È uscito il fascicolo 2/2025 della rivista del nostro Osservatorio, “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa”, interamente dedicato al centenario dell’enciclica Quas primas di Pio XI e alla Regalità sociale di Cristo. Invitiamo a vedere QUI il sommario e a richiederne una copia. Pubblichiamo qui l’articolo di Don Samuele Cecotti su come i cattolici dovrebbero agire per tenere fede a questo insegnamento che appartiene al Deposito della fede.
La dottrina della Regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, così come consegnataci dalla Tradizione e insegnataci dal Magistero, appartiene pienamente al Depositum Fidei e, in ragione di ciò, non ammette la possibilità di essere depennata per desuetudine. La dottrina della Regalità sociale di Cristo, così come ogni altra dottrina della fede cattolica, porta in sé la pretesa della immutabilità e della perpetuità.
Si potrebbe allora dire con ciò già risolto l’interrogativo circa il rapporto tra la regalità di Cristo e il cattolico d’oggi. Tuttavia, la questione sarebbe affrontata e risolta solo in termini dottrinali di principio: la dottrina è perennemente valida, dovere del cattolico è aderire alla dottrina della regalità sociale di Cristo e agire coerentemente con essa.
Questo punto di principio deve essere costantemente tenuto presente e, proprio dalla certezza dottrinale si può e si deve sviluppare il discorso più contingente e situato storicamente-culturalmente relativo ai cattolici d’oggi. Senza un riferimento certo a una dottrina sottratta alla contingenza, proprio perché immutabile espressione di una verità eterna, il discorso scadrebbe nella sociologia e, inevitabilmente, precipiterebbe in un relativismo storicistico incompatibile con l’istanza veritativa del cattolicesimo.
La dottrina della Regalità sociale di Cristo è certa ma …
- ma gli stessi Pastori della Chiesa non la insegnano più, se non con rarissime eccezioni, e la stessa liturgia romana riformata da Paolo VI induce a reinterpretare la regalità di Cristo in senso cosmico-escatologico e non più sociale-politico. La dottrina di Cristo re dei popoli e delle nazioni, Signore anche temporale di tutte le comunità umane, Re dei re e Signore dei signori è quasi del tutto scomparsa dalla predicazione cattolica;
- ma i fedeli cattolici, laici e chierici, in larghissima maggioranza hanno ormai da tempo aderito al paradigma dello Stato laico e neppure considerano l’ipotesi di una res publica sottomessa in temporalibus all’autorità di Cristo Re. Tale opzione per lo Stato laico caratterizza, ormai da più di un secolo, la presenza dei cattolici in politica con ciò che infatti si dice cattolicesimo liberale e cattolicesimo democratico. In Italia l’esperienza del PPI di Sturzo e della DC si colloca integralmente in questa opzione per lo Stato laico;
- ma il processo di secolarizzazione, certamente almeno nel Vecchio Continente, ha spazzato via anche gli ultimi residui di cattolicesimo politico rendendo de facto incomprensibile all’europeo odierno, non solo la dottrina della Regalità sociale di Cristo, ma anche un più generico fondamento cattolico dell’impegno politico;
- ma i cattolici, proprio nei Paesi di tradizione cattolica, si riconoscono sempre meno come tali e sono sempre più confusi dottrinalmente dunque politicamente irrilevanti.
E si potrebbe continuare lungamente con ulteriori note sulla condizione attuale del cattolicesimo e delle società che un tempo furono cristiane, tutte tristemente negative circa la possibilità di proporre con successo il riconoscimento pubblico di Cristo Re. Ciò è sufficiente per considerare non banale, anzi necessaria, la riflessione su come debba agire il cattolico oggi rispetto alla dottrina della Regalità sociale di Cristo.
Il primo punto da affermare con nettezza e il primo errore da denunciare con forza richiamano quanto sopra detto circa la perennità della dottrina. Mai è lecito assumere lo spirito del tempo, la prassi prevalente, le ideologie dominanti, il supposto senso della storia a criterio per giudicare e, nel caso, condannare alla scomparsa una dottrina della fede. Non è mai né mai può essere lo spirito del mondo il criterio per la verità cattolica. Dunque, il constatare l’avvenuta secolarizzazione delle società un tempo cristiane, l’imporsi dello Stato laico anche nella testa dei cattolici e la stessa crisi postconciliare nella Chiesa con il conseguente disorientamento dei fedeli non giustificano affatto l’idea che si debba desistere dall’affermare oggi la dottrina della Regalità sociale di Cristo. La dottrina è criterio per giudicare la prassi e i tempi, non il contrario.
