Sono lieta di condividere con voi la stupenda Omelia del Santo Padre in occasione della Santa Messa del Corpus Domini celebrata ieri, che riporto di seguito. E mi piace anche meditare sul "fiat" del Signore alla volontà del Padre che, passando dal Calvario, ci conduce oltre una tomba vuota, divenendo Actio di Cristo e autentico culto al Padre nella Celebrazione Eucaristica, e quindi ricordare con le parole del Card. Siri che « il Sovrano della Storia ha detto il «Fiat» della sofferenza e dell'unione con l'esistenza di tutti gli uomini, per liberare ogni uomo, ogni volta unico, dalla morte e farlo entrare in un'altra realtà di vita eterna ». Queste parole sono tratte da Getsemani, un testo divenuto introvabile, del quale ho riportato un capitolo in un articolo precedente. Ne riporto qui l'incipit, che è anche l'ineludibile incipit del Mistero Pasquale nella sua completezza:
«Getsemani, è la porta del santuario attraverso la quale la Storia ritrova il suo vero volto e il suo vero ordine, nell'intendimento e nella coscienza dell'uomo liberato. È il santuario dove si è compiuta spiritualmente, nella solitudine, la suprema offerta, affinché l'uomo ogni volta unico, e tutta la stirpe degli uomini possano trovare l'ordine eterno della loro creazione e avere così la possibilità di entrare per grazia nella gioia della diretta contemplazione del Creatore».Stat Crux dum volvitur orbis! Per poter essere, nel Signore, Eucaristia vivente e cioè non limitata al Rito, dobbiamo inserire nella Sua, la nostra offerta che diventa anche sottomissione e quindi adorazione... ed è questa la Redenzione (che è anche riscatto), la trasformazione, Opera della Grazia, che ci rende davvero cristiani. Credo che sia anche questo il succo da estrarre dalle parole del Papa: Cristo «è mediatore di un’alleanza nuova» (Eb 9,15), stabilita nel suo sangue, che purifica «la nostra coscienza dalle opere di morte» (Eb 9,14).
Cari fratelli e sorelle!
Questa sera vorrei meditare con voi su due aspetti, tra loro connessi, del Mistero eucaristico: il culto dell’Eucaristia e la sua sacralità. È importante riprenderli in considerazione per preservarli da visioni non complete del Mistero stesso, come quelle che si sono riscontrate nel recente passato.
Anzitutto, una riflessione sul valore del culto eucaristico, in particolare dell’adorazione del Santissimo Sacramento. È l’esperienza che anche questa sera noi vivremo dopo la Messa, prima della processione, durante il suo svolgimento e al suo termine.
Una interpretazione unilaterale del Concilio Vaticano II ha penalizzato questa dimensione, restringendo in pratica l’Eucaristia al momento celebrativo. In effetti, è stato molto importante riconoscere la centralità della celebrazione, in cui il Signore convoca il suo popolo, lo raduna intorno alla duplice mensa della Parola e del Pane di vita, lo nutre e lo unisce a Sé nell’offerta del Sacrificio. Questa valorizzazione dell’assemblea liturgica, in cui il Signore opera e realizza il suo mistero di comunione, rimane ovviamente valida, ma essa va ricollocata nel giusto equilibrio.
In effetti – come spesso avviene – per sottolineare un aspetto si finisce per sacrificarne un altro. In questo caso, l’accentuazione posta sulla celebrazione dell’Eucaristia è andata a scapito dell’adorazione, come atto di fede e di preghiera rivolto al Signore Gesù, realmente presente nel Sacramento dell’altare. Questo sbilanciamento ha avuto ripercussioni anche sulla vita spirituale dei fedeli. Infatti, concentrando tutto il rapporto con Gesù Eucaristia nel solo momento della Santa Messa, si rischia di svuotare della sua presenza il resto del tempo e dello spazio esistenziale. E così si percepisce meno il senso della presenza costante di Gesù in mezzo a noi e con noi, una presenza concreta, vicina, tra le nostre case, come «Cuore pulsante» della città, del paese, del territorio con le sue varie espressioni e attività. Il Sacramento della Carità di Cristo deve permeare tutta la vita quotidiana. In realtà, è sbagliato contrapporre la celebrazione e l’adorazione, come se fossero in concorrenza l’una con l’altra. È proprio il contrario: il culto del Santissimo Sacramento costituisce come l’«ambiente» spirituale entro il quale la comunità può celebrare bene e in verità l’Eucaristia. Solo se è preceduta, accompagnata e seguita da questo atteggiamento interiore di fede e di adorazione, l’azione liturgica può esprimere il suo pieno significato e valore.
