Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 1 giugno 2012

TRA SUPPLICHE ED APPELLI

Questo intervento del dotto Alipio de Monte m’è pervenuto quand’ormai il primo numero 2012 del mio Bollettino “Una Voce Dicentes” era già stato consegnato alle Poste per raggiungere gli affezionati lettori.
Dopo il severo esame del volume in cui il card. Kasper espone la sua “ecclesiologia”, ecco, del Nostro, un’approfondita e realistica mess’a punto sui problemi posti dal Vaticano II e dal Magistero post-conciliare con precisi riferimenti a testi, anche critici o comunque non superficialmente osannanti, di teologi seri, ad appelli di intellettuali ed ai convegni, più o meno utili, che si susseguono anche in vista del cinquantennio del Concilio. 

Anche noi ci auguriamo, come l’Autore, che la ricorrenza sproni le menti migliori a procedere ad un’esegesi serena ma non inquinata dalla trita e ritrita vulgata vaticansecondista, sì che i fedeli formati ed informati trovino risposte adeguate alle loro perplessità ed anche alle loro sofferenze, ché si soffre quando si vorrebbe aderire ad un Magistero e la coscienza lo impedisce dinnanzi a formulazioni erronee, o quanto meno equivoche e difficilmente inseribili nella Tradizione. E soprattutto condividiamo con l’Autore l’attesa di una risposta definitiva da Chi soltanto può darla.
Dante Pastorelli

Tra suppliche ed appelli

In questi ultimi tempi, le suppliche al Santo Padre, indice di certezze incrollabili, di fiducia nel successore di Pietro e di adesione incondizionata alle sue decisioni, si ripetono. Nel contesto teologico, inoltre, e nel comportamento pratico, gli appelli al Vaticano II non si contano. Basta leggere un discorso ufficiale o scorrere giornalmente gli articoli de "L'Osservatore Romano" per convincersene.

Riflettendo su questo incrociarsi di suppliche e di appelli si scopre una loro evidente contraddizione: mentre le suppliche invocano il giudizio del Supremo Pastore, perché del Vaticano II determini o promuova un esame in grado di proporne in modo definitivo la natura e i limiti, evitando così di farne "un superconcilio", gli appelli un giorno sì e l'altro pure si stabiliscono in un rapporto di assoluta dipendenza dal Vaticano II come se nella Chiesa non esistesse altra autorità o come se, su ogni altra, emergesse quella del "superconcilio".

Non sarà inutile, a tale riguardo, qualche riflessione.
  1. Le suppliche partono dalla crescente confusione di idee e di comportamenti, in qualche caso anche di voltafaccia e di tradimenti, che, quasi sempre con dichiarato riferimento al Vaticano II, appesantiscono l'attuale momento di vita ecclesiale. Del Vaticano II ci si aspetta un più approfondito esame e lo si implora da Colui che, per mandato divino, è l'unica Autorità capace di produrlo o disporlo. Lo aveva chiesto, con una Supplica finale, un volumetto (“volumetto” per “dimensioni” ma di denso contenuto) del 2009 che fece in breve il giro del mondo, suscitando un dibattito tuttora in corso: Concilio Ecumenico Vaticano II: un discorso da fare.(1) Lo ripetono oggi, in senso analogo, altre voci, non tutte con gli stessi argomenti benché tutte con le stesse finalità e le stesse motivazioni. Si desidera un'analisi seria del dettato conciliare, delle sue fonti, della sua natura e dei suoi intenti, del cambiamento di rotta impresso al Concilio all'indomani dalla sua apertura, delle conseguenze che nell'immediato ne derivarono e continuano ancor oggi a derivare, dell'oggettiva adesione conciliare alla costante e sempre viva Tradizione della Chiesa, dell'indole pastorale e non dogmatica voluta per il Concilio dal suo promotore, Giovanni XXIII, e con la quale il Concilio si presentò sulla ribalta della storia. Il Santo Padre Benedetto XVI, in modo indiretto, ha più volte dato risposte a tali attese, muovendosi nella linea di un Concilio che non è né vuol essere un superconcilio e che, tuttavia, riassumerebbe l'intera Tradizione dottrinale della Chiesa, garantendone l'aggiornamento nella continuità della riforma. Una risposta, questa, che trasferisce continuità ed immutabilità dal sacro deposito della fede e delle verità rivelate alla Chiesa che, sempre identica a se stessa pur nel suo ininterrotto aggiornamento, le riceve, custodisce e trasmette. Per quanto meritevole di attenzione e di rispetto, la risposta lascia inalterata la situazione problematica dalla quale le varie suppliche hanno preso e prendono le mosse ed i cui interrogativi attendono ancora una più diretta considerazione. Nello stesso tempo, sta proprio in questa dialettica tra diretto ed indiretto lo spazio, ma si potrebbe anche dire l'occasione e la ragione stessa dell'avvertita esigenza non tanto di parole, anche se autorevoli ed importanti, quanto della Parola, l'unica, quella che una sola persona è in grado di pronunciare: il Romano Pontefice.

