Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 18 giugno 2012

Il dialogo ad ogni costo. Chiesa dialogante e non più docente.

Il vero dialogo e la sua  Sorgente
Parlare di dialogo significa occuparsi di quella che Romano Amerio in Iota unum definisce “la più grande variazione della mentalità della Chiesa post conciliare paragonabile a quella seguita al vocabolo libertà nel 1800”[1] , assurgendo a nuova categoria universale della mentalità progressista e diventando una delle realtà centrali del cattolicesimo contemporaneo. 

Quando si parla di dialogo ci si riferisce al dialogo ecumenico, al dialogo tra Chiesa e mondo, al dialogo ecclesiale assegnando inopinatamente struttura dialogica alla teologia, alla pedagogia, alla catechesi, alla SS. Trinità, alla storia della salvezza, alla scuola, alla famiglia, al sacerdozio, ai sacramenti, alla redenzione, e a quant’altro nel corso dei secoli appartenesse agli ambiti di interesse ed azione ecclesiali.

In ogni campo « Il passaggio dal discorso tetico, che fu proprio della religione, al discorso ipotetico e problematico è palese sin nella mutazione del titolo dei libri, che un tempo insegnavano e oggi ricercano. Ai libri che andavano come Institutiones o Manuali o Trattati di filosofia o di teologia o di qualunque altra scienza subentrano oggi i Problemi di filosofia, Problemi di teologia, e la manualistica, proprio per il suo pregio tetico[2]  e apodittico, viene aborrita e disprezzata ».[3] 

Già nell'enciclica Ecclesiam suam del 1964, la cui intera parte III è dedicata al dialogo - Paolo VI riduceva ad equazione il dovere che appartiene alla Chiesa di evangelizzare il mondo rispetto al suo dovere di dialogare col mondo. (67. La Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere. La Chiesa si fa parola; la Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio).

Afferma proprio in riferimento a ciò Romano Amerio:
« Ma non si può non avvertire che l’equazione non trova appoggio né nella Scrittura né nel lessico. Nella Scrittura il vocabolo dialogus non si trova mai e l’equivalente latino colloquium è usato solo nel senso di incontro di capi e in quello di conversazione e mai in quello moderno di incontro di persone. Tre volte si trova colloquio nel Nuovo Testamento nel senso di disputa. L’evangelizzazione d’altronde è un annuncio e non una disputa. Nei Vangeli l’evangelizzare comandato agli Apostoli è immediatamente identificato con l’insegnare. Alla dottrina infatti e non alla disputa si riferisce il mandato apostolico e d’altronde il vocabolo stesso eu-angelion=buon annuncio dice qualche cosa che è data da comunicare e non di qualcosa che è gettata alla disputa. Certo negli Atti Pietro e Paolo disputano nelle sinagoghe, ma non è il dialogo nel senso moderno, cioè il dialogo di ricerca movente da uno stato di ignoranza confessa, ma il dialogo di confutazione e di impugnazione dell’errore ».[4]
Cristo Signore parlava con autorità: « Erat docens eos sicut potestatem habens » (Matth., 7, 29), e così le parole di evangelizzazione degli Apostoli devono avere autorità intrinseca che non può esser data dal dialogo. Anzi il parlare tetico di Cristo è contrapposto al parlare dialogico degli Scribi e dei Farisei. Altrimenti si dimentica che « la parola della Chiesa non è parola d’uomo, la quale è sempre controvertibile, ma è parola rivelata, destinata all’accettazione e non alla controversia ».[5]  Poiché nella Scrittura il metodo dell’evangelizzazione è l’insegnamento e non il dialogo, la missione di Cristo e dei suoi Apostoli è sigillata dal verbo nell’imperativo μαθητεύσατε -matheteusate: fate discepoli tutti i popoli, identificando l’opera degli Apostoli nel portare i popoli alla condizione di ascoltatori e discepoli e considerando μαθητεύσατε (con la connotazione di “insegnare”) il grado previo di διδάσκειν -didáskein (nel senso di imparare).

E tuttavia l’Ecclesiam suam, dopo aver posto l’equazione tra evangelizzare e dialogare, pone invece disequazione tra evangelizzare la verità e il condannare l’errore e identifica condanna e costrizione. Ritorna il motivo dell’orazione inaugurale del concilio: « Anche la nostra missione » dice l’enciclica « è annuncio di verità indiscutibili e di salute necessaria; non si presenterà armata di esteriore coercizione, ma solo per le vie legittime dell’umana educazione ».

Oltre che il fondamento biblico, manca al dialogo il fondamento gnoseologico, perché la natura del dialogo contraddice alle condizioni del discorso di fede.

Il dialogo attuale si caratterizza, rispetto a quello tradizionale, che aveva per fine la confutazione dell’errore e la conversione dell’interlocutore, dal rifuggire dalla polemica ritenuta non caritatevole, dimenticando che il concetto stesso di polemica è indissolubile dalla contrapposizione tra il vero e il falso. Da qui nasce l’esclusione dell’apologetica, della pretesa di conversione dell’interlocutore e l’asserto che il dialogo «è sempre uno scambio positivo».

Tuttavia così si elimina la possibilità – reale, non ipotetica – del dialogo pervertitore o di quello improduttivo, cadendo in un superficiale ottimismo. Un elemento da non sottovalutare, invece, è che la possibilità di dialogare è correlata alla scienza e alla competenza che si ha dell'oggetto del dialogo. Ne consegue che, in tema di fede, esso non è possibile per tutti. Viceversa oggi sembra che il dialogo dipenda dalla libertà o dalla dignità dell’anima.
« Il titolo a disputare dipende dalla cognizione e non dalla generale destinazione dell’uomo alla verità. Sulle cose ginniche, insegnava Socrate, si ha da ascoltare il perito di ginnastica, e su cavalli il perito di cose cavalline, e su ferite e morbi il perito di medicina, e sulle cose della città il perito di politica. La perizia poi è effetto della fatica e dello studio, della riflessione non corsiva ed estemporanea, ma metodica e assidua. Nel dialogo contemporaneo invece si suppone che ogni uomo, perché razionale, sia atto a dialogare con tutti e sopra tutte le cose. Si richiede perciò che il vivere della comunità civile e il vivere della comunità ecclesiale siano ordinati per tal modo che tutti partecipino non, come vuole il sistema cattolico, recando ciascuno la propria scienza, bensì la propria opinione, e non adempiendo la parte che gli spetta, ma pronunciando su tutto. Ed è singolare che questo titolo a disputare sia esteso all’universale proprio nel momento in cui il titolo autentico, che è la scienza, si indebolisce e scarseggia nello stesso ceto docente della Chiesa ».[6]
Inoltre del dialogo si tende a sottolineare la caratteristica comune della ricerca. La ricerca, per il cristiano che è già nella Terra Promessa costituita dal Suo Signore, che è anche l’approdo di chi ha trovato la “perla preziosa” e il “tesoro nel campo”, assume piuttosto l’aspetto del dialogo con Dio, che diventa cammino, approfondimento, sempre ulteriore radicamento e conoscenza e intimità con Colui che è sì infinitamente Altro, ma è anche più intimo a me di me stesso. (Sant’Agostino, Confessioni, 3, 6, 11).