L’incontro con Gesù nella Santa Messa si attua veramente e pienamente quando la comunità è in grado di riconoscere che Egli, nel Sacramento, abita la sua casa, ci attende, ci invita alla sua mensa, e poi, dopo che l’assemblea si è sciolta, rimane con noi, con la sua presenza discreta e silenziosa, e ci accompagna con la sua intercessione, continuando a raccogliere i nostri sacrifici spirituali e ad offrirli al Padre.
A questo proposito, mi piace sottolineare l’esperienza che vivremo anche stasera insieme. Nel momento dell’adorazione, noi siamo tutti sullo stesso piano, in ginocchio davanti al Sacramento dell’Amore. Il sacerdozio comune e quello ministeriale si trovano accomunati nel culto eucaristico. È un’esperienza molto bella e significativa, che abbiamo vissuto diverse volte nella Basilica di San Pietro, e anche nelle indimenticabili veglie con i giovani – ricordo ad esempio quelle di Colonia, Londra, Zagabria, Madrid. È evidente a tutti che questi momenti di veglia eucaristica preparano la celebrazione della Santa Messa, preparano i cuori all’incontro, così che questo risulta anche più fruttuoso. Stare tutti in silenzio prolungato davanti al Signore presente nel suo Sacramento, è una delle esperienze più autentiche del nostro essere Chiesa, che si accompagna in modo complementare con quella di celebrare l’Eucaristia, ascoltando la Parola di Dio, cantando, accostandosi insieme alla mensa del Pane di vita.
Comunione e contemplazione non si possono separare, vanno insieme. Per comunicare veramente con un’altra persona devo conoscerla, saper stare in silenzio vicino a lei, ascoltarla, guardarla con amore. Il vero amore e la vera amicizia vivono sempre di questa reciprocità di sguardi, di silenzi intensi, eloquenti, pieni di rispetto e di venerazione, così che l’incontro sia vissuto profondamente, in modo personale e non superficiale. E purtroppo, se manca questa dimensione, anche la stessa comunione sacramentale può diventare, da parte nostra, un gesto superficiale. Invece, nella vera comunione, preparata dal colloquio della preghiera e della vita, noi possiamo dire al Signore parole di confidenza, come quelle risuonate poco fa nel Salmo responsoriale: «Io sono tuo servo, figlio della tua schiava: / tu hai spezzato le mie catene. / A te offrirò un sacrificio di ringraziamento / e invocherò il nome del Signore» (Sal 115,16-17).
Ora vorrei passare brevemente al secondo aspetto: la sacralità dell’Eucaristia. Anche qui abbiamo risentito nel passato recente di un certo fraintendimento del messaggio autentico della Sacra Scrittura. La novità cristiana riguardo al culto è stata influenzata da una certa mentalità secolaristica degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. È vero, e rimane sempre valido, che il centro del culto ormai non sta più nei riti e nei sacrifici antichi, ma in Cristo stesso, nella sua persona, nella sua vita, nel suo mistero pasquale. E tuttavia da questa novità fondamentale non si deve concludere che il sacro non esista più, ma che esso ha trovato il suo compimento in Gesù Cristo, Amore divino incarnato. La Lettera agli Ebrei, che abbiamo ascoltato questa sera nella seconda Lettura, ci parla proprio della novità del sacerdozio di Cristo, «sommo sacerdote dei beni futuri» (Eb 9,11), ma non dice che il sacerdozio sia finito. Cristo «è mediatore di un’alleanza nuova» (Eb 9,15), stabilita nel suo sangue, che purifica «la nostra coscienza dalle opere di morte» (Eb 9,14). Egli non ha abolito il sacro, ma lo ha portato a compimento, inaugurando un nuovo culto, che è sì pienamente spirituale, ma che tuttavia, finché siamo in cammino nel tempo, si serve ancora di segni e di riti, che verranno meno solo alla fine, nella Gerusalemme celeste, dove non ci sarà più alcun tempio (cfr Ap 21,22). Grazie a Cristo, la sacralità è più vera, più intensa, e, come avviene per i comandamenti, anche più esigente! Non basta l’osservanza