Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 13 settembre 2020

«Torniamo con gioia all’Eucaristia!» Lettera ai presidenti delle Conferenze episcopali sulla celebrazione della liturgia durante e dopo la pandemia del covid-19

La Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti ha inviato ai presidenti delle Conferenze episcopali una lettera — diffusa nella mattina di sabato 12 settembre — sulla celebrazione della liturgia durante e dopo la pandemia del covid-19. Ne pubblichiamo di seguito il testo italiano.
Importante perché ribadisce alcuni principi e suggerisce linee di azione, ricordando che "Le norme liturgiche non sono materia sulla quale possono legiferare le autorità civili, ma soltanto le competenti autorità ecclesiastiche (cfr. Sacrosanctum Concilium, 22)"

«Torniamo con gioia all’Eucaristia!» - Lettera ai presidenti delle Conferenze episcopali sulla celebrazione della liturgia durante e dopo la pandemia del covid-19

La pandemia dovuta al virus Covid 19 ha prodotto stravolgimenti non solo nelle dinamiche sociali, familiari, economiche, formative e lavorative, ma anche nella vita della comunità cristiana, compresa la dimensione liturgica. Per togliere spazio di replicazione al virus è stato necessario un rigido distanziamento sociale, che ha avuto ripercussione su un tratto fondamentale della vita cristiana: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18, 20); «Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune» (At 2, 42-44). 
La dimensione comunitaria ha un significato teologico: Dio è relazione di Persone nella Trinità Santissima; crea l’uomo nella complementarietà relazionale tra maschio e femmina perché «non è bene che l’uomo sia solo» (Gn 2, 18), si pone in rapporto con l’uomo e la donna e li chiama a loro volta alla relazione con Lui: come bene intuì sant’Agostino, il nostro cuore è inquieto finché non trova Dio e non riposa in Lui (cfr. Confessioni, I, 1). Il Signore Gesù iniziò il suo ministero pubblico chiamando a sé un gruppo di discepoli perché condividessero con lui la vita e l’annuncio del Regno; da questo piccolo gregge nasce la Chiesa. Per descrivere la vita eterna la Scrittura usa l’immagine di una città: la Gerusalemme del cielo (cfr. Ap 21); una città è una comunità di persone che condividono valori, realtà umane e spirituali fondamentali, luoghi, tempi e attività organizzate e che concorrono alla costruzione del bene comune. Mentre i pagani costruivano templi dedicati alla sola divinità, ai quali le persone non avevano accesso, i cristiani, appena godettero della libertà di culto, subito edificarono luoghi che fossero domus Dei et domus ecclesiae, dove i fedeli potessero riconoscersi come comunità di Dio, popolo convocato per il culto e costituito in assemblea santa. Dio quindi può proclamare: «Io sono il tuo Dio, tu sarai il mio popolo» (cfr. Es 6, 7; Dt 14, 2). Il Signore si mantiene fedele alla sua Alleanza (cfr. Dt 7, 9) e Israele diventa per ciò stesso Dimora di Dio, luogo santo della sua presenza nel mondo (cfr. Es 29, 45; Lv 26, 11-12). Per questo la casa del Signore suppone la presenza della famiglia dei figli di Dio. Anche oggi, nella preghiera di dedicazione di una nuova chiesa, il Vescovo chiede che essa sia ciò che per sua natura deve essere:
«[...] sia sempre per tutti un luogo santo [...].
Qui il fonte della grazia lavi le nostre colpe,
perché i tuoi figli muoiano al peccato
e rinascano alla vita nel tuo Spirito.
Qui la santa assemblea
riunita intorno all’altare,
celebri il memoriale della Pasqua
e si nutra al banchetto della parola
e del corpo di Cristo.
Qui lieta risuoni la liturgia di lode
e la voce degli uomini si unisca ai cori degli angeli;
qui salga a te la preghiera incessante
per la salvezza del mondo.
Qui il povero trovi misericordia,
l’oppresso ottenga libertà vera
e ogni uomo goda della dignità dei tuoi figli,
finché tutti giungano alla gioia piena
nella santa Gerusalemme del cielo».
La comunità cristiana non ha mai perseguito l’isolamento e non ha mai fatto della chiesa una città dalle porte chiuse. Formati al valore della vita comunitaria e alla ricerca del bene comune, i cristiani hanno sempre cercato l’inserimento nella società, pur nella consapevolezza di una alterità: essere nel mondo senza appartenere a esso e senza ridursi a esso (cfr. Lettera a Diogneto, 5-6). E anche nell’emergenza pandemica è emerso un grande senso di responsabilità: in ascolto e collaborazione con le autorità civili e con gli esperti, i Vescovi e le loro conferenze territoriali sono stati pronti ad assumere decisioni difficili e dolorose, fino alla sospensione prolungata della partecipazione dei fedeli alla celebrazione dell’Eucaristia. Questa Congregazione è profondamente grata ai Vescovi per l’impegno e lo sforzo profusi nel tentare di dare risposta, nel modo migliore possibile, a una situazione imprevista e complessa. 