Oggi il primo dovere che il cattolico ha relativamente alla Regalità sociale di Cristo è di conoscerne con esattezza la dottrina attingendo al Magistero dei Papi (Leone XIII, Pio X e Pio XI in particolare) e considerando, in proporzione alle proprie possibilità e capacità di studio, la millenaria dottrina politica cattolica di cui Cristo Re è il cuore. Vi è cioè un primario dovere di conoscenza dottrinale anche per evitare di cadere negli errori del cattolicesimo liberale e del cattolicesimo democratico che tanto danno hanno arrecato al vero cattolicesimo politico.
Vi è poi, in conseguenza della necessaria formazione dottrinale, un dovere di apostolato in capo a tutti i battezzati anche se con modalità differenti a seconda della condizione di ciascuno. Sarà dovere di ogni cattolico proporre con coraggio la dottrina della Regalità sociale di Cristo facendo così azione di apostolato. L’Osservatorio, con questo intendimento, svolge la propria opera di apostolato intellettuale presentando la Regalità sociale di Cristo quale fondamento e apice di tutta la Dottrina sociale della Chiesa.
Ai Pastori spetta il compito di insegnare ai fedeli la dottrina di Cristo Re in tutta la sua esigente verità, ciò purtroppo è impegno spesso disatteso quando non anche capovolto in dottrine contrarie, il popolo resta così privo della guida dottrinale cui avrebbe sacro diritto. Questa situazione anormale, che dice la gravità della crisi in cui si trova la Chiesa da decenni, non attenua in nulla la necessità di instaurare omnia in Christo ponendo ogni ambito della vita umana sotto l’autorità di Cristo Re per la edificazione della res publica christiana.
La defezione di molti Pastori richiama, anzi, tutti a una maggiore dedizione nella promozione integrale della dottrina sulla Regalità sociale di Cristo, ciascuno secondo il proprio ruolo, quasi supplendo alle mancanze di chi dovrebbe insegnare. Sugli intellettuali cattolici cade l’onere di esporre la dottrina della Regalità sociale mostrandone la ricchezza teologica e traendone tutte le logiche conseguenze sul piano politico, giuridico, culturale e sociale; agli insegnanti cattolici la missione di presentare agli studenti la Regalità sociale di Cristo quale pilastro dottrinale della Civiltà Cristiana, civiltà storicamente datasi per circa un millennio e mezzo e le cui glorie speculative, artistiche, letterarie, sociali rimandano tutte alla Signoria anche temporale di Cristo; ai genitori educare i figli dicendo loro che Cristo regna sulla famiglia e ogni autorità (compresa quella di mamma e papà, ma anche quella di magistrati e governanti) viene da Dio ed è vicaria di quella di Cristo Re. A tutti il compito di diffondere il più possibile tra gli uomini del nostro tempo la dottrina della Regalità sociale di Cristo, consapevoli che solo in obbedienza a Cristo Re è possibile edificare una società secondo la verità e il bene.
Sarebbe dunque molto opportuno che associazioni culturali, circoli, gruppi e comitati, aggregazioni e movimenti cattolici promuovessero capillarmente sul territorio momenti di studio e di divulgazione dedicati alla Regalità sociale di Cristo. Rimettere in circolo nel pensare e nel parlare della gente, almeno di quanti coltivano un certo interesse per la cultura cattolica, la dottrina della Regalità sociale di Cristo.
Necessario ma non sufficiente! All’impegno di apostolato, di insegnamento, di educazione e di divulgazione deve corrispondere un concreto impegno laicale per l’edificazione di realtà sociali nelle quali la Regalità di Cristo sia vissuta. Ecco la necessità di una rinnovata stagione di cattolicesimo sociale dove allo studio della dottrina si accompagni la costituzione di esperienze cattoliche di impresa, di scuola, di organizzazione sindacale, di mutualità, di comunità di vicinato dove sia fondativo il riconoscimento della Signoria di Cristo e da ciò ne conseguano coerentemente progettualità, condotta morale, stili e finalità.
Questo necessario connubio tra apostolato intellettuale e concreta realizzazione sociale non è, tuttavia, immune da un grave rischio, quello di confinare la battaglia per la Regalità sociale di Cristo nel solo ambito della cultura e dei corpi sociali intermedi escludendo l’ambito propriamente politico. Si tratterebbe del più grave tradimento della dottrina di Cristo Re proprio nel mentre ci si impegna per vederla realizzata.