rituale, ma si richiede la purificazione del cuore e il coinvolgimento della vita. Mi piace anche sottolineare che il sacro ha una funzione educativa, e la sua scomparsa inevitabilmente impoverisce la cultura, in particolare la formazione delle nuove generazioni. Se, per esempio, in nome di una fede secolarizzata e non più bisognosa di segni sacri, venisse abolita questa processione cittadina del Corpus Domini, il profilo spirituale di Roma risulterebbe «appiattito», e la nostra coscienza personale e comunitaria ne resterebbe indebolita. Oppure pensiamo a una mamma e a un papà che, in nome di una fede desacralizzata, privassero i loro figli di ogni ritualità religiosa: in realtà finirebbero per lasciare campo libero ai tanti surrogati presenti nella società dei consumi, ad altri riti e altri segni, che più facilmente potrebbero diventare idoli. Dio, nostro Padre, non ha fatto così con l’umanità: ha mandato il suo Figlio nel mondo non per abolire, ma per dare il compimento anche al sacro. Al culmine di questa missione, nell’Ultima Cena, Gesù istituì il Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, il Memoriale del suo Sacrificio pasquale. Così facendo Egli pose se stesso al posto dei sacrifici antichi, ma lo fece all’interno di un rito, che comandò agli Apostoli di perpetuare, quale segno supremo del vero Sacro, che è Lui stesso. Con questa fede, cari fratelli e sorelle, noi celebriamo oggi e ogni giorno il Mistero eucaristico e lo adoriamo quale centro della nostra vita e cuore del mondo. Amen.
__________________________© Copyright 2012 - Libreria Editrice Vaticana
36 commenti:
"Questo sbilanciamento ha avuto ripercussioni anche sulla vita spirituale dei fedeli. Infatti, concentrando tutto il rapporto con Gesù Eucaristia nel solo momento della Santa Messa, si rischia di svuotare della sua presenza il resto del tempo e dello spazio esistenziale. E così si percepisce meno il senso della presenza costante di Gesù in mezzo a noi e con noi, una presenza concreta, vicina, tra le nostre case, come «Cuore pulsante» della città, del paese, del territorio con le sue varie espressioni e attività".
Questa affermazione è inaccettabile!
CVCRCI
Non è inaccettabile, se presa nel giusto senso. Se ci fossero cristiani che davvero ne perpetuano la Presenza nelle situazioni quotidiane.
Non è inaccettabile, se presa nel giusto senso e credo che è questo che intende il Papa. Se ci sono cristiani che davvero ne perpetuano la Presenza nelle situazioni quotidiane.
Si e quale sarebbe il senso giusto, sentiamo?
Quale sarebbe il nesso tra la Presenza Reale e la presenza di Cristo nelle nostre azioni quotidiane?
Legga attentamente non si riferisce a ciò che lei dice.
Mio caro non è questo che intende il santo Padre, purtroppo!
CVCRCI
Si può spiegare meglio sig. Gavezzi?
Stefano S.
E' meglio riflettere sulle precise parole del Papa:
""Infatti, concentrando tutto il rapporto con Gesù Eucaristia nel solo momento della Santa Messa, si rischia di svuotare della sua presenza il resto del tempo e dello spazio esistenziale. E così si percepisce meno il senso della presenza costante di Gesù in mezzo a noi e con noi, una presenza concreta, vicina, tra le nostre case, come «Cuore pulsante» della città, del paese, del territorio con le sue varie espressioni e attività. Il Sacramento della Carità di Cristo deve permeare tutta la vita quotidiana. ""
Ovvio che il Signore Risorto è una presenza concreta, vicina, «Cuore pulsante» di ogni realtà; ma perché diventi efficace e concreta esige l'Incarnazione, cioè -dice il Papa- "deve permeare tutta la vita quotidiana".
Ovvio che tutto nasce da una Presenza Reale, che riproduce le Grazie infinite del Santo Sacrificio ad ogni celebrazione e introduce nella Risurrezione chi vi partecipa che non può rimanere lo stesso e, gradualmente viene 'configurato' al Signore e reso capace di renderlo presente anche nelle situazioni quotidiane.
