allontanesi sempre di più. Una chiesucola simil protestante, ora che i protestanti sono rari come l'araba fenice, una chiesucola serva del Mondo, che cosi perdonerà loro i vizietti e viziacci che hanno, tutti, vizietti e viziacci chi solo mentali, chi carnali, molto carnali.
Una decina di vecchi mal vissuti e mal invecchaiti circondati da altri, giovani e baldi, fattisi preti per sbarcare alla grande un lunario che altrimenti, vista la loro pochezza intellettuale e scarsa propensione al lavoro manuale, si sarebbero sognati.
Purtroppo, avendo fatto un patto col Diavolo, ci toccherà sorbirceli per anni ancora, come altri "grandi vecchi" che ci han rovinato la gioventù, la maturità ed ora forse pure la vecchiaia con le loro scelte politiche dissennate.

Anonimo ha detto...

La differenza che passa tra Woityla-Ratzinger da una parte e Montini-Bergoglio dall'altra, è la stessa che passa tra Napoleone e Robespierre. Si tratta di eclatanti, enormi differenze di stile e metodo, fino allo scontro violento e feroce tra loro. Ma sempre di stile e metodo. Il merito di ciò che si vuole raggiungere è lo stesso. La vittoria della rivoluzione rappresentata dal Vaticano II.

Anonimo ha detto...

Come la penso lo sapete tutti, per me resta un grande gli devo tantissimo, sul come sia stato usato e poi scartato per losche trame se ne aveva il sentore, ora è chiaro, era detestato ad ogni livello dai preti in primis, visti i commenti soprattutto da 'ste parti, al SP :'A che serve roba vecchia per rincotinchi come lui, ci vuole sprint, novità, non roba da Medioevo'......accontentati, adesso abbiamo wonderpope, moderno, allineato, non intestardito sui valori non negoziabili, al passo coi tempi.....ogni domenica lodi alle catechesi del vdr, giornalisti rai3 in giro per parrocchie in tutta ER a illustrare AL, poi Accattoli, Bianchi,et alii, insomma un dogma magisteriale da imparare a memoria e senza discutere, tipo Corano e zitti......la chiesa 2.0 NWO for all, vedrete ad ottobre cosa riusciranno a fare coi fratelli diversamente ecumenici in Germania, intanto Marx, senza Engels ma con Kasper e Lehman, dice che la DKK andrà avanti da sola, con o senza Roma, senza sicuramente, i soldi li hanno tutti in mano loro, anche i beni FFI passeranno in sicure mani di amministratori tedeschi, ut unum sint, almeno per il gruzzolo.Lupus et Agnus.

mic ha detto...

Per il momento mi limito a ringraziare mic e il suo traduttore per il prezioso lavoro di traduzione, mi domando se chi legge si rende contro del lavoro che implicano tutte le traduzioni che mic mette a nostra disposizione e del tempo che richiedono!

Grazie cara Luisa di questa consapevole premura!
Mi sento sempre un po' a disagio a chiedere un supporto, che non è per me, ma per chi, dovendo portare avanti una famiglia, pur disposto al volontariato, si trova a dover centellinare il suo tempo per trarne il sostentamento quotidiano.
Sono molto grata alle mollichine che arrivano e che so che vengono dal cuore. Ringrazio ognuno di voi che ogni tanto se ne ricorda ma che posso contare sulle dita di una mano ;)
Colgo l'occasione per bussare alla generosità di chi legge, richiamando l'attenzione sulle indicazioni contenute nella colonna a destra, in alto, del blog (per vederla dal cellulare bisogna attivare la visualizzazione della versione web...)
Vi abbraccio tutti.

Anonimo ha detto...

L'account ufficiale Twitter dell’Obolo di San Pietro, ha usato, a scopo pubblicitario, una foto che mostra l’ex monsignore vaticano, Krzystof Charamsa, insieme al suo partner gay. https://gloria.tv/article/Rq7iPXyP8h8h3HnryDo6s3E82
Il tutto è stato ritirato accusando l'agenzia pubblicitaria incaricata.
http://www.lastampa.it/2017/06/03/vaticaninsider/ita/news/la-foto-del-monsignore-gay-e-del-fidanzato-nel-tweet-dellobolo-di-san-pietro-q781Lr3tVaOsTIGyzEeZaN/pagina.html
Ma poiché i pubblicitari sanno fare il loro mestiere, vuol dire che la Chiesa è considerata una agenzia pro-gay, e il target cui chiedere soldi per il papa, compresi i cattolici, come particolarmente pro-gay.
Antonio V.

mic ha detto...

richiamando l'attenzione sulle indicazioni contenute nella colonna a destra, in alto, del blog (per vederla dal cellulare bisogna attivare la visualizzazione della versione web...)

