Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 17 novembre 2023

La “rivoluzione” teologica di Francesco

Interessante analisi dall'Osservatorio Card. Van Thuân. Precedente qui.
La “rivoluzione” teologica di Francesco

Nel giorno della festa di tutti i santi, mercoledì 1 novembre, Francesco ha firmato la Lettera Apostolica “Ad theologiam promovendam” sul rinnovamento degli statuti della Pontificia Accademia di Teologia, fondata nel 1718 da Clemente XI. La breve Lettera in forma di motu proprio ridefinisce il senso della teologia cattolica, sostenendo che c’è bisogno di una «svolta», un «cambio di paradigma», una «coraggiosa rivoluzione culturale», un «ripensamento epistemologico e metodologico». Il testo va quindi ben oltre lo scopo di dettare i criteri per il rinnovamento degli statuti dell’Accademia e intende presentare la teologia nuova, quella della svolta. La quale – se di svolta o rivoluzione si tratta – non dovrà avere più niente a che vedere con la precedente teologia. Quanto stabilito nella Veritatis gaudium (2018), viene ora ribadito con particolare solennità.

Su questo tema nevralgico la questione principale consiste nel ritenere o meno che la fede cattolica abbia delle essenziali pretese epistemiche nei confronti della ragione teologica, che per definizione è un «pensare la fede nella fede». Ora, su questo punto primigenio ci sono da tempo nella Chiesa due impostazioni incompatibili tra loro che possiamo qui sommariamente definire “metafisica” l’una ed “ermeneutica” l’altra.

Le due teologie in parola non possono convivere perché il loro “cominciamento” è opposto, e questa divisione teoretica è all’origine di molte altre divisioni, ormai evidentemente laceranti, interne alla Chiesa di oggi. Si tratta infatti di pensare la fede in due modi diversi. Con la Lettera apostolica “Ad theologiam promovendam” ora Francesco sceglie una di queste impostazioni teologiche e, qualificando questa scelta come una “rivoluzione”, intende dire che l’altra debba essere abbandonata. Come si vede questo motu proprio è breve ma pesa parecchio.

Secondo Francesco, anche la teologia, come la Chiesa, deve essere “in uscita”. Così dicendo, egli non esprime solo una generica esigenza pastorale. La teologia è già pastorale in se stessa, e lo era anche quella che ora si dice che deve essere abbandonata, dato che permette di pensare la fede nel modo corretto, da cui dipende la vita della Chiesa e di ogni singolo credente. Nella Lettera apostolica l’espressione “in uscita” ha un significato epistemico, relativo cioè alla disciplina scientifica che essa è.

“In uscita” vuol dire che la teologia non può più cominciare dalla fede nella rivelazione, dal deposito ricevuto nella tradizione, cosa, secondo Francesco, «astratta, ideologica e autoreferenziale», ma deve partire dall’«apertura al mondo, all’uomo nella concretezza della sua situazione esistenziale, con le sue problematiche, le sue ferite, le sue sfide, le sue potenzialità», non bisogna più fare una «teologia da tavolino» perché «anche i buoni teologi, come i buoni pastori, odorano di popolo e di strada». La teologia “in uscita” non partirà più dalla dogmatica, ma dall’antropologia o dalle scienze sociali. Non ammetterà più un primato della ragione ma si farà anche con le emozioni e i sentimenti.

La nuova teologia deve essere «fondamentalmente contestuale, capace di leggere e interpretare il Vangelo nelle condizioni in cui gli uomini e le donne quotidianamente vivono, nei diversi ambienti geografici, sociali e culturali». Non si tratta più di leggere e interpretare le condizioni in cui gli uomini e le donne vivono alla luce del Vangelo, ma il contrario. La teologia parte quindi dall’esperienza, deve adottare un «metodo induttivo, che parta dai diversi contesti e dalle concrete situazioni in cui i popoli sono inseriti, lasciandosi interpellare seriamente dalla realtà, per divenire discernimento dei segni dei tempi». Ma siccome anche l’esperienza è frutto di un discernimento, la teologia sarebbe discernimento di un discernimento.

Ora, questa impostazione della teologia cattolica è precisamente quella che, in modo impreciso ma non sbagliato, viene definita “progressista” o “modernista”, quella che è senz’altro incompatibile con la Fides et ratio, per quanto riguarda i rapporti tra fede e ragione, e con la Veritatis splendor, per la teologia morale: tutto è insieme oggettivo e soggettivo, tutto è soggetto al tempo come lo sono appunto le “situazioni” da cui si vuole partire, tutto è interpretazione. Il dogma o le norme morali sono sedimentazioni di interpretazioni susseguitesi nella storia, il discernimento non è solo applicativo, ma costitutivo del deposito della fede e della morale. La Lettera di Francesco cita San Tommaso, ma il primo articolo della prima questione della Summa, che tratta appunto il tema della scienza teologica, rientra tra le posizioni precedenti la “svolta” e da abbandonare.