Ed altrettanto bello e importante, anche se oggi non più ovvio -come lo stesso Papa riconosce- è prolungare l'adorazione oltre il momento più alto che viviamo durante la Consacrazione...
Ma il Papa parla del Santissimo Sacramento nel Tabernacolo di ogni Chiesa... "il senso della presenza costante di Gesù in mezzo a noi e con noi, una presenza concreta, vicina, tra le nostre case, come «Cuore pulsante» della città, del paese, del territorio con le sue varie espressioni e attività".
Ma se mi sbaglio, dica cosa ci vede lei di inaccettabile!
Stefano Gavazzi non solo dice un grande bischerata ma usa anche un tono provocatorio e maleducato che, questo sì, è inaccettabile.
Il discorso del Papa - sulla stessa onda ieri sera l'omelia del card. Betori nella Messa, seguita dalla processione del Corpus Domini a cui come Confraternita di S. Francesco Poverino abbiam partecipato - mette in guardia contro l'errore madornale di veder Cristo presente realmente e sostanzialmente solo nella S. Messa, svalutando la necessità dell'adorazione continua della riserva eucaristica nel Tabernacolo.
Né mancan coloro - ché questo poi è il pericolo maggiore a cui si può pervenire - che fan coincider presenza reale e Messa, presenza che con la Messa termina.
Una volta un parroco della campagna lucchese nell'omelia s'ebbe ad esprimer pressappoco così: "Forse penserete che stia dicendo uno sproposito, un'eresia, ma dico il vero: ma Cristo lì nel tabernaovolo che ci sta a fare? E' lì per esser mangiato. Altrimenti che ci fa?"
Capirete quale fu la mia reazione.
Un omino, un povero vecchio contadino, poi, mi riferì d'averlo ripreso anche lui in sacristia dicendo: "Cristo nel Tabernacolo è lì per far le grazie anche a te se vai a pregare inginocchiato".
Semplice ed alta lezione di teologia.
A rafforzamento dell'affermazione di don Camillo, il Papa prosegue: " il culto del Santissimo Sacramento costituisce come l’«ambiente» spirituale entro il quale la comunità può celebrare bene e in verità l’Eucaristia."
Vi chiedo una preghiera per una cosa che devo fare tra un po' che ci sta molto a cuore!
Sei sempre nel nostro cuore, don Camì!
Dammi notizie appena puoi!
«La devozione eucaristica che si manifesta nella visita silenziosa del fedele alla chiesa, non dev’essere intesa come una conversazione con Dio. Infatti, questo significherebbe che Dio è presente in quel contesto e in maniera circoscritta. Giustificare una tale asserzione denota una mancanza di comprensione dei misteri cristologici legati alla nozione stessa di Dio. Ciò ripugna al pensiero serio dell’uomo che conosce l’onnipresenza di Dio. Andare in chiesa perché si possa far visita a Dio che lì è presente, è un atto insensato che l’uomo moderno rifiuta a giusto titolo». (Die Sakramentale Begrundung Christlicher Existenz, 1966, Kyrios Publishing, Freising-Meitingen-Germany).
«ambiente» spirituale entro il quale la comunità può celebrare bene e in verità l’Eucaristia."
scusate....se devo essere sincera, non posso tacere uno tra i tantissimi motivi di turbamento suscitati da certi discorsi aggiornati di sacerdoti, vescovi e e papi (non solo dell'attuale).
Continuo a sentir ripeter a iosa la parola "comunità", in tutti i contesti: "vivere la comunità", la comunità prega, celebra, fa questo e quello....
Io non mi ricordo da piccola di aver mai sentito usare questa frase:
"la comunità celebra...", bensì ci dicevano: "Il sacerdote celebra la S. Messa".
Che dite, sono molto vecchia ? è superata la convinzione che sia solo il sacerdote a celebrare la Messa ? ed è ormai espressione acquisita con l'uso, senza più alternative, il dire "celebrazione eucaristica" (come i NC) anzichè Santa Messa ?
Mi scusi dov'è il mio post di risposta al dott. Pastorelli dove riportavo la stessa frase di un altro commentatore che prova che non dico...ma siete voi che interpretate con strani giri di parole ciò che è evidente?