Dire che Cristo è Re significa affermare la Signoria universale di Cristo anche in temporalibus su popoli, nazioni e Stati. Significa affermare che gli ordinamenti giuridici, le istituzioni pubbliche, le autorità politiche si danno/devono dare sotto la regale Signoria di Cristo e ciò è pretesa sommamente politica. La dottrina della Regalità sociale di Cristo è dottrina politica al suo massimo grado implicando una precisa idea teologica della res publica, dell’autorità temporale, dell’ordinamento giuridico, del rapporto tra la comunità politica e la Chiesa, del fine per cui è data la vita in società degli uomini, etc. E tale idea semplicemente non è compatibile con il moderno Stato laico. Sarà allora necessaria una radicale messa in discussione dell’idea moderna di Stato, fondato sul principio di sovranità (come supremazia), e del paradigma illuminista di laicità.
L'impegno cattolico per la Regalità sociale di Cristo non può non essere, dunque, impegno politico e impegno politico sistematico con implicita la pretesa di ridefinire il quadro politico-giuridico sin dalle sue fondamenta dottrinali in un radicale ripensamento critico della modernità politica. La dottrina della Regalità sociale di Cristo non consente al cattolico di accomodarsi dentro il quadro ideologico oggi dato, non consente al cattolico di riconoscersi nel sistema liberaldemocratico, non consente al cattolico di intendere l’impegno politico come riformismo interno al moderno Stato laico. La dottrina della Regalità sociale di Cristo si pone come irriducibile pietra d’inciampo a qualunque tentativo di conciliazione tra modernità politica (sovranità come supremazia, laicità dello Stato, separazione Chiesa/Stato, giuspositivismo, libertà come autodeterminazione soggettiva, etc.) e cattolicesimo.
La consapevolezza teorica della necessità logica di una simile radicalità potrebbe indurre molti allo scoraggiamento, ritenendo il quadro politico della modernità non scalfibile e la res publica christiana non restaurabile. Una simile attitudine psicologica, se sempre rimarchevole sul piano spirituale delle virtù teologali, oggi si evidenzia anche miope sotto un profilo storico. Infatti, dopo secoli di trionfi dell’ideologia liberale, assistiamo ora alla crisi evidente della liberaldemocrazia.
Il sistema occidentale liberaldemocratico è doppiamente in crisi:
- è in crisi ad extra non riuscendo più a esportare/imporre il proprio modello al resto del mondo, ovvero la liberaldemocrazia non fa più proseliti;
- è in crisi ad intra e ciò è evidente in modo particolare a partire dalla vittoria di Trump in USA, vero e proprio cambio di regime[1], con la saldatura tra il movimento MAGA al potere e quegli intellettuali che apertamente parlano di fallimento del liberalismo[2], di fine/superamento della democrazia liberale, di ricostruzione cristiana dell’America.
Viviamo un tempo di ridefinizione degli assetti globali e in tale processo la tendenza alla “occidentalizzazione” del mondo, intesa come adesione del mondo non-occidentale alla liberaldemocrazia laica e alla secolarizzazione, si è arrestata, anzi si evidenzia la crescita della tendenza opposta con le diverse civiltà che si muovono verso una rifondazione politica basata sulla propria identità culturale-religiosa. Ciò è evidente nel mondo islamico o in India (induismo politico al potere) ma è fenomeno globale. A questa tendenza post-liberale di rinnovata sintesi politico-religiosa non è estraneo il mondo cristiano, basti pensare alle due superpotenze Stati Uniti e Russia che sono ora molto più vicine “ideologicamente” di quanto si potesse ipotizzare e questa loro vicinanza è data proprio da una opzione post-liberale identitaria religiosa.
La Russia di Putin, dopo l’ateismo sovietico e il caos della stagione Eltsin, ha optato decisamente per una saldatura strategica con la Chiesa Ortodossa del Patriarcato di Mosca, consolidando la statualità russa su una dottrina “di Stato” fortemente legata all’identità storica della Russia e all’Ortodossia moscovita. Tra la Federazione Russa e la Chiesa Ortodossa Russa vi è una collaborazione strategica strutturata che rende evidente come oggi in Russia il modello politico “reale” (ben oltre quello “formale” della Costituzione e delle leggi) non sia quello della laicità liberaldemocratica ma, piuttosto, quello di un neo-zarismo slavo-ortodosso. Il cristianesimo, nella sua espressione ortodossa, occupa in Russia il posto di dottrina di Stato (de facto) e il Patriarcato di Mosca è, a tutti gli effetti, uno dei centri più importanti nell’elaborazione della dottrina politica russa,[3] così che la teologia cristiano-ortodossa è tornata centrale nella elaborazione politica russa.