Se la scienza teologica non procede più dai principi della fede, come voleva san Tommaso, assunti come veri alla pari di quanto avviene nelle altre scienze (pur se con qualche differenza), ma nasce dal contesto storico considerato luogo teologico, la teologia deve essere dialogica, come appunto dice Francesco. Ma anche qui, attenzione. Non si tratta di dire che il teologo deve misurarsi con gli altri saperi, assumendo come punto di vista la teologia cattolica intesa come il “pensare la fede nella fede”, ma deve dialogare per costituire la scienza teologica, il dialogo appartiene al processo costitutivo, alla pari della rivelazione o addirittura con un ruolo primario e precedente, dato che anche la rivelazione sarebbe frutto storico di una interpretazione (non c’era il registratore ai tempi di Gesù).

Per questo essa – dice Francesco – deve assumere «una cultura del dialogo e dell’incontro tra diverse tradizioni e diversi saperi, tra diverse confessioni cristiane e diverse religioni, confrontandosi apertamente con tutti, credenti e non credenti». Andrebbe bene se il teologo cattolico sapesse “prima” chi egli sia, non va più bene se egli acquista coscienza di quello che è da questo dialogo. In ogni dialogo, anche quello epistemico, non può mancare l’annuncio.
Stefano Fontana 15 novembre, 2023 - Fonte

17 commenti:

Anonimo ha detto...

"Perché hai abbattuto la sua cinta
e ogni viandante ne fa vendemmia?
La devasta il cinghiale del bosco
e se ne pasce l'animale selvatico.
Dio degli eserciti, volgiti,
guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna..."
Dal Salmo 79

Anonimo ha detto...

Per dialogare prima devi aver imparato ad articolare la parola e man mano poi bisogna imparare grammatica e sintassi, arricchendo poi il tuo lessico migliorando così le tue argomentazioni. Quello che vale per la lingua, per qualsiasi lingua con cui ci esprimiamo, vale per ogni ambito della vita che l uomo ha indagato. Si comincia sempre dall a, b, c ed ogni generazione umana, anche oggi, comincia dall a, b, c.
Quindi il sapere umano ha due processi fondamentali in sé :primo che ri/inizia con ogni bambino che nasce, secondo continua in forza di quei tesori di conoscenza e sapienza che nonni avi bisavoli trisavoli.... hanno raccolto nella loro vita e lasciato per chi sarebbe venuto dopo di loro. Il dialogo umano è tanto più rispondente al vero quanto più ha assimilato la sua capacità di argomentare e di ritenere, di ricordare, il sapere, la sapienza della cultura in cui è nato. L esperienza è la capacità che l essere umano ha di esprimere quello che sente, che percepisce ed inizia anche essa dalla culla, il neonato inizia a far capire al mondo che è arrivato con i primi vagiti. Da questi primi vagiti inizia ad esprimersi l'esperienza dell essere umano e migliore sarà la sua esperienza, quanto migliore sarà la cura con cui verrà allevato ed educato. Questo processo si verifica per ogni campo del sapere sia che si viva di raccolta, di caccia, di pastorizia, di commercio o si indaghino le stelle o si semini il campo o si cerchino soluzioni a problemi interiori o esteriori. In tutto questo conoscere che si pone davanti al nuovo nato è essenziale che accanto a lui ci sia chi lo curi, mamma e papà, che conoscono e sanno rispondere alle necessità del neonato, del bambino, dal ragazzo del giovane uomo o della giovane donna. I genitori con la loro parola con le loro azioni,danno l'esempio e trasmettono il sapere. Questa trasmissione attraverso il proprio esempio è un elemento formativo fondamentale anche per la lettura delle sue esperienze che il bambino si darà a modo suo e nei tempi suoi. In parte i genitori condividono la loro responsabilità sia con la scuola, ma prima di tutto con la Chiesa, detta Madre e Maestra cioè esempio di sano allevamento e di sapienza, di santa conoscenza. La Chiesa ha sempre avuto due strumenti per dar modo all esperienza personale di dirsi, la Confessione, e di autovalutarsi, l'esame serale il tutto inglobato dalla direzione spirituale che è sia comunitaria che personale. Quindi sia il dialogo sia l esperienza si nutrono, riposano su quanto si è ricevuto con la parola e con le azioni di chi ci ha aiutato a vivere e a crescere, in modo di poter sviluppare da noi stessi un sano e santo e giusto giudizio sulle persone e sul mondo.