Non ci si può quindi sottrarre alla conclusione che il dialogo postconciliare non è propriamente il dialogo cattolico, perché la Chiesa dialogante non più docente:
  • si pone come se non possedesse, ma cercasse la verità o come se, dialogando, potesse prescindere dal possesso (non strumentale ma ontologico) e quindi dall’affermazione della verità, attraverso l’insegnamento oltre che con la testimonianza. Chiesa “strumento di salvezza” non soltanto “segno”. 
  • non riconosce il primato della verità rivelata, non distinguendo più la diversa scala di valori tra natura e Rivelazione 
  • mette sullo stesso piano i dialoganti; il che diventa un peccato contro la fede perché prescinde dal primato che ha la fede divina su qualunque artificio o strumento dialettico. 
  • non considera che non tutte le posizioni filosofiche sono indefinitamente disputabili, ignorando i punti di contraddizione che toccano i principi, che troncano il dialogo e lasciano solo la possibilità della confutazione. 
  • dà per presupposto che il dialogo sia sempre fruttuoso come se non esistesse « un dialogo corruttore che spianta la verità e impianta l’errore, e come se non si dovesse, nel caso, rigettare l’errore prima professato ».[7]
Il dialogo di convergenza dei soggetti dialoganti verso una verità più alta e più universale non appartiene alla Chiesa cattolica, perché non la riguarda un processo che conosca l’estemporaneità di nuovi percorsi sulle tracce della Verità, che essa già ha ricevuto, “è venuta …”[8], che custodisce, che la anima e di cui è portatrice fino alla fine dei tempi. Ciò che le appartiene e le compete è l’operazione della carità che intenzionalmente comunica una verità posseduta per grazia, con lo scopo di trarre non a sé ma alla verità.

Esiste una evidente asimmetria tra la missione Apostolica e il “dialogo reciproco”: « Tutto quello che abbiamo detto a proposito della dignità della persona umana, della comunità degli uomini, del significato profondo della attività umana, costituisce il fondamento del rapporto tra Chiesa e mondo, come pure la base del dialogo fra loro ». Si arriva perfino ad affermare : « Rivolgiamo anche il nostro pensiero a tutti coloro che credono in Dio e che conservano nelle loro tradizioni preziosi elementi religiosi ed umani, augurandoci che un dialogo fiducioso possa condurre tutti noi ad accettare con fedeltà gli impulsi dello Spirito e a portarli a compimento con alacrità. [...] Essendo Dio Padre principio e fine di tutti, siamo tutti chiamati ad essere fratelli. E perciò, chiamati a una sola e identica vocazione umana e divina, senza violenza e senza inganno, possiamo e dobbiamo lavorare insieme alla costruzione del mondo nella vera pace ».[10]

Se è comprensibile il richiamo alla responsabilità per il bene comune nell'ambito delle prassi, purtroppo la storia millenaria ci insegna come ogni prassi, senza Redenzione, sia destinata a degenerare...

È terribile come viene passato sotto silenzio e alle fine livellato il discrimine tra cristiani e non-credenti o diversamente-credenti, che è la filiazione divina, appartenente all'ordine soprannaturale: una Chiesa che non è più strumento di salvezza, ma solo “segno” o “testimone”. Ma queste non erano categorie appartenenti non all'universalismo cattolico, ma all'universalismo del Popolo ebraico? E non sono forse superate e inserite in un orizzonte escatologico in Cristo Signore?

Altrettanto inquietante alla luce degli attuali sviluppi politico-economico-finanziari su scala globale l’asserto: « Per instaurare un vero ordine economico mondiale, bisognerà rinunciare ai benefici esagerati, alle ambizioni nazionali, alla bramosia di dominazione politica, ai calcoli di natura militaristica e alle manovre tendenti a propagare e imporre ideologie. Vari sono i sistemi economici e sociali proposti; è desiderabile che gli esperti possano trovare in essi un fondamento comune per un sano commercio mondiale. Ciò sarà più facile se ciascuno, rinunciando ai propri pregiudizi, si dispone di buon grado a condurre un sincero dialogo ».[11]

Se l'economia e la finanza sono i nuovi cardini su cui si dipana la storia attuale, questo non meglio identificato  “sincero dialogo”  appare il nuovo idolo...

Ecco il germe dei riferimenti (vedi ripetuti Incontri di Assisi - e anche) ad una “pace” genericamente scaturente dalle buone volontà umane e non a quella accolta vissuta e diffusa dalla Persona dell'Unico Principe della Pace, nostro Signore Gesù Cristo. Discorsi generici come questo non servono a nessuno e, alla fine, traggono in inganno perché arrivano ad accogliere anche illusorie e aleatorie nonché ambigue speranze di pace, che senza il Signore nessuno è in grado di raggiungere, perché qualunque cosa possa scaturire unicamente da una iniziale “buona volontà” umana, se non fecondata da Cristo, prima o poi è destinata a degenerare. Si tratta della grande fiducia nell'uomo di Paolo VI: la religione dell'uomo. Discorso ampiamente sviluppato nel capitolo dedicato all' “antropocentrismo”. [in parte sviluppato qui] - [vedi anche]

Non possiamo continuare a confondere con la nostra Fede che è in una Persona, il Signore Gesù, l'umanesimo ateo, o quello diversamente credente. Esso, pur se pieno di buone intenzioni, resta ancorato nell'orizzonte materiale, a differenza di quello cristiano, teandrico, che porta in sé la Vita del Redentore!
________________________________________
1. Romano Amerio, Iota Unum, Lindau 2009, p.323-333
2. “tetico-ponente” è la struttura di posizione attribuita ai principi, dotati di un fondamento già posto, predefinito, di evidenza originaria, che guidano, indirizzano, orientano, mostrano, nell'alveo di un agire finalistico.
3. ibidem
4. ibidem
5. ibidem
6. ibidem
7. ibidem
8. Gv, Prologo, 1-17
9. Gaudium et Spes, 40
10.Gaudium et Spes, 92
11.Gaudium et Spes, 85

34 commenti:

mv ha detto...

capite allora qual è la grande trappola in cui sta cadendo mons. Fellay ?

questa:

mette sullo stesso piano i dialoganti; il che diventa un peccato contro la fede perché prescinde dal primato che ha la fede divina...

il dialogo al posto di
-evangelizzazione all'esterno
-docenza e apostolato incessante, coerente, FERMO e amorevole (>insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori) DENTRO LA CHIESA,
è diventato più che un dogma, un DIKTAT del potere modernista, al quale i papi stessi soggiacciono dall'inizio del cv2 in poi !
e il papa regnante non si sottrae a questa sudditanza, lo vedete ?
nel momento in cui afferma che il concilio21.mo è il testo-base per professare la Fede cattolica.
Questo diktat non potrà che soggiogare pesantissimamente la presunta azione pastorale "capillare" di mons. Fellay che già sta venendo a patti col regime, accettando in primis il dialogo ecumenico.
La realtà è lampante davanti ai nostri occhi, nuda e cruda, di questo DIKTAT CONCILIARE DEL DIALOGO che ha detronizzato la Verità e messo la Chiesa APOSTOLICA sotto i piedi dell'impero RELATIVISTA ...
ma molti -anche convinti tradizionalisti, sul web, nella FSSPX, anche qui e altrove- preferiscono mettersi la benda...e poi continuare a dire con Fellay "realismo, realismo"...!
e perdono di vista la realtà concreta di degenerazione continua, degrado totale della vera natura docente e apostolica della Chiesa: fingono di non vedere quella corruzione dottrinale e pratica, insidiosissima -perchè sottilmente plagiante (v. discorso di Burke) dalla quale dovrebbero diffidare per virtù di santa Prudenza.