Non appena però le circostanze lo consentono, è necessario e urgente tornare alla normalità della vita cristiana, che ha l’edificio chiesa come casa e la celebrazione della liturgia, particolarmente dell’Eucaristia, come «il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e insieme la fonte da cui promana tutta la sua forza» (Sacrosanctum Concilium, 10). 

Consapevoli del fatto che Dio non abbandona mai l’umanità che ha creato, e che anche le prove più dure possono portare frutti di grazia, abbiamo accettato la lontananza dall’altare del Signore come un tempo di digiuno eucaristico, utile a farcene riscoprire l’importanza vitale, la bellezza e la preziosità incommensurabile. Appena possibile però, occorre tornare all’Eucaristia con il cuore purificato, con uno stupore rinnovato, con un accresciuto desiderio di incontrare il Signore, di stare con lui, di riceverlo per portarlo ai fratelli con la testimonianza di una vita piena di fede, di amore e di speranza. 

Questo tempo di privazione ci può dare la grazia di comprendere il cuore dei nostri fratelli martiri di Abitene (inizi del iv secolo), i quali risposero ai loro giudici con serena determinazione, pur di fronte a una sicura condanna a morte: «Sine Dominico non possumus». L’assoluto non possumus (non possiamo) e la pregnanza di significato del neutro sostantivato Dominicum (quello che è del Signore) non si possono tradurre con una sola parola. Una brevissima espressione compendia una grande ricchezza di sfumature e significati che si offrono oggi alla nostra meditazione: 
  • Non possiamo vivere, essere cristiani, realizzare appieno la nostra umanità e i desideri di bene e di felicità che albergano nel cuore senza la Parola del Signore, che nella celebrazione prende corpo e diventa parola viva, pronunciata da Dio per chi oggi apre il cuore all’ascolto; 
  •  — Non possiamo vivere da cristiani senza partecipare al Sacrificio della Croce in cui il Signore Gesù si dona senza riserve per salvare, con la sua morte, l’uomo che era morto a causa del peccato; il Redentore associa a sé l’umanità e la riconduce al Padre; nell’abbraccio del Crocifisso trova luce e conforto ogni umana sofferenza;
  • Non possiamo senza il banchetto dell’Eucaristia, mensa del Signore alla quale siamo invitati come figli e fratelli per ricevere lo stesso Cristo Risorto, presente in corpo, sangue, anima e divinità in quel Pane del cielo che ci sostiene nelle gioie e nelle fatiche del pellegrinaggio terreno;
  • Non possiamo senza la comunità cristiana, la famiglia del Signore: abbiamo bisogno di incontrare i fratelli che condividono la figliolanza di Dio, la fraternità di Cristo, la vocazione e la ricerca della santità e della salvezza delle loro anime nella ricca diversità di età, storie personali, carismi e vocazioni;
  • Non possiamo senza la casa del Signore, che è casa nostra, senza i luoghi santi dove siamo nati alla fede, dove abbiamo scoperto la presenza provvidente del Signore e ne abbiamo scoperto l’abbraccio misericordioso che rialza chi è caduto, dove abbiamo consacrato la nostra vocazione alla sequela religiosa o al matrimonio, dove abbiamo supplicato e ringraziato, gioito e pianto, dove abbiamo affidato al Padre i nostri cari che hanno completato il pellegrinaggio terreno;
  • Non possiamo senza il giorno del Signore, senza la Domenica che dà luce e senso al succedersi dei giorni del lavoro e delle responsabilità familiari e sociali.
Per quanto i mezzi di comunicazione svolgano un apprezzato servizio verso gli ammalati e coloro che sono impossibilitati a recarsi in chiesa, e hanno prestato un grande servizio nella trasmissione della Santa Messa nel tempo nel quale non c’era la possibilità di celebrare comunitariamente, nessuna trasmissione è equiparabile alla partecipazione personale o può sostituirla. Anzi queste trasmissioni, da sole, rischiano di allontanarci da un incontro personale e intimo con il Dio incarnato che si è consegnato a noi non in modo virtuale, ma realmente, dicendo: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui» (Gv 6, 56). Questo contatto fisico con il Signore è vitale, indispensabile, insostituibile. Una volta individuati e adottati gli accorgimenti concretamente esperibili per ridurre al minimo il contagio del virus, è necessario che tutti riprendano il loro posto nell’assemblea dei fratelli, riscoprano l’insostituibile preziosità e bellezza della celebrazione, richiamino e attraggano con il contagio dell’entusiasmo i fratelli e le sorelle scoraggiati, impauriti, da troppo tempo assenti o distratti. 