Tra l'altro in quella colonna di destra sono sistematizzati molti indici ad argomenti e contenuti importanti di cui chi visualizza solo dal cellulare non riesce a fuire, a meno che non attivi la visualizzazione della versione web.

Luisa ha detto...

Quando vedo gli osanna permamanenti che i nemici della Chiesa, della nostra fede, dei suoi valori, riservano a Jorge Bergoglio, quando osservo che chi sputava il suo livore su Benedetto XVI, e poteva farlo in tutta libertà senza che nessunon alzasse un dito o aprisse la bocca, oggi esalta il suo successore e stigmatizza in modo violento chi osa anche solo porre domande o esprimere perplessità sull`operato del suo successore, quando con amarezza constato il silenzio codardo, interessato, tetanizzato di chi ai tempi di Benedetto XVI lo sosteneva ad esempio nella sua difesa della famiglia, dei valori non negoziabili, della dottrina e della sacralità della liturgia, quando osservo tutto ciò mi domando se questa chiesa è ancora la Chiesa di Cristo, se non è solo un`organizzazione tutta all`orizzontale, senza nulla di sacro( come profetizzava la Beata Emmerich), con degli interessi e obiettivi solo umani, quando vedo il successo che questa chiesa ha presso chi odia la Chiesa e la nostra fede, non posso che provare ben poco rispetto e considerazione per chi ha promesso obbedienza e fedeltà al momento della loro ordinazione sacerdotale, che senso hanno i loro : "sì lo voglio" e i loro "lo prometto"?

Anonimo ha detto...

Il problema numero 1 però continua ad essere il CVII. Più di tutto il resto, che è venuto dopo e che è stato consequenziale.
Certo, di questi ultimi cinquanta e rotti anni, si può ragionevolmente apprezzare più un papa di un altro, e ciò ovviamente in tutta liceità.
Magari però, almeno a mio modesto giudizio, non fino ad ergerci a veraci difensori/sostenitori di questo piuttosto che di quell'altro, proprio perché appunto, il VERO vulnus - che pure in questa sede più volte è stato identificato e messo sotto la lente di ingrandimento - pare essere davvero, più di tutto il resto, QUEL concilio.
Nel caso, dunque, la soluzione per uscire dal tunnel più tremendo probabilmente della storia della Chiesa, non potrà che essere prima o poi una svolta che porti a ridimensionarne fortemente le conclusioni - se non proprio a ricusarle in toto - e con esse gran parte del percorso postconciliare. Purtroppo non intravedo altre ragionevoli, solide e durature alternative.
Cordialmente
Romanus

Anonimo ha detto...

A.10.44

La rivoluzione è cominciata molto prima, dalla riforma protestante, annessi e connessi, e dal ritardo della risposta della CC, la Révolution Française ha fatto il resto, poi piano piano il comunismo ha eroso lentamente e inesorabilmente, fino al conclamato rompete le righe del Vat2 che non è stato l'inizio, ma la fine del processo di distruzione, la valanga modernista è precipitata col'68 politicalcorrectchicradical ATEO teso a distruggere i resti della CC, araba fenice i protestanti, primula rossa la CC.

Rr ha detto...

Anonimo 14 06,
non mi sembra che la Chiesa rispose in ritardo alla Riforma protestante. Tutt'altro.
E neanche all'Illuminismo e Rivoluzione francese.
Se proprio ha ritardato, o meglio, non è stata altrettanto ferma, è semmai cOl modernismo, da metà Ottocento in poi, ma soprattutto da BXV in poi.

Michele Durighello ha detto...

Posto che Ratzinger ha delle colpe riguardo al vaticansecondismo imperante, che sia meglio di JB non ci vuole un genio a capirlo..
Visto che sopra si parlava di immagini, per ridere vi lascio http://scontent-sea1-1.cdninstagram.com/t51.2885-15/s480x480/e35/13108499_502117629974796_499500662_n.jpg?ig_cache_key=MTI1MTQyNTk1MzExNjI2MzQ2Ng%3D%3D.2 da un'altra pensatona di JB..
Che fastidio vedere JB e Ratzinger nella stessa foto, almeno uno dei due avesse lo zucchetto leggermente diverso :(