I sacerdoti della FSSPX sono "chiamati" (e pian piano OBBLIGATI) a stare, nella grande ecclesia dialogante-ecumenica che promuove le PARI OPPORTUNITA' di tutti i dialoganti (eresia-menzogna=Verità) sullo stesso piano di tutti gli altri pastori docenti-dialoganti !

Anonimo ha detto...

Sono assolutamente convinta che né mons. Fellay né tutta la FSSPX si troverebbe in questa situazione. Del resto è ciò da cui rifugge chiunque ama la Tradizione e la Fraternità è chiamata ad essere all'interno quello che è, non altro... altrimenti Fellay non firmerebbe alcun accordo, questo è certo...

I sacerdoti della Fraternità, per grazia di Dio insegnano e santificano (con i sacramenti), non dialogano, se non nell'accezione giusta e sana e non forzosa di dialogo.

Anonimo ha detto...

molti -anche convinti tradizionalisti, sul web, nella FSSPX, anche qui e altrove- preferiscono mettersi la benda...e poi continuare a dire con Fellay "realismo, realismo"...!

Il "realismo" sta tutto nel comprendere che è impossibile che le cose si risolvano da sole e che Roma possa invertire una deriva arrivata a livelli di guardia e che quindi è assurdo condizionare un accordo ad una inversione di rotta di Roma. Questa inversione occorre imprimerla dal fronte non dalle retrovie. Sempre se il mio discernimento non fa difetto.

Questa è la mia visuale; ma sia fatta la Volontà del Padre!

Anonimo ha detto...

La ragione per cui posto articoli come questo, è che mi piacerebbe ne fossero ripresi degli spunti per riflettere insieme, approfondire, integrare e, se del caso, anche correggere...

Dante Pastorelli ha detto...

MIC, condivido tutto quel che hai scritto.
Il dialogo fine a se stesso è inutile, oltre che dannoso. Il dialogo teso a capire le altrui mentalità ed esigenze, comprenderne gli aneliti e gli errori, credo che non sia nocivo, ma propedeutico e cxomunun un coadiuvante per una buona evangelizzazione. Che in niente deve cedere della dottrina, ma che può esser esercitata in modi diversi richiesti dalle circostanze.
Davanti a chi si vuole evangelizzare è inutile andar con la faccia arcigna, ma è produttivo il volto dell'amore. Lefebve è stato un grande evangelizzatore, amato anche dagl'islamici, che evidentemente han saputo apprezzare anche il suo "stile".

Giampaolo ha detto...

Cara Mic,

questo è un punto cruciale della vulgata post-conciliare. Per molti versi è sia causa che effetto di quel che si è verificato tra il '62 e il '65.

Il dialogo, bene ricordarlo, nasce come strumento pedagogico nella filosofia platonica, dove, pur nella forma dell'ironia socratica, era chiaro chi fosse l'allievo e chi il maestro; non solo, era altresì evidente che il colloquio si poteva sviluppare solo smentendo la false tesi sull'oggetto del proprio discorrere, così che l'istanza assertiva e falsificatrice del dialogo fosse preminente. Praticamente tutto il contrario di quello cui oggi si assiste.

Ho sentito più volte il card. Scola asserire di preferire l'ars dialogica a quella dialettica, la prima inclusiva, la seconda esclusiva. E' proprio questo genere di "ecumenismo all'amatriciana" che credo vada stigmatizzato. E' assurdo, storicamente e concettualmente forviante pensare un dialogo non dialettico, richiama molto quella filosofia shellinghiana su cui a buon merito Hegel sentenziò che pareva simile a quella notte in cui tutte le vacche sono nere.

Oltre tutto occorre smentire un sofisma spesso ricorrente dietro questa caricatura del dialogo, quello per cui un discorso assertivo, e dunque esclusivo (dell'errore), sarebbe eo ipso intollerante. E' vero l'esatto contrario, è cioè il dialogo an-assertivo ad essere intollerante, ovvero a non tollerare la possibilità si possa conseguire una Verità limpida.

Il dialogo, per chiudere donde ho preso le mosse, o è ascensivo, o porta a verità superiori donde si riascuisisce l'unità che la dialettica ha scomposto, o è futile virtuosismo, o è aletico, o è sulfureo, tertium non datur.

Anonimo ha detto...

Il dialogo teso a capire le altrui mentalità ed esigenze, comprenderne gli aneliti e gli errori, credo che non sia nocivo, ma propedeutico e cxomunun un coadiuvante per una buona evangelizzazione.

Esatto! Il dialogo è propedeutico ed anche successivo per consentire la verifica e la dialettica necessari per le ulteriori tappe del percorso, avendo tuttavia ben presenti i ruoli, come sottolinea Giampaolo; ma non può sostituire l'insegnamento, che è autorevolmente (non autoritariamente) assertivo pur nel proporre, non propositivo o indicativo tout court.

Anonimo ha detto...

Il dialogo, per chiudere donde ho preso le mosse, o è ascensivo, o porta a verità superiori donde si riascuisisce l'unità che la dialettica ha scomposto, o è futile virtuosismo, o è aletico, o è sulfureo, tertium non datur.

La Chiesa, se non ritorna, cioè converte, il suo esser diventata dialogante nel tornare docente con l'insegnamento che le è proprio: aletico perché ha già in sé la verità (aletheia) ben distinta dall'opinione (doxa) e dall'errore, non può più dirsi "Mater et Magistra".

Anche il discorso ascensivo, nel senso di tendere sempre a verità superiori viene vanificato dalla banalizzazione, dall'orizzontalismo e dalla caduta del Sacro nella Liturgia che è specchio ed anche forma e quindi forgiante la lex credendi

Catholicus ha detto...

Dal concilio in poi la Chiesa non "confessa" più la Verità; è diventata esistenziale, relazionale e pastorale proprio perchè esclusivamente "dialogante".
E ha trasformato il peccato, che è contro Dio, in peccato contro la dignità dell'uomo diventata un assoluto perchè non più fondata sul fatto che l'uomo è ordinato a Dio.

I nostri interrogativi sono legittimi, tuttavia non dobbiamo allontanarci da Roma perchè rischia di cadere nell'eresia sia chi fa del concilio un super dogma che chi ne fa una super eresia.

it ha detto...

questo è un punto cruciale della vulgata post-conciliare.

No, non post-conciliare.
Io penso che è ora di aprire gli occhi e rendersi conto che
questo punto cruciale è nato NEL concilio 21.mo, nel momento stesso iniziale in cui il pontefice promotore ha detto
"Cerchiamo ciò che ci unisce".

