Precisazioni in relazione alla riflessione che segue, tratta da
Le Sel de la terre (n.45/2003) circa l’accezione del termine “mistero” secondo la cosiddetta
teologia del mistero, sviluppata dal vaticano II. È la conclusione di una sapiente analisi delle
variazioni introdotte dalla
Ecclesia de Eucharistia di Giovanni Paolo II(1). Precedente nel blog
qui.
Determinante per i 'teologi del mistero' rimane la identificazione dei singoli misteri e il riferimento ai rispettivi “fatti” che li contengono. Qui il discorso si sposta sulla Liturgia, che ne è l’“attuazione”. Il riconoscimento dell’importanza e della necessità assoluta della storicità dei “fatti” è fondamentale, perché è in essi che è contenuto il “mistero”.
Questa accentuazione sui 'fatti' conferma l'evidente impronta storicista. Questo è solo un sommario sia pure già molto eloquente per l'essenziale; sto preparando un articolo più ampio e circostanziato anche in riferimento alla recente temuta [
vedi] ma ora sembra avvenuta approvazione del rito maya, culmine del processo di decentramento e di malintesa inculturazione... ne riparleremo!
San Tommaso di fronte alla 'dottrina del mistero'
Se si vuole riepilogare in una parola la differenza tra la spiegazione di San Tommaso e quella della dottrina del mistero(2), diremo che per il Dottore Angelico, nella Messa è offerto il Christus passus, Cristo nello stato della sua passione e che, per questa ragione, la Messa è un sacrificio che ripresenta e applica il sacrificio della croce: essa è il sacrificio reso presente in maniera sacramentale (attraverso la doppia consacrazione).
Per i teologi del mistero la Messa è innanzitutto la presenza dell'atto redentore, dell'azione redentrice, grazie alla liturgia. La presenza reale non è negata, ma diventa in qualche modo secondaria.
Il contrasto tra la posizione tomista, che si appoggia sulla presenza reale per spiegare il sacrificio, e la teologia del mistero, che si appoggia su una misteriosa presenza dell'atto redentore non è sfuggito ai nuovi teologi. Ecco come un teologo del mistero giudica l'opera del teologo tomista dom Vonier:
Costui indipendentemente dagli studi di Maria-Laach e partendo da San Tommaso, arrivava all'incirca allo stesso risultato di Dom Casel. Nel suo bellissimo libro La Chiave della dottrina eucaristica egli parla spesso della "ripresentazione cioè nel rendere presente in senso letterale " della morte di Cristo. Ciononostante, ciò non significa per lui che la presenza del Christus passus e per nulla della passio Christi, dell'atto stesso della passione. In definitiva, dom Vonier si arresta proprio davanti al punto centrale della dottrina del mistero, la Mysteriengegenwart o la presenza sacramentale dell'opera redentrice nel culto della Chiesa.(3)
Di fatto è perché c'è una presenza sacramentale e del tutto reale del Christus passus, che la Messa è un vero sacrificio e che essa "ripresenta e rinnova il sacrificio della Croce(4). Mentre il carattere oscuro delle spiegazioni della "presenza misterica", tendente a svalutare la presenza reale e sostanziale della vittima del Calvario sull'altare. E conseguentemente, ciò può portare a conseguenze molto distanziate dalla teologia cattolica, come quella di una messa pretesa valida senza consacrazione.
Finalmente, su questo punto, c'è la posizione del dottore comune [cioè il dottore dei dottori -ndT] che è la più soddisfacente, quella che nutre la nostra fede e la nostra devozione.
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1. Giovanni Paolo II stesso avverte che egli si situa "nella linea dell'eredità del Giubileo lasciata alla Chiesa dalla Lettera apostolica Novo millennio ineunte e dal suo coronamento mariano Rosarium Virginis Mariae"; ci ricorda che da poco l'Eucaristia è divenuta un "mistero luminoso" (§ 6 e 62); e ci invita "ad avanzare al largo nell'oceano della storia con l'entusiasmo della nuova evangelizzazione (§ 6).
Del resto la teologia soggiacente all'Enciclica è quella del "mistero pasquale" (
vedi), chiaramente evidenziato in riferimento alla Messa riformata e alla nuova teologia ed ecclesiologia dalla stessa veicolate.
2. Secondo la "dottrina del mistero" la presenza del sacrificio si realizza attraverso le parole "disseminate" nelle preghiere che evocano la Cena e il Sacrificio di Nostro Signore. Le parole della Consacrazione sono diventate superflue, o per lo meno facoltative. È interessante notare che nell'enciclica,
Ecclesia de Eucharistia, il papa dice che "la ripresentazione sacramentale del sacrificio di Cristo implica (
infert in latino) la presenza reale". Secondo la teologia di San Tommaso, è il contrario: la presenza reale
provoca quella del sacrificio.
3. Dom Éloi Dekkers, "
La Liturgie, mystère chrétien" p.45
4. Mediator Dei, 20 novembre 1947, n.111 [il sacrificio della Croce è perpetuamente rappresentato (Conc. Trid., Sess. 22, c. 1) e, con la sola differenza del modo di offrire, rinnovato (Conc. Trid., Sess. 22, c. 2 -ndT]
[Traduzione e note a cura di Chiesa e post-concilio]