MiL propone una riflessione del Prof. Enzo Fagiolo su giovani e tradizione [qui]. La riprendo perché condivisibile e da diffondere, in controdentenza con una temperie che tiene in apnea la spiritualità tradizionale.
Il papa, dichiarò mons. Graubner alla Radio Vaticana, come un recente articolo su ‘La Stampa’ [qui] ha ricordato, informato dai vescovi della repubblica ceska della crescente attenzione dei giovani per la liturgia tradizionale, ritiene sia comprensibile solo se prestata da parte delle vecchie generazioni per natura passatiste, altrimenti, una ‘moda’ transeunte [qui]. Giudizio identico a quello di tanta gerarchia che vuole ignorare quella riflessione critica, che le nuove generazioni, in tutti i campi, come sa chi è con loro tanti anni, hanno avviato sul fenomeno ‘sessantotto’ che ha strumentalizzato le giuste aspirazioni dei giovani tentando di annullare quel patrimonio di valori, anche religiosi, su cui si fondava la loro vera libertà.
La pedagogia di molti sacerdoti, catechisti e ‘movimenti’, dal Concilio in poi, è stata fondata sulla critica astiosa alla tradizione della Chiesa che ha fatto propria, anticipandone l’applicazione, l’ideologia della ‘rivoluzione culturale’ marcusiana e maoista, sfociata nel ‘regime assembleare’, applicato anche alla riforma liturgica, i cui inventori hanno imposto anche le ‘mode’, a cominciare da Bugnini che organizzava nelle chiese di Roma le Messe rock, a manomettere presbiteri, a sostituire il vero canto che proclama il testo sacro con il ‘chitarrista liturgico’ e a volere i luoghi di culto come autorimesse e supermercati, definiti dal card. Ravasi “capolavori di orrore”, i quali danno ai quartieri delle periferie un angosciante aspetto di scristianizzazione. I giovani sono stati formati per essere strumenti di quella ideologia, la quale incentiva i loro comportamenti ludici imposti dal consumismo, rinunciando ad una educazione religiosa fondata sul vero e sul buono. Ricordo un parroco marista (?!) romano, il quale alla domanda di alcuni ragazzi della prima comunione su come utilizzare un rosario che era stato loro regalato per l’occasione, rispose: “ datelo alla vostra nonna, quando non ha niente da fare se vuole lo userà “.
Papa Benedetto XVI, vero maestro di giovani perché con essi ha vissuto in comunione spirituale nello studio, ha notato il loro interesse per la liturgia tradizionale facendone un motivo importante del suo Motu proprio. P. Nuara ha intitolato il suo movimento ‘Giovani e tradizione’. E sono soprattutto i giovani che contestano una riforma liturgica, fonte di deviazioni dottrinali, di cosiddetti abusi etc, la quale doveva essere“ rapida e radicale” (chiaro?), come un certo p. Falsini, della commissione postconciliare, affermò in un’intervista, pubblicata su ‘ Toscana oggi’ del 2007, condita di insulti a papa Benedetto per un Motu proprio “incomprensibile”. Le critiche dei cardinali Ratzinger, Biffi, Arinze, Antonelli e Stickller e tanti altri esimi studiosi laici, paradossalmente anche indifferenti alla fede, verso una liturgia creativa e arbitraria, furono e sono ignorate dalla maggior parte della gerarchia faziosa e/o adeguata. Il card. Burke ha scritto: “Il senso euforico postconciliare di costruire una Chiesa nuova… favoriva un atteggiamento perfino di ostilità verso la disciplina perenne della Chiesa… negligenze ed abusi nella celebrazione della divina liturgia, nella formazione dei sacerdoti e consacrati, nell’organizzazione della catechesi e scuole cattoliche”, e l’insigne gregorianista benedettino p. Baroffio: “E’ stato un vero colpo di mano di chi ha finito per essere il più forte, abbagliato dal populismo e da uno scarso senso pastorale”.
