È lei che mi ha ordinato sacerdote. Sono tra i primi ai quali, attraverso la grazia della sua ordinazione del 1988, ha conferito il sacerdozio ministeriale, uno dei primi che ha mandato nella Vigna del Signore per preparare la Messe. So ciò che le devo nel Signore.
Sono fiero della sua paternità, perché so che, da parte sua, lei si è impegnato valorosamente con grande generosità di cuore e con grande dirittura di spirito per far conoscere le posizioni della Fraternità San Pio X di fronte all'attuale crisi. La sua biografia di Mons. Lefebvre reca l'impronta di questo lavoro e di quanto lo precede. Ricordo di averla invitata, al momento della pubblicazione, per un intervento sulla libertà religiosa, a Parigi ; successivamente, nella Nuova rivista Certitudes, ho recentemente avuto l'onore di pubblicare suoi lavori.
So bene che lei non è favorevole all'accordo ormai imminente. Ma il suo dissenso è nobile. Esso si esprime senza aggressività. Nell'intervista rilasciata il 13 giugno scorso al giornale Rivarol, lei ci ha tenuto a riconoscere le innegabili qualità del nostro Papa Benedetto XVI. Lei non è tra coloro la cui aggressività prende il posto della ragione.
Lei non è neanche di quelli che si sentono persi, smarriti, perché si chiede loro brutalmente una svolta a 180 gradi e non hanno l'abitudine di virare di bordo: mancanza di agilità, mancanza di esercizio. Penso al sermone di don Pfeiffer, che ho conosciuto ad Ecône. Esprime bene questo smarrimento, ma senza essere purtroppo capace di articolare la minima ragione di fondo al suo rifiuto degli accordi. Cito :
« Stiamo per concludere un accordo. Tuttavia, dopo le discussioni dottrinali, ci si era detto: Roma non ha cambiato posizione, Roma crede ancora al modernismo, Roma rigetta sempre la Fede, mentre la Fraternità difende sempre la Fede. Dunque, niente è cambiato. È ciò che aveva detto Mons. Fellay. Ed ecco che dopo le cose sono cambiate: dobbiamo concludere un accordo adesso, dobbiamo essere riconosciuti e regolarizzati adesso, dobbiamo ricevere una prelatura personale adesso. Ma tutti i documenti sono segreti, tutte le comunicazioni sono segrete, tutto accade nel segreto. Non si osserva il segreto sulla verità. Non si tiene segreta una cosa buona, si custodisce segreta una menzogna, si mantiene il segreto su qualcosa di male, si custodisce segreto un inganno. Ciò che spiega il segreto di questi ultimi anni, è che se Mons. Fellay, don Pfluger e Nély e gli altri superiori del Fraternità San Pio X ci avessero detto la verità con audacia da uno o due anni, tutti si sarebbero rivoltati. In luogo di ciò, ci si c'è detto: Abbiate fiducia, non conoscete tutti i dettagli. Non siete che delle pecore idiote, stupide, imbecilli ».
Bisogna intendersi esattamente su questo smarrimento « ci s'è detto... Ed adesso ci si dice mentre niente è cambiato
». Ma non costituisce, in sé, una ragione per rifiutare l'accordo con Roma. Non è affatto la sua prospettiva, Monsignore. Il suo rifiuto non è all'insegna di nessuna paura, di nessuna ferita... Porta al fondo, alla verità che unica ci attira, unica ci motiva, unica ci rende fecondi per il Regno... ed unica può assolverci, se per disgrazia deviamo della via stretta.
Caro Monsignore, non è in questi termini eccessivamente personali che lei pone solennemente la questione dell'accordo con Roma. Per lei, c'è un'opposizione teologica tra Roma ed i Fraternità San Pio X e bisogna formularla. La cito :
« Vorrei che producessimo un testo che, rinunciando alle finezze diplomatiche, affermi chiaramente la nostra fede e di conseguenza il nostro rifiuto degli errori conciliari. Questa proclamazione avrebbe primariamente il vantaggio di dire apertamente la verità al papa Benedetto XVI che è il primo ad avere diritto alla verità e secondariamente di restaurare l'unità dei cattolici di tradizione intorno ad una professione di fede combattiva ed inequivoca ».