Con la vittoria di Donald Trump e il suo ritorno alla Casa Bianca anche gli USA si avviano verso una stagione post-liberale, essendo il trumpismo (movimento MAGA e oltre), a differenza del vecchio Partito Repubblicano, decisamente critico nei confronti della liberaldemocrazia e intenzionato, piuttosto, a rifondare l’America su basi identitarie cristiane[4].
Con tutti i limiti dati dalla personalità di Trump e dal magma protestante da cui provengono principalmente le istanze del Christian nationalism e della Christian supremacy a cui si ispira la politica religiosa MAGA (Christian right), si deve però constatare che con Trump-Vance, per la prima volta nella storia degli USA, l’ideologia liberale è marginalizzata e vi è la prospettiva di un ripensamento radicale del modello con il superamento della stessa laicità illuminista. Trump ha voluto un White House Faith Office affidandone la guida a Paula M. White-Cain, la quale è certo figura discussa ma altrettanto certamente è predicatrice evangelica nota come sostenitrice della unione Chiesa-Stato, secondo il principio che la Chiesa[5] deve guidare lo Stato, convinta che gli Stati Uniti dovrebbero dunque divenire formalmente una Christian Nation, superando la laicità delle istituzioni pubbliche. Oltre al White House Faith Office, è il “nuovo regime” MAGA a darsi con una forte connotazione post-liberale e identitaria cristiana.
Nei due esempi considerati, Stati Uniti trumpiani e Russia putiniana, è molto interessante il post-liberalismo così come il superamento tendenziale della laicità nel segno di una politica identitaria cristiana. Tuttavia, le criticità non mancano, anzi sono numerose e serie perché numerosi e seri i difetti dottrinali del protestantesimo evangelico e della cosiddetta ortodossia. La vera risposta al fallimento della liberaldemocrazia dovrebbe venire dai cattolici, dalla Dottrina sociale della Chiesa, dalla dottrina della Regalità sociale di Cristo così come insegnata dal Magistero dei Papi.
Ecco ciò che dovrebbero fare i cattolici oggi, cogliere l’occasione politico-culturale che è loro data, sfruttare lo spazio di opportunità che si è aperto con la crisi sistemica della liberaldemocrazia e inserirsi in tutti i processi di ripensamento dottrinale del sistema sociale-politico-giuridico in senso post-liberale e identitario cristiano portando in dote l’immenso patrimonio della millenaria dottrina politica cattolica il cui cuore è la Regalità sociale di Cristo[6].
Ciò che invece non dovrebbero assolutamente fare è restare prigionieri di una mentalità democristiana, schiacciati nell’assurdo ruolo di difensori/apologeti di quel liberalismo e di quella democrazia moderna che mille volte la Chiesa condannò, incapaci di pensare la politica fuori dallo schema del moderno Stato laico.
La cosa più assurda è vedere i cattolici (e gli ecclesiastici) puntellare il sistema liberaldemocratico proprio ora che si è aperto lo spazio di opportunità per abbatterlo e tentare di riedificare una societas christiana.
don Samuele Cecotti - Fonte
_____________________________[1] Cfr. P. J. Deneen, Regime Change. Towards a Postliberal Future, Swift Press, 2024.
[2] Cfr. Id., Why Liberalism failed, Yale University Press, 2019.
[3] Si veda a titolo d’esempio il documento Il presente e il futuro del mondo russo approvato dal XXV Consiglio Mondiale del Popolo Russo svoltosi a Mosca, presso la Sala dei Consigli Ecclesiastici della Cattedrale di Cristo Salvatore, nel 2024 sotto la presidenza del patriarca Kirill: Наказ XXV Всемирного русского народного собора «Настоящее и будущее Русского мира» / Официальные документы / Патриархия.ru
[4] Il riferimento teologico più rilevante è al Christian reconstructionism e al Dominionism.
[5] Trattandosi di predicatrice evangelica, la White-Cain, con Chiesa, non si riferisce certo a Santa Romana Chiesa ma piuttosto alla comunità dei credenti in Cristo carismaticamente intesa.
[6] Per questa ragione si può guardare con particolare interesse alla figura del Vice-Presidente USA il cattolico (convertito) J.D. Vance, cattolico di orientamento tradizionale, agostiniano per ispirazione ma anche vicino culturalmente alla Dominion theology.
Nessun commento:
Posta un commento