Presenza Reale nel sacramento e Presenza nel mondo sono sullo stesso livello?
Mic non mi avrà mica censurato?
Voglio sperarlo!
Ma se volete posso argomentare ampiamente la frase sopra riportata.
Sebbene adesso avete gli elementi per interpretare giustamente le due frasi!
CVCRCI
Infatti, questo significherebbe che Dio è presente in quel contesto e in maniera circoscritta.
Non so se queste parole siano da riferire ad uno scritto giovanile del Papa o di chi altri (portano la data del 1966).
Sembra difficile aderirvi e in ogni caso anche la stessa asserzione "significherebbe che Dio è presente in quel contesto e in maniera circoscritta" è evidente che è un assurdo perché è impossibile che Dio-Infinito sia presente in maniera circoscritta.
Tuttavia la nostra Fede ci pone di fronte a precise parole del Signore, che indicano senza ombra di dubbio la Sua Presenza (in Corpo Sangue Anima e Divinità) nelle Sacre Specie, che perdura anche dopo la celebrazione. Di circoscritto c'è solo il sub-specie; ma proprio in questa manifestazione della sua infinita grandezza in tanta povertà di "specie" sta la grandezza e la meraviglia del Suo farcisi incontro attraverso un mezzo accessibile alla nostra miseria e povertà, che è esso povero e limitato, ma non può in alcun modo limitare la incommensurabilità e indicibile infinità del Signore, che tale è e resta. E un credente lo percepisce e lo riconosce anche se non lo vede con gli occhi materiali, ma ne intuisce la potente irradiazione con quelli dell'anima...
Detto questo, l'atto insensato rifiutato dall'uomo moderno, non riguarda l'atto sensatissimo nel quale l'uomo di fede di ogni tempo trova la sua dimensione credente e adorante.
"la comunità celebra...", bensì ci dicevano: "Il sacerdote celebra la S. Messa".
E' vero l'unico celebrante è Cristo ed il sacerdote in persona Christi
"la comunità che celebra" preso alla lettera può essere un segnale dell'antropocentrismo post-conciliare; effettivamente una comunità non celebra ma partecipa...
In effetti nel mio spirito 'stride' molto l'espressione: il Papa o il sacerdote presiede l'Eucaristia... viene meno quell' in persona Christi, mi pare...
Presenza Reale nel sacramento e Presenza nel mondo sono sullo stesso livello?
Mic non mi avrà mica censurato?
Caro Stefano. Non vedo perché avrei dovuto censurarla. Provi a rinviare il suo post e lo pubblicherò.
Se conteneva la domanda che ho quotato, è evidente che la mia risposta era già nel mio post delle 14:35 e la ripeto:
Ovvio che il Signore Risorto è una presenza concreta, vicina, «Cuore pulsante» di ogni realtà; ma perché diventi efficace e concreta esige l'Incarnazione, cioè -dice il Papa- "deve permeare tutta la vita quotidiana". E perché ciò avvenga ho già detto che tutto parte dell'Eucaristia...
E, come sottolineato da Dante e da Don Camillo, il Papa alcune parole dopo dice "il culto del Santissimo Sacramento costituisce come l’«ambiente» spirituale entro il quale la comunità può celebrare bene e in verità l’Eucaristia." L'intento, evidentemente, quello di rivalutare l'Adorazione anche al di fuori della Santa Messa, purtroppo com'è noto caduta in disuso
cercando velocemente su internet risulta essere un libro scritto da Fr.Joseph Ratzinger.
Anche a me le frasi citate dal lettore sembrano fare a pugni con la dottrina tradizionale cattolica.
Ma anche altre frasi: < L’incontro con Gesù nella Santa Messa si attua veramente e pienamente quando la comunità è in grado di riconoscere che Egli, nel Sacramento, abita la sua casa, ci attende, ci invita alla sua mensa ... /> mi sembrano ambigue e come dice Ester accentuano sempre la comunità, l'essere e sentirsi Chiesa, ecc.
Per nostra fortuna la nostra cara e santa Chiesa dispone di una Tradizione ormai consolidata e di conseguenza di una dottrina ormai chiaramente definita ed al riparo da qualsiasi manipolazione.