Le confesso che vedo male la portata della sua prima motivazione, perché non ne afferro il fondamento Sono invece molto sensibile al suo secondo argomento : un testo chiaro sul Concilio, in occasione dei 50 anni dalla sua apertura, permetterebbe ai tradizionalisti di sapere perché essi esprimono il loro disaccordo, al di là del Sensus fidei di cui danno prova. Un testo chiaro, è l'unione di tutti i cristiani di buona volontà. L'assenza di testo chiaro, è la disunione, col rischio di rincarare la dose della critica che le circostanze attuali ci mostrano non bisogna prendere alla leggera. Personalmente, milito per la chiarezza dal 2002, il Symposio di Parigi, durante il quale 60 sacerdoti sono convenuti dai quattro angoli del mondo (lei c'era caro Monsignore), per celebrare apertamente, chiaramente, e con rispettosa critica, i 40 anni del Concilio. Già in questa occasione abbiamo prodotto un testo in otto punti, che successivamente ha costituito l'Appendice 3 del mio libro Vaticano II e Vangelo. Almeno a questo titolo lo trovo ancora su Internet. Ritengo che la moderazione di toni e la precisione dei riferimenti di questo lavoro collettivo possono permetterne una ulteriore utilizzazione... e che sicuramente questo documento possa essere rivisto ed ampliato.
Son tornato a questo testo molte volte, in occasione di conferenze al Centro Saint Paul (l'ultima in gennaio per celebrare l'entrata nel mezzo-secolo, ce ne sono stati degli echi su Metablog). La vera Tradizione è critica ! Niente a che vedere con l'accordo o l'assenza di accordo con Roma. Si tratta di suonare il nostro spartito, di assumere la nostra responsabilità nella Chiesa. "Agere ut pars", agire come una parte nella grande Chiesa, come disse Cajetano definendo il costitutivo formale della nostra appartenenza al Corpo mistico. Agitando il drappo rosso dell'ermeneutica, Benedetto XVI ha indicato fin dal primo anno del suo Pontificato, che il Concilio deve essere interpretato con una nuova ricezione, contro un certo "spirito del Concilio" di cui il Papa ha mostrato il carattere deleterio. Bisogna che noi partecipiamo tutti a questa ricezione nuova e correttiva di un testo intorno al quale si sono cristallizzati - a favore e contro - cinquant'anni di vita della Chiesa.
Caro Monsignore, lei contesta, ho visto, il principio stesso dell'ermeneutica. Ma contestandolo, lei stesso alimenta questa interpretazione multiforme del concilio. In quanto vescovo, lei non può contestare un tale argomento, non può lei stesso scrivere a questo argomento degli Anatemi. Bisogna che si rassegni ad essere ciò che è: un interprete critico. Ed anch'io, anche se sono solamente un semplice prete. Perché non lavorare insieme - e con molti altri, Istituti ED ogni cappella unita - non solo per la FSSPX, ma per tutta la chiesa?
Temo il suo rifiuto e vorrei, invece, produrre qui una ragione possibile. Essa è tratta dalla sua intervista a Rivarol.
« Con questa religione [conciliare] non vogliamo alcun compromesso, alcun rischio di corruzione, neppure alcuna parvenza di riconciliazione, ed è questa parvenza che ci darebbe la nostra se-dicente "regolarizzazione" ».
Ciò che mi turba qui non è che lei parli di "religione" conciliare. Credo che il termine sia giusto. Il Concilio non ha toccato la fede cattolica, ma ambisce ad accompagnare la creazione di una vera e propria nuova religione, ottimista e umanista come erano le 30 Glorieuses [detto del forte periodo di crescita dei paesi sviluppati -ndT]. Questa nuova religione, gli ultimi 20 anni lo dimostrano con i fatti, non funziona. Essa ha contribuito ad accelerare il movimento di secolarizzazione che vuota le chiese, invece di presentarsi come una risposta a questo movimento.
Ciò che mi lascia a disagio è che lei - sì: lei - tenga talmente all'atteggiamento, è ciò che scriveva, che bisognerebbe fuggire non solo una conciliazione forzosamente imbecille, (nel senso etimologico del termine), ma dapprima, ma soprattutto "l'apparenza di questa conciliazione." Parlando di "apparenza", sa molto bene che l'accordo con Roma non la farebbe deviare di uno iota sui giusti rimproveri che rivolge al Concilio e che oggi, volens nolens, tutta la chiesa è pronta a sentire dalla sua bocca di vescovo cattolico. Chi teme di scandalizzare? Gli isterici di Virgo Maria? Il loro scandalo è farisaico e non reale.