Questo Dicastero intende ribadire alcuni principi e suggerire alcune linee di azione per promuovere un rapido e sicuro ritorno alla celebrazione dell’Eucaristia. 

La dovuta attenzione alle norme igieniche e di sicurezza non può portare alla sterilizzazione dei gesti e dei riti, all’induzione, anche inconsapevole, di timore e di insicurezza nei fedeli. 

Si confida nell’azione prudente ma ferma dei Vescovi perché la partecipazione dei fedeli alla celebrazione dell’Eucaristia non sia derubricata dalle autorità pubbliche a un “assembramento”, e non sia considerata come equiparabile o persino subordinabile a forme di aggregazione ricreative. 

Le norme liturgiche non sono materia sulla quale possono legiferare le autorità civili, ma soltanto le competenti autorità ecclesiastiche (cfr. Sacrosanctum Concilium, 22). 

Si faciliti la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni, ma senza improvvisate sperimentazioni rituali e nel pieno rispetto delle norme, contenute nei libri liturgici, che ne regolano lo svolgimento. Nella liturgia, esperienza di sacralità, di santità e di bellezza che trasfigura, si pregusta l’armonia della beatitudine eterna: si abbia cura quindi per la dignità dei luoghi, delle suppellettili sacre, delle modalità celebrative, secondo l’autorevole indicazione del Concilio Vaticano II: «I riti splendano per nobile semplicità» (Sacrosanctum Concilium, 34). 

Si riconosca ai fedeli il diritto di ricevere il Corpo di Cristo e di adorare il Signore presente nell’Eucaristia nei modi previsti, senza limitazioni che vadano addirittura al di là di quanto previsto dalle norme igieniche emanate dalle autorità pubbliche o dai Vescovi. 

I fedeli nella celebrazione eucaristica adorano Gesù Risorto presente; e vediamo che con tanta facilità si perde il senso della adorazione, la preghiera di adorazione. Chiediamo ai Pastori di insistere, nelle loro catechesi, sulla necessità dell’adorazione. 

Un principio sicuro per non sbagliare è l’obbedienza. Obbedienza alle norme della Chiesa, obbedienza ai Vescovi. In tempi di difficoltà (ad esempio pensiamo alle guerre, alle pandemie) i Vescovi e le Conferenze Episcopali possono dare normative provvisorie alle quali si deve obbedire. La obbedienza custodisce il tesoro affidato alla Chiesa. Queste misure dettate dai Vescovi e dalle Conferenze Episcopali scadono quando la situazione torna alla normalità. 

La Chiesa continuerà a custodire la persona umana nella sua totalità. Essa testimonia la speranza, invita a confidare in Dio, ricorda che l’esistenza terrena è importante, ma molto più importante è la vita eterna: condividere la stessa vita con Dio per l’eternità è la nostra meta, la nostra vocazione. Questa è la fede della Chiesa, testimoniata lungo i secoli da schiere di martiri e di santi, un annuncio positivo che libera da riduzionismi unidimensionali, dalle ideologie: alla preoccupazione doverosa per la salute pubblica la Chiesa unisce l’annuncio e l’accompagnamento verso la salvezza eterna delle anime. Continuiamo dunque ad affidarci con fiducia alla misericordia di Dio, a invocare l’intercessione della beata Vergine Maria, salus infirmorum et auxilium christianorum, per tutti coloro che sono provati duramente dalla pandemia e da ogni altra afflizione, perseveriamo nella preghiera per coloro che hanno lasciato questa vita, e al contempo rinnoviamo il proposito di essere testimoni del Risorto e annunciatori di una speranza certa, che trascende i limiti di questo mondo.