Ma ancora moltissimi hanno paura di prendere atto di questa chiarissima e semplicissima realtà di concatenazione dei fatti; paura di una presa di coscienza inevitabile dei fatti storici -umilmente, accettando la realtà che è quella che è.
Mai un concilio e mai un papa avevano lanciato questo sistema del dialogo con tutti gli erranti con annessa rispettosa accettazione degli errori, dunque teso a "cercare solo ciò che ci unisce", credendo in tal modo di aver raggiunto una BONTA' o carità superiore a quella dei pastori e docenti di 19 secoli e mezzo precedenti di quelli che non avevano alcun timore a dire:
"Se qualcuno oserà contraddire il tal dogma ecc....sia anatema".

Il dialogo come presunta maggiore carità di chi non chiama più l'errore col nome di male o pericolo o peccato o eresia, DA CORREGGERE e allontanare dal Corpo Mistico, come fonte di malattia, ma solo "diversità da accettare".

(cfr. il detto "il mondo è bello perchè è vario": la Chiesa lo ha fatto suo nel senso di non più evangelizzare nè annunciare o riconfermare la Verità eterna e l'UNica Via ad essa che è sempre Cristo Signore. Assisi lo dimostra, specie Assisi3:
le diverse religioni sono dichiarate con apprezzamento -iuxta LG- diverse vie alla Verità, anzichè chiamate quali esse sono realmente, cioè errori o false religioni, o superstizioni, o aberrazioni e simulazioni sataniche del vero Dio.

Si crede alla "buonafede" dei miscredenti, quasi essi potessero arrivare alla salvezza di Cristo DA SE STESSI, senza che venga annunciato a loro il vero Dio Salvatore.

In nome dei diritti umani si (rin)negano i diritti di Dio, rivelatosi in Suo Figlio Cristo GEsù nella pienezza dei tempi.
Di qui la natura oggettivamente anti-cristica del dialogo ecumenico che accetta gli erranti senza correggerli !

Quello attuato in Assisi (1-2-3) in nome dell'ecumenismo conciliare è un vero rinnegamento di Gesù Cristo Nostro Salvatore, per rispetto dei diritti umani, cioè per il massimo valore che è il diritto all'ERRORE !
Questo è il succo della libertà religiosa, valore umano supremo, mai teorizzato dalla Chiesa fino al concilio V.II.
Impero del relativismo, avallato dai pastori supremi della Chiesa, da mezzo secolo a questa parte: satana ne gode moltissimo, perchè questo impero è secondo i suoi desideri fin dall'inizio dei tempi, persuadere l'uomo che non esiste una Verità assoluta ed eterna, a cui tutti debbano inchinarsi, conformarsi e seguirLa per avere la Vita.

Ognuno trova la sua verità, il suo dio personale: e il Vicario di Cristo, dal 1986 ad oggi
ad ognuno dice (2011):
"Tornate alle vostre diverse rispettabili vie-verità".

Anonimo ha detto...

I nostri interrogativi sono legittimi, tuttavia non dobbiamo allontanarci da Roma perchè rischia di cadere nell'eresia sia chi fa del concilio un super dogma che chi ne fa una super eresia.
Attenzione alla tentazione della "Terza Forza" (del mezzo tra due errori).

it ha detto...

non dobbiamo allontanarci da Roma....
....
ma
da QUALE Roma non dobbiamo allontanarci ?

-> dalla Roma eterna che afferma per bocca di papi come Pio XI -in modo INFALLIBILE, con la vera docenza autorevole e veritativa- che le false religioni sono sgradite a Dio e che le riunioni con esse sono ABOMINIO, da rigettare perchè avviano
all'apostasia ?

-> o dalla Roma conciliare ecumenista, -dialogante, NON apostolica- che afferma, attraverso gesti concreti e discorsi dei papi attuatori del cv2, che le riunioni Assisi1-2-3 sono cosa buona e giusta, perchè TUTTI devono essere liberi di professare TUTTE le false religioni -secondo vari documenti conciliari, specie LG e DH- e che la Chiesa non deve più annunciare Gesù Salvatore NE' AI PAGANI NE' AGLI EBREI ?

dica dunque Catholicus con chiarezza a quale "Roma" dobbiamo rimanere ancorati saldamente !

hpoirot ha detto...

E mentre la SPX deve passare il check-in tramite preamboli dottrinali, i novizi domenicani(!) polacchi se la spassano beati (e felici di essere dentro) danzando sulle canzoni filo-sataniche di Lady Gaga...

http://en.gloria.tv/?media=299635

faccio solo notare che dopo la pubblicazione delle 2 lettere galeotte alla Santa Sede ci sono volute meno di 48 ore per tuonare minacciando che "i 3 altri vescovi saranno ascoltati e guidicati separatamente"

Che non mi si venga a dire che la Chiesa Conciliare NON CONDANNA. LA Chiesa conciliare CONDANNA ECCOME ... ma solo la SPX.

Anonimo ha detto...

Rispondo agli ultimi post con queste parole di Padre Zoffoli e rinvio all'intero testo, ringraziando by Tripudio, che lo ha trascritto.

"Non scrivo un'apologia, ma una chiarificazione perché la Chiesa, per difendersi, ha bisogno soltanto di esser conosciuta e presentata al mondo e alla storia quale Gesù l'ha realmente pensata e istituita.
Tutto il resto che in qualsiasi modo la riguarda è irradiazione della sua vitalità e potenza redentrice, oppure difetto e tradimento di figli indegni, nei quali il mondo deve riconoscere e condannare soltanto se stesso."

Link al testo: Apologetica a rovescio di p. Enrico Zoffoli

Dante Pastorelli ha detto...

Ma son concetti che non li capisce chi non li vuol capire, e chi pensa che il Papa si trovi in esilio a Londra.

Gederson Falcometa ha detto...

Mic,


Vedendo il problema del dialogo da un altro punto di vista, abbiamo lo seguente problema: la virtù della prudenza, è la responsabile per la scelta del meglio mezzo per la trasmissione della fede, ma se si assolutizza il dialogo come unico mezzo di trasmissione al tempo presente, se elimina o se danneggia la virtu della prudenza. Quindi, almeno in linea di principio, il dialogo sembra una risposta al fatto che siamo ancora vescovi con buona dottrina, ma privo di prudenza (come ha recentemente detto Arnaldo Xavier da Silveira).

Un altro problema della Ecclesiam Suam, è l'esclusione della condannazione aprioristica, perché qui viene il problema della distinzione tra l'errore ed errante, come il magistero conciliare capisce, o sia la fa in assoluto separando l'errore dal errante. Ma in pratica i difensori dell'errore si riconoscono errante, anche se si combatta solo il errore, come nel caso di omosessualità in Brasile. Negli ultimi tempi stanno combattendo per limitare la predicazione contro l'omosessualità alle tempie religiose. Non è altro che un tentativo di porre fine alla condanna aprioristica dell'errore, che direttamente o indirettamente scivola sul quello che fa o difende l'errore. Soprattutto è una rivolta contro le sentenze metafisico e il tentativo di assolutizzare l'empirismo come unica misura del comportamento umano.