Caro Monsignore, sottoscrivendo l'accordo con Roma, forse darà un'apparenza di scandalo a certi spiriti male orientati. Ma non sottoscrivendo, mentre glielo chiede il Vescovo di Roma, non è l'apparenza che lei rischia, ma la realtà dello scandalo. Prego per lei e la ringrazio per la nobiltà con cui al momento mostra a tutti che "la vera tradizione è critica".
Permetta che prenda in prestito dal recente libro di Philippe Le Guillou, Il Ponte degli angeli (Gallimard) una piccola parola che giustifica questa lettera : « Bisogna far di tutto per evitare i conservatori ad oltranza. Lei è un uomo di Dio, tutti lo sanno, qui... e lassù. Non ci deluda ! » _________________________
[Fonte : don de Tanoüarn - MetaBlog - 17 giugno 2012] -Traduzione mia
10 commenti:
mic, manca un NON ...
"Ciò che mi turba qui, NON è che lei parli di "religione" conciliare. Credo che il termine sia giusto. Il Concilio non ha toccato la fede cattolica, ma ambisce ad accompagnare la creazione di una vera e propria nuova religione, ottimista e umanista..."
Grazie, Poirot, ho corretto. Evidentemente mi era rimasto nella tastiera.
Eccellente argomento, fino al momento di passare ad una contraddizione: l'ermeneutica "x" o "y" significa l'assenza di unità, quindi di verità.
« Vorrei che producessimo un testo che, rinunciando alle finezze diplomatiche, affermi chiaramente la nostra fede e di conseguenza il nostro rifiuto degli errori conciliari. Questa proclamazione avrebbe primariamente il vantaggio di dire apertamente la verità al papa Benedetto XVI che è il primo ad avere diritto alla verità e secondariamente di restaurare l'unità dei cattolici di tradizione intorno ad una professione di fede combattiva ed inequivoca ».
Allora, perché dovremmo accettarela versione "y", cioè la tentativa interpretativa forzata di Benedetto XVI (due riti diversi, riputati di essere due forme dello stesso rito, ecc.), prima di arrivare ad una versione "z" accordata con altri centri di potere?
di niente mic, mi sono permesso perché la frase é abbastanza cruciale.
« Vorrei che producessimo un testo che, rinunciando alle finezze diplomatiche, affermi chiaramente la nostra fede e il nostro rifiuto degli errori conciliari.... (per) ... restaurare l'unità dei cattolici di tradizione intorno ad una professione di fede combattiva ed inequivoca ».
Ben venga questo testo!! magari durante il prossimo incontro di Ecône. E' cio' che potrebbe riunire la SPX per il bene di tutta la Tradizione.
Magari! Ma non credo che un testo lapalissiano vedrà la luce. Si useranno sfumature accettabili d'ambo le parti. Poi la predicazione e l'educazione dei giovani saran libere d'esser esercitate secondo "il carisma".
Una Lettera stupenda che mi ha commossa profondamente....
Questo Sacerdote ci dimostra come abbiamo bisogno gli uni degli altri, con Pietro che ci unisce, per combattere la medesima battaglia!
Cor Jesus Sacratissimi
ora pro nobis
In Germania la Conferenze Episcopale ce un "piano di emmergenza" contra la regolarizazzione della FSSPX, guarda:
http://www.pius.info/archiv-news/892-kirchenkrise/6870-deutschsprachige-bischoefe-starten-ungehorsamsinitiative-
http://summorum-pontificum.de/meldungen/d-a-ch/78-deutschsprachige-bischoefe-schliessen-sicher-ungehorsamsinitiative-an.html
In Italia e in Europa, come in tnanti altri Paesi, ci sono piani di emergenzza economica, per non parlar dell'emergenza guerre e malattie, eppure falliscono tutti.
Giusto per completezza di informazione l'abbé Guillaume de Tanoüarn è un ex FSSPX ora alla Buon Pastore.
Caro Mic,
questo blog http://tertiumnondatur.blogspot.it/
continua con molta scorrettezza a inserire tuoi testi tradotti senza citare come fonte questo blog.
Ho provato a inserire un commento, ma è stato rifiutato perché i commenti sono limitati al team del blog.
Autoreferenziali fin quando loro conviene!
Ti prego di cancellare il messaggio precedente pieno di refusi.
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