    A lui, dunque, si rivolgono gruppi e privati, vicini e lontani,(2) con la fondata speranza di sentire risuonare, fra le tante e spesso stonate, la Parola che tutto chiarisce e risolve.

  2. È di qualche giorno fa la proposta, lodevolissima, di Riscossa Cristiana per dar vita ad una pubblica manifestazione di consonanza col Santo Padre in uno dei più oscuri momenti di vita ecclesiale (trafugamento di documenti segreti). Qui, però, il Vaticano II non c'entra se non trasversalmente.

    Entra peraltro in modo diretto nell'iniziativa che, due anni or sono, mise in evidenza sul proscenio mondiale la sensibilità cattolica di un considerevole numero di intellettuali italiani, i quali, il 24 settembre 2011, indirizzarono al Sommo Pontefice una calda e convinta supplica che, in termini di rispetto e di venerazione non meno che di chiarezza e di speranza, auspicava un intervento papale per dissipare ombre, indecisioni e pregiudizi e neutralizzare la situazione di incertezza dogmatica e di pericolosi ondeggiamenti, dal postconcilio se non proprio dallo stesso Concilio introdotti nei gangli più riposti del consorzio  ecclesiale. Si trattava di una supplica ben calibrata e circostanziata, oltre che animata da un atteggiamento di profonda fede e di convincimento comune  circa l'opportunità se non anche la necessità d’ un giudizio dell'Autorità suprema in materia di sua esclusiva competenza, nella prospettiva che incertezze e pericoli fossero finalmente superati dall'approfondimento dei testi conciliari.

    Altre voci si sono successivamente levate, come ognuno può facilmente verificare navigando nel mare magnum di internet. Poche però hanno lo sguardo acuto e penetrante della supplica che, il 5 aprile 2012, varie decine d'intellettuali polacchi rivolsero a Benedetto XVI, al fine di ottenere il riesame almeno di tre brucianti insegnamenti conciliari: la libertà religiosa, l'ecumenismo e la collegialità. I firmatari si richiamavano tanto alla "umile supplica" di scienziati e rappresentanti del mondo culturale italiano, quanto ai contatti tra la Santa Sede e la Fraternità Sacerdotale San Pio X, per rilevare che una certa riflessione critica sui documenti conciliari era già in corso e per appoggiare su di essa le proprie ulteriori considerazioni sui tre punti cruciali, sopra indicati. Mi sembra opportuno sintetizzarne il contenuto.

  3. Richiamato l'insegnamento restrittivo di Gregorio XVI, Pio IX, Leone XIII, Pio XI e Pio XII sul culto pubblico delle varie religioni, la supplica degli intellettuali polacchi chiede come tale insegnamento si concili con la dichiarazione conciliare della libertà per tutte le religioni da qualunque forma di coercizione nel culto pubblico, ed in che senso una tale libertà corrisponda a quanto viene assicurato da Dignitatis humanæ 1/c: "La libertà religiosa [...] lascia intatta la dottrina tradizionale cattolica sul dovere morale dei singoli e delle società verso la vera religione e l'unica Chiesa di Cristo". È evidente la contraddizione tra la predetta assicurazione e le novità introdotte. Quanto al fondamento della libertà religiosa nella dignità della persona umana, il documento si chiede se la dignità della persona umana derivi più dal rispetto paritetico per tutte le religioni, che non dall'adorazione del vero ed unico Dio nella vera ed unica religione da lui rivelata. Lamenta quindi che Dignitatis humanæ né ripeta l'insegnamento del precedente Magistero sul dovere dell'Autorità civile di proteggere la vera religione; né minimamente aderisca alla tolleranza religiosa, sulla quale aveva insistito Pio XII nel 1953, in occasione del V Congresso Nazionale dei Giuristi cattolici italiani. E conclude rilevando  la relativizzazione conciliare del precedente Magistero, la sua "storicizzazione" e quindi la sua possibilità di nuovi insegnamenti in risposta alle esigenze sempre nuove di ogni altrettanto nuova epoca storica. L'esempio dell'era costantiniana non trasferibile nella realtà contemporanea dovrebbe giustificare il principio dello storicismo, chiaramente affermato da Dignitatis humanæ.