I novatori, ‘ ispirati’: “ come se il divino Paraclito fosse a loro disposizione”, come lamentò perfino Paolo VI, riconoscibili dai loro frutti, si sottraggono ad una valutazione critica di quanto è avvenuto nella Chiesa nell’ ultimo mezzo secolo e tentano di giustificare il proprio operato, anche con rozze punizioni a seminaristi e giovani sacerdoti (vedi la triste vicenda dei Francescani dell’Immacolata), che si avvicinano alla liturgia tradizionale per apprenderla almeno in proprio. Una minoranza di preti fanatici allevati nel post-Concilio, divenuti ‘qualcuno’, prima ha insultato i confratelli più anziani perché legati alla tradizione, obbligandoli alle novità e, poi, iniziato a perseguitare quelli più giovani che vogliono conoscerla. Vi sono dei sacerdoti restii alle richieste di seminaristi e neo sacerdoti di servire la Messa tradizionale, per non creare loro dei problemi con i superiori.
Molti giovani, aspiranti o meno al sacerdozio, provengono da studi universitari e avendo maturato un’autonomia di giudizio, non possono non criticare l’impoverimento e la dottrina superficiale ed equivoca che si propina loro e il disprezzo di quei mezzi di evangelizzazione che la Chiesa, con successo, ha utilizzato per millenni e che esaltano, secondo una antropologia fondata sulla fede, i doni che il Creatore ha dato all’uomo e che solo a Sua gloria devono tornare. Essi, non accettano più, anche sulla guida di testimonianze e di studi seri e documentati, il pretesto che il novus ordo missae sia stato previsto dalla costituzione Sacrosantum concilium. La gerarchia, sempre più in difficoltà, cerchi di imparare da questi giovani che sono tra i migliori, come Tommaso, il quale, nel suo sermone Puer Jesus, ha scritto: “nessuno può crescere così bene in sapienza come quando partecipa agli altri ciò che sa ed, inoltre, da ragione su ciò che sa”.
4 commenti:
Vi segnalo un articolo del Prof. De Mattei che, dopo aver detto che oggi "si pretende di sostituire l’ortodossia con l’“ortoprassi” e dopo aver riportato la definizione dell`ortodossia secondo la rivista "Concilium", a partire dall` ormai famosa frase di papa Bergoglio sull’omosessualità: “chi sono io per giudicare”, e cioè “una violenza metafisica” che "viene utilizzata come punto di riferimento per soffocare la libertà di pensiero e come arma per sorvegliare e punire” (!) fa il punto sul cosidetto" cripto-lefebvrismo":
http://www.corrispondenzaromana.it/christianus-mihi-nomen-est-catholicus-cognomen/
sostituire l’ortodossia con l’“ortoprassi” ?
mah...io direi "con l'eteroprassi", visti i fatti incalzanti!
Io direi piuttosto che l'Ortoprassi dovrebbe intendersi (con il discernimento degli spiriti, dono dello Spirito Santo), come Ortofollia pura, demenziale addirittura, e che la rivista Concilium (che non leggo mai) è senza dubbio peggiore di Famiglia Cristiana e di Avvenire che, come diceva bene Celentano, andrebbero chiuse. Ma ormai Satana dilaga dentro quella che fu la Chiesa Cattolica di San Pio X e di Pio XII: si salvi chi può! Libera nos a malo Domine !
Ringrazio di cuore il prof. Roberto De Mattei che, con il suo articolo apparso oggi su Corrispondenza Romana, mi ha dato occasione di confermare il mio nickname nel modo seguente:
Christianus mihi nomen est, catholicus cognomen
Grazie di cuore, caro De Mattei, anche se questi dati anagrafici ci potrebbero costar cari, sia in abito clericale che civile. Ma tant'è, bisogna obbbedire a Dio piuttosto che agli uomini, anche se in tonaca (pardon, oggi non più). Deo Gratias !
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