Un altro caso famoso qui in Brasile, è stato il caso in cui un artista ha realizzato una statua della Madonna in crackolandia a Sao Paulo e il nome l'immagine con il nome di Nostra Signora del crack. L'arcivescovo di San Paolo nello "spirito del dialogo", ha detto:

Un altro caso famoso qui in Brasile, è stato il caso in cui un artista ha realizzato una statua della Madonna in crackolandia a Sao Paulo e il nome l'immagine con il nome di Nostra Signora del crack. L'arcivescovo di San Paolo nello "spirito del dialogo", ha dichiarato: "Ho visto e mi è stato spostato. Il dramma dei tossicodipendenti non può lasciarci indifferenti. Sono umani, sono fratelli, sono figli di Dio. Nostra Signora di Crack, pregare per loro e anche per noi!

Anche i consumatori di droga sono stati più lucido che l'artista e l'arcivescovo di Sao Paulo:

"Credo che è ridicolo. A mio parere si tratta di un peccato senza dimensioni. Mettete un altro nome, Nostra Signora di Apa, prega per noi ", ha detto un utente.

"Chi ha fatto questo hasbagliato, non avrebbe dovuto fare, perché, non può coinvolgere, un santo con il crack, piaccia o no, è una santa della chiesa, qualcosa di Dio, allora dobbiamo rispettare", ha detto un altro utente.

"Dato che il crack non è buono, il crack non è di Dio è un santo è santo di Dio, é una buona cosa", ha detto un utente. Un vero sacrilegio con l'avallo ingenua del cardinale di S. Paolo, o quando il fabbro insegna il Padre Nostro non al vicario, ma al cardinale. http://fratresinunum.com/2011/07/25/um-verdadeiro-sacrilegio-com-o-ingenuo-endosso-do-cardeal-de-sao-paulo-ou-quando-o-serralheiro-ensina-o-padre-nosso-nao-ao-vigario-mas-ao-cardeal/

Per questi altri e che penso: se il dialogo non distrugge, al meno dannegia la virtù della prudenza.

Un altro problema è quando il errante ha la percezione di non essere possibile essere separato dal errore in quanto lo pratica e lo sostiene e il dialogante cattolica passa a fare la difesa della dignità dell1errante che l'errore che lui fa non la fa perdere...

Un saluto dal Brasile

Caterina63 ha detto...

Non so... faccio un pò il Bastian (o san Sebastian) contrario ^__^
provo a spiegarmi:

una certa corrente storica ecclesia afferma, e a mio parere a buona ragione, che il Concilio di Trento sia stato in verità l'ultimo Concilio dottrinale della Chiesa e che tutto ciò che vi era da definire è stato definito in quel Concilio, non ci sarebbero, stando alla Scrittura stessa, altre dottrine da definire, non sembra ci siano questioni dottrinali vincolanti in sospeso...

I Sette Sacramenti, l'etica, la morale,la Bibbia stessa... la Liturgia, i Riti la Messa... tutto è stato definito, vincolante e definito, da quell'ultimo Concilio dottrinale... cosa resta ora alla Chiesa? ;-)
naturalmente mettere in pratica, applicare quelle dottrine vincolanti... e per farlo, stando a certi ragionamenti odierni, era necessario un Concilio "pastorale"
^__^
con il quale non si sarebbe toccata la dottrina ma solo I MODI di gestirla, i modi di proporla, nuovi metodi di evangelizzazione...
(cfr testo di apertura giovanneo del Concilio)

L'idea di fondo è buona,era buona, ma come ben sappiamo qualcosa è andata storta...
e questo è un altro discorso!

Ordunque, era ovvio che il DIALOGO, salvaguardata la dottrina vincolante, era e sarebbe stata la prossima tappa ^__^
chi lo dice questo?
Io credo la storia stessa!
Il concetto di dialogo è stato sempre la punta di diamante della Chiesa: è la Chiesa che si è sempre PROPOSTA, è la Chiesa che ha sviluppato le DISPUTE, è la Chiesa che nel mandato ad evangelizzare ai missionari, ha sempre raccomandato insieme IL DIVENTARE AMICO dell'altro, del prossimo, far guadagnare la fiducia... ^__^
è ovvio che per far guadagnare la fiducia tu devi PARLARE, dialogare, può in fondo LA VERITA' (Dio Persona) temere il dialogo?

E' ovvio che in tutto ciò deve esserci alla base la dottrina la quale NON può far parte del DIALOGO.... è questo che si deve discutere e non sul dialogo in sè...
Il Sacerdote infatti NON è mandato a DIALOGARE ma ad evangelizzare e santificare... il problema è che, a mio parere, si è dissociato IL MANDATO dal dialogo...


Chi deve dialogare? e come deve essere questo dialogo? siamo in una società multiculturale come lo era la Chiesa nei primi tempi con san Paolo ;-) egli ci insegna come si dialogava e come si evangelizzava... san Paolo dialogava ma sempre evangelizzando....
nel momento in cui si sono storpiate le dottrine, si è storpiato anche il significato del dialogare cattolicamente.... cristianamente, aggiungendo ancora confusione su confusione.

L'autentico realismo la FSSPX lo sta dimostrando e al di là di come finirà la vicenda, resta reale l'avvicinamento che in quel DIALOGO fruttuoso è stato possibile realizzare, così come il dialogo con i gruppi anglicani, hanno condotto molti di loro a rientrare nella Chiesa.... così è lo stesso Benedetto XVI che sottolinea che il dialogo deve avere come fine ultimo il ritorno alla Chiesa... un dialogo che non conducesse a questo, resterebbe solo un utopico tentativo... sta a noi fare sano discernimento, al momento il Papa ce la sta mettendo tutta
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Dante Pastorelli ha detto...

Gederson, la dignità la perdiamo tutti quando pecchiamo. Se non ci fosse il dialogo con una persona che ci comprende, compatisce e ci avvicina a Dio, saremmo l'errante-errore.
Lasciamo che sia il Signore a giudicare.

Gederson Falcometa ha detto...

"Lasciamo che sia il Signore a giudicare".

Dante,

Il Signore ha dato potere per gli apostoli per perdonare o ritenere i pecati. Non parlo per noi laici, ma per eclesiastici. Il rifiuto del sacramento della penitenza, in un certo senso scivola per questa linea di pensiero: solo Dio può giudicare i pecatti, così, gli uomini anche se sacerdotti, non lo può perdonare.

Il rapporto dell'"errore e dell' errante" ce una dimensione interna ed esterna, in modo che San Roberto Bellarmino ha fatto la distinzione tra eretico interno ed eretico esterno. Tuttavia, giudicamo dalle cose esteriori, ma le cose interne, come dice il proverbio, nè la Chiesa può giudicare. Il problema è la perdita di questa distinzione, dove non se giudica più le cose esterne.