    La supplica passa poi al decreto sull'ecumenismo Unitatis redintegratio per costatare che la presenza di numerosi elementi di santificazione e di verità anche al di fuori della Chiesa cattolica riconosce la capacità salvifica anche a tutte le denominazioni cristiane acattoliche ed entra così in rotta di collisione con la dottrina tradizionale dell'Extra Ecclesiam nulla salus, nonché del tradizionale insegnamento cattolico sull'unità ed unicità della vera Chiesa di Cristo. Sostituendo inoltre il dialogo alla conversione, Unitatis redintegratio spiazza l'impegno dell'evangelizzazione cattolica dalle finalità propriamente soprannaturali e lo indirizza verso "l'Oekoumène dell'internazionalismo umanitario appoggiato dall'organizzazione delle Nazioni Unite". Per nessun motivo si potrà dire, allora, che "l'intento di costruire un mondo migliore con i membri delle altre religioni" è in perfetta adesione al Magistero tradizionale della Chiesa.

    Gli intellettuali polacchi dedicano infine la loro attenzione a Lumen gentium 22. Anche in questo caso l'attenzione è ugualmente critica. Essa trova inspiegabile la riaffermazione del primato papale e l'introduzione nella Chiesa di un governo collegiale di essa: è in effetti un giudizio in sé contraddittorio quello che riconosce e proclama, per un verso, un unico detentore del potere supremo ed universale nella e sulla Chiesa, e per un altro, questo medesimo supremo ed universale potere detenuto anche ("quoque") dal collegio dei vescovi uniti in Concilio col Papa e mai senza o al di sopra o contro il Papa. Queste ultime delimitazioni parrebbero alleggerire l'evidenza dell'antitesi prima accennata; in realtà la confermano ed in certo senso l'aggravano, implicando la presenza del Papa nel collegio ed allargando a questo il supremo potere dell'altro. Almeno sui tre punti qui richiamati gl’intellettuali polacchi, che si dichiarano impegnati nell'apostolato cattolico, attendono parole di assoluta chiarezza dal Santo Padre, al quale riaffermano tutta la loro inconcussa adesione.

  4. A dire il vero, come ho prima osservato, il Santo Padre ha già risposto, e non una volta sola, ad una tale aspettativa. Ha risposto a modo suo, con la sua sensibilità teologica, non impegnando, almeno formalmente, il carisma dell'infallibilità, ma sempre ad un livello di magistero papale di alto e ben chiaro profilo. Ciò non significa che non possa rispondere ancora. E magari dire qualche cosa di nuovo, soprattutto dopo che anche alla FSSPX ha riconosciuto che, qua e là, il dettato del Vaticano II può essere liberamente discusso. Certo è che la contraddizione tra Vaticano II e Tradizione ecclesiale - se per Tradizione si intende, come si deve intendere, il permanere sostanzialmente inalterato della divina Rivelazione anche in formule letterariamente nuove - non è una semplice impressione, ma un dato di fatto inoppugnabile.