Dal Vaticano, 15 agosto 2020 Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria

Il Sommo Pontefice Francesco, nell’Udienza concessa il 3 settembre 2020, al sottoscritto Cardinale Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha approvato la presente Lettera e ne ha ordinato la pubblicazione.
Robert Cardinale Sarah
Prefetto 
Prot. n.432/20 - Fonte

19 commenti:

Aloisius ha detto...

È solo un augurio, un discorso facciata, una manifestazione i intenti molto labili.
Nei fatti non ho visto alcuna fermezza vescovile.
Attendono il premesso del governo rosso marcio e giallo cacarella.

Anonimo ha detto...

@ Aloisius
14 settembre 2020 00:42


"È solo un augurio, un discorso facciata, una manifestazione i intenti molto labili..."

Alcuni credono che 'gli altri' siano tutti 'nati la notte de la sgrullata'.

Anonimo ha detto...

@ Aloisius
14 settembre 2020 00:42


"È solo un augurio, un discorso facciata, una manifestazione i intenti molto labili..."

Alcuni credono che 'gli altri' siano tutti 'nati la notte de la sgrullata'.

Anonimo ha detto...

Prima si ribadisce che la regola della Chiesa prevede la Comunione in bocca, subito dopo ci si appella ai "tempi di difficoltà" per giustificare l'obbligo della Comunione in mano, con tanto di richiamo all'obbedienza. Che sa tanto di ricatto passivo-aggressivo.
Il cardinal Sarah è il Veltroni del cattolicesimo.
Il "ma anche" assurto a categoria esistenziale.

Anonimo ha detto...

https://www.lanuovabq.it/it/basta-messe-in-streaming-e-sottomissione-ai-governi

Valeria Fusetti ha detto...

Il card Sarah ha mostrato la lettera al papa che non solo l'ha approvata ma ha pure ordinata la pubblicazione. Meraviglioso! Ma mi viene un dubbio :non è lo stesso papa che, non molte settima e fa, ha intimato ai Vescovi di obbedire agli ordini del Governo? Ci vedrei un atteggiamento contraddittorio

mic ha detto...

Valeria Fusetti,
È la prima vosa che è venuta in mente anche a me

Anonimo ha detto...

Non possumus continuare a ricevere un Vangelo depauperato, o monco, o non Vangelo
Non possumus continuare ad avere sacerdoti che sono protestanti o peggio (..e vescovi alla pari nonchè il papa...)
Non possumus continuare ad avere timore di un virus e non di Dio
Non possumus continuare ad avere Sacramenti depauperati
Non possumus continuare ad avere liturgie scialbe o sacrileghe
Non possumus continuare ad avere catechismi di un vangelo del mondo
Non possumus avere canzonette da bar
Ecc.

Anonimo ha detto...

Valeria e Mic, credo che siate due ingenue!
Con il richiamo finale all'obbedienza, per quanto mi riguarda, si è buttato nel WC quanto affermato prima.
Perché Sarah non l'ha scritta prima, innanzi tutto?
Perché adesso, un po alla volta, si riprende tutto ripristinando la normalità e ci vogliono far credere di essere fedeli alla Tradizione?
La supina "obbedienza" di molti fedeli, li porta a credere che abbiamo tutti la sveglia al collo,evidentemente.
In ogni caso sia Sarah che Bergoglio hanno già dato in passato ampia dimostrazione d'incoerenza.
Antonio

Anonimo ha detto...

Si palesa in tutta la sua evidenza il motivo delle tante delusioni che Sarah ha dato ai cattolici fedeli alla Tradizione:
Ha un concetto malsano ed ipertrofico di "OBBEDIENZA", che viene messa al di sopra della Verità: se tutti fossero stati come lui ora saremmo tutti ariani.
Sant'Atanasio (così come Lefebvre) ha resistito perché sapeva bene che non può esserci alcuna vera obbedienza contro la Verità.
L'Autorità DEVE adeguarsi alla Verità.
I modernisti ed i papolatri credono che l'Autorità possa CREARE la verità e che possa poi continuare a modificarla liberamente.

Anonimo ha detto...

Cosa dice di nuovo questa lettera? Niente! Rinvia a tempi migliori la ricezione della Divina Eucaristia come Dio comanda in perfetto stile gattopardesco

Anonimo ha detto...