Per me il dialogo se non distrugge, dannegia la virtù della prudenza. Guarda quello che San Gregoria scrive in sua "Regolla pastorale":

Il Pastore d'anime dev'essere discreto nel tacere e utile nel parlare, perché non riveli ciò che deve essere taciuto, o abbia a tacere ciò che sarebbe stato bene dire apertamente.
Come, infatti, un discorso fuori posto può indurre in errore, allo stesso modo un silenzio inspiegabile può lasciare nell'errore quelli che dovevano essere illuminati.
Spesso, per timore di perdere il favore popolare, Pastori superficiali temono di dire con franchezza quello che è giusto debba essere detto.
Il Vangelo ne parla come di Pastori, ai quali manca la volontà di custodire il gregge, ma lo servono con animo di mercenari.
Pastori che, se viene il lupo, fuggono a trovare, nel silenzio, il loro nascondiglio.
« Cani muti che non sanno latrare » (1)http://pascendidominicigregis.blogspot.com.br/2012/06/il-pastore-danime-devessere-discreto.html

Il dialogo impede il grido che gli pastore devvono dare davanti il luppo...

Anonimo ha detto...

Il Pastore d'anime dev'essere discreto nel tacere e utile nel parlare, perché non riveli ciò che deve essere taciuto, o abbia a tacere ciò che sarebbe stato bene dire apertamente.

Il dialogo, come dice Dante è nel momento della misericordia, quando l'errante ha bisogno di essere ascoltato, capito ma anche corretto, e qui subentra l'autorevolezza dell'insegnamento amorevole ma fermo che impedisce che accada, come afferma Gederson, che Il dialogo impedisce il grido che il pastore deve dare davanti al lupo...; il che si evita solo identificando l'errore e correggendolo.

Vorrei aggiungere che il rifiuto della penitenza non è univoco così come lo presenta Gederson; ma certamente nella Chiesa la forza e l'esatta percezione di questo sacramento è diminuita in corrispondenza della diluizione progressiva o della deformazione del senso del peccato e anche di quella del sacerdozio ministeriale.

jn ha detto...

Come, infatti, un discorso fuori posto può indurre in errore, allo stesso modo un silenzio inspiegabile può lasciare nell'errore quelli che dovevano essere illuminati.
Spesso, per timore di perdere il favore popolare, Pastori superficiali temono di dire con franchezza quello che è giusto debba essere detto.

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bravo Gederson. Grazie di aver ricordato queste verità importantissime.
Siamo costretti a subire questo disastro del silenzio che uccide la verità e manda le pecore allo sbando di mille direzioni, prati avvelenati e burroni di perdizione; se i pastori -e anche il pastore supremo- non guidano più con chiarezza e fermezza SOLO per il retto sentiero, ma permettono di seguire cento e più strade (dicendo che TUTTE LE strade sono buone per trovare la Verità) le pecore, da tempo ormai sono abituate a pensare che non c'è distinzione tra bene e male, e che il peccato era un'invenzione esagerata (troppo severa, da fanatici e integralisti medioevali) idea fissa troppo rigorosa del clero antico, pre-conciliare, quando i cattolici erano bambini, secondo il neo-cattolico conciliarizzato, e prendevano troppo sul serio i 10 comandamenti !
Via, siamo buoni: oggi è necessaria un po' di elasticità....il rigore andava bene per i Santi, quelli sì erano abituati ai sacrifici, al RINNEGAMENTO DI Sè (ma che parole terrificanti, oscurantiste...da veri integralisti privi di carità...vero? guai a pronunciarle oggi, specie la "mortificazione o crocifissione della carne, cioè dell'io con le sue concupiscenze, materiali e spirituali....ti dichiarano nemico dell'umanità, perchè Gesù è buono, mite e comprensivo e noi chi siamo, farisei che giudichiamo sul bene e sul male delle nostre o altrui azioni ? basta, lasciate fare noi e ognuno come crede: al bando ogni severità, purifichiamo anche il Vangelo delle parole e ammonimenti troppo forti, il nostro stomaco oggi è delicato...)

Oggi, si dice, i cattolici sono adulti e si auto-determinano su ogni azione da compiere, non hanno più bisogno di padri e pastori ILLUMINATI che li portino sul sentiero della Vita, prevenendo i loro passi dai burroni: ognuno si fa la regola morale che vuole, dichiarandosi sempre cattolico.
Ognuno la la SUA VIA, la sua verità e la sua personale esperienza che lo salva (meglio: lo "realizza"?)
Ognuno dice: "Ciò che è bene per te è male per me e viceversa. Ogni strada va bene, ognuno rende conto alla propria coscienza...Non giudicare se non vuoi essere giudicato" e frasi simili.
Così abbiamo perso la capacità e il dovere di distinguere il bene dal male. Se un figlio si comporta male no, non bisogna dirglielo, guai ad ammonirlo...lasciate che faccia la sua esperienza, anche i confessori parlano così.
L'esperienza conta più di ogni altro valore. Tanto alla fine Dio perdona tutti, quindi non c'è problema.
A questo punto chiederei a tutti i cattolici adulti e buonisti di oggi in primis ai sacerdoti: per voi che cos'è il peccato ?
quale importanza ha per Nostro Signore ? Lui forse si è adeguato al mondo moderno, deve sorvolare su tanti peccati, non sarà "fiscale"... CI AMA COSI' COME SIAMO, senza che cambiamo comportamenti, nè strade malvage, tutte le esperienze portano a Lui..... tanto "siamo tutti ragaazzi" e dovrà aver solo pazienza con noi che cresceremo quando vorremo ? è cambiato l'insegnamento riguardo alla gravità del peccato mortale, (ai Novissimi)? dobbiamo pensare che oggi è ridicola quella distinzione tra mortali e veniali, visto che siamo tutti salvi qualunque vita conduciamo, qualunque sia la
direzione, Nord, Sud o altro ? tanto sicuramente saremo portati tutti in Paradiso senza alcuna lotta contro i vizi, e senza acquisire alcun merito con le nostre decisioni di diversa direzione, e allora no problem.....Dio solo giudicherà, continuiamo pure tutte le strade che ci piacciono, si sa che siamo fallibili, è umano errare !
.....

jn ha detto...