    Oltre al Santo Padre, non mancano - soprattutto all'interno di quel dibattito che ha avuto un imput fuori di ogni previsione dal ricordato Discorso da fare - noti e meno noti teologi che esprimono con sincerità il proprio punto di vista. Ciò che manca è il presupposto della critica scientifica tanto in molti osservatori privati, quanto nelle celebrazioni più o meno ufficiali del cinquantennio ormai alle porte. L'appello al Vaticano II, nella maggior parte dei casi, è di facciata, scontato, declamatorio. Parte sempre dal presupposto che il Vaticano II sia come ogni altro Concilio: e quindi indiscutibile ed irriformabile. Nel clima dell'accennato cinquantenario non è raro che la stampa quotidiana e periodica vi dedichi qualche attenzione; il ritornello è sempre lo stesso: richiamarsi al Vaticano II e alla sua indubbia autorità, conoscerlo meglio, applicarlo, viverlo e farlo vivere. Ci sono poi i grandi incontri, quelli dai quali sarebbe lecito aspettarsi parole diverse da quelle solite, soprattutto quando la loro indizione promette di "rileggere il Concilio" con "storici e teologi in dibattito". Alla fine dei conti, si è ancora al "sicut erat in principio". Le promesse, infatti, del congresso indetto dal Centro San Luigi dei Francesi e dalla P. Università Lateranense da marzo a maggio per approfondire il Vaticano II nel suo cinquantesimo anniversario, tutto sommato non sono state mantenute e l'annunciato approfondimento è ancora di là da venire. E dire che alcuni relatori, come Christoph Theobald, avevano nel nome stesso una garanzia di originalità, di capacità di ricerca e di scientificità. Non migliore risultato è ravvisabile nei colloqui organizzati poco tempo fa dall'Università della Santa Croce, dove all'opera d'approfondimento s'è preferito la polemica personale. Un grande congresso internazionale è annunciato dal 3 al 6 ottobre p.v. dal Pont. Comitato per le scienze storiche, di cui è presidente uno storico di valore, il p. Bernardo Ardura: si prevede l'esposizione, con relativa discussione, delle ricerche storico-teologiche intraprese tra il 2011 e il 2012: c'è solo da auspicare che almeno in tale occasione il vento cambi direzione. Avrebbe potuto già muoversi nella direzione giusta quando, nel dicembre del 2011, due teologi di peso non indifferente, Mons. F. Ocáriz e Don J.-M. Gleize, si sono confrontati sul tema del Vaticano II. L'uno è partito da ciò che avrebbe dovuto dimostrare e l'altro ha riproposto alla luce del sole le posizioni ben note della FSSPX. Conclusione: nessun passo in avanti e, quindi, situazione stagnante. Da una parte, l'autorevolezza dell'insegnamento conciliare, la sua obbligatorietà ancorché non legata alla forma dogmatica delle dottrine proposte e la loro accorta traduzione nel linguaggio dell'uomo contemporaneo; dall'altra le non infondate riserve soprattutto su quattro punti del magistero conciliare. Sembra che si proceda in un vicolo cieco. Eppure una via di uscita ci sarebbe e non sarebbe difficile da percorrere: lasciar da parte gli appelli e con essi i luoghi comuni, le declamazioni, gli attestati e le gratificazioni gratuite di meriti conciliari tutti da verificare e andare alla radice delle incertezze e delle problematiche insorte da tanta e tanto biasimevole superficialità. C'è insomma bisogno che venga preso sul serio il rinnovarsi delle suppliche perché sul Vaticano II la ricerca si sostituisca al battimani e si avvii finalmente la desiderata analisi globale e particolare, che nulla lasci nell'ombra, ma riveda alla luce del metodo critico non solo ogni documento, ma anche ogni sua dichiarazione, se non anche ogni sua parola.
    Alipio del Monte
____________________________________________
1. Di Gherardini B., Casa Mariana Editrice, Frigento (AV) 20092, p. 254-257. A tale supplica aderì esplicitamente S. E. Rev.ma Mons. M. Oliveri, con una lettera-prefazione del 19 marzo 2009, p. 6-9.
2. È chiaro che qui ci si riferisce esclusivamente ad interventi d'indubbia serietà scientifica e mossi con spirito di fede; altri interventi, che strillano sguaiatamente la loro insofferenza e la loro rivolta, nemmeno vengono presi in considerazione.
3. Si veda , come fonte, FSSPX/Pologne - Traduction française DICI . n. 254, 11- 05 - 2012.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Dante,
hai notato che il testo è -per quanto possibile- arricchito da numerosi link, relativi ai riferimenti?

viandante ha detto...