Certo che rispetto agli anni giovanili (chiamiamoli così), l'attuale papa ne ha fatto di cambiamenti. Certamente l'assistenza di cui gode da parte dello Spirito Santo ha contribuito e contribuisce in questa "maturazione", anche se sono ancora molti gli aspetti ambigui. Ma é tutto qui?
Ribadisco l'interrogativo, posto in mattinata: può un papa avere idee eretiche?
Può suscitare qualche perplessità, cara Ester, il continuo insistere sulla comunità che celebra e senz'adeguata spiegazione può indurr'in errore. Non sei troppo vecchia, non è questione di vecchiaia, è questione di prudenza. Ricordiamoci tuttavia che il sacerdote celebra la messa come alter Christus ma a nome di tutti i presenti. Basta legger l'ordinario per vedere che il sacrificio è offerto a nome di tutti (meum ac vestrum) e spesso i verbi del sacerdote sono nella prima persona plurale. Uniti al sacerdote anche noi offriamo il Sacrificio. Ed anche se noi non siamo presenti il sacerdote celebra in unione con tutta la Chiesa, tant'è vero che si gira e dice "Dominus vobiscum", "Orate Fratres" ecc.
Cerchiamo di evitar di vedere errori dove non ci sono.
Il brano sopra riportato sull'
onnipresenza di Dio è banale quanto pericoloso. Certo sappiamo bene che Dio è presente in cielo, in terra ed in ogni luogo. E si può sentirlo presente in campagna, in montagna, per le strade della città o in autobus. Dovunque si può entrar in "conversazione" con Dio.
In chiesa, davanti al SS.mo noi abbiamo la "presenza reale" sacramentale di Cristo davanti a cui ci mettiamo in adorazione.
Solo se il senso fosse che in fondo possiamo sentirci vicini a Dio anche senza entrare in chiesa, ritenendo erroneamente che esclusivamente lì Dio ci parla, quel brano potrebbe risultar meno assurdo. Il linguaggio tortuoso ed ambiguo non mi permette una sicura interpretazione. Sembra una posizione anti-devozionistico bigottismo, ma di un razionalismo che non approvo.
Sì è vero, nella Messa la preghiera è comunitaria, in unione al Sacrificio eucaristico, è sempre stata così.
Solo evidenziavo che mi preoccupa quel continuo usare la parola e l'idea di "comunità", da tanti predicatori nella Messa, anche dove non ci sono appigli dottrinali nè alcun nesso col Vangelo del giorno.
Ad es. in un'omelia alcune domeniche orsono, a commento del passo del Vangelo in cui Gesù appare a S. Tommaso, e circa il mandato che Gesù dà agli apostoli di rimettere i peccati ("A chi li rimetterete saranno rimessi...."),
per spiegare forse la necessità della conversione il celebrante non ha trovato di meglio che dire: "La conversione che significa ? significa ...vivere la comunità" !
....e così mi disturbano tanti discorsi simili, tutti con questo "prezzemolo" della comunità, che mi provoca la sgradevole sensazione di un lavaggio cerebrale inesorabile, tenace, come una goccia sulla pietra, fatto di tante piccole parole nuove, che si insinuano nella mente dei fedeli, e poi nel linguaggio usato da tutti ; come quella definizione della Chiesa detta "popolo in cammino", mai udita prima del cv2...e dài con questo favoloso avventuroso camminare, senza saper bene la meta, un camminare staccandosi dalle verità e santità vetuste, sotto lo stillicidio di tante nuove parole e/o nuovi significati che cambiano in profondità la Fede, sempre a partire dagli aggiornamenti del cv2.
Ora poi comincio a sentire dire che saremmo un "popolo messianico"...non so bene che vuol dire, non lo capiscono i poveretti che ascoltano queste cose passivamente in chiesa, ed ecco che l'allarme si ridesta, e trovo un aggancio inquietante con quell'allarme (secondo me abbastanza motivato) di Stefano Gavazzi.
C'è qualcosa attorno a noi, nell'aria che respiriamo, caro Dante, impregnata di conciliarismo, vorrei dire, che ci porta fatalmente ad alterare, nel profondo della coscienza, i dogmi fondanti della nostra Fede.
Senza avvedercene neppure, come disse bene il card. Biffi.