Da mezzo secolo, caro Gederson,

subiamo questo silenzio dei PASTORI negligenti, circa il bene e il male, il vero e il falso, perchè ci fu detto 50 anni orsono: "Basta col rigore...cerchiamo solo ciò che ci unisce!" (e di conseguenza non distinguiamo più con severità il bene dal male, accettiamo tutti i diversi modi di sentire e sperimentare e pregare/incontrare Dio, ognuno A MODO SUO E DIO ACCETTA TUTTI, approva tutti senza respingere nessuno, essendo Buono e compassionevole: per andare a Lui tutti i modi sono buoni, anche quelli blasfemi, vedi i canti e balli profani in chiesa); ed essi comunque ne dovranno render conto a Dio, di aver lasciato il gregge in balia dei lupi, briganti e burroni (qualcuno li avvisi se può che c'è la Giustizia Divina, e a Dio "non la si fa").
Tutto è relativo, cerchiamo ciò che unisce tutti, ciò che conta è accogliere i diversi, peccatori impenitenti o santi non importa, non c'è differenza: siamo tutti uguali, tutti buoni, tutti salvi a-priori (prima di agire o pensare) GIA' salvati dall'anno 33 e quindi nessuno deve fare ammonimenti, avvisi o rimproveri, nè a se stesso nè agli altri.
Tutto è vero, tutto è falso, tutto è opinabile.
Comunque TUTTI CI SALVIAMO, dovunque ci troviamo a camminare spiritualmente. Questa è la convinzione diffusa oggi nel popolo cattolico, che va sotto il nome di "fede" ; cfr.: Abbi fede ! Dio è buono, ti ama e ti ha salvato! ha vinto la morte per te. non temere nulla, non hai alcun motivo di timore....gioisci, vivi, AMA E FA' QUEL CHE VUOI!
Ma allora nessuno è colpevole o responsabile di ciò che fa e di tutto ciò che accade. E le colpe dei mali che vediamo, di chi sono ? non si sa: certo l'uomo è innocente di tutto, perchè è buono per natura. Il male sta FUORI di lui, non certo dentro di lui, come insegnava la Chiesa fino al concilio !
Dunque a che serve la Grazia, se la natura umana è buona e lo porta sicuramente alla buona strada ?
Non si capisce più nè la necessità del perdono divino, della Grazia santificante, nè che cosa siano l'"espiazione" e il pentimento, o la conversione, e proponimento di non più commettere i peccati: parole divenute ormai fuori moda.
Non ci credete ? un confessore è rimasto sconcertato, senza parole, quando gli ho ricordato queste antiche condizioni per una buona confessione, che le nuove generazioni non sanno perchè i preti non le insegnano più.
Infatti la confessione è diventata un colloquio, conversazione amichevole, a volte di tipo seduta psicanalitica, e a molti va bene così (entrano spesso in un terreno di confusione tra colloquio personale-psicologico e Sacramento della Confessione che una volta richiedeva la semplice e umile "accusa dei peccati" + le altre 4 condizioni....cose d'altri tempi: oggi il sacerdote gareggia con lo psicanalista o con gli assistenti sociali dei consultori....o ditemi se si percepisce ancora la differenza)...
Per questo nessun sacerdote ha più il coraggio della Verità, di dire che esistono l'Inferno e il Paradiso, e di come sia possibile andare nell'una o nell'altra direzione. Danno per scontato che nessuno vada all'inferno (o forse ci vanno solo i sedevacantisti, chissà, quelli non saranno perdonati: ma in parrocchia in tanti anni di omelie nessuno ha mai nominato neppure questo "moderno" peccato, che solo da alcuni anni sul web ho appreso esistere, ....dunque tante gravi OMISSIONI, omissioni d'atti dovuti nell'incarico di pastori, si direbbe, e come si spiega?)
.......
(dovremmo verificare, se potessimo, quante anime ha guarito dai peccati gravi o vizi letali dell'anima la "medicina della misericordia", cioè quella che non avvisa mai del pericolo di dannarsi l'anima, nè mostra la naturale INCLINAZIONE al male dell'uomo, causata dal peccato originale (v. S. Paolo) nè mai illustra la reale gravità del nostro peccato -empietà, altra parola desueta- nei confronti di Dio.....)

Gederson Falcometa ha detto...

Mic,

È preciso fare la distinzione tra morale e dogma: con il pecattore se può dialogare (ma questo non è il unico mezzo nel atteggiamento con lui), ma il eretico se deve combattere. Inoltre non voleva dire che il rifiuto del sacramento della penitenza è univoco, ma che il dialogo, non se presenta nel senso di portare l'errante al pentimento, una volta che l'errante ce una dignità aprioristica, che non sappiamo che cosa sia.

Il dialogo non può sostituire la prudenza nel atteggiamento con gli errante, perchè è lei che fa la scelta per il migliore mezzo.
Ho visto il film della vita del Padre Pio, non me sembra che lui ha utilizatto il dialogo come mezzo di conversione dei pecattore. In questo senso, se deve leggere i Padri del deserto. L'Abate Doroteo di Gaza, considera il dialogo solo come un alimento della curiosità dell'errante, come se può leggere:

"...E, proprio perché essa sostiene che, volendo correggere se stesso, a volte agisce con sospetto e curiosità con la seguente motivazione: "Se qualcuno non è d'accordo con me e lo sento, facendo così [parlando sull'argomento] mi daró conta di mio errore per quale mi accusa e io correggere. "L'abate condanna direttamente coloro che pensano così, e si lo considera guidato dal demonio. Se, infatti, vuole correggere se stesso, di pentirsi quando si indica l'errore, e che non aumenta e quindi giustificare la sua curiosità".

Un saluto dal Brasile

Dante Pastorelli ha detto...

L'importante è non gridare per far paura alle pecore, soprattutto se deboli, malconce e paurose.
Queste van trattate con amore, perché Cristo è venuto per i peccatori tra cui ci siamo noi che spesso sbraitiamo come se fossimo innocenti come angeli.
Ai lupi, non l'ho mai mandato a dir dietro, si riservano i colpi di bastone. E spesso ho scritto che il Papa dovrebbe tirar colpi di pastorale in gtesta a vescovi e cardinali. Non fatemi dire, per amor del cielo, quel che io non ho detto, mai!

Quanto alla predicazione delle verità di fede, ho sempre sottolineato la necessità di una nuova catechesi che riporti i fedeli a conoscere le principali verità, fra cui anche la realtà del peccato, la necessità del riscatto pena la dannazione.
E devo dire che da qualche tempo alcuni sacerdoti cominciano a parlarne, anche nelle omelie. La maggior parte, purtroppo, s'è adagiata nella visione sociale del peccato o nella sua ininfluenza sulla salvezza, perché Gesù è amore e non può non salvare tutti.
Anche su questo ho scritto parecchio.

Anonimo ha detto...

Ho visto il film della vita del Padre Pio, non me sembra che lui ha utilizatto il dialogo come mezzo di conversione dei pecattore. In questo senso, se deve leggere i Padri del deserto. L'Abate Doroteo di Gaza, considera il dialogo solo come un alimento della curiosità dell'errante, come se può leggere:

Non è detto che P. Pio avesse lo stesso atteggiamento con TUTTI i peccatori. Egli aveva il dono del "discernimento degli spiriti" e sapeva quale fosse il comportamento da tenere. Credo che la sua severità fosse riservata a coloro che sapeva avessero bisogno della 'frusta'!

Non c'è un atteggiamento uguale per tutti. La condanna è per l'errore e per l'errante che non vuole correggersi, non per l'errante prima di averne tentato la correzione...
E la stessa condanna delle persone, che implica un giudizio sul 'foro interno', riguarda solo Dio che è l'unico a conoscere davvero il cuore di ogni uomo.

Gederson Falcometa ha detto...

"Non è detto che P. Pio avesse lo stesso atteggiamento con TUTTI i peccatori. Egli aveva il dono del "discernimento degli spiriti" e sapeva quale fosse il comportamento da tenere. Credo che la sua severità fosse riservata a coloro che sapeva avessero bisogno della 'frusta'!

Mic,

Ho detto quello che ho guardato nel filme dove non se osserva Padre Pio facendo dialogo con pecattori. Anche i Padri del deserto non consigliano il dialogo nel atteggiamento con gli erranti. Ma sembra che per voi, il unico attegiamento valido nel tratto con i pecattori sia il dialogo.