Sicuramente solo il papa può dirimere questa situazione in spirito di giustizia e verità.
Ciò premesso e considerando l'importanza di queste sue decisioni, più che suppliche ed appelli affinché egli dirima la questione, credo sia utile pregare affinché lo Spirito Santo lo assista.
Non dimentichiamo, come troppo spesso fa il mondo contemporaneo, la vita soprannnaturale e la Grazia santificante: é quella che dobbiamo invocare sul papa.
D'altronde anche la Madonna non si aspetta chissà cosa per darci una mano: una "semplice" consacrazione della Russia potrebbe giovare molto più di tanti incontri e chiarimenti dottrinali.
Incontri dottrinali che se non assistiti dallo Spirito di Verità, anche se condotti da un papa, non potrebbero portare lontano.
In questo condivido pienamente monsignor Williamson quando invita il papa a questo semplice gesto di umiltà nei confronti della nostra madre celeste: una consacrazione che Lei ancor prima del concilio e della rivoluzione bolscevica aveva richiesto.

Anonimo ha detto...

Caro Viandante,
spesso le cose più semplici e le più efficaci sono proprio quelle ignorate. Strana l'ostinazione in negativo dei Papi, anche perché non penso -come sentito dire- che fosse necessaria l'unanimità dei vescovi: sarebbero sufficienti tutti quelli in comunione disponibili, credo...

Anonimo ha detto...

Sarebbe interessante rileggersi anche questo documento, di cui riporto la conclusione:

[...] quinta domanda: perché le posizioni dottrinali della FSSPX danno origine a una frattura tra la Fraternità e la Santa Sede? Ma questa quinta domanda, pur significativa, non ha l'importanza della quarta. La natura dell'insegnamento della Chiesa cattolica sulla libertà religiosa, l'ecumenismo, la Chiesa e la collegialità è di grande importanza per tutti i cattolici. Le domande sollevate dalle discussioni tra la Santa Sede e la FSSPX riguardano la Chiesa tutta, non soltanto le parti impegnate a discutere.

Dante Pastorelli ha detto...

MIC, vedo solo ora l'articolo ed i links, e ti ringrazio vivamente. L'ho inviato perché mi sembra un testo da meditare attentamente.
D'accordo col Viandante che si deve pregare affinché lo Spirito Santo assista il Papa. Lo facciamo sempre, almeno noi, i suoi collaboratori di cui tanto si fida non so. Però anche i nostri appelli e le nostre suppliche, in particolare quelle dei teologi più "cattolici", non son vani: gli fan sentir vicini i figli fedeli in momenti di tristezza e tradimenti.

Blues ha detto...

Certo è che la contraddizione tra Vaticano II e Tradizione ecclesiale - se per Tradizione si intende, come si deve intendere, il permanere sostanzialmente inalterato della divina Rivelazione anche in formule letterariamente nuove - non è una semplice impressione, ma un dato di fatto inoppugnabile.


contraddizione insanabile, se non c'è risposta le suppliche cadono nel vuoto e gli appelli continuano a fioccare...

RepetiTA JUVANT ha detto...

Come ho già scritto molte volte, reputo che la verità sarà ripareggiata,
quando leggeremo qualcosa di simile a ciò che segue:
.
"SACRA SUPREMA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE"
Con la presente sentenza e decreto, che riveste la stessa, precisa, identica
importanza e cocenza delle sentenze della Sacra Rota, pertanto è necessario
che ciò che si sentenzia sia da tutti accolto e ritenuto, si porta a
conoscenza, in modo PUBBLICO, UFFICIALE & SOLENNE, del popolo cristiano che
TUTTI, SINGOLI & CIASCUNO gli atti ed i documenti del Concilio Vaticano II,
sono da considersi dei puri, semplici e meri elenchi di CONSIGLI.
Tutti coloro che daranno ad essi atti e documenti e, a maggior ragione, a
quelli successivi, che si presentino come presunte attuazioni degli stessi,
valore diverso da quello, appunto di puri, semplici e meri elenchi di
consigli, sappiano di essere caduti vittime di un ERRORE CAPITALE, contrario
alla mente della Chiesa, nonché alla volontà esplicita del Concilio stesso

Anonimo ha detto...

Interessante analisi

http://nullapossiamocontrolaverita.blogspot.it/2012/06/tutto-e-perduto-con-la-guerra-tutto-puo.html

Anonimo ha detto...

Grazie per la segnalazione: documenti interessanti sì, e veri.

Sono testi tuttavia, dei quali è necessario sottolineare le chiavi di lettura, per non incorrere nell'accusa di antisemitismo, purtroppo scontata in base all'ideologia egemone, ma che non c'entra per nulla.