* * *
Persiste questa sensazione che ci stanno cambiando la Fede, con persuasione occulta e palese....e così, ricordando quella nota profezia della Madonna "solo in Portogallo si conserverà il dogma della Fede ecc." (con tutto il seguito occultato), solo ora, dopo tanti anni, comincio a capire che cosa significhi davvero in sostanza "il dogma della Fede", e l'ho capito, pensate, grazie ad una eccellente riflessione di Romano Amerio, che ho scoperto sul web, e che vi riferirò.
Vorrei spiegarvi, come posso, perchè temo che Stefano abbia buone ragioni di allarmarsi, e perchè dobbiamo secondo me tenere le orecchie interiori ben deste per accorgerci di certi rumori stridenti (come quando in una casa una famiglia sta "in orecchio" a percepire minimi rumori sospetti, o se si vedano piccole nuove crepe nei muri, che indichino l'arrivo del terremoto, il ripetersi di una scossa rovinosa....e non possono dormire che con un occhio solo, con scarpe e vestiti pronti per uscire in salvo....).
Dio è presente ovunque nel senso che conserva in essere tutta la creazione. Senza la sua continua azione conservatrice la creazione ripiomberebbe nel nulla.
In questo senso è ovunque presente senza identificarsi con la creazione.
La Presenza Reale è presenza di Cristo reale per antonomasia, sostanziale sotto gli accidenti del pane e del vino. Cristo è presente per la transustanziazione della sostanza del pane e del vino e per concomitanza naturale, Corpo, Sangue, Anima e Divinità.
Dato che Cristo è presente in maniera sostanziale, è presente in tutte le Ostie consacrate senza problemi per la estensione locale del suo Corpo il cielo.
E' una presenza diversa perché diverso è il motivo della presenza ed il tipo di presenza.
E' vero che nella Santa Messa molte preghiere sono dette al plurale. Lo scrisse anche Pio XII nella "Mediator Dei" spiegandone il significato.
Marco Marchesini
E se è del dr. Ratzinger il mio giudizio non cambia. Però nell'omelia in questione non si ripeton simili affermazioni. Il senso del discorso e la presentazione dei diversi aspetti del mistero eucaristico a me appaion assai nitidi.
Però, se si parte col preconcetto del dalli all'eretico, ogni parola, ogni frasetta vien sezionata ed estrapolata dal suo insieme sino a farle dir quel che non voleva dire.
E dove, nel Portogallo, è inattaccato il dogma della fede?
Comunque quello è un testo giovanile di Ratzinger, non del Papa.
Anche in "Introduzione allo spirito del Cristianesimo" ci sono dei testi problematici a quanto ho letto su Internet.
Ho anche letto che in quel testo mai viene citato San Tommaso e che il giovane Ratzinger tenti di conciliare il cristianesimo con la filosofia soggettivista moderna.
Marco Marchesini
Cara Ester,
pubblicizzare quella vecchia intervista in questo momento, significa buttare benzina sul fuoco. Non perché io voglio misconoscere i problemi; ma ho visto che vi vengono riprodotte le parole già da me commentate qualche post sopra, riferite ad uno scritto giovanile del Papa, uno scritto che tra l'altro definirei molto "razionalistico" e che non dobbiamo prendere né come oro colato né come motivo per fargli le pulci, anche perché molti dei suoi scritti più maturi sono indice di un percorso che qualche frutto diverso ha prodotto, anche se ogni tanto facciamo i conti con qualche ambiguità residua... ma sempre che non impegna l'infallibilità.
Ora cerchiamo di rimanere sul presente. Io trovo molto equilibrata e illuminata in questo la linea di Mons. Fellay.
Ricordiamoci tuttavia che il sacerdote celebra la messa come alter Christus ma a nome di tutti i presenti. Basta legger l'ordinario per vedere che il sacrificio è offerto a nome di tutti (meum ac vestrum) e spesso i verbi del sacerdote sono nella prima persona plurale. Uniti al sacerdote anche noi offriamo il Sacrificio. Ed anche se noi non siamo presenti il sacerdote celebra in unione con tutta la Chiesa, tant'è vero che si gira e dice "Dominus vobiscum", "Orate Fratres" ecc.
Da incorniciare!
rimaniamo sul presente.