Dante compresi che i pastori non devono gridare per non facere paura alle pecore. Ma nella analogia fatta per San Gregorio Magno, i cani quando guardano i luppi latrano per dispertare la paura della pecore, come in tentazione della carne sia gli apostoli, Padre della Chiesa o scolatici, consigliano di fuggire per paura: il temore di Dio è il principio del sapere.

Gederson Falcometa ha detto...

Ester,

Grazie per i vostri pensieri. Avete email?

Un saluto dal Brasile

Anonimo ha detto...

Caro Gederson,

bisogna intendersi su cosa intendiamo per dialogo che è uno degli elementi-chiave della comunicazione: è il discorso-attraverso il quale ci si comprende e si comunica.

La mia non totale preclusione al dialogo, che mi pare coincida con la visuale di Dante, deriva dal fatto che lo vedo come componente propedeutica (e successiva, fatta di domande-risposte chiarimenti-approfondimenti) di quello che, invece, è il momento IRRINUNCIABILE dell'insegnamento e dell'annuncio, funzione primaria della Chiesa (Munus docendi, insieme agli altri due Regendi e Sanctificandi)... Non a caso il "triplice munus" è proprio del Sacerdozio ministeriale...

Il problema attuale, nella Chiesa, è che si fa confusione tra dialogo e insegnamento e, soprattutto non sono nemmeno più definiti i ruoli.

Anonimo ha detto...

i pastori non devono gridare per non facere paura alle pecore

Questo è un altro aspetto, è la crisi dell'autorità, che coincide con la crisi del ruolo paterno indotta da un malinteso senso di emancipazione dall'autoritarismo.

Ma un conto è la rigidità dell'autoritarismo, un conto è il rigore sano e sanante dell'autorevolezza che si impone da sola in chi 'mostra' la Verità e la trasmette mostrandola e vivendola...

Gederson Falcometa ha detto...

"bisogna intendersi su cosa intendiamo per dialogo che è uno degli elementi-chiave della comunicazione: è il discorso-attraverso il quale ci si comprende e si comunica".

Mic,

Si, Bernanos capice l'ottimismo come un ersatz della speranza, ma oggi l'ottimismo è come la propria speranza. Lo stesso accade di modo simile con il dialogo, non ce nessuno attegiamento dove il dialogo no se fa presente, il problema è quello di mettere l'accento sul dialogo, come se mette sull'ottimismo, dove la virtù della speranza scompari. Ho letto varie documenti pre-conciliare, non me ricordo di leggere in nessuno l'accento nel dialogo, perchè se capice come un presupposto della propria comunicazione.

Guarda quelo che dice San Pio X nella enciclica "E supremi apostolatus":

13. Ora, affinché dal dovere e dall’impegno dell’insegnamento si traggano i frutti sperati e in tutti “si formi Cristo”, si imprima con forza nella memoria, Venerabili Fratelli, la convinzione che nulla è più efficace della carità. Infatti “il Signore non si trova in una emozione” [36]. Invano si spera di attrarre le anime a Dio con uno zelo troppo aspro; ché anzi rinfacciare troppo severamente gli errori, biasimare con troppa foga i vizi, procura spesso più danno che utile. L’Apostolo pertanto rivolgeva a Timoteo questo monito: “Ammonisci, rimprovera, esorta”, ma tuttavia aggiungeva: “con molta pazienza” [37]. Invero, Cristo ci ha offerto esempi di tal genere. Leggiamo infatti che Egli si è così espresso: “Venite, venite a me, voi tutti che siete infermi ed oppressi, ed Io vi ristorerò” [38]. Gli infermi e gli oppressi non erano altri, per Lui, che gli schiavi del peccato e dell’errore. Quanta mansuetudine in quel divino Maestro! Quale soavità, quale compassione verso tutti gli infelici! Con queste parole Isaia descrisse il suo cuore: “Posi il mio spirito sopra di lui; ... non alzerà la voce; ... non spezzerà la canna già scossa, e non spegnerà il tessuto che fumiga” [39]. La carità, dunque, “paziente” e “benigna” [40] dovrà essere esercitata anche verso coloro che sono a noi ostili o che ci perseguitano. “Siamo maledetti e benediciamo; — così Paolo diceva di se stesso — siamo perseguitati e sopportiamo; siamo calunniati e noi preghiamo” [41]. Forse sembrano peggiori di quello che sono. Infatti, la consuetudine con gli altri, i pregiudizi, i consigli e gli esempi altrui, e infine un malinteso rispetto umano li hanno sospinti nel partito degli empi, ma la loro volontà non è così depravata come essi stessi cercano di far credere. Perché dunque non sperare che la fiamma della carità cristiana possa fugare le tenebre dagli animi e contemporaneamente recare la luce e la pace di Dio? Talora sarà forse tardivo il frutto della nostra missione; ma la carità non si stanca mai di soccorrere, memore che Dio non assegna ricompense per i frutti delle fatiche ma per la volontà con la quale ci si impegna.

Gederson Falcometa ha detto...

Questo è un altro aspetto, è la crisi dell'autorità, che coincide con la crisi del ruolo paterno indotta da un malinteso senso di emancipazione dall'autoritarismo.

Mic,

Per me in una gregge quando un cane usci a latrare, lui fa allarme alle pecore, ma anche al Pastore. Le pecore che sono più prossima dei luppi se il cane non usci a latrare (per non fare paura alle pecore), vanno essere uccise dalle luppi, per omissione del cane. Per questo San Gregorio cita il profeta Isaia dicendo che perjorativo « Cani muti che non sanno latrare »


"Il problema attuale, nella Chiesa, è che si fa confusione tra dialogo e insegnamento e, soprattutto non sono nemmeno più definiti i ruoli".


Ce questo problema, ma come tu ha detto prima:

"Non c'è un atteggiamento uguale per tutti. La condanna è per l'errore e per l'errante che non vuole correggersi, non per l'errante prima di averne tentato la correzione..."

Concordo, ma Paolo VI vuole fare il dialogo un attegiamento uguale per tutti e dannegia o distrugge la virtù della prudenza, dai laici ai vescovi. Perche in questo caso se deve fare una considerazione da situazione concretta, questo è negare la realità.

Dante Pastorelli ha detto...

A proposito di P.Pio, ha ragione MIC: i suoi comporamenti erano diversi a seconda delle persone.
Un volta andò da lui la grande attrice di cinema e teatro Lea Padovani per chiedere un miracolo: la guarigione del suo amante.
P. Pio l'accolse con amore e le disse: se tu rinunci a lui, guarirà.
E l'attrice si allontanò dal suo uomo, andando anche all'estero a recitare in teatro, ad es. a Londra. L'uomo guarì.

Dante Pastorelli ha detto...

Se ci si deve guardare dal facile ottimismo, bisogna anche rifuggire dal pessimismo che gronda da molte di queste pagine e ch'è negazione della speranza cristiana e della certezza che Cristo trionferà, prima o poi.

Anonimo ha detto...

Son d'accordo con Dante,
ogni nostra denuncia è fatta per guardarsi dall'errore; ma è fondata sulla fiducia e sulla certezza che il Signore ha già salvato e continuamente salva la Sua Chiesa!