Anonimo ha detto...

Avendo lui fatto l'analisi, ci ripropone l analisi ridetta da JMB, pontefice de noantri.

da ex studente di Giurisprudenza ha detto...

Sono sempre più disorientato, sembra l'inverso di quando ho fatto catechesi pre-prima comunione e pre-cresima (sono sposato ma, per le vicissitudini dovute alla sterilità di mia moglie, un vicario episcopale ha ritenuto sufficiente due incontri prima della celebrazione e non una vera catechesi).
E ancora più disorientato ricordando gli insegnanti di religione... chiamiamoli "strani" che ho avuto alle superiori, con tutto che ne ho fatte due (magistrale e ragioneria), che avevano detto, più il primo (l'altro era solo per un anno), che la Rivelazione non si è avuta solo con l'ispirazione divina degli autori delle Scritture ma anche con quella dei Padri della Chiesa per continuare ora nelle parole dei Pontefici.
Se tale nozione (la continuità della Rivelazione) fosse esatta, però due sacerdoti che non si conoscono e che ho interpellato in tempi diversi mi hanno detto non esserlo del tutto, trovo difficile che possa contraddirsi come sta succedendo nell'attuale pontificato.
Non essendo stato mai il mio genere di studi, avendo provato prima Economia e poi Giurisprudenza, non sono in grado di dare un giudizio approfondito; dico solo, appunto, che trovo l'insegnamento attuale contraddittorio con quelli ricevuti in precedenza, che sempre sono stati postconciliari, io sono del 1964.
Sì, anche altri l'hanno detto, la Fede è messa davvero a dura prova!

Anonimo ha detto...

Non si venga a raccontare o farneticare che La Lettera Apostolica “Ad theologiam promovendam” non è magistero non solo lo è, ma occupa un posto abbastanza elevato nella gradualità di tali atti. Fatta questa premessa, meraviglia che pochi hanno acceso i riflettori su questo atto e nessuno ha lanciato il grido di allarme. Esso è l’atto più devastante del magistero bergogliano, tutto quello che ha fatto dal 2013 ad oggi, se sommato, al confronto è come un moscerino e un leone. Il modernismo diventa, formalmente sostanzialmente la filosofia e la teologia di questa nuova religione (chiesa in uscita ovvero scomunicata o anche apostata). Con questo atto di magistero nasce ufficialmente la nuova religione, che espelle definitivamente la Chiesa Cattolica fondata da N.S.G.C. Ecco l’apostasia formale di bergoglio, cosa ancora dobbiamo aspettare ? Perché i Cardinali che si dicono ancora cattolici non intervengono ? si aspettava un atto formale di magistero: ECCOLO e allora? Alessandro da Roma.

max ha detto...

Il "misericordiosissimo", ormai, ha fatto a pezzi la Chiesa, come non si sarebbe mai potuto immaginare. Chi ci libererà da costui?. Signore, aiutaci!!!.

mic ha detto...

Carissimo, poiché non ho tempo per sviluppare la risposta, ti invito a leggere qui
https://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2012/04/fusione-delle-fonti-della-rivelazione.html

mic ha detto...

È magistero farlocco perché nasce come un fungo con affermazioni farlocche e non ha fondamenti né nella Tradizione né nella Scrittura...

mic ha detto...

..."per continuare ora nelle parole dei Pontefici...." solo quando esse corrispondono al Depositum fidei e per chiarirlo non per rivoluzionarlo...
Anche perché se il papa è sovrano assoluto, non è "legibus solutum"....

Anonimo ha detto...

Più che rivoluzione teologica io direi ecologica, ultime dal Vaticano, acquistate 40 auto ecologiche elettriche da Volkswagen per gli spostamenti papali e non, mancano pochi giorni all'incontro ecomondiale di Dubai, quale sarà il prossimo grande atto pontificale di JMB? Domenica ci sarà il ballottaggio presidenziale in Argentina, il suo paese, di cui pare non si interessi minimamente, chiunque sia eletto cambia poco, il paese è allo sfascio socio economico, la gente muore letteralmente di fame per strada, Buenos Aires è piena di tendopoli di disperati, le chiamano Villas miserias, lui non fa un fiato, vuoi mettere il costruttivo dialogo con il Lama Thai per specificare che Buddha e Cristo sono due persone venute al mondo per portare il bene, la pace e la spiritualità, proprio uguali, due gocce d'acqua.......

Che gnocchi, in 44 beffati da u no? ha detto...