Bene la Presenza, come dice il Sig. marco è una presenza sostanziale, oggi purtroppo il termine reale non può più bastare a spiegare la fede anche perchè è chiaro, e deve esserlo che la Presenza di Cristo nel sacramento NON e' quella al di fuori di esso o nel mondo.
Dalle Parole del Santo Padre non si evince, anzi.
e la chiesa se ha "sbilanciato" l'incontro eucaristico lo ha fatto perchè era la volontà di Gesù, non possiamo mangiare ciò che non cade sotto i nostri sensi.
Quindi equiparare le due cose potrebbe portare a considerare l'adorazione di Cristo sotto le specie come quella che uno ha ogni giorno della sua Vita perchè adora Cristo perchè è Dio e sminuire il senso e lo scopo dell'istituzione dell'eucarestia.
Vedo che dopo il passo del giovane Ratzinger le interpretazioni sono cambiate a riprova che le idee sulla Presenza Reale e l'Omnipresenza di Dio sono rimaste le stesse.
Pregherei quindi il dott. Pastorelli di rettificare il suo commento nei miei confronti il quale è stato offensivo e sbagliato come è stato dimostrato anche grazie ad attenti e ben preparati Cattolici.
Se poi desiderate una più ampia analisi della frase del giovane Ratzinger sono a vostra disposizione.
Infine per Mic vorrei chiedere:Gesù era ciscoscritto?
Quindi per lei il Corpo, il Sangue, l'Anima e Divinità di Crsito non sono circoscritte nella particola?
Sicura di quello che dice?
Credo proprio che non vi rendiate conto delle affermazioni del Santo Padre, per fortuna è lui stesso che lo spiega.
CVCRCI.
PS Attendo gentile rettifica.
Grazie
Si e quale sarebbe il senso giusto, sentiamo?
Mio caro non è questo...
----------------
A chi scrive con questo atteggiamento di sfida,arroganza ed ironia non si dovrebbe neppur rispondere, altro che rettificare.
Gavazzi ha detto sciocchezze e gravi, perché incapace di leggere dato che ha il paraocchi dell'eresia a tutti i costi.
Chi è che di noi ha sostenuto che la presenza reale del Corpo di Cristo non sia circoscritta, in terra, nell'ostia consacrata?
Abbiamo detto che semmai il pericolo è che si creda erroneamente che, finita la Messa, nelle particole rimaste Cristo sia assente.
Credo che questo astioso inquisitore dovrebbe imparar a leggere anche i commenti oltre che le omelie del Papa.
Caro Marco, la formazione del Papa fu quella che fu. Anche la sua tesi di dottorato fu bocciata e poi, ripresentata in formato ridotto con l'esclusione della parte che si scontrava con la sana teologia.
Queste cose si sanno. Anche in Luce del mondo scrive cose che disapprovo. Ma quest'omelia, come altre, è di altissimo livello e perfetta ortodossia. Se tralasciasse, il Papa, di scriver libri che confondono le idee e si concentrasse su queste catechesi l'educazione religiosa di tutti migliorerebbe.
Purtroppo c'è sempre qualcuno che pensa d'esser più cattolco di tutti gli altri e d'esser solo a detenere la verità assoluta, magari al seguito di qualche x-lefebvriano sedevacantista. Come ricordo spesso: le rane gracidano contro il sole.
caro Dante, anche quest'omelia è il segno che qualcosa sta cambiano in meglio. Mons. Fellay ha anche citato l'esame di coscienza per i Sacerdoti.
Effettivamente quando lo lessi rimasi anche io favorevolmente stupito.
Mi dispiace davvero quando talvolta leggo da laici della FSSPX commenti molto duri su testi perfettamente ortodossi del Papa. Cioè tutto quello che dicono alla fine è sempre coperto dall'eresia e dall'errore. Di questo passo alla fine si potrebbe perfino arrivare a dire che in fondo anche San Pio X era un modernista.
Marco Marchesini
Vedi, Marco, nopn c'è maggior cieco di chi non vuol vedere. Sono i presunti duri e puri che han sempre dato vita a divisioni, eresie e sette destinate a scissioni sino a scomparire o a formare minuscole comunità. Oggi non ci son più i principi a sostenere i "protestanti".
Posta un commento