Da cristiano e padre di famiglia, sono fortemente preoccupato per questa deriva verso un vero e proprio regime sanitario cui volenti o nolenti, consapevoli o meno, siamo sempre più sottomessi.
Mi ferisce che così pochi credenti e uomini di Chiesa abbiano sollevato dubbi sulla narrativa partigiana che è stata fatta circa l’epidemia e sono allarmato per le conseguenze che tale reticenza avrà sulla vita di tutti, credenti e non credenti.
Il popolo è stato infatti terrorizzato dai mezzi di comunicazione ed è caduto in un’immane psicosi di massa: giornali, telegiornali e internet hanno propagandato per mesi e in maniera ossessiva la presenza ubiquitaria di un mortale pericolo virale che avrebbe dovuto sterminare il genere umano. Le immagini dell’esercito che trasporta le salme ai forni crematori costituisce l’apice di una strategia del terrore che ha investito questo povero paese, tramortendolo e rendendolo mansueto come un agnello sacrificale. Tutto il paese è stato per mesi sottoposto a un vero e proprio sequestro di persona di massa, i cui effetti devastanti cominciano a farsi sentire sul piano economico, sociale e psicologico, soprattutto a danno delle fasce di popolazione più deboli: anziani, ammalati, poveri, bambini, famiglie, disabili, disoccupati.
Benché la curva epidemiologica non sia più quella dei mesi scorsi, la narrativa del terrore è ancora attiva e coinvolge anche la Chiesa. Entrare oggi nella casa del Signore spezza il cuore. Dappertutto sono presenti cartelli che obbligano al “distanziamento sociale”, non è presente l’acqua santa, i fedeli non possono toccarsi e abbracciarsi, il corpo di Cristo medesimo viene somministrato come fosse un farmaco, talora addirittura viene misurata la temperatura all’ingresso. Gesù entrerebbe in chiese così? Oppure spazzerebbe via questo armamentario sanitario che ci allontana da Dio e divide diabolicamente i credenti? Siamo diventati gli uni per gli altri potenziali untori (come gli stessi virologi ci invitano a essere) e regna ovunque la paura verso un nemico invisibile che sembra aver colpito il nostro cuore più che le membra.
La mascherina stessa, lungi dall’essere imposta per motivi razionali e “scientifici”, è diventata simbolo dello schiavo contemporaneo, spersonalizzato, omologato, distanziato e anestetizzato da procedure e regole disumane.

Anonimo ha detto...

https://www.iltimone.org/news-timone/un-vescovo-contro-le-misure-sanitarie-che-limitano-il-culto/

Anonimo ha detto...

«Tre miracoli fioriscono senza sosta nel giardino della Sposa di Cristo : la saggezza dei suoi dottori, l'eroismo dei suoi santi e martiri, lo splendore della sua Liturgia. Et hi tres unum sunt ! »
Dom Gérard Calvet, o.s.b

Anonimo ha detto...

Il testo del vescovo di San Francisco si inserisce nello stesso spirito della lettera scritta ai presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo dal cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto Divino, con l’approvazione di papa Francesco, dove viene sottolineato che: «La Chiesa […] ricorda che l’esistenza terrena è importante, ma molto più importante è la vita eterna: condividere la stessa vita con Dio per l’eternità è la nostra meta, la nostra vocazione. Questa è la fede della Chiesa, testimoniata lungo i secoli da schiere di martiri e di santi, un annuncio positivo che libera da riduzionismi unidimensionali, dalle ideologie: alla preoccupazione doverosa per la salute pubblica la Chiesa unisce l’annuncio e l’accompagnamento verso la salvezza eterna delle anime»

Anonimo ha detto...

MEMORANDUM PER: Preti dell’arcidiocesi
DA: Most Rev. Salvatore J. Cordileone, Arcivescovo di San Francisco
DATA: 13 Settembre 2020
OGGETTO: Riapertura messe al pubblico, parte 8

«In primo luogo, il sindaco ha annunciato che “i luoghi di culto possono consentire” a 50 persone di partecipare a funzioni religiose a partire dal 14 settembre. Certamente, il governo civile ha il potere di emanare regolamenti per proteggere il bene pubblico che si applicano a tutti allo stesso modo, inclusa la Chiesa. Non lo contestiamo. Allo stesso modo, il governo civile può emanare regolamenti per proteggere la salute pubblica che si applicano a tutti, inclusa la comunità religiosa, ma tali regolamenti devono essere ragionevoli e coerenti. Non possono essere così restrittivi da proibire efficacemente il culto pubblico. Si tratta di un’eccessiva interferenza del governo nella vita della Chiesa e di una violazione del nostro diritto al culto tutelato dal Primo Emendamento della Costituzione.