La polizia italiana spiega all'arricchitore culturale che la fontana di Piazza della Repubblica a Roma non è una piscina.
https://gloria.tv/post/P9EwdfHmPbUb4hQijE89Avah6

Anonimo ha detto...

#Alessandro da Roma.
A supporto della sua analisi, interviene un secco e duro intervento di Mons. Viganò che fustiga il moderatismo di Schneider e alimenta la sua precedente proposta sul vizio di consenso.
Ma si tratta, per il momento, di una voce fuori dal coro.
Vedremo.

Gz

Anonimo ha detto...

Una Chiesa in uscita e un Papa in libera uscita....
Andiamo proprio bene!

Gz

Gederson Falcometa ha detto...

"La breve Lettera in forma di motu proprio ridefinisce il senso della teologia cattolica, sostenendo che c’è bisogno di una «svolta», un «cambio di paradigma», una «coraggiosa rivoluzione culturale», un «ripensamento epistemologico e metodologico»".

In un'altro commento ho detto che nemmeno la Nouvelle théologie era più sufficiente, me sono sbagliato, perchè in fondo ciò che chiede Bergoglio alla teologia è un appfofondimento nell'adaequatio Mentis Et Vitae...

Niente che Bergoglio fa è novità. In Brasile tutte le Diocesei e parrochie già sono delle piccole democrazie liberali.

Annamo bbene..proprio bbene se non c'e' alcun deposito..! ha detto...

McCarrick: Strickland evidenzia il doppio standard di Francesco
https://gloria.tv/post/mwidQyZ1PdAA6RS2eDUqikH6F

Nunzio a Washington: "Non c'è alcun deposito della Fede" – Vescovo Strickland
https://gloria.tv/post/6Q87NUtBt8vKDsQoHbpte1AS9
Il giornalista Tony Barber commenta: "Il vescovo Strickland mi ha comunicato che […] Pierre lo ha affrontato dicendo: 'Senta, il Santo Padre la sta osservando. Deve smetterla di parlare di deposito della Fede. Non c'è alcun deposito della Fede'."

Angheran70 ha detto...

Non si venga a raccontare o farneticare che La Lettera Apostolica “Ad theologiam promovendam” non è magistero non solo lo è, ma occupa un posto abbastanza elevato nella gradualità di tali atti. Fatta questa premessa

Premessa sbagliata (come la 'tesi impedita' da cui verosimilmente origina)

Gli atti del pontefice non sono tutti uguali. Già al tempo di Amoris Laetitia, di per sè almeno altrettanto dirompente, autori leggermente più autorevoli degli storici dell'arte improvvisati canonisti , avevano osservato che tale atto

come genere di documento pontificio, questa Esortazione non è e non vuole essere un atto di magistero
"Riflessione di Antonio Livi su Amoris Laetitia"

"ho anche il dovere di interpretare tali indicazioni alla luce del dogma, della morale e del diritto canonico vigente, visto che il documento papale non può e non intende abrogare tutto ciò che la Chiesa ha già stabilito in materia"

Potremmo al limite concedere che il documento papale non può abrogare anche se intende farlo.

Anonimo ha detto...


Tuttavia Bergoglio, rispondendo alla lettera dei vescovi argentini che gli chiedevano l'interpretazione autentica a proposito della comunione ai divorziati risposati ammessa come possibilità caso per caso da Amoris Laetitia, gli chiedevano quindi se fosse lecito dare la S. Comunione a divorziati risposatisi e conviventi [adulteri e concubini per la dottrina tradizionale], come rispose? Disse forse "fate come volete, tanto la mia Esortazione non è un atto di magistero"? NO.
Disse che l'interpretazione dei vescovi argentini era quella giusta, nel senso che la Comunione si poteva dare ai divorziati risposatisi e aggiunse, se ben mi ricordo, che questa interpretazione doveva esser messa agli Atti ovvero stampata negli Acta Apostolicae Fidei, che è la Gazzetta Ufficiale della Santa Sede.
Ora, l'ordine di stampare negli Atti Ufficiale della S. Sede l'interpretazione secondo la quale si poteva dare la sacrilega Comunione, è o non è un atto di magistero? Se non lo è, che cos'è, allora? Lo possiamo paragonare ad un rescritto, che è uno degli atti giuridici nei quali si esprime il magistero.
Il papa in carica forniva l'interpretazione autentica e ordinava che fosse formalmente riconosciuta come avente valore di legge della Chiesa. Stop. E quest'interpretazione è quella che appunto legittima una Comunione sacrilega e viola le norme fondamentali della morale cattolica in relazione al matrimonio.
Se quanto esposto non è chiaro, spiegatemene il motivo.
T.