In secondo luogo, i numeri sono totalmente arbitrari: perché solo 50 persone? Se si mantiene la distanza sociale, perché c’è un limite? La città, infatti, ha consentito e addirittura partecipato a infinite proteste di piazza. I negozi al dettaglio hanno un limite misurato dalla capacità di osservare un adeguato distanziamento sociale. Ho indicato in passato come le nostre chiese possano essere uno spazio più sicuro di un negozio al dettaglio.

Il che mi porta al terzo e più importante punto: sembra che i credenti stiano ricevendo un trattamento punitivo. Domani, a San Francisco, le palestre al coperto dovrebbero aprire. I parchi pubblici rimangono aperti senza limite numerico, solo con la distanza e le maschere. Domani saranno aperte anche attività che richiedono un contatto personale prolungato, come parrucchieri, saloni per unghie e saloni di massaggi, ma per pregare in una chiesa è consentito l’ingresso a solo una persona alla volta.

Penso che tu sappia quanto ho lavorato dietro le quinte collaborando con il Comune per proteggere la salute della nostra gente e dei nostri vicini e per dimostrare la mia determinazione ad aderire ai principi della salute pubblica. Per questo ho deciso che non potevamo più tacere. Non possiamo semplicemente sederci e aspettare mentre la nostra gente viene trattata con questa mancanza di compassione per i loro bisogni e questa mancanza di rispetto per i loro diritti. Così ho formato un comitato strategico composto sia dal personale della Cancelleria che da altri sacerdoti e laici per consigliarmi sul modo migliore per far sentire la nostra voce in modo pacifico ma energico. Per i piani che stanno prendendo forma avrò bisogno del tuo aiuto per tre cose.

Il primo è incoraggiare i tuoi parrocchiani ad andare su FreeTheMass.com e firmare la petizione che chiede al sindaco di revocare le restrizioni ingiuste a San Francisco. […]

Secondo, domenica prossima, 20 settembre, tre parrocchie di San Francisco organizzeranno tre processioni eucaristiche […]. Da lì, l’intero gruppo camminerà insieme fino alla cattedrale e celebrerà diverse messe all’aperto (con maschere e buona distanza sociale).

” […] Terzo, abbiamo ordinato 100 striscioni in inglese, 15 in spagnolo e 5 in cinese con il motto: “Siamo essenziali: liberate la messa!”, chiedo a tutti voi di appendere questi striscioni sulla vostra chiesa come segno che la Chiesa sta parlando con una voce sola su questo argomento, proprio come abbiamo fatto con il disegno di legge che avrebbe costretto i sacerdoti a rompere il sigillo della confessione. La nostra gente deve sapere che la Messa può essere offerta in sicurezza e che noi vogliamo essere i suoi difensori.

È giunto il momento di mostrare alla nostra gente che ci preoccupiamo di offrire loro il Corpo e il Sangue di Cristo e di testimoniare alla Città che la fede è importante, specialmente per noi.»

Anonimo ha detto...

Invece che brontolare ed organizzare inutili proteste l'Arcivescovo di San Francisco dovrebbe far valere i suoi diritti di pastore e DECIDERE LUI QUANTE PERSONE POSSONO ENTRARE NELLE CHIESE DELLA SUA DIOCESI.
Perché i cattolici devono essere sempre supini alle inique decisioni del mondo anti-cattolico anche quando la legge è dalla loro parte?

Anonimo ha detto...

Paolo VI - ha mai spiegato il motivo che lo ha indotto a eliminare la preghiera a San Michele Arcangelo che, dal tempo di Leone XIII fu sempre recitata al termine della santa Messa? Dal 1964 - più o meno in cui la Preghiera fu eliminata - le sorti della Chiesa e del mondo sono precipitate in una discesa senza limite.... Perchè non ripristinarla? Lo chiediamo a Papa Bergoglio - Perché?

Anonimo ha detto...

È necessaria una buona dose di illusione e megalomania per credersi umilmente capaci di forgiare una liturgia migliore di quella che venti secoli di tradizione cristiana hanno pian piano plasmato" (Dom Oury a proposito dei creatori della Messa Novus Ordo)